Dr.ssa Agnese Fiorino Psicologa, Psicoterapeuta e Neuropsicologa

Dr.ssa Agnese Fiorino Psicologa, Psicoterapeuta e Neuropsicologa Non è mai troppo tardi per cambiare Sono una Psicologa Neuropsicologa Psicoterapeuta.

Laureata nel 2004 mi sono sempre occupata in questi anni di salute e benessere psicologico. Mi occupo di consulenza e supporto psicologico per persone con disturbi di ansia, fobie, attacchi di panico, disturbi psicosomatici, depressione, difficoltà esistenziali quali bassa autostima e fiducia in sè o che si trovano in fasi di vita complesse (malattie, separazioni, problemi lavorativi o scolastici, difficoltà di coppia, lutti complicati). Lavoro inoltre con coppie in fasi di crisi, con donne in gravidanza e nel post-partum con problematiche ansioso-depressive e con persone che hanno affrontato eventi di natura traumatica. Come Neuropsicologa mi occupo di valutazioni e di riabilitazioni neuropsicologiche per persone con patologie neurologiche di diversa natura.

⛈️ Vivere tutti i giorni persə dentro ai pensieri, dentro la confusione...Ci sono giorni in cui ti senti smarritalə, ma ...
14/06/2025

⛈️ Vivere tutti i giorni persə dentro ai pensieri, dentro la confusione...

Ci sono giorni in cui ti senti smarritalə, ma non sai neanche più da quanto.
Il tempo fuori passa, ma dentro di te è come se qualcuno avesse schiacciato "Pausa".

E allora la speranza svanisce, e si inizia a sopravvivere.
Ti distrai, per non sentire.

A volte ci si perde per proteggersi.

Altre volte perché nessuno ti ha insegnato come riconoscerti.

Ad un certo punto finisci per non trovarti più.
Ti muovi ma non sai chi lo sta facendo.

Il pensiero che torna, come un disco rotto in loop, è "Sono sbagliatə".

✨In terapia, puoi imparare a tornare a stare con ed in te senza che però questo faccia male.

🎧 Questo post è ispirato a “Lost” dei Linkin Park: una canzone che, come molte persone, porta dentro una storia di ferite silenziose.

📍 Se senti di voler iniziare a ritrovarti, cominciamo da qui: contattami

🚨Io e l'algoritmo di Instagram siamo diversi.Lui si aspetta che io faccia, non lo so, cose tipo i reel ballati, editing ...
04/06/2025

🚨Io e l'algoritmo di Instagram siamo diversi.

Lui si aspetta che io faccia, non lo so, cose tipo i reel ballati, editing impeccabile, pubblicazioni regolari, post che ti tengano sulla piattaforma il più a lungo possibile.

La realtà è che io sono ancora quella bambina che non riusciva a guardare la TV senza aprire un libro accanto.

La ragazza che sfogliava riviste saltando le foto cercando la chicca tra le righe: un nuovo mercatino vintage, quella pasticceria con un arredamento particolare.

Non sono mai stata da grandi gruppi, ma da gruppetti di tre o quattro persone.
Quando c’è da divertirsi, non mi troverai mai in fila sugli scivoli più alti: cercami nella zona degli idromassaggi, a chiacchierare.

Eppure, sono la stessa che da adolescente era la prima a salire a ballare sui tavoli nei pub dove si poteva, e che veniva mandata dalle amiche a gestire situazioni scomode dove serviva una dose notevole di faccia tosta e di improvvisazione per uscire dai guai.

Nella vita o in terapia non penso che esista un modo di stare nelle cose buono per tutti.
Non credo nel bianco e nel nero e nemmeno nei grigi, per quanto sia uno dei colori che amo di più.
🎨 Preferisco l' armocromia: trovare i colori che davvero facciano risplendere te.
Su di me, purtroppo, il nero fa lutto.
Ho per questo smesso di metterlo? No perché mi piace, ma so anche che quando gli avvicino un lilla sembro meno stanca.

Sono qui: su una piattaforma visiva, veloce, spesso rumorosa.
Mi sento fuori luogo, e questo può essere anche un modo.

Imparare a scoprire davvero chi sei ti permette poi di scegliere in modo autentico.
➡️Restare, cambiare, andare via, trasformare.

