Psicologa Psicoterapeuta Francesca R. D'Angelo

Psicologa Psicoterapeuta Francesca R. D'Angelo Psicoterapia individuale, di coppia e sostegno alla genitorialità sia in presenza che online.

Sono una Psicologa Psicoterapeuta ad indirizzo sistemico relazionale. Il mio percorso formativo si è nutrito di numerose esperienze professionali all'interno del servizio pubblico e degli istituti scolastici, dandomi modo di specializzarmi sia nel campo delle problematiche adolescenziali che dell'età adulta. Il mio approccio terapeutico parte dal presupposto che il modo di essere di ciascun individuo sia fortemente condizionato dalle circostanze affettive sperimentate nel corso della propria vita con le varie figure significative (famiglia, amici, rapporti sentimentali). Avere beneficiato di sicurezza e sostegno emotivo da parte dell'ambiente esterno incide sensibilmente sul modo di vedere se stessi e gli altri, mentre, al contrario, la mancanza di rinforzi sociali e interpersonali può provocare sfiducia e negatività nel modo di vivere il proprio percorso esistenziale. La psicoterapia è finalizzata a recuperare consapevolezza di chi si è e dei propri reali bisogni, delle proprie risorse e dei propri limiti, allo scopo di raggiungere una visione positiva della propria persona e del mondo circostante. La capacità di focalizzare e tutelare le proprie esigenze affettive costituisce infatti la premessa indispensabile per costruire un rapporto pieno e armonico dentro e fuori di sè.

30/11/2025

PRIMA CHE UOMINI E DONNE, IMPARARE AD ESSERE PERSONE

“Per tanti anni ho creduto che essere un uomo significasse una cosa sola: non cedere mai. Non mostrare paura. Non chiedere aiuto. Essere quello che decide, che regge tutto, che ha sempre ragione. Era un modello che non avevo scelto. Semplicemente ci ero cresciuto dentro.

Il mio cambiamento non è iniziato quando la mia vita è crollata. È iniziato molto prima, quando mi sono innamorato di Monica. Anzi, non subito: è iniziato quando ho cominciato a vivere con lei, con una donna.

È lì che ho capito, giorno dopo giorno, che quel modello non funzionava nelle relazioni vere. Che non puoi amare davvero qualcuno e allo stesso tempo voler vincere sempre. Che la forza non è nel dominare il confronto da soli, ma nel saperlo attraversare insieme.

Quel vecchio modello di 'maschio alfa' mi ha fatto perdere tanti secondi, tante ore di vita con la persona che amavo.

Quando c'erano attriti, quando si discuteva, io non riuscivo a vedere chiaramente: volevo solo aver ragione.

Quei minuti, quelle ore, quei giorni passati con il muso duro e la rabbia dentro, li ho rimpianti tutti, ma proprio tutti, quando, a causa del cancro, il tempo ha cominciato a mancarci per davvero.

E poi è arrivato un altro colpo, più grande di quanto potessi immaginare: Giulia non c’era più. Giulia era amore, era semplicità, era lontana da quell’orgoglio che complica la vita. E solo allora ho avuto la piena consapevolezza che anch’io potevo cambiare. Ho capito che quella trasformazione iniziata anni prima poteva diventare la mia salvezza. Che se fossi rimasto l’uomo che non cede mai, che trattiene tutto, che non ascolta, mi sarei spezzato completamente.

Ho compreso che essere un uomo non significa resistere a tutto. Significa permettersi di sentire. Non significa controllare. Significa accogliere. Non significa trattenere. Significa lasciare spazio alla verità, anche quando fa male. E significa anche porre attenzione al linguaggio che usiamo.

La mia forza è arrivata quando ho accettato di essere vulnerabile. Quando ho smesso ogni maschera. Quando ho iniziato a vedere davvero le donne non come un esame da superare o un terreno da conquistare, ma come un dono da ricevere, così come io avrei voluto essere il più bel dono per Monica e per Giulia.

Da allora vivo meglio.
Sono più leggero. Meno teso. Meno arrabbiato.

Io non posso recuperare il tempo che ho perso.
Ma posso cercare di vivere diversamente il tempo che mi resta.

E so che questo cambiamento, dolce, profondo, liberatorio, inizia da noi uomini. Dalla scelta, finalmente, di essere veri".

Gino Cecchettin

28/11/2025

Nelle scuole si registra una crescente attenzione al tema dell’educazione sessuale, segnale di un’esigenza educativa ormai consolidata.

La presidente del CNOP, Maria Antonietta Gulino, intervenuta al Sole 24 Ore, sottolinea che «parlare di sessualità non significa anticipare esperienze né spingere i giovani verso tappe non adeguate alla loro età. Significa, invece, offrire strumenti solidi per una crescita consapevole, sostenendo bambini e adolescenti nella costruzione di relazioni sane, rispettose e informate.»

