Miosessuologo

Miosessuologo Siamo un'azienda specializzata in psicologia e sessuologia, composta da un team di psicologi, sessuologi e psicoterapeuti altamente qualificati.

La nostra missione è offrire un servizio terapeutico professionale, accessibile e riservato.

22/12/2025

Quando una relazione finisce, non sempre si ha voglia di avvicinarsi subito a qualcun altro. E no, non è per forza un trauma.

A volte è solo che quella relazione ha occupato molto spazio emotivo, mentale, corporeo. Quando finisce, il corpo e la testa hanno bisogno di riorientarsi, di fare silenzio, di tornare a sé.

È vero, quando ci si lascia si perdono delle parti: abitudini, riferimenti, intimità. Ma questo non significa che da quel momento in poi tutte le persone vogliano incastrarci in qualcosa, invaderci o toglierci libertà.

Prendersi tempo non è segno di chiusura, ma capire di che spazio abbiamo bisogno prima di condividerlo di nuovo. Non ricominciare subito non vuol dire essere bloccati: vuol dire scegliere con più consapevolezza. E anche questo è un modo sano di stare nelle relazioni.

15/12/2025

Dopo una rottura, molte persone si mettono addosso una regola non scritta: “se sei maturo/a, resti amico/a”.

Ma la maturità non si misura dalla forma del legame che rimane: si misura dalla capacità di scegliere ciò che tutela il benessere di entrambi, anche quando dispiace.

E no: non dover essere amici non significa essere rancorosi, infantili o “incapaci di amare”. Significa riconoscere una cosa semplice e spesso ignorata: una relazione finisce, ma il corpo e la mente non “cambiano modalità” in un click. 💗

11/12/2025

Non è strano non avere voglia di fare sesso dopo una rottura, e non c’entra solo la “testa”: c’entra anche il corpo.

La sessuologa Beverly Whipple parlava di memoria corporea come parte del modo in cui impariamo il piacere. Allo stesso modo, autori come Master & Johnson e Kaplan hanno mostrato che la risposta sessuale non è mai solo biologica o solo psicologica: è un sistema integrato.

Quando finisce una relazione, quel sistema perde i suoi riferimenti: odori, routine, segnali di sicurezza, persino la regolazione emotiva condivisa. Il corpo deve disimparare un legame per poterne costruire un altro.

Ecco perché, come ricorda anche Esther Perel, “non ci separiamo mai da una persona sola, ma da una versione di noi che esisteva con quella persona”. È normale, quindi, che il desiderio rallenti.

Non è un problema da risolvere, ma la fisiologia ha bisogno di riallinearsi. Il desiderio torna quando il corpo smette di orientarsi verso ciò che non c’è più e ritrova nuove coordinate di sicurezza, curiosità e contatto.

Dagli tempo.
Il corpo sa come riorganizzarsi.💗

05/12/2025

Parlare di sesso mette a disagio molte più persone di quante immagini, e non perché “non dovremmo farlo”, ma perché siamo cresciuti in ambienti in cui la sessualità è stata trattata come qualcosa di cui vergognarsi.

Questo silenzio ci accompagna fino all’età adulta, dove ci ritroviamo senza parole, senza strumenti e con la paura di essere giudicati.
 
Perché ci vergogniamo?
• La cultura ci ha insegnato che il sesso è privato, delicato, “da non nominare”, soprattutto quando riguarda il piacere femminile o pratiche considerate non convenzionali.
• Psicologicamente, il sesso richiede vulnerabilità, e parlarne significa esporsi, raccontare desideri e insicurezze che spesso non abbiamo condiviso con nessuno (neanche con noi stessi).
• La pornografia ha imposto standard irrealistici che alimentano l’ansia da prestazione e ci fanno sentire sempre “non abbastanza”.
 
Quando non se ne parla:
• Il sesso diventa un terreno incerto, pieno di supposizioni invece che di comunicazione.
• Le difficoltà vengono vissute come fallimenti personali anziché come aspetti normali della vita sessuale.
• La relazione rischia di trasformarsi in un luogo dove si evita il tema per paura di ferire o essere criticati.
 
Ed è qui che interveniamo noi.
Il nostro lavoro è creare uno spazio sicuro in cui parlare di sesso sia semplice, informato e libero dal giudizio. Ogni giorno aiutiamo persone e coppie a comprendere il proprio desiderio, a riconoscere i blocchi, a imparare a comunicare e a costruire una sessualità che non sia fonte di ansia, ma di connessione e benessere. Iniziare a parlarne è il primo atto di cura verso te stesso.

Il sesso è un linguaggio da imparare, e non c’è nulla di più potente del decidere di farlo senza vergogna.
 
