17/10/2025
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La maternità reale: tra sogno, complessità e diritto di scelta
La maternità è spesso dipinta come un percorso di amore perfetto: attesa luminescente, corpo che “ritorna” come prima, sorriso ininterrotto. Ma questa narrazione edulcorata nasconde una verità più articolata. La maternità è un crocevia di trasformazioni fisiche e psicologiche, relazioni che cambiano, aspettative sociali e scelte personali che devono essere rispettate. In un’ottica gestaltica, ogni donna è un campo vivente: corpo, mente, ambiente e relazioni si intrecciano nel qui-e-ora della sua esperienza materna.
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🌱 Il corpo materno in trasformazione
Il corpo di una donna attraversa una rivoluzione ormonale e strutturale nel periodo perinatale.
• A livello fisiologico, aumentano e cambiano estrogeni, progesterone, ossitocina, e molte regolazioni metaboliche.
• Post-partum, le donne possono confrontarsi con cicatrici (cesareo o episiotomia), diastasi addominali, disfunzioni del pavimento pelvico, dolore pelvico, ritenzione idrica, affaticamento muscolare e alterazioni posturali.
• Questi cambiamenti non sono “estetici”: agiscono sulla sensazione corporea, sull’immagine del sé, sul senso di abitare quel corpo. Le aspettative sociali che il corpo debba “tornare com’era” entro poco tempo aggiungono carichi di senso e colpa: un corpo che non “risponde” rischia di essere vissuto come deficit.
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❤️ La mente e la vulnerabilità psicologica
La maternità non è solo un evento biologico, ma una trasformazione dell’identità. Ciò che eravamo prima – priorità, tempo, relazioni – viene rimodellato.
• Studi dimostrano che la depressione post-partum colpisce fra il 10 % e il 15 % delle donne.  Nel contesto del progetto IGEDEPP, l’incidenza cumulativa entro l’anno era del 18,1 % (8,3 % nella fase precoce + 12,9 % nella fase tardiva). 
• In uno studio americano su 442.308 nascite, le diagnosi di depressione post-partum sono raddoppiate fra il 2010 e il 2021 (da 9,4 % a 19,0 %). 
• Il disturbo non è solo tristezza: include difficoltà di attaccamento, calo dell’energia, pensieri di colpa, ansia, insonnia, difficoltà di concentrazione. 
• Un punto cruciale: molte di queste condizioni restano non diagnosticate. Nel BMC Public Health si stima che fino al 50 % dei casi di depressione postpartum non riceva una diagnosi formale. 
Questa vulnerabilità psicologica non è una “falla personale”, ma un segnale che il sistema – culturale, sanitario, relazionale — non ha previsto il peso che la maternità pone sull’essere umano.
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🌙 Relazioni, aspettative e fratture sociali
La maternità investe non solo il corpo e la mente, ma anche il tessuto relazionale e sociale.
• Le relazioni di coppia cambiano: chi era compagno, amante, amico, deve diventare anche supporto, caregiver, alleato. Questo passaggio introduce tensioni, rinegoziazioni, a volte distanza emotiva.
• La rete sociale è spesso assente o debole. Molte madri si sentono isolate, con poche persone con cui parlare della fatica o del dubbio.
• Le richieste culturali sono persistenti: “riprenditi”, “torna in forma”, “sii felice”, “non lamentarti”… sono comandi che pesano enormemente. In quel silenzio, molte donne temono il giudizio, l’etichetta della “madre cattiva” o “madre debole”.
• Un approccio femminista e di giustizia riproduttiva (reproductive justice) ricorda che la maternità non può essere imposta come destino inevitabile. Il corpo della donna appartiene a lei, non a un dovere sociale.  Questa prospettiva non nega la bellezza della maternità, ma ne afferma la libertà di scelta.
• In letteratura si parla anche di “justice in reproduction” per includere donne che non desiderano figli, che non possono averli, che scelgono di non avere figli — tutte meritevoli di rispetto, riconoscimento e dignità. 
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🤍 L’identità della donna: più della funzione materna
In prospettiva gestaltica, non possiamo ridurre la donna alla sua funzione materna: è un campo esperienziale unico, con desideri, limiti, trasformazioni.
• L’esperienza materna non deve essere la totalità della sua identità.
• È legittimo anche non desiderare figli — e questa scelta non deve renderci “meno donna”.
• Quando una donna viene vista solo come “materna”, si cancella la sua complessità, la sua soggettività, i suoi desideri.
• Una maternità riconosciuta nella sua fragilità è già atto di cura e rispetto.
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🌼 Verso un’altra cultura della maternità
• Bisogna passare da una cultura della maternità perfetta imposta a una cultura della maternità reale accolta.
• Le politiche sanitarie e sociali devono includere screening psicologico post-partum, rete di supporto, spazi di ascolto e sostegno pratico.
• La coppia, la rete familiare, la comunità devono allearsi con la madre, non considerarla sola.
• Serve parlare, condividere, abbattere il tabù che vincere significa sempre sorridere.
• È un atto di giustizia riconoscere gli spazi dell’ombra, non solo quelli della luce.