Dott.ssa Carmen Eboli - Psicologa

Dott.ssa Carmen Eboli - Psicologa Psicologa laureata con 110 con Lode in Psicologia dello Sviluppo Tipico e Atipico presso La Sapienza. Iscritta all'Ordine Psicologi regione Campania

12/10/2025

Proust, "Alla ricerca del tempo perduto"

Nuovo articolo… Accettare una separazione: un passo fondamentale per ricostruirsi La separazione, che sia da un partner ...
25/08/2025

Nuovo articolo…

Accettare una separazione: un passo fondamentale per ricostruirsi

La separazione, che sia da un partner o da un matrimonio, non è mai un evento neutro: porta con sé dolore, senso di fallimento, rabbia e un forte bisogno di riorganizzare la propria vita.
Come ci ricorda Elisabeth Kübler-Ross (1969), il processo di accettazione di una perdita passa spesso attraverso fasi come negazione, rabbia, contrattazione, tristezza e, infine, accettazione. Una separazione, pur non essendo una “perdita definitiva” come un lutto, richiama lo stesso percorso emotivo.

Il punto chiave è l’accettazione: non significa “dimenticare” o “giustificare l’altro”, ma riuscire a integrare l’esperienza dentro la propria storia personale senza restarne intrappolati.

Cosa accade quando non si lavora sull’accettazione?

Molti restano bloccati nella fase della rabbia o della contrattazione, consumando enormi energie per:
• cercare rivincite o vendette, anche solo psicologiche;
• investire più tempo nel danneggiare l’ex piuttosto che nel progettare un futuro personale;
• alimentare rancori, che finiscono per logorare chi li prova.

Aaron Beck, padre della terapia cognitiva, sottolineava come i pensieri ripetitivi e pieni di risentimento possano diventare veri e propri “cicli di auto-avvelenamento emotivo”. In altre parole, la sofferenza si cronicizza non perché la separazione è avvenuta, ma perché non si smette di “riaprirla” interiormente.

Un esempio pratico

Immagina due persone che si separano:
• Marco, invece di accettare, passa mesi a controllare i social della sua ex, a parlare male di lei con amici e a cercare modi per ferirla. Risultato? Vive in funzione del passato, le emozioni negative occupano tutte le sue giornate e il futuro resta in sospeso.
• Laura, invece, dopo la fase di rabbia, sceglie di chiedere supporto psicologico, di ridefinire i suoi obiettivi personali e di coltivare nuove passioni. Risultato? La sofferenza non sparisce subito, ma viene trasformata in una spinta per ricostruire una nuova identità.

Guardare al futuro di sé stessi

Carl Rogers parlava della tendenza attualizzante, cioè la capacità intrinseca dell’essere umano di crescere e orientarsi verso il benessere. Questo processo può avviarsi solo quando l’energia viene reinvestita in sé, non nel conflitto con l’altro.

Accettare significa scegliere di non farsi definire dalla fine di una relazione, ma di riconoscere il proprio diritto a una vita piena, autentica e nuova.

Se stai attraversando una separazione, chiediti:
Sto spendendo più energie per ferire l’altro o per costruire me stesso/a?
La risposta a questa domanda può essere la bussola che ti aiuta a ritrovare la strada verso il tuo futuro.

30/07/2025

Nuovo articolo

“Se mi lasci ti distruggo”: Ricatto emotivo, dipendenza economica e triangolazione familiare nelle separazioni conflittuali

Abstract

Nelle separazioni altamente conflittuali, si osservano frequentemente dinamiche psicologiche di ricatto emotivo, spesso esercitate da un coniuge (prevalentemente la donna in questo contesto specifico) nei confronti dell’altro. Una frase ricorrente in terapia e nei racconti informali è: “Se mi lasci ti distruggo”, la cui funzione è di mantenere il controllo sull’altro coniuge, spesso attraverso il ricatto economico e l’utilizzo strumentale dei figli. Questo articolo analizza tali dinamiche da una prospettiva psicologica e giuridica, con particolare attenzione al ruolo della dipendenza economica e alla mancata elaborazione del lutto della separazione.