Puoi scoprirlo solo se prima ti fermi e ti metti in ascolto, facendo pace con l'urgenza ad eliminare ed imparando a guardarti con curiosità e disponibilità alla comprensione.

Io penso a questo spazio come una piccola sala da the tranquilla nel mezzo del feed.

Non a tutti piace, ma questo è il modo mio.

✨Penso che la chiave del benessere interno nasca non dalla chirurgia emotiva radicale, ma dalla composizione di una nuova armonia.

Tu invece? Quanto spesso ti senti obbligata a cambiarti per sentire di esistere?

Vivere una vita serratura, come quando non trovi la chiave giusta ed in casa non c'è nessuno.Ed allora è tutto un provar...
02/04/2025

Vivere una vita serratura, come quando non trovi la chiave giusta ed in casa non c'è nessuno.

Ed allora è tutto un provare e riprovare, spingere, forzare, prendere a spallate e poi alla fine lasciarti cadere davanti alla porta rannicchiata, senza più speranza.

Sentire ancora una volta quella familiare sensazione buia nelle viscere che rende i pensieri sconnessi e l'anima sola e fragile.

Quando è così per uscire dallo tsunami crea un elenco di cose che ti fanno tornare il sorriso e ti riportano in uno stato di tranquillità.
Deb Dana li chiama Glimmers, che sul piano neurofisiopatologico sono l'opposto dei Triggers.

Tutte le volte che mi sento in affanno io riprendo in mano la mia lista
☕ La schiuma cremosa del cappuccino;
🫖 I mille sorsi di una tisana tiepida e dolce;
🧣 I cappotti caldi ed i maglioni avvolgenti a collo alto;
🏵️ Il profumo di fico e gelsomino;
🌲 Un passeggiata silenziosa nel bosco d'estate quando pioviggina ed intanto respirare a pieni polmoni l'odore di terra umida e legno;
🪄Le meraviglie scovate nei mercatini vintage la domenica mattina;
🎼 Le playlist in base all'umore;
💖 Quei "come stai?" accanto ad un caffè, mentre intorno tutto corre.

🏠 Perché per aprire la porta delle cose dolorose dell'anima bisogna prima assicurarsi che chi ci abita dentro sia al riparo dalla corrente.

✨ Quali sono le cose che fanno sorridere la tua anima? Ti leggo!

Ci sono ombre che non svaniscono come quando il sole cala. Anzi. Sono ombre che, a forza di essere ignorate, continuano ...
26/02/2025

Ci sono ombre che non svaniscono come quando il sole cala. Anzi.
Sono ombre che, a forza di essere ignorate, continuano a crescere.

💬Una delle storie che più spesso mi capita di ascoltare tra queste mura è quella della fanciulla dalla mamma fragile, silenziosa e remissiva.
Una mamma troppo buona.

🧌Spesso in queste storie ci sono uomini la cui barba ha dei fili blu.
Qualcuno, o troppi. A volte sono proprio Barbablù, anche se si sono appena rasati il viso di fresco.

Sono mariti e padri che sembrano sempre rendere sofferente questa mamma stanca, inerme, rassegnata.
Uomini che nella mente della bambina hanno un vocione grande con cui criticano e disprezzano.
Talvolta fanno anche cose proprio brutte: abbandonano, o trattano male. A volte fanno cose di cui è meglio dimenticarsi perché fanno ancora oggi troppa paura.

🌑Questa mamma in queste storie non sembra mai avere nelle proprie tasche una bacchetta magica o un libro di pozioni con cui sbrogliarsi le magagne da sé, nè un cavallo bianco su cui saltare entrambe ed andarsene lontano. Anzi.

🌑Nella mente della fanciulla la mamma sembra sempre una a rischio di rompersi, fragile e piccina com'è.
Non sembra proprio una che possa sopportare una preoccupazione in più o una lamentela.

Che ne so, che mi sembra di averti già detto che la pasta al pesto proprio mi fa schifo, o che l'altro giorno mi hai fatto tanto male quando mi hai sbrogliato i nodi forte forte ed intanto fissavi il vuoto.

🌑È per questo che presto la fanciulla impara ad essere buona. Mai un peso in più.
Impara ad essere brava. Questa cosa la fa presto sua a partire dagli sguardi di papà. Le dà almeno un tentativo di senso su come stare al mondo.

