22/11/2025
La Valigia di Lina
C’era una volta una bambina di nome Lina che, nel giorno in cui nacque, ricevette una piccola valigia. Non era una valigia come le altre: nessuno la aveva mai comprata, eppure passava di mano in mano da molto tempo. Prima l’aveva portata sua mamma, e prima ancora sua nonna. Nessuna ricordava esattamente quando fosse apparsa, ma tutte sapevano che andava lasciata alla figlia.
La valigia era leggera al tatto, ma dentro conteneva qualcosa di strano: pesava più di quanto sembrasse. Quando Lina provava a correre, a volte la valigia la tirava un po’ indietro; quando voleva ridere forte, il coperchio vibrava, come se non gradisse troppo rumore. Nessuno le spiegò perché.
Un giorno, ormai un po’ più grande e stanca di sentirsi trattenuta, Lina decise di aprirla. Dentro trovò oggetti che non riconosceva: una vecchia paura arrotolata come un maglione troppo stretto, un’ombra di tristezza che non sapeva di chi fosse, e un piccolo quaderno pieno di frasi spezzate. Non erano cose sue… eppure le portava con sé.
Confusa, Lina portò la valigia a una donna del villaggio che aiutava le persone a capire i propri pesi interiori. La donna l’ascoltò con calma, poi le disse:
«Questa valigia è passata di generazione in generazione perché nessuno l’ha mai davvero aperta. Gli oggetti dentro non sono colpa tua, ma ora puoi guardarli, capirli e rimetterli al loro posto.»
Insieme iniziarono a osservare ogni oggetto con attenzione, come si guarda qualcosa che finalmente ha trovato un nome. A ogni incontro, la valigia sembrava un po’ più leggera. Alcuni oggetti si scioglievano, altri diventavano più piccoli, altri ancora, una volta compresi, si trasformavano in strumenti utili.
Quando Lina, molti mesi dopo, richiuse la valigia, si accorse che poteva sollevarla con un solo dito. Non era scomparsa — perché la storia della sua famiglia faceva parte di lei — ma ora non le impediva più di correre, ridere, scegliere la propria strada.
E un giorno, quando Lina diventò madre, guardò la valigia e sorrise. Non doveva più passarla così com’era: poteva consegnare a suo figlio una valigia quasi vuota, con dentro solo ciò che era davvero necessario.
Il resto lo aveva trasformato lei.
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A volte accade di provare tristezza, ansia o altro ma di non capire perchè.
Sono storie che passano di generazione in generazione, esperienze che influenzano anche quando non le si è vissute in prima persona.
Queste storie però non sono destini inevitabili, ma fili che possono essere intrecciati in modo nuovo.
La psicoterapia, e l’EMDR, aiutatano a guardare quei fili uno per uno, a sciogliere i nodi antichi e a restituire a ogni emozione il suo posto.
Interrompere la trasmissione intergenerazionale non significa cancellare il passato, ma trasformarlo: dare alle vecchie ferite la possibilità di diventare forza, e lasciare a se stessi e alle generazioni future un’eredità più libera, più leggera, più loro. Spazio per scrivere la propria storia.