1. Introduzione

In molte separazioni, soprattutto in contesti in cui la donna non ha raggiunto un’autonomia economica, si osservano tentativi di mantenere lo status quo attraverso forme più o meno esplicite di minaccia. Alcuni uomini riferiscono in terapia frasi come “se stai con un’altra ti distruggo” oppure “se ti separi, non vedrai più i tuoi figli”, segnali evidenti di una comunicazione manipolativa e possessiva.

Queste dinamiche creano un contesto familiare psicologicamente tossico, in cui la paura del conflitto, la perdita dei figli o il collasso economico spingono molti uomini a non separarsi formalmente o a restare sotto lo stesso tetto pur essendo separati nella quotidianità.

2. Cornice psicologica: il ricatto emotivo e la triangolazione

2.1 Ricatto affettivo e dipendenza relazionale

Il ricatto affettivo è una strategia manipolativa con cui una persona esercita controllo sull’altra sfruttando colpa, paura o obbligo (Forward, 1997). In questi casi, l’ex moglie può assumere un atteggiamento minaccioso con frasi implicite come “vedrai cosa ti succede se mi lasci” o esplicite minacce legate ai figli.

2.2 La triangolazione nei sistemi familiari

Secondo la teoria della triangolazione di Bowen (1978), in famiglie disfunzionali uno dei genitori può utilizzare i figli per mantenere legami patologici con l’altro coniuge. In queste situazioni, il figlio diventa mediatore o “alleato” inconsapevole della madre, portando alla creazione di legami disfunzionali che impediscono una sana separazione psicologica.

3. Aspetti giuridici: la separazione, l’affido e la tutela patrimoniale

3.1 Il diritto alla separazione

In Italia, il diritto alla separazione è sancito dall’art. 151 c.c., che prevede la possibilità di scioglimento del matrimonio anche in presenza di un solo coniuge che lo richieda. Tuttavia, nella pratica, molti uomini rinunciano a tale diritto per paura delle conseguenze economiche e affettive.

3.2 Assegnazione dei figli e mantenimento

Nonostante la legge n. 54/2006 promuova l’affido condiviso, la prassi giudiziaria assegna frequentemente la residenza prevalente alla madre. In molte cause di separazione, le madri utilizzano l’arma della frequentazione dei figli per ottenere un maggiore contributo economico o per ostacolare la relazione dell’ex con nuove partner.

3.3 Assegno di mantenimento e autonomia economica

L’assegno di mantenimento è disciplinato dall’art. 156 c.c. e, nel caso del divorzio, dagli artt. 5 e 6 della legge 898/1970. Tuttavia, la Cassazione ha più volte sottolineato come l’assegno non debba essere strumento per conservare il tenore di vita, bensì mezzo per garantire un’autonomia dignitosa. Malgrado ciò, in molte sentenze si assiste ancora a una tutela quasi automatica della moglie, senza reale verifica dell’impegno a rendersi autonoma economicamente.

4. Conseguenze psicologiche nei figli e nei padri

4.1 Figli come ostaggio emotivo

Crescere in un contesto dove uno dei genitori è costretto a restare per paura delle reazioni dell’altro può portare a un apprendimento disfunzionale del concetto di amore e conflitto. Il figlio apprende che l’amore è possesso, che la dipendenza è normale e che l’aggressività relazionale è uno strumento di sopravvivenza.

4.2 Padri psicologicamente ricattati

Sempre più uomini in terapia riportano sintomi di ansia, somatizzazione e vissuti depressivi legati all’impossibilità di separarsi o vivere liberamente. La minaccia della distruzione patrimoniale o dell’allontanamento dai figli crea un clima psicologico che li tiene in uno stato costante di ipervigilanza.

5. Discussione e proposte di intervento
• Valutazione oggettiva dell’autonomia della ex coniuge da parte dei giudici, verificando l’effettiva volontà di lavorare e non solo il dato anagrafico o la presenza dei figli.
• Psicoterapia familiare nei casi di separazione in conflitto per aiutare a disattivare le dinamiche manipolative e promuovere il benessere dei figli.
• Riforma della cultura giuridica che smetta di assumere automaticamente la donna come “parte debole” e inizi a valutare le dinamiche relazionali e i ruoli in modo equo.