🌑Smette di chiedere.
Si adegua. Non esprime.
A chi potrebbe rivolgersi?

🐚Negli anni successivi in fondo, da qualche parte, i bisogni di ascolto, di protezione, di vicinanza e di supporto continuano a premere per essere ascoltato. E lei diventa sempre più brava a schiacciarli ancora più giù.

🐚È così che inizia a vivere la vita degli altri senza essersi invece mai chiesta quale possa essere la propria.

Sbagliamo nel dare per scontato che la luce sia fonte di sicurezza per l'anima, e che il buio le sia invece nemico.L'usu...
10/01/2025

Sbagliamo nel dare per scontato che la luce sia fonte di sicurezza per l'anima, e che il buio le sia invece nemico.

L'usuale dicotomia luce VS buio che viene fatta coincidere con serenità VS paura è figlia di una semplificazione della realtà.

🌚Per la maggior parte delle persone l'anima brama la sicurezza dal pericolo.

Il pericolo di solito, attiene a dolori bambini come il rifiuto, la solitudine, il disprezzo umiliante, l'imprevedibilità, quella paura senza sbocco che non porta mai ad un conforto.

Il non guardare quel che fa male, il vivere nel buio di sé, il distrarsi, l'evitare, l'usare qualunque succedaneo possibile che possa silenziare almeno per un po' quel dolore cronico,antico, sono la caverna nella quale ci si è, proprio malgrado, abituati a stare.

Chi di noi non troverebbe confortevole uno scantinato buio, privo di aria e sole, con l'aria ammuffita dall'umidità se l'alternativa fosse uscire alla luce ma finire per essere colpiti da una bomba?

Cerchiamo di imparare a fare pace con tutti i nostri bui bambini, ascoltiamoli, facciamoci da loro raccontare la storia dell'orrore che contengono.

🌄Solo così potremo, piano piano, uscire dal buio e poter godere della luce.

Indirizzo

Via Per Vimodrone 1
Cologno Monzese
20093

Orario di apertura

Lunedì 08:00 - 13:00
Martedì 14:00 - 21:00
Mercoledì 08:00 - 14:00
Giovedì 21:00 - 21:00
Venerdì 21:00 - 17:00

