dott.ssa Elisa Brigiolini psicologa psicoterapeuta

dott.ssa Elisa Brigiolini psicologa psicoterapeuta Psicologa Relazionale-Sistemica
Ri-costruiamo relazioni, identità, appartenenze

Psicologa - Specializzata in psicoterapia familiare e relazionale, svolgo interventi di terapia individuale, di coppia e familiare.

10/11/2025

E’ davvero solo colpa della Chatbot?

Dobbiamo affrontare senza giri di parole ciò che accade quando un ragazzo — fragile, solo, smarrito — si rivolge non a una persona, non a un ambiente vivo, ma a un’entità digitale: una chatbot.

È drammatico che la madre chieda un risarcimento danni all’azienda che ha realizzato la chatbot — e certo, un’azienda deve rispondere della sicurezza del suo prodotto — ma sarebbe un grosso errore fermarsi lì, a dare la colpa solo alla tecnologia.

Perché la vera questione da affrontare e’ un’altra ossia una personalità che non si è sviluppata nel mondo reale, una capacità relazionale insufficiente, un ragazzo che ha trovato rifugio in un “confidente artificiale” anziché in un contesto umano.

La chatbot può essere pericolosa e insidiosa — lo riconosco — specie per un adolescente che vive una condizione di vulnerabilità o isolamento emotivo.

La tecnologia non è innocua, anzi…se non è progettata con cura, se non prevede filtri, se non intercetta la richiesta di aiuto reale, può trasformarsi in un amplificatore di danno. Esistono già casi in USA nei quali chatbot sono finiti al centro di cause per morte di adolescenti.

Ma ognuno dei seguenti punti va sottolineato con fermezza per non rischiare di confondere i piani e generare ulteriori rischi:

1. Il contesto di fragilità

Non è vero — e lo dico con chiarezza — che la chatbot causa da sola il suicidio di un ragazzo. Ci vuole sempre un terreno predisposto: isolamento, difficoltà emotive, mancanza di rete di supporto, assenza di capacità di elaborare relazioni autentiche. Il ragazzo si “innamora” della bot perché lì trova qualcosa che non trova fuori: attenzione, disponibilità, ascolto.
Ma è un ascolto artificiale, che non può essere sostitutivo di un confronto umano.
Quel rapporto è un segnale della fragilita’…se era capace di relazionarsi, non avrebbe scelto la bot.

E qui i genitori, la scuola, la comunità — tutti — hanno un compito: notare, intervenire, educare.

2. La responsabilità della tecnologia

Sì, le aziende che sviluppano chatbot hanno una responsabilità. Ma non basta “colpevolizzare” solo loro mentre si ignora ciò che avviene intorno al ragazzo…famiglia e scuola dov’erano?

Le chatbot oggi non sono “terapeuti”, non sono “amici” veri, sono strumenti con limiti.

Quando questi limiti non vengono ben gestiti — ad esempio: segnalazioni integrate, interruzione di logiche manipolative, controllo dei minori — beh, allora nasce il problema.

In California è in arrivo una legge che vieta ai chatbot “companion” conversazioni su suicidio e sessualità con minori, obbliga avvisi e responsabilità. È un passo corretto, che dice che la tecnologia non è neutra.

3. La riflessione che serve

…sì, serve una seria riflessione. Ecco cosa va fatto concretamente:
• Educazione digitale: ragazzi — e genitori — devono capire che una bot non è un amico, che ciò che appare “confidenziale” può diventare trappola.
• Monitoraggio familiare e scolastico: se un adolescente trascorre ore solo con un bot, se rinuncia alla relazione con i coetanei, se cala la partecipazione reale, occorre intervenire.
• Progettazione responsabile delle tecnologie: le aziende devono integrare salvaguardie, sistemi che riconoscano richieste di aiuto reale, che interrompano la “relazione” quando assume tratti patologici.
• Rete di supporto reale: psicologi, educatori, operatori che possano intercettare queste fragilità prima che diventino crisi.
• Non demonizzare tutto: le chatbot possono avere utilità (compiti, compagnia, interazione) ma vanno inserite dentro un contesto di consapevolezza — non sostituire il mondo umano.

Che la madre chieda un risarcimento ci sta — è comprensibile — ma ridurre tutto alla “colpa della chatbot” è una semplificazione pericolosa.

Il vero fallimento è quello della società che non coglie il bisogno, della famiglia che non vede l’allarme, del ragazzo che resta senza bussola.

La chatbot è il sintomo, non la causa esclusiva.

02/11/2025

A 9 ANNI HANNO FONDATO UN “CLUB DEL SESSO”: se siete genitori, per favore prendetevi 10 minuti per leggere questo post.

