05/11/2025
Aveva solo sei anni.
Un’età in cui la maggior parte dei bambini sogna un giocattolo, non un mondo migliore.
Ma Ryan Hreljac, nato in Canada nel maggio del 1991, era diverso.
Un giorno, in classe, la maestra raccontò come vivevano i bambini in Africa: camminavano chilometri per trovare acqua, spesso sporca, e molti morivano di sete.
Ryan rimase in silenzio, con lo sguardo fisso. Poi alzò la mano e chiese:
«Maestra, quanto costa costruire un pozzo?»
«Circa settanta dollari», rispose lei, senza immaginare che quella frase avrebbe cambiato una vita.
Ryan corse a casa e lo disse a sua madre, Susan.
«Voglio costruire un pozzo per quei bambini.»
Lei sorrise, pensando a una fantasia passeggera. Ma Ryan insistette.
Così la madre gli propose un patto: avrebbe potuto guadagnare i soldi facendo piccoli lavori domestici.
Ogni settimana Ryan puliva, sistemava, aiutava. Guadagnava pochi dollari, ma non si fermava mai.
Quando raggiunse i settanta, corse all’associazione WaterCan per donare la somma.
Fu lì che scoprì la verità: il costo reale di un pozzo era duemila dollari.
Chiunque altro avrebbe mollato.
Ryan no.
«Va bene», disse. «Allora tornerò quando li avrò.»
E lo fece davvero.
Coinvolse la scuola, i compagni, i vicini, persino i giornali locali.
Ogni moneta, ogni donazione, ogni parola contava.
Alla fine del 1998 aveva raccolto abbastanza.
Nel gennaio 1999, nel nord dell’Uganda, venne costruito il primo pozzo di Ryan.
Quel giorno, in un villaggio dove la sete era quotidiana, sgorgò l’acqua pulita.
Per la prima volta, i bambini non dovettero camminare ore per bere.
E per la prima volta, qualcuno dall’altra parte del mondo aveva mantenuto una promessa fatta da un bambino.
Poco dopo, la scuola di Ryan si gemellò con quella del villaggio ugandese.
Fu allora che conobbe Akana, un ragazzo che percorreva chilometri ogni giorno pur di studiare.
Ryan volle incontrarlo. Nel 2000 partì per l’Africa.
Quando arrivò, trovò centinaia di persone in festa, una lunga fila di bambini che applaudivano e gridavano il suo nome.
«Conoscono davvero chi sono?» chiese stupito.
La guida sorrise: «Non solo qui. In un raggio di cento chilometri, tutti conoscono Ryan.»
Da quel giorno non si è più fermato.
Ryan oggi ha 33 anni e dirige una fondazione che ha realizzato oltre 400 pozzi in diversi Paesi africani.
Ogni goccia d’acqua che scende da quei rubinetti è una risposta alla sua promessa di bambino.
Ma non solo acqua: anche scuole, formazione, istruzione.
Perché Ryan ha capito che cambiare il mondo significa anche insegnare agli altri a continuare ciò che hai iniziato.
La sua storia non è fatta di miracoli, ma di coerenza.
Di un bambino che ha ascoltato una lezione e ha deciso di agire.
In un tempo in cui tanti cercano eroi nei film o sui social, Ryan Hreljac ci ricorda che il vero coraggio può nascere anche da mani piccole e cuori immensi.
E che a volte, per cambiare il mondo, basta credere davvero a una promessa fatta a sei anni.
Piccole Storie.