CSP Centro di Salute Psicologica - Firenze

CSP Centro di Salute Psicologica - Firenze Il CSP si occupa di interventi psicologici e affini per i cittadini, le Istituzioni, le aziende. in collaborazione con lo staff medico.

Il CSP Centro di Salute Psicologica della Scuola di Psicoterapia Comparata è presente sul territorio fiorentino ormai da oltre 30 anni. L'équipe del centro è formata da un gruppo di professionisti (psicologi, medici, psicoterapeuti, psichiatri e psicofarmacologi) uniti da una comune visione dell'essere umano e del lavoro clinico e di sostegno. A chi si rivolge il centro
Il CSP si rivolge a singoli (adolescenti e adulti), coppie e famiglie; Istituzioni; Aziende

I servizi offerti all'utenza
Il CSP offre prima di tutto un servizio specialistico di orientamento (spesso infatti in questo settore è difficile per l'utenza districarsi tra le varie figure professionali quali lo psicologo, lo psicoterapeuta, lo psichiatra, etc.). L'equipe del centro si occupa di disturbi d'ansia (ansia, fobia, attacchi di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, etc.), disturbi dell'umore (depressione, disturbo maniacale, bipolare, etc.), disturbi del comportamento alimentare (anoressia e bulimia), disturbi di personalità (schizofrenia, paranoia, disturbo borderline, etc.) Il centro si occupa inoltre delle così dette nuove dipendenze patologiche: gioco d'azzardo, shopping compulsivo, dipendenza da internet, etc. I servizi offerti ai professionisti
L'equipe del centro fornisce supervisione a colleghi sia provenienti dalla formazione secondo l'approccio comparato che provenienti da altri modelli. Informazioni
Per avere maggiori informazioni sui servizi del centro, i professionisti che vi operano e le tematiche trattate è possibile scrivere all'indirizzo clinica@spc.it oppure telefonare al 3397994922 oppure allo 055 2479220. Le aree di intervento

- Disturbi d’ansia e stress
(fobie, attacchi di panico, ecc...)
- Depressione ed altri disturbi dell’umore
- Crisi coniugali e di coppia
- Difficoltà in ambito familiare
- Sostegno alla genitorialità
- Difficoltà in ambito lavorativo
- Disturbi sessuali e dell’identità di genere
- Disturbi psicosomatici
- Disturbi del sonno
- Disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza
- Disturbi del comportamento alimentare
- Dipendenze patologiche
(alcool, sostanze psicoattive, gioco d’azzardo, shopping compulsivo, Internet, ecc...) Servizi offerti
Psicoterapia individuale, di coppia, familiare e di gruppo
Consulenze psicologiche individuali, di coppia e familiari
Consulenze per genitori
Gruppi esperenziali e serate tematiche aperte
Consulenze psicologiche per lavoratori e aziende
Consulenze tecniche di parte (CTP)
Servizi di psicodiagnosi e testing psicologico
Mediazione familiare

Centro di Salute Psicologica di Firenze
c/o Scuola di Psicoterapia Comparata
V.le Gramsci 22 - Firenze
email: clinica@spc.it
Tel. 055 2479220

25/03/2020
14/02/2020

I maltrattamenti infantili al primo posto tra i fattori di rischio per lo sviluppo di problematiche psicologiche

Incuria e abuso fisico, emotivo e sessuale nella prima infanzia sarebbero i fattori di rischio principali per lo sviluppo di problemi psichiatrici da adulti, secondo una revisione della letteratura pubblicata sull'American Journal of Psychiatry dai ricercatori della Dell Medical School di Austin, in Texas. «Fisicamente, l'abuso precoce è associato a una ridotta aspettativa di vita a causa di un rischio maggiore di malattie cardiache, ictus, obesità, diabete e alcune forme di cancro» spiegano Elizabeth Lippard e Charles Nemeroff, autori dello studio. «Il maltrattamento aumenta il rischio di depressione, abuso di droghe e di alcol, suicidio, e peggiora anche il decorso di tutti i disturbi psichiatrici che sono stati esaminati» aggiungono gli esperti. I ricercatori affermano che circa un bambino su quattro subisce abusi o abbandono, anche se questo fatto potrebbe essere sottovalutato poiché la maggior parte dei casi di maltrattamento non viene segnalata. Secondo l'analisi, il 46% dei pazienti con depressione ha subito maltrattamenti infantili e fino al 57% dei pazienti con disturbo bipolare riferisce alti livelli di abuso e abbandono infantile. La revisione include anche studi sulle conseguenze negative del bullismo e sul cyberbullismo, argomento però per cui gli autori riferiscono di aver trovato più che altro solo letteratura aneddotica.

