24/11/2025
Secondo il ministro Carlo Nordio, intervenuto alla Conferenza internazionale contro il femminicidio, «Il maschio non accetta la parità, il suo codice genetico fa resistenza». Eppure da anni sul territorio esistono alcuni centri che insistono sulla natura culturale - e non genetica o biologica - della violenza di genere. Si tratta dei Centri per uomini autori di violenza (CUAV) che si occupano della presa in carico di uomini autori di violenza, ma adesso sono al collasso.
In alcuni casi il contatto con il centro avviene su base volontaria, dopo un primo confronto telefonico, altri invece vengono inviati a un CUAV dal giudice. In quest’ultimo caso si tratta di pene inferiori ai tre anni e il lavoro del CUAV sta proprio nel prevenire il rischio di recidive, oltre a quello di combattere la violenza di genere cercando di andare alla radice del problema.
Dopo il primo contatto seguono una serie di colloqui con operatori e operatrici, anche per stabilire il grado di rischio. Da lì si entra a far parte per un anno di un gruppo psico-educativo in cui insieme a un team di psicologi e psicoterapeuti si affrontano anche gli aspetti culturali legati alla mascolinità e si lavora su responsabilità, riconoscimento delle proprie emozioni, fornendo strumenti pratici per gestirle.
In alcuni casi il CUAV lavora insieme anche al Centro antiviolenza, come nel caso di Pistoia. «I CUAV fanno un lavoro strutturale sulla violenza di genere», spiega Flavia Lazzaro, del Centro uomini maltrattanti di Firenze. «Lavoriamo a protezione delle vittime anche potenziali perché il nostro obiettivo è intercettare la violenza quando non è ancora esplosa, cerchiamo di lavorare sui segnali». Stando ai dati del report Impact del 2022, questo tipo di approccio porterebbe alla riduzione della frequenza del comportamento violento, dal punto di vista della violenza fisica ed emotiva.
Al momento, però, i Centri sono al collasso, con accessi triplicati negli ultimi anni e risorse economiche ormai del tutto insufficienti. Dal 2019, con l’entrata in vigore del Codice Rosso, che subordina la sospensione della pena alla partecipazione a un percorso presso un CUAV, le richieste di accesso sono cresciute in modo esponenziale, ma non le risorse economiche.
Inoltre, l’obbligo di incontri bisettimanali previsto dal Codice Rosso rafforzato, sottopone gli operatori a ritmi insostenibili, perché non sono state previste risorse aggiuntive. Il risultato sono liste d’attesa più lunghe - fino a 4 o 6 mesi di attesa - con ricadute sulla prevenzione della violenza di genere. «La vocazione dei Centri per uomini autori di violenza è il cambiamento sociale, non solo la gestione dell’emergenza», spiega Alessandra Pauncz, Presidente Relive – Rete nazionale dei centri per uomini autori di violenza. «Lavoriamo sulle radici della violenza, e per farlo dobbiamo poter offrire opportunità di cambiamento a tutti gli uomini». Perché il violento non è l’eccezione, ma un figlio sano del patriarcato.