Conclusioni

Il fenomeno del ricatto emotivo post-separazione, soprattutto nelle situazioni in cui l’ex moglie non accetta la separazione o rifiuta l’autonomia economica, rappresenta un rischio concreto per il benessere psicologico dei figli e dei padri. Serve un approccio integrato – legale, psicologico, educativo – che permetta di uscire da stereotipi culturali ormai obsoleti e promuovere relazioni post-coniugali basate sul rispetto reciproco e sulla crescita individuale.

Bibliografia essenziale
• Bowen, M. (1978). Family Therapy in Clinical Practice. New York: Jason Aronson.
• Forward, S. (1997). Ricatto emotivo: Quando le persone a te care usano la paura, il senso di colpa e l’obbligo per manipolarti. Mondadori.
• Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza n. 18287/2018.
• Legge n. 54/2006 – Affido condiviso.
• Codice Civile: artt. 151, 156 c.c.; Legge 898/1970.

Dott.ssa Carmen Eboli - Psicologa

19/06/2025

La napoletana Assunta Scutto, cresciuta nel Star Judo Club Maddaloni a Scampia, trionfa ai mondiali di Judo dominando il torneo -48 kg.

Post psicologia …Oggi parleremo del rapporto tra passato e presente e il meccanismo di difesa dell’ evitamento.Il passat...
03/06/2025

Post psicologia …
Oggi parleremo del rapporto tra passato e presente e il meccanismo di difesa dell’ evitamento.

Il passato non è una casa in cui vivere: è una strada da cui imparare

Molte persone restano impantanate in un tempo che non esiste più: il passato. Non per nostalgia consapevole, ma per evitamento del presente.
Il cambiamento spaventa. L’incertezza immobilizza.
Così ci si rifugia dove tutto è già successo, anche se ha fatto male.
L’inettitudine emotiva si manifesta spesso in chi trova pretesti per non crescere.
Riconosci queste frasi?

- [ ] “Lo sento ogni tanto, ma solo come amico…”
- [ ] “Non ho ancora chiuso del tutto, ma non è il momento…”
- [ ] “Non posso lasciarlo andare, è una parte di me…”

Dietro queste giustificazioni si nasconde paura del cambiamento, dipendenza affettiva, o semplicemente evitamento.
Tenere un ex, un’amicizia tossica, o un’abitudine passata nella propria vita è come tentare di nuotare con una pietra legata al piede.
Il risultato? Confusione. Stallo. Sofferenza.
Non si va avanti perché si è ancora legati a ciò che non esiste più.
Autori come Carl Jung hanno sottolineato l’importanza dell’integrazione del passato senza esserne schiavi: “Non si diventa illuminati immaginando figure di luce, ma rendendo cosciente l’oscurità.”
Viktor Frankl, attraverso la logoterapia, ci ricorda che il senso si trova nel presente, non ripetendo il passato ma rispondendo consapevolmente alla vita così com’è ora.
Rollo May, infine, descrive l’ansia come una spinta al cambiamento: resisterle ci rende passivi, accoglierla ci rende liberi.

Il passato ha il suo valore: ci forma, ci insegna, ci plasma.
Ma restarci attaccati per non affrontare il presente è un sabotaggio sottile.

La crescita inizia quando si smette di evitare e si inizia a scegliere.
Tagliare un legame, chiudere una porta, dire un “basta” sincero può sembrare doloroso, ma è l’unica via per ritrovare sé stessi.

Tu, oggi, quale parte del tuo passato stai ancora usando come scusa per non cambiare?

Post psicologia di oggi Relazioni non funzionali e nocive: come riconoscerle e uscirne 📌 Cosa sono le relazioni non funz...
26/05/2025

Post psicologia di oggi

Relazioni non funzionali e nocive: come riconoscerle e uscirne

📌 Cosa sono le relazioni non funzionali?
Secondo la teoria dell’attaccamento di Bowlby (1969) e gli studi di psicoterapia relazionale, una relazione è “non funzionale” quando mina il benessere emotivo e psicologico della persona, invece di sostenerlo. Può trattarsi di dinamiche ripetitive di svalutazione, controllo, dipendenza emotiva, manipolazione o violenza (anche solo psicologica).