Se questa riflessione ti è servita, salvala.
Se vuoi iniziare davvero a parlarne, noi siamo qui. 💗

02/12/2025

Forzare una relazione insistendo, cercando continuamente un contatto, costruendo pretesti per “mantenere un filo”, raramente avvicina l’altro. Anzi, spesso produce l’effetto opposto: una distanza crescente. Non perché l’altro “sia cattivo”, ma perché la mancanza di reciprocità è già una forma di risposta.

In psicologia relazionale è un fenomeno noto: quando i bisogni affettivi non sono allineati, si attiva ciò che John Bowlby descriveva come attivazione del sistema di attaccamento (Bowlby, Attachment and Loss, 1969). La persona che sente la relazione sfuggire aumenta i tentativi di controllo (messaggi, attenzioni, richieste di chiarimento), mentre chi non desidera più quel legame tende ad attivare un sistema di distanza per proteggere il proprio spazio emotivo (Mikulincer &
Shaver, Attachment in Adulthood, 2016).

Questo meccanismo di “inseguimento-ritiro”, descritto anche da Susan Johnson nella Emotionally Focused Therapy (EFT), è uno dei pattern più frequenti nelle relazioni disfunzionali: più uno insegue, più l’altro si allontana. Non per cattiveria, ma perché non possiamo creare reciprocità dove non c’è.

Esther Perel, psicoterapeuta e autrice di The State of Affairs, lo definisce così: “La connessione non si costruisce insistendo: si costruisce quando l’altro sceglie di esserci.”

Continuare a forzare un legame non solo logora chi insegue, ma impedisce anche di vedere con lucidità ciò che sta accadendo: l’altro ha già comunicato, con i fatti, il proprio livello di interesse.

A volte bisogna smettere di “lottare” per trattenere qualcuno, ma accettare che i legami funzionano solo quando sono desiderati da entrambi. Questa accettazione, psicologicamente complessa ma necessaria, permette di recuperare dignità, energia e capacità di costruire relazioni che siano reciproche.

Se ti è mai successo di vivere una situazione del genere, raccontacelo nei commenti. Saremo felici di leggerti. 💗

24/11/2025

Nel linguaggio delle relazioni moderne, è diventato comune chiedersi che cosa l’altra persona “porti sul tavolo”: cosa può offrirci, quanto può arricchirci, cosa può aggiungere alla nostra vita. È un modo di pensare comprensibile, soprattutto in una cultura basata sulla prestazione, sulla reciprocità immediata e sulla paura di investire nelle persone sbagliate.

Ma quando concentriamo tutta la nostra attenzione su ciò che possiamo ottenere, rischiamo di perdere di vista un’intera parte della relazione: ciò che siamo disposti a dare.

La psicologia sociale lo definisce self-focused orientation: una modalità in cui si analizza l’altro quasi esclusivamente in funzione dei propri bisogni, riducendo la capacità di costruire legami realmente cooperativi. Diversi studi mostrano che i rapporti più stabili e soddisfacenti non si basano su un controllo costante del ritorno, ma su una disponibilità autentica al coinvolgimento emotivo (Clark & Mills, 2011, Journal of Personality and Social Psychology).

Non significa sacrificarsi o ignorare i propri limiti, ma riconoscere che una relazione (qualunque forma abbia) nasce dall’incontro tra due responsabilità: ciò che l’altro porta a noi e ciò che noi portiamo a lui.
Spostare il focus su questo secondo elemento non solo crea connessioni più sane, ma permette anche una valutazione più reale dell’incontro: non più “quanto mi conviene?”, ma “che tipo di persona voglio essere dentro questa relazione?”.

Non possiamo controllare completamente ciò che gli altri ci danno.
Possiamo però scegliere la qualità di ciò che offriamo, ed è spesso lì che inizia la differenza. 💗

17/11/2025

Non è così raro che un’amicizia includa anche una componente sessuale.

Le ricerche sui cosiddetti ✨friends with benefits✨ mostrano che molte persone vivono questo tipo di relazione come una forma di intimità “ibrida”, in cui esiste affetto, confidenza e allo stesso tempo una dimensione erotica fuori dai modelli tradizionali di coppia. Alcuni studi indicano che questi rapporti possono essere percepiti come soddisfacenti e funzionali, soprattutto quando c’è un livello chiaro di accordo reciproco su aspettative e limiti (Owen & Fincham, 2011; Lehmiller, 2012).

Questo però non significa che siano relazioni “neutre”: il sesso, anche quando vissuto tra amici, può spostare equilibri emotivi, attivare gelosie latenti, far emergere desideri non detti o bisogni diversi tra le due persone. È normale che, nel tempo, il significato del rapporto cambi: per qualcuno resta un legame amicale con una componente fisica, per qualcun altro può diventare l’inizio di un coinvolgimento più profondo, oppure qualcosa che a un certo punto non è più sostenibile.

