14/10/2025
Poter vivere nella propria pelle, è il più bel modo di tornare a casa...
Sei una persona che si è risolta.
Questo è il complimento più bello che possano farti.
Dietro a queste parole c’è un universo.
Essere una persona risolta
non significa aver smesso di soffrire,
ma aver smesso di far soffrire gli altri
per ciò che non abbiamo risolto in noi.
Significa guardarsi dentro senza paura,
con tenerezza,
e dire: “Qui c’è una ferita, ma adesso la so riconoscere.”
È sapere che il tuo buio esiste e non chiedere ad altri
di diventare medicina per la tua mancanza.
Una persona risolta
ha imparato a stare in piedi nel proprio caos.
Ha imparato a vivere nella sua pelle.
Ha accettato la luce e l’ombra,
l’inizio e la fine,
la voce e il silenzio.
Ha smesso di chiedere al mondo di guarirla,
perché ha scoperto che la cura comincia da sé.
Il sacro di una vita risolta è semplice:
non fuggire da te,
non vendere la tua anima
per l’approvazione.
Le persone risolte non cercano colpe,
cercano pace.
Non ti usano per riempirsi,
ti scelgono per condividere.
Non vogliono cambiare nessuno,
perché sanno quanto è stato difficile cambiare se stesse.
Una persona risolta non aggredisce, risponde.
Non esplode, respira.
Non pretende, comprende.
Sa chiedere scusa quando serve
e ritirare la mano quando fa male.
Sa che amare non è possesso
ma cura quotidiana.
Essere risolti non vuol dire essere perfetti.
Vuol dire conoscersi a fondo,
sapere dove fa male
e dove si fiorisce.
Vuol dire portare la propria anima a casa,
e da lì iniziare a costruire pace.
Dentro ogni persona risolta c’è il suo daimon,
come dicevano gli antichi greci:
una forza interiore,
che orienta, guida
e custudisce il tuo desiderio più vero
non un padrone,
bensì la tua bussola di fuoco
la voce silenziosa che ti guida verso ciò
che sei davvero,
non ciò che ti chiedono di essere.
Chi lo ascolta trova la direzione.
Chi lo ignora resta fermo nel rumore.
Una persona non risolta, invece,
fa male anche senza volerlo.
Ama come chi afferra,
parla per difendersi,
giudica per non guardarsi.
Ha paura del silenzio
perché nel silenzio sente tutto.
La differenza si vede nelle mani:
quelle non risolte soffocano, chiudono, stringono.
Quelle risolte accolgono, sfiorano, lasciano libertà.
L’una spegne, l’altra illumina.
L’una costruisce muri, l’altra apre porte.
Una persona risolta non ha più bisogno di vincere,
perché ha capito che vincere non serve a niente.
Ha imparato a lasciar andare,
a dire “scusa”,
a dire “non so”.
Ha imparato a restare.
Le persone risolte portano pace,
non perché il mondo gliel’ha data,
ma perché hanno deciso di crearla dentro.
Sono fari silenziosi,
non insegnano: illuminano.
E allora risolviamoci.
Non per diventare migliori,
ma per smettere di far male.
Non per essere perfetti,
ma per essere interi.
Risolversi è l’atto più rivoluzionario che esista:
significa scegliere di non restare feriti per sempre.
Significa guardare la vita in faccia
e dirle:
“Ci ho messo un po’, ma adesso ci sono.”