21/05/2025
Madri Manipolatrici e Irrisolte: Quando l’Amore Diventa una Gabbia
In psicologia, la figura materna è spesso al centro dei processi di sviluppo dell’identità e dell’autonomia del bambino. Nei primi anni di vita, la madre rappresenta un punto di riferimento fondamentale: dalla sua cura dipende la sopravvivenza del figlio, ma anche la costruzione delle sue prime rappresentazioni affettive e relazionali. Tuttavia, quando la madre è irrisolta, quando non ha elaborato le proprie ferite, insoddisfazioni o bisogni non soddisfatti, può trasformare la relazione madre-figlio in un legame simbiotico e manipolatorio, compromettendo lo sviluppo psico-emotivo del bambino.
Il ciclo naturale del distacco
Il compito evolutivo di una madre sana è quello di accompagnare il figlio verso l'autonomia. Insegnargli a fare da solo, affrontare le sfide, sperimentare errori e successi. All’inizio il legame è fisico e totale, ma col tempo dovrebbe diventare sempre più simbolico: da dipendenza a vicinanza emotiva, da controllo a fiducia. Tuttavia, alcune madri non riescono a fare quel necessario “passo indietro”.
L’ansia della separazione
Per alcune madri, il figlio rappresenta l’unico fulcro della propria identità. Si sentono “necessarie” solo nella misura in cui sono indispensabili. La crescita del bambino, invece di essere vissuta come una conquista, è vissuta come una minaccia: “Se lui non ha più bisogno di me, io chi sono?”. Questo porta a un costante sabotaggio dell’autonomia del figlio, attraverso un controllo mascherato da affetto, una presenza continua giustificata da amore e preoccupazione.
La madre asfittica e controllante
Queste madri non delegano, non si fidano, non permettono l’errore. Scelgono per il figlio amici, partner, attività, orientamento scolastico. Vivono attraverso lui, proiettano su di lui i propri sogni, le proprie paure e i propri irrisolti. In questo modo, invadono lo spazio psichico del bambino, rendendo difficile la costruzione di una vera individualità.
I padri generalmente, subiscono anche loro l’iper controllo della partner, vengono sminuiti dalle Stesse ritenendoli non adatti, poco attenti o facendo leva sulle ore fuori casa “ che ne sai tu che non ci sei mai”. Tendono ad avere un comportamento altalenante tra cercare complicità con il padre dei figlio con approcci solo inizialmente “teneri” ( senso di colpa, ricordare i sacrifici fatti a casa, il suo passato) a comportamenti svalutanti e di comando. Spesso, i figli, si riconoscono più vicini al padre e vivono Situazioni di frustrazioni quando quest’ ultimo non reagisce alla madre, subendo in silenzio. Dimenticando di dover essere portavoce del vero e del bene reale e non quello imposto dall’ altro genitore. Spesso, il figlio prova rabbia verso il padre “taciturno” cercando di capire “ perché accetta tutto questo”.
Le conseguenze sul figlio
Il figlio di una madre manipolatrice cresce nel dubbio costante: se sceglie per sé, sente di tradire la madre; se sceglie per compiacerla, rinnega sé stesso. Sviluppa spesso una personalità insicura, ansiosa, fobica dell’autonomia, oppure — in alternativa — ribelle e oppositiva. In entrambi i casi, fatica a costruire una relazione sana con sé stesso e con gli altri.
A livello relazionale e affettivo, può oscillare tra il desiderio di intimità e la paura dell’invasione. Nelle relazioni amorose, teme di ripetere il copione materno: cerca affetto ma fugge quando questo si fa profondo, teme di essere soffocato o di soffocare a sua volta. In molti casi, sviluppa una dipendenza affettiva, cercando nel partner una figura accudente o dominante, o al contrario, si rifugia nell’evitamento emotivo.
Bugie come meccanismo di sopravvivenza
Per sfuggire al controllo materno, il figlio spesso sviluppa fin da piccolo strategie difensive: bugie, omissioni, mezze verità. La menzogna diventa una forma di libertà, un modo per avere uno spazio tutto suo. Ma con il tempo, questo schema si cronicizza, generando adulti che mentono non solo per difendersi, ma anche per evitare il conflitto, la responsabilità, l’autenticità.
Il diritto al volo
Una madre davvero amorevole è quella che sa “togliersi di mezzo” nel momento giusto, che sa soffrire in silenzio il distacco per permettere al figlio di diventare adulto. Non c’è amore più grande di quello che sa trasformarsi, che rinuncia al controllo per favorire la libertà. Educare un figlio non è imprigionarlo in un debito eterno, ma dotarlo degli strumenti per vivere senza di noi.
Conclusione
Le madri manipolatrici e irrisolte non sono “cattive madri” nel senso comune del termine. Sono spesso donne irrealizzate, non hanno avuto spazio o ne hanno avuta tanto gratuitamente e che cercano di colmare quel vuoto attraverso i figli. Ma l’amore, quando diventa bisogno, controllo o proiezione, smette di essere nutriente e diventa tossico. La consapevolezza di queste dinamiche è il primo passo verso la possibilità di spezzare la catena transgenerazionale, restituendo ai figli la libertà di diventare ciò che sono…liberi e umani.