Per quanto riguarda i sottotipi del maltrattamento infantile, gli esperti notano che l'abuso e l'abbandono emotivo sono probabilmente prevalenti nelle popolazioni psichiatriche, ma sono anche i meno studiati, perché meno evidenti rispetto all'abuso fisico e sessuale. Prove preliminari suggeriscono che il maltrattamento possa aumentare il rischio di disturbi dell'umore e della progressione della malattia attraverso l'infiammazione, come indicato da indici come la proteina C-reattiva (CRP) e le citochine infiammatorie. Un altro potenziale meccanismo è rappresentato dalle alterazioni dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, e anche la predisposizione genetica svolge probabilmente un ruolo importante. La ricerca suggerisce anche che il maltrattamento subito nell'infanzia possa portare a cambiamenti strutturali e funzionali dell'imaging cerebrale. «La letteratura che abbiamo esaminato fornisce informazioni sui meccanismi modificabili e indicazioni per migliorare le strategie di trattamento e prevenzione» concludono gli autori.

Fonte: Doctor33.it

21/01/2020

Scuola Di Psicoterapia Comparata e CSP Centro di Salute Psicologica - Firenze presentano

🙇‍♀️🙇‍♂️Gruppo di Rilassamento e Immaginazione guidata 💭

🆓 Incontro di presentazione GRATUITO
mercoledì 12 febbraio 2020
info: 3312220857 - firenze@spc.it

Grazie a un percorso di gruppo strutturato attraverso le più efficaci tecniche di rilassamento imparerai come
• utilizzare il respiro per regolare gli stati emotivi
• rilassare il corpo e scaricare la tensione muscolare
• calmare la mente attraverso le tecniche immaginative
• affrontare lo stress quotidiano e rasserenarti

Il ciclo di 10 incontri si terrà il mercoledì sera - ore 21 Viale Gramsci 22, Firenze

Conduttore: Dott. Marco Ciapetti - Psicologo, Esperto in tecniche di rilassamento, gestione delle emozioni e del comportamento non verbale

08/01/2020

In Italia un adolescente su sette manifesta comportamenti autolesionistici, che risultano in crescita in tutto il mondo occidentale. Pubblicata sulla rivista Su***de a cura dei ricercatori dell'Università del Queensland, in Australia, una revisione di una dozzina di studi condotti tra Usa, Canada e Gran Bretagna stima che in questi Paesi il fenomeno coinvolga addirittura il 20% degli adolescenti.
Anche se difficile da quantificare in modo preciso, l'autolesionismo è dunque estremamente diffuso.
«Si tratta di una strategia di coping, di regolazione emotiva nei confronti di tutto ciò che viene vissuto come indesiderato e intollerabile, - dice Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia - il soggetto si ferisce cercando di ripristinare uno stato di tollerabilità: a fronte di una sofferenza che non sa come gestire, la porta sul piano del dolore fisico. Le modalità sono diverse, ma la più frequente è quella del cosiddetto autolesionismo stereotipico, con comportamenti ripetuti, costanti, ritmici, apparentemente senza significati simbolici. Nella maggior parte dei casi, si tratta di ferite superficiali, con tagli, bruciature o abrasioni che producono un lieve danneggiamento dei tessuti, ma si tratta anche di una forma di comunicazione e richiamo dell'attenzione. Viviamo nella cosiddetta "società emozionale", in cui tutto diventa emozione, che a volte viene sentita come debordante, mentre le strutture psicologiche non sono così salde per poterle contenere; in questo contesto, il dolore fisico autoinflitto viene tollerato in quanto riduce la pressione emozionale».