Genitori ed educatori: il messaggio che segue richiede circa 10 minuti del vostro tempo. Ma potrebbero essere dieci minuti chi vi aiutano a comprendere cose che stanno succedendo nelle vite dei nostri figli e di cui è troppo importante riflettere insieme. Questo post parte dalla testimonianza di una collega che mi ha scritto così:

“Gentile dottore per la prima volta nella mia esperienza professionale mi trovo davanti una situazione per me difficile da affrontare. Nella nostra scuola ci sono bambini di 9 anni che vedono video pornografici dallo scorso anno e hanno creato un club del sesso. Chi vuole farne parte è obbligato a visionare materiali pornografici spinti, rapporti orali, a tre, con uso di oggetti. Tutto questo è stato scoperto da una mamma. Mi viene da dire maledetti cellulari e adulti incoscienti che comprano sempre prima questo oggetto e non supervisionano. Alcune bambine manifestano un disagio forte, Oggi una ha vomitato per lo schifo provato davanti a delle immagini, altre piangono. Io da tanti anni affronto il discorso della pornografia online, della mercificazione del corpo, porto poesie d'amore, mostro ciò che manca in quelle visioni di solo accoppiamento fisico. Lo faccio nella terza media. A quella età le parole mi escono facilmente, so come affrontare il discorso. Non mi è mai successo di trovarmi in una situazione simile, davanti a bambini di 9 anni. Ecco perchè ho bisogno di un confronto con lei.

Da anni, ogni settimana (e ribadisco: ogni settimana) ricevo mail con richieste di aiuto in cui un adulto rivela di sentirsi disorientato di fronte a ciò che ha scoperto esistere nella vita virtuale di un figlio, di uno studente, di una classe o all’interno di una chat. Molte di queste richieste hanno a che fare con l’esplorazione della sessualità da parte di minori che viene fatta sempre più precocemente e con modalità totalmente inadeguate rispetto all’età e alla maturità dei soggetti coinvolti. Questa settimana ho ricevuto questa mail e ho chiesto il permesso di poter condividere questa testimonianza con chi legge i miei post.

Avere 9 anni e fondare, nel proprio ambito di amicizie, il club del sesso imponendo ai coetanei – per farne parte – di visionare materiali molto spinti è un esempio di come l’abuso sessuale (sì, questo è abuso e non esplorazione fase-specifica) possa entrare nella vita dei nostri figli attraverso la combinazione di cinque elementi:
1) il bisogno di appartenenza al gruppo
2) la disponibilità di strumenti digitali che permettono con tre click di fare qualsiasi cosa
3) la superficialità con cui il mondo adulto ha sdoganato nella vita dei minori strumenti potentissimi senza avere alcuna contezza della loro potenza e della disfunzionalità che essa porta nella vita dei minori
4) l’aggressività con cui le piattaforme digitali entrano nelle vite di tutti, anche dei bambini, proponendo esperienze totalmente non fase specifiche e arrogandosi il diritto di dire che non hanno alcuna responsabilità, in quanto avvertono l’utente di contenere materiale riservato ad un pubblico di cui specificano l’età minima (da cui se ne deduce che gli unici responsabili per le navigazioni pericolose sarebbero i genitori che dovrebbero vivere dentro gli smartphones dei figli)
5) la totale mancanza di educazione affettiva e sessuale, che lascia i piccoli esposti a situazioni estreme in cui percepiscono disagio ed eccitazione allo stesso tempo nella totale incapacità di comprendere come orientarsi in tutto ciò e soprattutto a chi chiedere aiuto., visto che le agenzie educative e gli adulti in generale si rivelano vacanti in questo ambito educativo.

Condivido questa testimonianza in un giorno di festa, non per rovinarvelo, ma perché nei giorni festivi noi adulti abbiamo ritmi più lenti e più tempo per concentrarci su cose che la frenesia del lavoro a volte non ci fa considerare importanti. Io non so più come dirlo al mondo che là fuori c’è un problema enorme che entra nelle nostre vite attraverso lo sdoganamento della virtualità a cui bambini e bambine hanno accesso, navigando senza alcun criterio e supervisione.

So che molti dicono che basterebbe educare ad un buon uso dello smartphone, perché non è lo smartphone in sé il problema, ma l’uso che ne viene fatto. Beh, lasciatemi dire che invece è anche lo smartphone in sé il problema perché ha una potenza che nessun bambino sa governare e che nessun adulto sa educare nella relazione con un minore. Dentro al virtuale c’è troppa roba mentre nella mente dei nostri figli, prima dei 16 anni ci sono ancora troppe poche reti neuronali integrative in grado di avere un dominio efficace di quella “troppa roba”. E’ come far guidare una fuoriserie ad un ragazzo che ha appena preso la patente per guidare un motorino.