I dati confermano questa esigenza: oltre il 90% degli studenti chiede un percorso strutturato e le scuole che lo hanno già introdotto rilevano benefici significativi. Senza un intervento educativo competente, il vuoto viene colmato dal web e da informazioni spesso distorte, con conseguenze che la pratica clinica evidenzia sempre più chiaramente.

Investire in educazione alla sessualità e alle relazioni non è solo un’opportunità: è un atto di tutela e prevenzione, capace di incidere in modo concreto sul benessere dei giovani. ‎

14/11/2025

“La gentilezza nelle parole crea confidenza; la gentilezza nel pensiero crea profondità; la gentilezza nel dare crea amore.”
Laozi

MEGLIO FAR PARTE DI UN GRUPPO DISFUNZIONALE PIUTTOSTO CHE IL NULLAÈ di questi giorni la notizia di una baby gang costitu...
05/11/2025

MEGLIO FAR PARTE DI UN GRUPPO DISFUNZIONALE PIUTTOSTO CHE IL NULLA

È di questi giorni la notizia di una baby gang costituita da 3 adolescenti di 14, 15 e 16 anni che ha torturato e umiliato per ore un coetaneo sottoponendolo a violenze come isolamento e segregazione in un appartamento per quasi 24 ore, taglio delle sopracciglia, lesioni fisiche, deprivazione del cellulare con blocco delle chiamate, una sigaretta spenta sulla caviglia e infine l’essere costretto a nuotare in un fiume gelato.
Sevizie che si fa fatica a commentare per la crudeltà che le caratterizza.
Sevizie che però vanno viste e ricordate come espressione di un disagio di fronte al quale è necessario non commettere l’errore di voltarsi dall’altra parte.
Sevizie che riflettono una assenza di regole e insieme di educazione all’affettività, alla relazione sana.
Quella dove la presenza di una carezza va insieme alla fermezza di saper mettere i limiti, quella in cui lo stare con i figli non si riduce allo svolgimento di un dovere fatto di fretta ma alla condivisione reale, alla ricerca di un dialogo e alla capacità del genitore stesso di dire “scusa, ho sbagliato”, quando questo avviene.
L’assenza genera abbandono emotivo e isolamento, l’abbandono emotivo e l’isolamento generano rabbia, la rabbia incontrollata violenza, la violenza distruzione psichica.
E pur di compensare l’abbandono che ci si porta dietro si è disposti a cercare la propria famiglia in un gruppo, anche disfunzionale.
Un gruppo dove si esercita violenza, l’importante è farne parte.

IL CORPO, IL TRAUMA DELLA VIOLENZA La violenza fisica e verbale vissuta in famiglia lascia degli strascichi sedimentati ...
05/11/2025

IL CORPO, IL TRAUMA DELLA VIOLENZA

La violenza fisica e verbale vissuta in famiglia lascia degli strascichi sedimentati nel corpo. Nonostante il costante tentativo di soffocarne l’esistenza, nonostante la ricerca di segnali che in realtà i propri genitori siano o siano state delle persone amorevoli, il corpo non mente.
È il corpo che va ascoltato prima delle parole.
Quando nell’infanzia si è sperimentata l’aggressività dei comportamenti o delle parole da parte di chi avrebbe dovuto proteggere e accudire, si perde fiducia verso l’altro.
E così poi anche da adulti capita di sentirsi bloccati, paralizzati, intimoriti di fronte all’altro.
Quel linguaggio può essere rivelativo del reale sentire che il bambino interiore si porta dietro.
Un sentire represso e spesso inconsapevole che va slatentizzato, verbalizzato, riconosciuto in terapia per tornare a stare in una vera relazione emotiva e fisica con il mondo.

IL MOMENTO PIÙ EMOZIONANTE È QUANDO QUELLA PERSONA PROSEGUE DA SOLALa psicoterapia è un po’ come un viaggio che si condi...
04/11/2025

IL MOMENTO PIÙ EMOZIONANTE È QUANDO QUELLA PERSONA PROSEGUE DA SOLA

La psicoterapia è un po’ come un viaggio che si condivide insieme per un pezzetto del percorso.
Un viaggio che porta a riscoprirsi,
a riappropriarsi di parti di sè dimenticate o mai conosciute,
un viaggio che aiuta a riconoscere le proprie ferite e trasformarle in coraggio,
un viaggio in cui anche il terapeuta esce cambiato dall’incontro con chi si affida a lui.
Per me che con entusiasmo e umiltà mi appresto a viaggiare con chi vuole ritrovare se stesso, la parte più emozionante è proprio questa: quella in cui a un certo punto il bambino a cui avevo dato la mano fino a quel momento è diventato un adulto desideroso di evoluzione e di vita.
Il momento più emozionante è quando quell’adulto ha abbastanza fiducia in sè e nella vita da voler proseguire da solo.