Spesso i comportamenti sono reiterati, fino a diventare una dipendenza che, se non trattata, può trascinarsi fino all'età adulta. «E' ovviamente importante formulare una diagnosi complessiva - spiega Mencacci - dato che spesso il fenomeno è connesso a problematiche come depressione, disturbi del comportamento alimentare, disturbi della personalità... Con l'ausilio delle tecniche cognitivo-comportamentali, oltre a individuare gli aspetti irrazionali e i pensieri negativi che precedono gli atti autolesivi, si aiutano i giovani a trovare modalità più adeguate per affrontare gli stress collegati. Può anche aiutare la partecipazione a gruppi di skill training, con cui si educano questi soggetti a coltivare le emozioni positive, spesso sopraffatte da quelle negative che innescano la spinta autolesionistica».

Fonte: Doctor33.it

04/12/2019

Esprimere, tramite la pittura, il fumetto o un disegno, cosa significhi "avere a mente" e "mettere al centro" le persone con disturbi mentali, per ricordare da una parte che la vita non dovrebbe essere interrotta o compromessa dalle malattie mentali e dall’altra che è importante conoscere queste patologie e il loro impatto sulla vita delle persone e dei loro familiari per poter capire cosa significa vivere con patologie mentali.

Questo l'intento del concorso PeopleInMind, lanciato da Lundbeck Italia in occasione dei suoi 25 anni, nato proprio per sensibilizzare sul tema della lotta contro lo stigma nei confronti delle persone che soffrono di disturbi mentali.

Al concorso hanno aderito molte persone, con oltre 700 opere, la giuria ne ha selezionate 100 che faranno parte della mostra itinerante del 2020. Le prime 25 opere sono esposte dal 3 dicembre presso la residenza dell’Ambasciatore danese a Roma.

http://www.concorsopeopleinmind.it/opere-finaliste/25finaliste/

03/12/2019

Il nostro cervello impiega 130 millisecondi a riconoscere che tipo di cibo ha di fronte: che collegamento con bulimia e anoressia?

Crudo o cotto, naturale o processato, goloso o ripugnante. Sempre più studi svelano in che modo il nostro cervello riconosce ed elabora una particolare categoria di stimoli, quella del cibo. Uno degli obiettivi di questi lavori è produrre evidenze scientifiche utili a capire come aiutare le persone in cui il modo di alimentarsi diventa patologico. Secondo la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare, infatti, i disturbi legati al cibo colpiscono in Italia il 10% degli adolescenti.

Le situazioni in cui l'alimentazione diventa patologica sono svariate, si pensi solo a patologie come l'anoressia e bulimia, ma anche alla depressione e ad alcune comuni patologie neurodegenerative. Il quadro è molto complesso proprio perché i normali stimoli fisiologici che ci spingono a cercare i cibi che ci servono si intersecano con i profondi significati emotivi ad essi associati e sono influenzati moltissimo anche dalla marcata multisensorialità che connota in modo particolare l’esperienza alimentare.

A studiare da anni la percezione del cibo è Raffella Rumiati della SISSA di Trieste intervenuta al congresso «Cibo per il cervello: promuovere la salute e prevenire le malattie», una tre giorni organizzata da NeuroMI Università degli Studi di Milano - Bicocca sul legame tra cibo e salute.

«Nel mio laboratorio abbiamo studiato estesamente l’effetto sui processi mentali esercitato dal livello di trasformazione che imprimiamo sugli alimenti. Il cervello è in grado di identificare se un cibo è crudo o cotto già a 130 millisecondi dalla presentazione di immagini raffiguranti cibi» spiega la professoressa che puntualizza: «Ciò può essere dovuto al vantaggio evolutivo dato dai cibi ad alto contenuto calorico, come quelli processati, ma abbiamo visto che se i giovani sono più accurati con i cibi cotti, l’inverso accade negli anziani che sono più precisi con i cibi naturali perché ne hanno avuto una esperienza maggiore nel corso della loro lunga vita».

Attraverso il ricorso alle moderne metodiche di imaging, Raffaella Rumiati con il suo team ha anche scoperto che il riconoscimento, da una parte di cibi crudi e, dall’altra, di quelli processati fa capo a circuiti cerebrali diversi. La scoperta, pubblicata nella prestigiosa rivista Scientific Reports, mostra che alcuni cibi – quelli cotti – li riconosciamo “attraverso” il processo di preparazione cui sono andati incontro prima di arrivare sul piatto. Davanti a un risotto si attiverà il giro temporale mediale, davanti a una ciliegia sarà la corteccia occipitale laterale, la riconosceremo cioè attraverso le sue caratteristiche sensoriali (è rossa, è liscia).