Telefono

+393471720052

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Chi sono

Mi chiamo Agnese Fiorino e sono una Psicologa, Neuropsicologa, Psicoterapeuta. Se penso a quanti anni avevo quando ho deciso di fare questo lavoro risponderei dieci anni: avevo trovato in casa un libriccino sul come interpretare i sogni e passai tutta l’estate a scrivere i sogni che facevo sul diario appena sveglia per non dimenticarne nemmeno un dettaglio. Pochi anni dopo fu la volta della lettura di “Noi i ragazzi dello zoo di Berlino” e di “Alice ed i giorni della droga” a scuola e di una mostra sulle droghe e gli effetti sul cervello a cui ci portarono. Ricordo ancora quanto mi sorprese pensare che c’erano parti del cervello specializzate per attività molto diverse: alcune aree del cervello servivano per parlare, altre per vedere, altre per sentire...E che esistevano macchine apposta per studiarlo. Ma il mio pallino in quel periodo era capire i sogni, dare loro un senso. A volte così tanto spaventosi, altre divertenti, la maggior parte delle volte del tutto bizzarri. Così tornai a leggere, ma invece del libriccino sui sogni e sui numeri da giocare al lotto mi diressi verso Freud...E dopo dieci pagine, scoraggiata da quelle parole troppo complicate per una ragazzina delle medie, lo lasciai lì. Arrivò l’adolescenza: il libro leit motiv di quel periodo per me rimane l’autobiografia di Maria Hornbacher ,“Sprecata”. Uno dei più bei libri sui disturbi del comportamento alimentare, sulle famiglie infelici e su quanto la mente possa costruire ed incatenarsi in abissi di dolore profondo fino quasi alla autoestinzione per poi, toccato il fondo, iniziare piano piano a risalire a galla. Non c’era un vero e proprio lieto fine alla Disney, ma è lì che per la prima volta maturai rispetto, stima ed ammirazione per le storie di vita dolorose, toste, estreme. Chi sopravvive e resta mentalmente integro dopo essere passato attraverso certe infanzie ed adolescenze ha in sè risorse mentali pazzesche, ha la mente con il motore di una Ferrari. Questo in seduta non mi stancherò mai abbastanza di sottolinearlo. Più o meno dello stesso periodo: “Donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Estes. E da lì tutto il percorso verso l’Antropologia culturale e la curiosità verso le origini delle Fiabe. Le fiabe come narrazioni del gruppo, come veicoli di significato condiviso, come portatori di messaggi transgenerazionali. Tesina di quinto Liceo,1999: ancora Psicologia a fare da filo rosso. Questa volta è il film “The Truman show” ad ispirarmi. Orwell, Huxley, inizio a leggere testi di Psicologia Sociale. Marketing, comunicazione, mass-media. Università: Pubbliche relazioni, Medicina o Psicologia? Ricordo bene la scelta: scarto Medicina perchè a me interessa la mente, non il corpo. Scarto Pubbliche Relazioni perchè voglio curare, non vendere. Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, 2004: mi laureo in Psicologia Generale e Sperimentale con una tesi di ricerca sulla Neuropsicologia e le Neuroimmagini. Osservo i Tutor somministrare i test cognitivi ai pazienti, aiuto con le elaborazioni e le interpretazioni dei dati ricavati dalle scansioni cerebrali fatte con la Risonanza Magnetica Funzionale. Ma la parte che mi resta maggiormente nel cuore, ancora più che la ricerca, è il contatto con i pazienti. La Neuropsicologia clinica è l’ambito in cui scelgo di fare l’anno di tirocinio: due passioni si intrecciano. L’approccio clinico al paziente si unisce alla concretezza rigorosa e precisa della Neurobiologia. Siamo una mente incarnata in un cervello, e per conoscere l’una non si può prescindere dalla conoscenza dell’altro. Passano gli anni ed in mezzo un Dottorato di Ricerca in Psicobiologia svolto in ambito sanitario che mi obbliga a dividermi tra due Ospedali milanesi. Ormai mi muovo bene con le diagnosi neuropsicologiche, la pratica testistica e di scrittura di referti inizia a diventare salda, mi sento bene nel camice bianco che indosso quotidianamente. C’è però una parte di me che sente che manca un pezzo. Le storie dei pazienti neurologici, giovani o anziani che siano, sono cariche di dolore intenso e inizio a restarne sempre più scottata. Quando li incontro in Ambulatorio o li visito in Reparto per una valutazione neuropsicologica spesso la loro sofferenza prende spazio e tracima nelle fasi iniziali di conoscenza, quando si inizia a raccogliere l’anamnesi. Mi sento in alcuni giorni impotente, in altri sommersa, in altri ancora arrabbiata per non avere strumenti effettivi utili. Quello che so fare non mi basta più. Milano, 2009: dopo tanti colloqui inizio la Scuola di Psicoterapia. Scelgo una Scuola nuova, una Scuola che parte proprio quell’anno, una Scuola che sulla carta si presenta lontanissima da tutte quelle che in quel momento sono le mie certezze, le mie aree di comfort. In molte Scuole di Psicoterapia sembra contare la bravura nello studio come all’Università. In altre conta la competenza neuropsicologica. Le rifiuto tutte. Non so nulla di Meditazione, di Mindfulness, ma mi innamoro della possibilità di imparare un linguaggio nuovo. Io che sono una che pensa e parla a velocità della luce scelgo di imparare la lentezza. Io che sono perennemente distratta a rimuginare sulle cose brutte del passato o a preoccuparmi del futuro per prevederlo e controllarlo inizio a fare pratica del presente. Io che sono abituata a raccontarmi secondo storie di me antiche, costruite in relazioni affettive totalmente imperfette e dolenti, inizio a parlare di me sentendo quel che sta accadendo nel corpo e nella mente nel momento in cui lo narro. Faccio il Tirocinio in un posto che mi cambierà la prospettiva: in un Centro dedicato alle maternità difficili, alle maternità sofferte. Donne in gravidanza e nel post partum con ansia, con depressione. Alcune mamme parlano di come abbiano cercato di uccidersi o di come abbiano cercato di uccidere la propria creatura. Altre, delle allucinazioni nelle prime settimane dopo il parto. Sono storie forti. Poi la storia, con la Terapia, inizia a cambiare. E se cambia per mamma cambia anche per suo figlio. Non è solo Terapia, è quasi un atto rivoluzionario. La mamma è contenta, anche il bambino migliora. Questa è prevenzione, questo è investire sul benessere delle future generazioni a lungo termine. Mi sento amato, mi sento amabile, costruirò delle relazioni sane.