📚 Il termine relazione nociva viene spesso usato per indicare quei legami che, pur essendo affettivamente significativi, generano costantemente malessere, ansia, senso di colpa o confusione. Judith Herman, nel suo libro Trauma and Recovery, parla di “traumi relazionali” proprio per descrivere queste situazioni.

💬 Esempi pratici:
• Ti senti spesso in colpa per errori fatti nel passato ,
• Tendi a giustificare comportamenti che ti feriscono, sperando che l’altro cambi o perdoni,
• Hai paura a esprimere ciò che pensi, per non scatenare reazioni spiacevoli.
• Ti senti svuotatə, ansiosə o insicuro/a dopo ogni interazione con questa persona.

⚠️ Cosa succede dentro di noi?
Spesso, chi resta in relazioni disfunzionali ha interiorizzato un modello relazionale basato su ferite affettive pregresse (famiglia d’origine, traumi non risolti). Il nostro cervello, che cerca coerenza più che felicità, può spingerci a ripetere schemi conosciuti, anche se dolorosi. Si parla in questi casi di compulsione a ripetere (Freud, 1920).

🔄 Si può uscire da queste dinamiche?
Sì, ma non sempre da solə. È necessario:
• Riconoscere la disfunzionalità della relazione (consapevolezza).
• Lavorare su autostima e confini personali.
• Interrompere il ciclo di colpa, paura e dipendenza emotiva.
• Iniziare, se possibile, un percorso psicoterapeutico.

💡 Ricorda: l’amore sano non fa male, non svuota e non isola. L’amore sano costruisce, sostiene, fa crescere.

Se ti sei riconosciutə in queste parole, sappi che non sei solə. Parlare con un professionista può aiutarti a trovare la forza e la chiarezza per prenderti cura di te.

📩 Per approfondimenti o per iniziare un percorso, puoi contattarmi in privato.

Madri Manipolatrici e Irrisolte: Quando l’Amore Diventa una GabbiaIn psicologia, la figura materna è spesso al centro de...
21/05/2025

Madri Manipolatrici e Irrisolte: Quando l’Amore Diventa una Gabbia

In psicologia, la figura materna è spesso al centro dei processi di sviluppo dell’identità e dell’autonomia del bambino. Nei primi anni di vita, la madre rappresenta un punto di riferimento fondamentale: dalla sua cura dipende la sopravvivenza del figlio, ma anche la costruzione delle sue prime rappresentazioni affettive e relazionali. Tuttavia, quando la madre è irrisolta, quando non ha elaborato le proprie ferite, insoddisfazioni o bisogni non soddisfatti, può trasformare la relazione madre-figlio in un legame simbiotico e manipolatorio, compromettendo lo sviluppo psico-emotivo del bambino.

Il ciclo naturale del distacco
Il compito evolutivo di una madre sana è quello di accompagnare il figlio verso l'autonomia. Insegnargli a fare da solo, affrontare le sfide, sperimentare errori e successi. All’inizio il legame è fisico e totale, ma col tempo dovrebbe diventare sempre più simbolico: da dipendenza a vicinanza emotiva, da controllo a fiducia. Tuttavia, alcune madri non riescono a fare quel necessario “passo indietro”.

L’ansia della separazione
Per alcune madri, il figlio rappresenta l’unico fulcro della propria identità. Si sentono “necessarie” solo nella misura in cui sono indispensabili. La crescita del bambino, invece di essere vissuta come una conquista, è vissuta come una minaccia: “Se lui non ha più bisogno di me, io chi sono?”. Questo porta a un costante sabotaggio dell’autonomia del figlio, attraverso un controllo mascherato da affetto, una presenza continua giustificata da amore e preoccupazione.