Identificare quali reti di aree cerebrali sono coinvolte nel riconoscimento del cibo è già un primo passo per capire su quali aspetti percettivi andare ad agire per i pazienti con disturbi del comportamento alimentare.

LE scienze cognitive possono però svelarci anche aspetti più reconditi del rapporto fra cibo e psiche, ad esempio «in un altro studio sulle emozioni associate ai vari piatti» continua la professoressa «Il mio team ha mostrato che le abitudini alimentari dipendono anche da specifiche caratteristiche psicologiche del soggetto, come per esempio l’empatia verso gli animali». Chissà che un giorno non si riesca a fare anche l'opposto, ovvero insegnare ad alimentarsi in un modo che modifichi le nostre caratteristiche psicologiche in meglio (magari diventando più empatici).

Fonte: La Stampa

28/11/2019

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12/11/2019

Fumare aumenta i rischi per la salute mentale?

Il fumo di tabacco può aumentare il rischio di sviluppare depressione e schizofrenia, secondo uno studio pubblicato su Psychological Medicine.
«Sappiamo che il fumo è molto più comune tra le persone con malattie mentali, come depressione e schizofrenia. Tuttavia, la maggior parte dei lavori che hanno esaminato questa associazione non è stata in grado di spiegare se ci troviamo di fronte a una relazione di causa-effetto, e, in tal caso, in quale direzione. Le malattie mentali aumentano la probabilità di fumare o il fumo è un fattore di rischio per la malattia mentale?» si chiede Robyn Wootton, della University of Bristol, autrice principale del lavoro.
Per cercare di chiarire la questione, i ricercatori hanno analizzato i dati di Biobank UK su 462.690 individui di origine europea, applicando un approccio analitico di randomizzazione mendeliana, trovando prove del fatto che il fumo di tabacco aumenta il rischio di depressione e schizofrenia, ma anche del fatto che la depressione e, in misura minore, la schizofrenia aumentano la probabilità di fumare. Questo studio si aggiunge quindi a una mole crescente di prove che suggerisce un effetto negativo del fumo sulla salute mentale. Proprio in base ad alcune di queste prove.

La task force del governo britannico sulla salute mentale aveva già formulato nelle proprie linee guida del 2016 la raccomandazione che gli ospedali psichiatrici dovessero essere liberi dal fumo entro il 2018.
Questa nuova prova aggiunge ulteriore peso proprio a sostegno dell'attuazione delle politiche antifumo. Gli autori sottolineano che non solo ci sono prove che il fumo possa essere dannoso per la salute mentale, ma che l'eccesso di mortalità associato alla malattia mentale è in gran parte dovuto al fumo.
"Gli individui con malattie mentali sono spesso trascurati nella ricerca della riduzione della prevalenza del fumo, e questo fatto porta a disparità nella salute. Il nostro lavoro dimostra che bisognerebbe fare ogni sforzo per prevenire l'inizio del fumo e incoraggiarne la cessazione a causa delle conseguenze sulla salute mentale e quella fisica" concludono gli esperti.