GLI INGREDIENTI DI UNA RELAZIONE AFFETTIVA SANA.Che cos’è una relazione affettiva sana? Com’è fatta?Come riconoscerla?Un...
23/10/2025

GLI INGREDIENTI DI UNA RELAZIONE AFFETTIVA SANA.

Che cos’è una relazione affettiva sana? Com’è fatta?
Come riconoscerla?
Una relazione affettiva sana dev’essere innanzitutto una relazione affettiva ovvero un legame contraddistinto dalla presenza di un sentimento di bene.
Legame significa “essere affezionato/a” a quella persona perché di quella persona apprezzo il comportamento, il modo di essere ma soprattutto i valori.
Sono i valori comuni che rendono possibile affezionarsi a qualcuno. Anche quando c’è molta diversità fra due persone, se i valori di fondo sono gli stessi ci può essere un vero senso di appartenenza.
Quindi non è un legame una relazione dove i valori in cui si crede sono contrastanti. Si tratta piuttosto di interazione umana, una conoscenza.
E poi? Cosa vuol dire legame affettivo?
Oltre a essere un rapporto in cui ci si sente affezionati perché i valori sono gli stessi, un legame affettivo è, appunto, un rapporto dove è preponderante un sentimento di bene, cioè uno slancio positivo verso l’altro, che in pratica è: sono felice se tu sei felice, spero che tu possa sorridere, ti auguro di vivere nella gioia e nella realizzazione.
Provare del bene verso l’altro significa tenere a che lui o lei sia in pace con sè. È un sentimento altruistico puro.
Quindi non è un legame affettivo quel tipo di relazione in cui, invece, c’è invidia ovvero un senso di rabbia e aggressività per ciò che l’altro è come persona, per ciò che l’altro è riuscito/a a costruire, per quello che possiede: ad esempio si può essere invidiosi perché non si accetta che l’altro sia una persona sicura di sè, oppure per il fatto che ha una famiglia serena o anche un lavoro appagante, oppure ancora per il suo rapporto positivo col proprio corpo ecc… di esempi ce ne sarebbero un’infinità.
E poi? C’è qualcos altro che contraddistingue un legame affettivo sano?
Sì, è l’intimità.
È cos’è l’intimità?
L’intimità è lo scambio delle proprie parti emotive profonde ovvero saper condividere aspetti emotivi profondi di sè: può essere una paura, un desiderio, un dispiacere, una sofferenza, un abbraccio. Con empatia cioè senza giudizio, senza sentirsi superiori a priori.
Quindi dai legami affettivi sani vanno anche scartate quelle relazioni generiche in cui si rimane sempre in superficie cioè non si condivide, appunto, una reale intimità emotiva alla pari, senza giudizio (in pratica, non ci si conosce veramente e non si è interessati a farlo).
Dunque le 3 parole chiave di una relazione affettiva sana sono:
- valori comuni e non contrapposti
- ⁠bene e non invidia
- ⁠intimità emotiva empatica e non stare sempre in superficie giudicando a priori.
Non a caso si dice, ad esempio, che gli amici veri si contano sulle punta di una mano. Imparare per riconoscere.

Dott.ssa Francesca Romana D’Angelo, Psicologa Psicoterapeuta.

20/10/2025

EDUCARE ALLE EMOZIONI, UN PASSO INDISPENSABILE

Viviamo nell’era dell’iper connessione ma poi circola una evidente disconnessione a livello relazionale e affettivo.
Sempre più collegati ai cellulari, ad internet, alla VIRTUALITÀ dei rapporti con gli altri e sempre meno alla REALTÀ del condividere pensieri, parole ed emozioni dal vivo.
Testimonianza ne è il costante aumento di fenomeni distruttivi fra le persone: omicidi, stupri, femminicidi.
Della serie: “non sei d’accordo con me? Allora ti metto le mani addosso/ ti aggredisco/ ti faccio del male”.
Il significato che c’è dietro questo atteggiamento collettivo è che non si è più educati al CONFLITTO SANO fra esseri umani perché abbiamo perso l’ESPERIENZA DI CONFRONTO DIRETTO fra gli individui.
Al “come stai” segue direttamente un generico “bene, grazie” e poi invece la frustrazione irrisolta è strabordante tanto è vero che sembra diventata una normalità risolvere la rabbia con la violenza.
Però invece di investire sull’apprendimento di modalità costruttive per esprimere una contrarietà, per mettere i limiti, per fare presente ciò che fa stare male, si evita di promuovere l’inserimento dell’educazione affettiva nelle classi fino all’età scuole medie.
Invece di imparare anche una ferrea capacità di stoppare situazioni offensive o ingiuste per sè, si procede direttamente alla carneficina.
Invece di saper spiegare e argomentare si inghiotte e si esplode con il diventare torturatori e persecutori.
Nonostante ciò assistiamo ad un divario preoccupante fra l’aumento della violenza (sempre più estrema) e la diminuzione della PREVENZIONE.
I reati degli adulti e nello specifico, il maltrattamento e l’abuso, si evitano attraverso una continua interiorizzazione di contenuti ed esperienze positive, di accoglienza dell’altro, di rispetto e integrazione FIN DALL’INFANZIA (cioè SCUOLA DELL’INFANZIA ED ELEMENTARI).
I ragazzi delle scuole medie sono già avviati verso l’adolescenza che è il momento in cui emergono tutti gli “irrisolti affettivi ed emotivi” precedenti per cui i progetti e le iniziative di educazione affettiva sono urgenti e da anticipare, non da ritardare: PRIMA SI INTERVIENE MEGLIO È, NON DOPO SI INTERVIENE MEGLIO È.

