18/12/2025
I disturbi gastrointestinali sono una realtà molto comune nello sport: dal 30 al 50% degli atleti, soprattutto di endurance, sperimenta almeno un episodio durante allenamenti o competizioni. Il tratto gastrointestinale (GI) non è solo deputato alla digestione, ma svolge un ruolo chiave nel rifornimento di carboidrati, liquidi ed elettroliti, influenzando direttamente la performance e il recupero.
Durante esercizi prolungati e ad alta intensità (>70% VO₂max), l’organismo ridistribuisce il flusso sanguigno verso muscoli e cute, riducendo fino all’80% l’afflusso al tratto GI. Questa condizione di ipoperfusione splancnica può compromettere l’integrità della barriera intestinale, aumentando la permeabilità e favorendo l’infiammazione: è ciò che viene definito sindrome gastrointestinale indotta da esercizio.
I sintomi possono coinvolgere il tratto superiore (nausea, reflusso, vomito) o inferiore (crampi intestinali, urgenza, diarrea anche sanguinolenta) e spesso si accompagnano a manifestazioni sistemiche come ipoglicemia, vertigini e cali prestativi, legate al ridotto assorbimento di nutrienti e fluidi. A questi si aggiunge il noto dolore addominale transitorio da esercizio (ETAP), frequente nei runner.
L’origine di questi disturbi è multifattoriale: intensità e durata dello sforzo, condizioni ambientali, biomeccanica del gesto, postura, strategie nutrizionali e una marcata variabilità individuale, anche su base genetica. In questo contesto, la nutrizione assume un ruolo centrale: scelte alimentari e strategie di integrazione non adeguate possono aggravare la sintomatologia, mentre un corretto “allenamento dell’intestino” può migliorarne la tolleranza durante la performance.
📚 Fonte (review):
Costa R.J.S. et al., Systematic review: Exercise-induced gastrointestinal syndrome – implications for health and performance, Sports Medicine, 2017