La ricerca è pubblicata qui: https://www.biorxiv.org/content/10.1101/381301v2

Fonte: Doctor33.it

08/11/2019

Smile, it's friday! 🙃

26/10/2019

GB: in aumento i casi di anoressia nervosa in età precoce

l numero annuale di nuovi casi di anoressia nervosa nei bambini di età compresa tra 8 e 12 anni nel Regno Unito e in Irlanda è quasi raddoppiato rispetto a una stima del 2006, secondo una ricerca pubblicata su BMJ Open. «Nel 2006 il tasso di incidenza dell'anoressia in bambini di questa fascia di età trattati in ospedale o cliniche specialistiche era di circa 1,5 su 100.000 giovani, o, includendo altri disturbi alimentari che ora possono essere compresi nella diagnosi di anoressia nervosa, di 2,1 su 100.000. I nostri dati indicano invece che la cifra è salita a 3,2 su 100.000 bambini» spiega Hristina Petkova, dell'Institute of Psychiatry, Psychology & Neuroscience di Londra, autrice principale del lavoro. Per calcolare il tasso di incidenza, i ricercatori hanno utilizzato i dati provenienti dai rapporti mensili degli specialisti raccolti nel Child and Adolescent Psychiatry Surveillance System. Durante un periodo di otto mesi nel 2015 sono stati diagnosticati 305 nuovi casi, la maggior parte dei quali in giovani donne (91%), residenti in Inghilterra (70%) e di etnia bianca (92%). Sulla base di queste cifre, i ricercatori hanno calcolato un tasso di incidenza annuale di 26 su 100.000 per le ragazze e di 2 su 100.000 per i ragazzi, con un tasso complessivo di 14 nuovi casi per ogni 100.000 ragazzi dagli 8 ai 17 anni. Il tasso di nuovi casi è aumentato costantemente con l'età, raggiungendo un picco all'età di 15 anni nelle femmine e di 16 anni nei maschi, con un successivo e sostanziale calo all'età di 17 anni. Per quanto riguarda i bambini tra 8 e 12 anni l'incidenza è stata pari a 3,2 su 100.000, con tassi di 4 su 100.000 per bambini di 11 anni di età e di 12 su 100.000 per bambini di 12 anni. «La ricerca futura dovrebbe valutare lo sviluppo di interventi precoci, dato l'aumento dell'incidenza nei bambini più piccoli» afferma Petkova. Gli autori sottolineano che questo studio è ampio e rappresentativo a livello nazionale, anche se sicuramente manca di alcuni dati, come quelli dei giovani visti solo dai medici di base, e che i risultati potrebbero essere applicabili ad altri paesi ad alto reddito.

Fonte: Doctor33.it

10/10/2019

Repubblica è il quotidiano online aggiornato 24 ore su 24 su politica, cronaca, economia, sport, esteri, spettacoli, musica, cultura, scienza, tecnologia.

04/10/2019

La Scozia vieta per legge di dare schiaffi ai figli

Punire fisicamente un bambino non è mai una soluzione valida e si rischia di causare effetti psicologici negativi a lungo termine. Così dicono gli esperti e proprio perché uno schiaffo non fa bene la Scozia mette al bando, per legge, gli scapaccioni dei genitori ai figli e qualunque forme di castigo fisico. Una normativa ad hoc è stata infatti presentata al Parlamento locale di Edimburgo dal governo guidato da Nicola Sturgeon, il cui partito controlla l'assemblea.

Si tratta del primo territorio del Regno Unito deciso a vietare le punizioni corporali, tradizione mai del tutto estirpata del sistema scolastico britannico come del retaggio familiare. La norma, ad esclusione della Scozia, rimarrà tale nel resto del Regno Unito.

A proporre l'abolizione degli scapaccioni ai figli è stato un deputato Verde, John Finnie, con il sostegno di laburisti e liberaldemocratici, oltre che dello Scottish National Party (Snp) di Sturgeon e di alcune ong per la tutela dell'infanzia. Ma l'idea non ha messo d'accordo tutti, anzi, in Scozia si è innescata un'accesa polemica: i Tory locali si sono detti contrari a questa legge, così come i cittadini scozzesi che, secondo un sondaggio, si sarebbero espressi in maggioranza contro questo provvedimento.

Ma, questa proposta è comunque un trionfo per i sostenitori della "non violenza" fisica. Nel 2017 si era aggiunta la Francia a una lista di 51 paesi già da tempo contrari a qualsiasi forma di punizioni corporali considerate inutili. Di più: dannose. La prima a schierarsi contro la sculacciata free, nell'ormai lontano 1979, era stata la Svezia. Seguita nel 1983 dalla Finlandia. Quindi negli anni sono arrivati la Tunisia, la Polonia, il Lussemburgo, l'Irlanda, l'Austria e molti altri Stati in tutto il mondo. Ultimi della lista, nel 2016, Mongolia, Paraguay e Slovenia. Nel 2014 è toccato alla nostra vicina di casa, la Repubblica di San Marino.

E in Italia? Pur non esistendo un'apposita norma, una sentenza della Corte Costituzionale del 1996 si è espressa contro l'uso di percosse (sculacciata compresa) nei confronti dei bambini.

Fonte: Repubblica.it

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Viale Antonio Gramsci 22
Florence
50132

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