21/11/2025
🥹💔 Catherine parla piano, come se ogni parola potesse incrinarsi ancora prima di cadere a terra.
«Loro in una stanza, io al piano di sopra. I miei figli tristi.»
Lo dice senza rabbia, senza accuse. Lo dice con quella rassegnazione fragile che nasce quando ti senti in trappola in una vita che non avevi previsto.
Da ieri sera, la sua esistenza e quella dei suoi tre bambini — la bambina di otto anni e i due gemelli di sei — è contenuta tra le pareti di una casa famiglia di Vasto.
Non è una casa.
Non è neanche un rifugio.
È un luogo sospeso, dove tutto è in pausa: i sogni, le risate, l’odore del pane che cuoce, la buonanotte sussurrata con gli occhi mezzi chiusi.
Il tribunale per i minorenni dell’Aquila ha deciso.
Una decisione che vuole proteggere, ma che, nel proteggerli, spezza.
Perché ci sono leggi che salvano, e leggi che separano.
E qui la separazione pesa come un macigno sul petto.
«Dormo al piano di sopra, i miei bambini sono di sotto. Siamo nello stesso edificio, ma non possiamo stare insieme.»
La sua voce si spezza un secondo, ma subito torna.
Perché le madri imparano a parlare anche quando il cuore si ribella.
Immagina quei bambini.
Gli sguardi spaesati.
La sensazione di essere stati portati via dalla loro storia senza avere il tempo di capirla.
In una stanza sconosciuta, con lenzuola che non hanno il profumo di casa, con giochi che non hanno la loro impronta.
E lei, a pochi metri di distanza, a un piano di distanza, a un divieto di distanza.
Li sente muoversi la notte.
Sente i passi leggeri dei gemelli che cercano conforto l’uno nell’altro.
Sente la figlia grande che fa finta di essere coraggiosa, perché i grandi, a otto anni, pensano di dover proteggere tutti.
Sente il peso del loro smarrimento salire le scale e bussare al suo cuore… ma le regole le impediscono di aprire la porta.
In quella casa famiglia le luci dei corridoi restano accese anche di notte, come se sapessero che nessuno riesce davvero a dormire.
E Catherine passa le ore seduta sul letto, le mani intrecciate, gli occhi fissi sul soffitto.
Conta i minuti.
Conta i respiri.
Conta le lacrime che trattiene per non far capire ai bambini quanto sia difficile anche per lei.
Ci sono dolori che gridano.
E dolori che mormorano piano, ma scavano più a fondo.
La sua storia non è solo la sua.
È la storia di tante famiglie che vivono in stanze diverse pur desiderando lo stesso abbraccio.
È la storia di decisioni che pretendono di essere razionali ma non sanno misurare l’amore.
È la storia di bambini costretti a crescere in fretta, e di madri che devono imparare a restare ferme quando vorrebbero correre a stringere i loro figli.
E mentre tutto scorre, lento e pesante, Catherine resta lì:
una scala più in alto,
un abbraccio più lontano,
una notte più lunga del previsto.
Ma nel suo cuore c’è una sola promessa:
che nessuna decisione, nessuna stanza chiusa, nessun piano separato potrà spegnere il legame che li unisce.
Perché l’amore, quello vero, non lo separi con una regola.
Lo senti, anche quando non lo puoi toccare.
Dal web