Inizio la mia Psicoterapia personale. Inizio a lavorare in Studio privato. Inizio a fare Supervisioni. I primi anni sono stati faticosissimi: nella Neuropsicologia hai la diagnosi neurologica ed i test psicometrici a fare da bussola, a farti sentire tranquilla del risultato, a darti la certezza che non stai perdendoti nell’oceano dell’ignoto. Hai il contesto ospedaliero ed il camice bianco a creare un setting rigoroso, spesso tutelante quando l’altro fa troppo male. In Studio si è solo in due. Ed il Terapeuta non è uno schermo neutro ma partecipa attivamente con il Cliente alla costruzione della relazione. In soldoni, vuol dire che il Terapeuta si porta nella stanza di Terapia non solo le sue competenze professionali ma anche il suo personalissimo modo di essere e di leggere la realtà che arriva da quella che è stata la sua personale esperienza di vita. Ecco perchè secondo me è di vitale importanza che il Terapeuta faccia una propria Terapia: rischia, se inconsapevole di come funziona la propria mente, di creare cicli relazionali con il Cliente tossici per entrambi. Storie, storie, ancora storie. Siamo avidi ascoltatori di Storie noi Terapeuti. Alcune sono agrodolci, altre teneramente scombinate. La maggior parte è piena di tenebre, di denti digrignanti e di bambini sconsolati piangenti nel buio. E tu che ascolti quando sei un giovane professionista scopri che è come camminare come sulle uova. Un passetto, un altro, una piroetta sperando di non fare male, di non danneggiare ancora quell’involucro preziosissimo già mezzo acciaccato. E realizzi che, ancora, non hai finito di studiare. Era una consapevolezza che avevo maturato già ai tempi del Tirocinio nel Centro dedicato alle mamme. Metto insieme quello che amo fare. Sono appassionata del cervello, mi lascia sempre senza fiato la sua potenza, le sue infinite possibilità. Mi piace la Neuropsicologia, trovo entusiasmanti le Neuroscienze. Amo lavorare con le coppie e con le famiglie, mamme e papà. Se ci prendiamo cura di loro, dei loro traumi, dei loro dolori esistenziali implicitamente salvaguardiamo anche i loro figli. Creiamo reti virtuose di benessere, diminuiamo le probabilità di trasmettere anche alle generazioni future i traumi delle generazioni passate. Amo lavorare con le storie molto, troppo dolorose. C’è sofferenza ma ci sono anche delle risorse che gli altri, quelli fortunati con le mamme buone, non hanno dovuto sviluppare sin dall’infanzia per sopravvivere. Mi avvicino alle nuove frontiere della Psicoterapia rivolta al trattamento del Trauma: EMDR, Psicoterapia Sensomotoria, Psicotraumatologia. Il corpo, che spesso ancora di più della mente serba le memorie traumatiche, entra nello studio del Terapeuta, ed è da lì che spesso si parte per curare la mente. L’attenzione al corpo, proprio come nella Meditazione, nella Mindfulness.

Negli ultimi anni si è visto, dati di Neuroscienze alla mano, che il cervello resta plastico per tutta la durata dell’esistenza. La Psicoterapia è in grado di muovere il cervello sul piano neurobiologico: non sono solo parole, sono fatti. Si creano nuove reti neurali, si spengono aree del cervello emotive troppo attive, se ne attivano altre più in grado di promuovere comportamenti utili. Gli eventi dolorosi del passato, traumatici e non, possono essere rielaborati, nuove reti neurali possono essere create. Nella stanza del Terapeuta il Cliente impara con il tempo a narrare nuove storie di sè, che non cancellano quella che è la storia dalla quale arriva, ma che gli danno la possibilità di creare il proprio futuro in maniera più libera, più flessibile, più serena.