23/10/2025
Essere fratello o sorella di una persona con disabilità significa crescere in bilico tra due estremi: l’amore più puro e la fatica più grande.
Da una parte si instaura un legame viscerale, che ti fa sentire pronto a difenderlo da tutto e da tutti.
Dall’altra, la rabbia che non si può dire, la frustrazione che si ingoia in silenzio, il senso di colpa che arriva quando, anche solo per un istante, pensi: “Vorrei che fosse diverso. Vorrei una vita più leggera.”
Ci sono poi gli sguardi.
Quelli che giudicano, che fanno male anche senza parole.
Ti senti grato e stanco, pieno d’amore e svuotato allo stesso tempo, con quella paura del futuro, quella domanda che fa tremare: “cosa sarà di lui/lei quando i nostri genitori non ci saranno più? Saprò fare abbastanza?"
Diventate presto adulti, spesso troppo presto.
Imparate a non chiedere, a non pesare, a essere “quelli forti”.
Nelle vostre menti si affollano pensieri che spesso restano taciuti, perché sembra sbagliato persino pensarli.
Eppure, sono umani. Legittimi.
Avete diritto di esistere anche come individui, non solo come fratelli, perché amare davvero non significa consumarsi: significa restare vivi accanto all’altro.
Prendersi cura di sé non è egoismo, è scegliere di non perdersi...
è dire: “Io resto, ma resto intero".
Dentro a quella stanchezza, a quella rabbia, a quella confusione c’è la vostra umanità.
E nella vostra umanità, tutta la bellezza del vostro modo di amare 💬❤️