Dott.ssa Francesca Romana D’Angelo,
Psicologa Psicoterapeuta.

17/10/2025

VIOLENZA INVECE CHE AMORE

Ormai è normalità agghiacciante il verificarsi quotidiano di femminicidi.
Ma è ancora più agghiacciante che questa problematica desti sempre meno sconcerto rispetto al passato, come se, in parte, ci si fosse abituati alla violenza. Assuefatti alla assurdità.
E lo dimostra il fatto che a livello scolastico l’educazione affettiva sia cosa rara, dai più piccoli fini alle superiori. Mancano lezioni e tempo costante e strutturato dedicato a familiarizzare con la dimensione emotiva e relazionale.
Sarebbe fondamentale che questo aspetto venisse promosso, con adeguate condizioni, dalle istituzioni per colmare il vuoto di “lessico sentimentale” presente in molte famiglie. Così come sarebbe fondamentale che supporto psicologico venisse rivolto ai docenti di ogni ordine e grado che hanno la responsabilità della crescita psicologica dei loro studenti.
Educare alle emozioni per scoprire che amare non è possedere, nè spaventare, nè minacciare, ma accogliere.
Che per stare insieme si deve essere d’accordo, non esiste relazione senza consenso.
Che a volte la tristezza si può trasformare in rabbia e che la rabbia è legittima fino al momento in cui rispetta la dignità dell’altro, non umilia, non castiga, non si impone nè travolge.
Che ricevere un “no” dal partner o da colui/colei si desidererebbe diventasse il proprio partner, non vuol dire essere sbagliati, ma semplicemente è nel diritto di ogni persona.
Che la coppia a volte è fatta anche di conflittualità ma se porta a costruire di più e meglio, non a smantellare pure se stessi.
Ma per arrivare a tutto questo ci vuole un presupposto: sentire di essere amabili in quanto tali, non avere bisogno dell’altro “a tutti i costi”, perché è lì che si innesca la dipendenza affettiva, dal credere che si rimarrà soli perché non si è abbastanza.
Senza considerare che soli lo si è già nei rapporti tossici, dove non c’è un vero sentimento, un vero bene nei confronti dell’altro.
Non c’è voglia di prendersi cura del partner, ma solo sentirlo una “proprietà privata”.
Non c’è desiderio di vedere felice chi si dice di amare ma solo che lui o lei obbedisca, non diventi “preda” di qualcun altro.
“Non voglio lasciarti perché non voglio che tu sia di qualcun altro/a”: il possesso che si sostituisce all’amore.

Dott.ssa Francesca Romana D’Angelo,
Psicologa Psicoterapeuta.

10/10/2025

10 OTTOBRE: GIORNATA DELLA SALUTE MENTALE.

Da poco è trascorsa la giornata dedicata alla salute mentale.
Espressione piuttosto diffusa ma ancora complessa da capire.
Potremmo parlare di benessere, accettazione di sè, comprensione delle proprie emozioni, consapevolezza dei propri bisogni e di quelli dell’altro, capacità di condividere relazioni nutrienti.
Giusto.
Ma se dovessimo sintetizzare il concetto di salute mentale cosa diremmo?
A me piace soffermarmi su un aspetto cruciale per la serenità psicologica della persona: essere amici di se stessi. Ciò significa proteggersi, cioè salvaguardare le risorse e le qualità di cui si è dotati e monitorare i propri limiti.
Significa metterli i limiti quando è necessario per il rispetto di sè,
e mettersi in discussione sviscerando a fondo le cose,
Significa dirsi tutta la verità e non nascondersi dietro schemi preconfezionati come paure e giudizi,
Significa rischiare di esplorare oltre la propria zona confort,
Significa utilizzare il passato per fare meglio e il presente per essere fieri di sè, amici di sè prima di tutto.

Indirizzo

Chieti
66100

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

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