La madre asfittica e controllante
Queste madri non delegano, non si fidano, non permettono l’errore. Scelgono per il figlio amici, partner, attività, orientamento scolastico. Vivono attraverso lui, proiettano su di lui i propri sogni, le proprie paure e i propri irrisolti. In questo modo, invadono lo spazio psichico del bambino, rendendo difficile la costruzione di una vera individualità.
I padri generalmente, subiscono anche loro l’iper controllo della partner, vengono sminuiti dalle Stesse ritenendoli non adatti, poco attenti o facendo leva sulle ore fuori casa “ che ne sai tu che non ci sei mai”. Tendono ad avere un comportamento altalenante tra cercare complicità con il padre dei figlio con approcci solo inizialmente “teneri” ( senso di colpa, ricordare i sacrifici fatti a casa, il suo passato) a comportamenti svalutanti e di comando. Spesso, i figli, si riconoscono più vicini al padre e vivono Situazioni di frustrazioni quando quest’ ultimo non reagisce alla madre, subendo in silenzio. Dimenticando di dover essere portavoce del vero e del bene reale e non quello imposto dall’ altro genitore. Spesso, il figlio prova rabbia verso il padre “taciturno” cercando di capire “ perché accetta tutto questo”.

Le conseguenze sul figlio
Il figlio di una madre manipolatrice cresce nel dubbio costante: se sceglie per sé, sente di tradire la madre; se sceglie per compiacerla, rinnega sé stesso. Sviluppa spesso una personalità insicura, ansiosa, fobica dell’autonomia, oppure — in alternativa — ribelle e oppositiva. In entrambi i casi, fatica a costruire una relazione sana con sé stesso e con gli altri.

A livello relazionale e affettivo, può oscillare tra il desiderio di intimità e la paura dell’invasione. Nelle relazioni amorose, teme di ripetere il copione materno: cerca affetto ma fugge quando questo si fa profondo, teme di essere soffocato o di soffocare a sua volta. In molti casi, sviluppa una dipendenza affettiva, cercando nel partner una figura accudente o dominante, o al contrario, si rifugia nell’evitamento emotivo.

Bugie come meccanismo di sopravvivenza
Per sfuggire al controllo materno, il figlio spesso sviluppa fin da piccolo strategie difensive: bugie, omissioni, mezze verità. La menzogna diventa una forma di libertà, un modo per avere uno spazio tutto suo. Ma con il tempo, questo schema si cronicizza, generando adulti che mentono non solo per difendersi, ma anche per evitare il conflitto, la responsabilità, l’autenticità.

Il diritto al volo
Una madre davvero amorevole è quella che sa “togliersi di mezzo” nel momento giusto, che sa soffrire in silenzio il distacco per permettere al figlio di diventare adulto. Non c’è amore più grande di quello che sa trasformarsi, che rinuncia al controllo per favorire la libertà. Educare un figlio non è imprigionarlo in un debito eterno, ma dotarlo degli strumenti per vivere senza di noi.

Conclusione
Le madri manipolatrici e irrisolte non sono “cattive madri” nel senso comune del termine. Sono spesso donne irrealizzate, non hanno avuto spazio o ne hanno avuta tanto gratuitamente e che cercano di colmare quel vuoto attraverso i figli. Ma l’amore, quando diventa bisogno, controllo o proiezione, smette di essere nutriente e diventa tossico. La consapevolezza di queste dinamiche è il primo passo verso la possibilità di spezzare la catena transgenerazionale, restituendo ai figli la libertà di diventare ciò che sono…liberi e umani.

📍 GENITORI E SENSO DI COLPA🎭 Quando dire “SÌ” diventa un problema...👂 “Se gli dico no, penserà che non lo amo.”“Mi sento...
18/05/2025

📍 GENITORI E SENSO DI COLPA
🎭 Quando dire “SÌ” diventa un problema...

👂 “Se gli dico no, penserà che non lo amo.”
“Mi sento in colpa per quanto lavoro, almeno gli dico sempre sì.”
“Non voglio che soffra come ho sofferto io.”

👉 Ti suonano familiari?
Spesso dietro un sì c’è il senso di colpa. Ma attenzione: un sì dato per paura o insicurezza può avere effetti negativi, soprattutto con gli adolescenti.

🔎 Secondo Winnicott, un genitore non deve essere perfetto, ma “sufficientemente buono”:
✅ Dire no
✅ Mettere limiti
✅ Aiutare i figli a tollerare la frustrazione

Anche Isabelle Filliozat mette in guardia contro una genitorialità troppo permissiva, che annulla il ruolo educativo.