Per favore parlate di tutto questo ad altri genitori. Voi educatori condividete questa storia nelle vostre chat di classe. Rendete questa domenica una domenica di consapevolezza adulta, sia genitoriale che della comunità educante tutta. Troppe volte sento dire, anche da colleghi molto quotati, che io, con la narrazione che ho fatto del digitale in questi anni, non ho compreso nulla. Perché il problema secondo moltissimi sta nella fragilità di noi adulti.

Io penso che dobbiamo avere il coraggio di dire che il mondo virtuale ha reso i genitori fragili e la fragilità degli adulti ha reso il mondo virtuale sempre più capace di impossessarsi delle vite dei nostri figli. E’ un gatto che si morde la coda che però ha avuto il suo punto di inizio con la pervasività del digitale portatile dentro alle nostre vite di esseri umani del terzo millennio. E questo, Jonathan Haidt lo spiega benissimo nel suo volume “Generazione ansiosa” (Rizzoli ed.)

Su questo tema anch’io ho appena pubblicato un libro con Barbara Tamborini intitolato “Esci da quella stanza. Come e perché riportare i nostri figli nel mondo” (Mondadori ed.) dove cerchiamo di far capire ai lettori che oggi abbiamo bisogno di una totale inversione di rotta e che noi genitori ne dobbiamo essere consapevoli protagonisti. Vi prego, andatelo a cercare nella biblioteca più vicina a casa vostra, non c’è bisogno che lo compriate (chi sa quanti pensano che il mio unico interesse sia – in questo momento - vendere un libro. Ma se così fosse, vi siete mai chiesti come mai in più di dieci anni di vita nei social non ho mai – e ribadisco mai – messo un link ad alcuna libreria online che conduca all’acquisto automatico di un mio libro?). Scrivo libri non perché ho l’urgenza di venderli (cosa che naturalmente viene valutata come positiva da un autore), ma per fare cultura, per usare il mio posizionamento professionale e sociale (oltre che social) ai fini del miglioramento della vita e delle condizioni di crescita dei nostri figli. Lo dico da professionista e lo dico come padre di quattro figli.

Se anche voi pensate che fondare il club del sesso a 9 anni sia una spaventosa distorsione della crescita derivata da un mondo che non ha alcuna cura dei bisogni evolutivi di bambini e bambine del terzo millennio e che ciò non dipenda solo dalla fragilità di noi genitori, ma dalla potenza con cui quel mondo invade le nostre vite…… beh allora spero che questo post vi aiuti a correre ai ripari.

Se volete e potete, aprite il dibattito con più adulti possibili e condividete questo messaggio.

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Lieta di annunciare l' avvio di questo percorso cittadino per riflettere sul cambiamento possibile rispetto alle abitudini attuali di utilizzo degli strumenti digitali
Stai tuned! 🤟🏼🌈🎉

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29/09/2025

Vi segnalo l'incontro che ci sarà il 7 ottobre alle 17 alle Oblate sul benessere digitale, organizzato dall'assessorato all'istruzione. Caldamente richiesta la partecipazione dei genitori di ragazzi che frequentano scuole fiorentine e di chi è sensibile al tema. Saranno presenti dirigenti scolastici, docenti, rappresentanti della società della salute e di Forlilpsi. I bambin* possono venire e stare nella sala Kids accanto. È un primo incontro per delineare un percorso comune che coinvolga famiglie e scuole! Diffondete! Partecipate! Noi ci saremo!

Quante volte al giorno ti dici (anche solo in silenzio): “Non sono abbastanza”?Una? Tre? Dieci? O così tante da non cont...
25/09/2025

Quante volte al giorno ti dici (anche solo in silenzio): “Non sono abbastanza”?
Una? Tre? Dieci? O così tante da non contarle più?

🧠 Quel pensiero che sembra innocuo, in realtà scava.
E ogni volta che lo lasci passare senza risposta, ti allontana un po’ da te stessə.

Oggi ti propongo un esercizio semplice, ma potente:
non per eliminare il pensiero, ma per guardarlo in faccia e riscrivere la storia.

💬 Tu quante volte te lo dici al giorno? Hai mai provato a rispondere a quel pensiero?
Parliamone nei commenti!

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Indirizzo

Via Agnolo Firenzuola 1 C
Florence
50133

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:00
Martedì 09:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 19:00
Giovedì 09:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 19:00
Sabato 09:00 - 13:00

Telefono

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