08/04/2020
Coronavirus: da crisi a opportunità
Il fenomeno coronavirus, il cui impatto è stato fortemente traumatico per quanto imprevedibile e inaspettato, ha avuto come effetto più evidente quello di stravolgere la routine di ognuno di noi. All’improvviso la percezione della realtà ne risultata sconvolta; quello che fino ad oggi avevamo dato per scontato tutto d’un tratto non lo è più.
L’evento ha messo prepotentemente tutti noi di fronte alla precarietà della vita e all’incontrollabilità degli eventi e ci ha costretto a rivolgere lo sguardo verso il nostro mondo interno, all’improvviso senza alibi e costretto a dare un senso nuovo alla propria esistenza.
In questo momento provare emozioni più intense del solito è normale.
La paura è un’emozione sana che ci dà il senso del pericolo e ci costringe a mettere in atto azioni che ci tutelano. Ci porta ed esempio all’attuazione delle prescrizioni medico-sanitarie per prevenire il contagio.
La rabbia è una reazione istintiva ad un dolore, permette un’azione e una reazione immediate, ma a lungo termine non aiuta l’elaborazione e non porta ad una riflessione sugli stati emotivi e sugli eventi. Finché c’è rabbia non c’è crescita o esperienza.
Il senso di perdita e la tristezza sono emozioni che, se accolte, permettono l’elaborazione del dolore e la possibilità di fare spazio per creare il nuovo.
Anche i sintomi possono acuirsi: ansia, attacchi di panico, insonnia, mal di testa e tutti i sintomi che riguardano la sfera psicologica e psicosomatica. In particolare, in questa fase storica, siamo esposti ad un grande pericolo esistenziale e perciò la nostra mente è continuamente attivata per elaborare, per gestire e per cercare risposte. Per questo motivo la soglia di tolleranza al dolore è più bassa e risulta quindi è più facile sviluppare sintomi. I sintomi in questo caso sono dei segnali di allarme inviati dal nostro cervello che indicano che si sta cercando di controllare ciò che in realtà non si può controllare. Ci indicano che dobbiamo fare i conti con la precarietà umana, imparare e e conseguentemente provare quantomeno a cambiare.
Un altro fondamentale aspetto della vita cui il coronavirus ci pone di fronte è la morte. Ognuno di noi ha paura della morte e, normalmente, la sua percezione aumenta o diminuisce ciclicamente nel corso dell’esistenza. Per qualcuno è un’inquietudine generalizzata che può sfociare in altri sintomi, per altri può essere angoscia o terrore vero e proprio, talvolta così forte, da essere paralizzante e mettere in stand by la propria vita per non rischiare.
L’opportunità che si deve cogliere dalla situazione che il coronavirus ha creato è data proprio dal confronto con la morte che può portare ad un’esperienza di fioritura o di risveglio per vivere una vita può autentica e sintonizzata con i propri bisogni.
Un esempio ci viene offerto dalla letteratura. Si prenda ed esempio il canto di Natale di Dickens. Il protagonista Ebenezer Scrooge vive la sua trasformazione di figura algida, avara e solitaria a personalità generosa e aperta alla vita. La visita del fantasma della vita futura ha permesso questa trasformazione , prospettandogli una dipartita in totale solitudine, senza la benchè minima speranza di un qualche calore umano. Questa esperienza ha generato in lui la consapevolezza di aver vissuto una vita vuota improntata solamente all’accumulo effimero di denaro. Da questa esperienza c’è una ridefinizione di una nuova priorità nella vita: la relazioni affettive con l’altro.
L’opportunità concessa dal suo autore a Scrooge è la stessa che abbiamo in questo momento: la morte, la malattia nella loro fisicità sono distruttive, ma nella loro idea ci salvano. La riflessione va fatta sul senso che ognuno di noi vuole dare alla propria vita. È un senso da ricercare dentro di sé nel proprio intimo che, spogliato delle sovrastrutture che inevitabilmente il ritmo quotidiano pone, può essere onesto con sé stesso.
La direzione da prendere è quella del legame affettivo sano che è un potente fattore di protezione per gestire la fragilità umana. Lo sperimentiamo molto bene ora, rinchiusi nelle nostre case, quanto diventa importante il contatto con chi vogliamo bene. È interessante sentire quanto ci si senta ora più vicini che mai.
Una volta passata l’emergenza abbiamo il dovere di non dimenticare, di non tornare semplicemente alla routine sospesa, e di trasformare in atti di formazione personale gli input emozionali che abbiamo elaborato.