💥 COSA SUCCEDE QUANDO DICI SEMPRE DI SÌ?
⚠ I figli non imparano a gestire l’attesa
⚠ L’equilibrio relazionale si rompe
⚠ Il genitore perde autorevolezza
⚠ L’adolescente impara a manipolare

🚨 ESEMPI DI “SÌ” CHE POSSONO DIVENTARE UN PROBLEMA:
🔹 “Va bene, puoi stare al telefono tutta la notte.”
🔹 “Hai preso un brutto voto? Ti compro comunque qualcosa.”
🔹 “Non fai i compiti? Ti aiuto io.”
🔹 “Mi hai risposto male? Sei solo stressato.”

🎯 PERCHÉ LO FACCIAMO?
💔 Senso di colpa
🧳 Ferite dell’infanzia
😟 Paura di non essere abbastanza
💞 Bisogno di sentirsi amati

📌 Ma l’amore non si misura in concessioni.
Amare è anche:
✔ dire no
✔ dare regole
✔ sostenere la frustrazione

👣 Dire no oggi non significa amare di meno, ma amare meglio

🎭 GENITORI E SENSO DI COLPA: QUANDO IL "SÌ" DIVENTA UN PROBLEMA 🧠👨‍👩‍👧‍👦"Se gli dico no, penserà che non lo amo abbastan...
18/05/2025

🎭 GENITORI E SENSO DI COLPA: QUANDO IL "SÌ" DIVENTA UN PROBLEMA 🧠👨‍👩‍👧‍👦

"Se gli dico no, penserà che non lo amo abbastanza."
"Mi sento in colpa per quanto lavoro, almeno voglio dirgli sempre sì."
"Non voglio che soffra come ho sofferto io."

Ti suonano familiari queste frasi? Sono pensieri comuni in molti genitori, ma dietro questi “sì” dati per senso di colpa si nasconde un rischio profondo, soprattutto quando si parla di adolescenti.

👉 Secondo autori come Donald Winnicott, il genitore non deve essere perfetto, ma sufficientemente buono. Questo significa anche saper dire no, mettere limiti e aiutare il figlio a tollerare la frustrazione.
👉 Isabelle Filliozat, psicoterapeuta francese, parla spesso del pericolo di una genitorialità troppo permissiva, dove l’adulto cerca di evitare ogni disagio al figlio, annullando però il proprio ruolo educativo.

💥 QUALI SONO LE CONSEGUENZE DEL DIRE SEMPRE DI SÌ?

I figli imparano a pretendere tutto e subito, senza sviluppare la capacità di aspettare.
Si rompe l’equilibrio relazionale: i figli diventano "re" e i genitori "sudditi".
L’adulto perde autorevolezza, e il figlio fatica a riconoscerne il ruolo.
Nascono comportamenti manipolativi, dove l’adolescente sa usare il senso di colpa del genitore a proprio vantaggio.
🔁 ESEMPI COMUNI DI “SÌ” CHE POSSONO ESSERE PROBLEMATICI:
✔ “Va bene, puoi stare sveglio tutta la notte sul telefono, anche se domani hai scuola.”
✔ “Hai preso un brutto voto? Ti compro qualcosa lo stesso, non voglio farti stare male.”
✔ “Ok, non fai i compiti… tanto ti aiuto io più tardi.”
✔ “Non importa se mi hai risposto male, sei stressato.”

🎯 PERCHÉ LO FACCIAMO?
Spesso per:
🔹 Senso di colpa per le assenze (lavorative o emotive)
🔹 Ferite personali non elaborate (esperienze dolorose nella propria infanzia)
🔹 Paura di non essere “abbastanza” come genitore
🔹 Bisogno di essere amati, anche dai propri figli

📌 Ma l’amore non si misura in concessioni. Il ruolo educativo implica anche frustrazione, regole e attese. Insegnare a un figlio che non tutto è immediato significa dargli uno strumento prezioso per la vita adulta.

👣 Ricorda: dire no oggi non significa amare di meno, ma amare meglio.

💬 Ti ritrovi in questo tema? Come gestisci il senso di colpa nel tuo ruolo di genitore? Condividi la tua esperienza

Indirizzo

Via Annovazzi, Studio Presso Torre Europa
Civitavecchia
00053

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:00
Martedì 09:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 19:00
Giovedì 09:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 19:00

Sito Web

https://www.h24psicologo.com/Profilo/psicologa-dott-ssa-carm

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