10/10/2025
Quando "non sbagliare" non basta: il monito di Nokia.
Nel 2013, l'amministratore delegato di Nokia, Stephen Elop, pronunciò una frase che è diventata un mantra nel mondo del business: "Non abbiamo fatto niente di sbagliato… eppure, in qualche modo, abbiamo perso.”
Questa citazione cattura perfettamente il collasso di un'azienda che, nei primi anni Duemila, era il leader indiscusso della telefonia, con oltre il 40% delle vendite globali e un'immagine di qualità e indistruttibilità senza pari.
Il dramma di Nokia sta nell'aver continuato a ottimizzare la sua formula vincente, ignorando però la rivoluzione in atto: l'avvento di Apple iPhone e Google Android stava cambiando radicalmente il concetto di telefono.
Anziché accogliere il futuro degli smartphone come piccoli computer, l'azienda insistette sul suo sistema operativo Symbian, ormai superato, convinta che il pubblico avrebbe continuato a privilegiare i semplici telefoni resistenti.
Questo attaccamento al passato permise ai concorrenti di superarla senza possibilità di recupero. La sua incapacità di innovare e di costruire un nuovo ecosistema la portò alla svendita a Microsoft nel 2013 per circa 7 miliardi di dollari, un'ombra del suo valore massimo del 2007 (oltre 250 miliardi).
Morale della storia:
Il fallimento di Nokia non fu dovuto a un prodotto difettoso, ma alla sua resistenza al cambiamento. La sua storia insegna una verità cruciale: la staticità è il vero rischio d'impresa. È necessario evolversi non solo per eccellere, ma per sopravvivere.