25/10/2025
LA DIPENDENZA AFFETTIVA ED IL GANCIO CHE CI LEGA AD UN NARCISITA: Analisi di una frase detta da una mia paziente.
"Io sono una persona speciale. Non so come definirti e definire il nostro rapporto… diciamo che tu sei la mia donna.”
Questa frase è stata pronunciata da una mia paziente in seduta, mentre descriveva un legame segnato da forte dipendenza affettiva, confusione emotiva e un bisogno disperato di rassicurazione. Questa frase è lo specchio di una dinamica relazionale sempre più diffusa e clinicamente rilevante.
Il peso dell’aggettivo “mia” Fermiamoci su quell’“mia”.
Non è un semplice possessivo affettuoso.È un marcatore psicologico potente, che assume significati diversi a seconda di chi lo usa… e di chi lo riceve.
• Per chi lo pronuncia con tratti narcisistici, “mia” è un atto di possesso simbolico: “Ti tengo legato emotivamente, ti definisco come mio, ma non ti riconosco come pari né ti concedo un posto chiaro nella mia vita.”
• Per chi lo pronuncia con dipendenza affettiva, “mia” è una preghiera mascherata da affermazione: “Voglio sentirti vicino, anche se non so se posso davvero contare su di te.”
Ma c’è un terzo livello, spesso trascurato:
Il risvolto positivo (o illusorio) per chi ascolta
Per chi riceve questa frase — soprattutto se ha bassa autostima, attaccamento ansioso o schema di deprivazione emotiva — quell’“mia” può suonare come:
• Un riconoscimento: “Finalmente qualcuno mi vede, mi sceglie, mi rivendica.”
• Una promessa implicita: “Se sono la sua donna, allora conto qualcosa. Allora non sarò abbandonato/a.”
• Un’àncora emotiva: in un mare di incertezza, quella parola diventa l’unico punto fermo.
Chi la ascolta: tratti di personalità e vulnerabilità
Chi riceve frasi del genere è particolarmente esposto se presenta:
• Tratti di personalità dipendente: bisogno eccessivo di essere accudito, paura di separarsi, difficoltà a prendere decisioni senza rassicurazione;
• Stile di attaccamento ansioso: tendenza a iper-idealizzare il partner e a interpretare ogni gesto ambiguo come un segnale da “decifrare” per salvare il rapporto;
• Schema di deprivazione emotiva: convinzione profonda di “non meritare un amore chiaro, stabile, rispettoso”.
In questi casi, il cervello attiva meccanismi di attaccamento iperattivi: ogni “mia” viene registrato come prova di sicurezza, anche quando il comportamento del partner contraddice quelle parole.
Le conseguenze psicologiche nel tempo
Questa dinamica, se protratta, può innescare:
• Ansia cronica da attesa: “Cosa sono per lui/lei? Quando mi riconoscerà davvero?”;
• Autodubbi ricorrenti: “Forse non sono abbastanza? Forse devo meritarmi un’etichetta?”;
• Dipendenza affettiva strutturata: la persona inizia a cercare continue conferme, scambiando l’ambiguità per profondità;
• Perdita graduale dell’autonomia emotiva, fino a far coincidere il proprio valore con lo sguardo dell’altro;
• Isolamento sociale: la relazione diventa così totalizzante da allontanare amicizie, famiglia, interessi personali.
Nel caso della mia paziente, quel “mia” era diventato il simbolo del suo valore: ogni volta che lo sentiva, si sentiva “scelta”. Ma più ci faceva affidamento, più perdeva di vista se stessa e più il partner poteva permettersi di restare vago, distante, ambiguo.
Il “mia” come gancio relazionale tossico
Ed è proprio qui che si forma il gancio relazionale tossico:
Il “mia” del narcisistico incontra il bisogno di appartenenza del dipendente.
Uno vuole possedere senza impegnarsi; l’altro vuole appartenere a ogni costo.
L’aggettivo “mia” diventa così il collante invisibile di una relazione asimmetrica:
• per chi lo dice, è un modo per tenere l’altro vicino senza doveri;
• per chi lo ascolta, è la prova (illusoria) di essere amati.
Un avvertimento necessario
Se il tuo partner ti parla così — soprattutto se lo fa da mesi, senza mai assumersi responsabilità, trasparenza o reciprocità — non è poesia.
È mancanza di coraggio emotivo… o, peggio, manipolazione affettiva.
Come scriveva Aaron T. Beck:
“Non sono gli eventi a ferirci, ma il significato che diamo loro.”
E quando diamo un significato d’amore a parole che negano l’impegno ad un “mia” che non si traduce in rispetto, cura o chiarezza ,rischiamo di perdere non solo la relazione, ma noi stessi.
La via d’uscita
Riconoscere il potere simbolico di parole come “mia” è il primo passo per smettere di cercare valore negli sguardi altrui. Una relazione sana non ha bisogno di enigmi per esistere.
Ha bisogno di parole chiare, gesti coerenti… e un “mia” che si accompagna a un “noi”.
E se ti ritrovi in questa dinamica, ricorda:
Non hai bisogno di essere “la sua donna” per valere.
Hai bisogno di essere riconosciuta, rispettata e scelta — ogni giorno, con chiarezza.