09/11/2025
Dove sta andando la fisioterapia?
Dirò qualcosa che non si dice.
Dopo un corso è normale sentirsi in conflitto: capita ogni volta che qualcosa ci muove dentro.
Ma questa volta è perdita di appartenenza.
Torno da “Il problema dolore: neuroscienze, plasticità e gestione dei pazienti complessi.”
Un corso per fisioterapisti illuminante.
“Le neuroscienze stanno cambiando il nostro modo di lavorare. Fare il fisioterapista oggi è molto difficile. In bocca al lupo.”
E di fortuna, sì, ne abbiamo bisogno.
Come genere umano.
Si è parlato di complessità, di adattamento, di come il dolore non sia mai solo un segnale ma un’esperienza incarnata, emotiva, relazionale.
Di come il corpo “embodied” sia il luogo dove tutto accade: biologia, memoria, contesto, aspettative, storia.
Il dolore è sempre reale, ma nasce da un intreccio di fattori che il cervello interpreta per proteggerci.
E questo intreccio è bellissimo, perché ci racconta quanto siamo vivi, quanto il corpo impari, si adatti, cambi forma.
È esattamente la complessità che cerco di studiare e portare nel mio lavoro.
Poi arriva la conclusione evidence based:
la terapia manuale non funziona,
l’esercizio terapeutico adattato non funziona,
funziona solo far vedere al paziente che muoversi è sicuro.
Perché tutta questa complessità ci porta a ridurre e non a espandere?
A farci domande più grandi:
Chi siamo noi terapeuti dentro questa complessità?
Cosa osserviamo davvero, quando guardiamo un corpo che soffre?
Come posso migliorare la mia presenza, la mia mano, il mio modo di accogliere, per adattarmi ogni volta a chi ho davanti?
Come aiuto una persona a sentire il proprio corpo vissuto, a integrare ogni cellula nel movimento, a tornare integra?
Per me la risposta è affinare tutto questo, alla luce delle neuroscienze.
È più faticoso, sì.
Richiede studio, tempo, la capacità di restare accanto alla sofferenza senza volerla risolvere subito.
Ma è anche ciò che ci rende umani.
Scelgo di restare fedele e onesta con me stessa:
scelgo le mani come guida,
il corpo come maestro,
il movimento biologico come strumento per promuovere salute,
la relazione terapeutica come luogo dove tutto questo prende forma.