La differenza non la fa il fatto che ci sia o meno il sesso, ma quanto le persone coinvolte siano in grado di parlarne. La letteratura sulle relazioni affettive e sessuali mostra che la qualità della comunicazione è uno dei predittori principali di benessere relazionale: chiarire bisogni, confini, desideri e paure riduce i malintesi e protegge sia il rapporto sia la salute emotiva dei singoli (Byers, 2005; Sprecher & Hendrick, 2004).

Inserire una dimensione sessuale dentro un’amicizia non è “sbagliato” in sé. Diventa problematico quando nessuno si prende la responsabilità di dire cosa prova, cosa desidera e fin dove si sente di arrivare.

La gentilezza, in questi casi, passa anche da qui: non dare per scontato che l’altro stia vivendo la stessa cosa nello stesso modo. 💗

Scardinare i tabù sul sesso è il nostro impegno quotidiano, e sappiamo che spesso non è facile parlarne apertamente. Ric...
16/11/2025

Scardinare i tabù sul sesso è il nostro impegno quotidiano, e sappiamo che spesso non è facile parlarne apertamente. Ricorda che questo è il posto sicuro in cui poter esprimere tutti i tuoi pensieri. 💗

11/11/2025

Molte persone parlano di “chiudere un cerchio” come se si trattasse di un ultimo confronto necessario, di un incontro conclusivo che dovrebbe portare chiarezza, pace o risposte definitive. Spesso però questo desiderio non nasce da un reale bisogno di elaborazione emotiva, ma da una difficoltà a tollerare la separazione e il vuoto che segue la fine di una relazione.

La psicologia dell’attaccamento (Bowlby, 1988; Ainsworth, 1991) ci mostra come, in presenza di legami insicuri, l’idea di interrompere ogni contatto con l’altro possa risultare quasi insostenibile. Non perché la relazione sia ancora sana o nutriente, ma perché rappresenta qualcosa di profondamente conosciuto: anche quando è disfunzionale, resta una forma di continuità emotiva. Il “bisogno dell’ultima parola”, dell’ultimo incontro, dell’ultimo messaggio non chiude il cerchio: lo riapre. Lo prolunga. E spesso alimenta speranza, attaccamento e dipendenza emotiva.

“Chiudere” davvero significa tollerare anche ciò che è incompleto, ciò che non ha avuto spiegazioni soddisfacenti, ciò che non potrà essere risolto con un confronto finale. Significa affrontare il dolore dell’assenza, l’incertezza e lo spazio vuoto in cui non ci si riconosce più immediatamente.

È comprensibile voler tornare, ed è totalmente umano cercare protezione nel conosciuto, ma l’elaborazione autentica non avviene nei ritorni ripetuti, bensì nel riuscire a sostenere la distanza.

Lasciare andare non è dimenticare, ma permettersi di esistere anche oltre quella relazione. Noi, se vuoi, possiamo darti una mano. Ci trovi al link in bio. 💗

Il modo in cui ci incontriamo e ci scegliamo è cambiato profondamente.Per molto tempo il corteggiamento è passato attrav...
09/11/2025

Il modo in cui ci incontriamo e ci scegliamo è cambiato profondamente.

Per molto tempo il corteggiamento è passato attraverso gesti lenti e progressivi: uno sguardo sostenuto, una parola detta con attenzione, l’attesa di un messaggio che arrivava "quando arrivava" (e se arrivava). Oggi, una parte di quel processo si è spostata online, in spazi dove l’incontro è mediato da un profilo, da una foto e da un algoritmo pensato per farci incontrare più rapidamente. Non si tratta di dire che “era meglio prima” o “è meglio adesso”: la questione è comprendere che ogni modalità porta con sé possibilità e limiti.

Le app ampliano le opportunità di conoscenza, riducono la timidezza iniziale e permettono a persone molto diverse di incrociarsi, anche al di fuori dei propri contesti abituali. Allo stesso tempo, però, è più facile costruire aspettative basate sull’immaginazione, proiettare sull’altro ciò che desideriamo trovare, sentirci protetti dallo schermo invece che esposti nella vulnerabilità dell’incontro reale.

La differenza non sta nel mezzo, ma nella consapevolezza con cui lo utilizziamo. Un incontro digitale può diventare reale, corporeo e intimo, ma questo passaggio richiede tempo, esposizione emotiva e capacità di tollerare l’incertezza dell’altro: aspetti che nessun algoritmo può sostituire.

Le app non sostituiscono il corteggiamento, lo trasformano. Sta a noi decidere come attraversare quella trasformazione. 💗

Il desiderio sessuale non è una costante, ma una dimensione in continua evoluzione.Cambia con l’età, con le esperienze r...
05/11/2025

Il desiderio sessuale non è una costante, ma una dimensione in continua evoluzione.
Cambia con l’età, con le esperienze relazionali e con il modo in cui viviamo il nostro corpo e il piacere.

Nelle diverse fasi della vita, infatti, intervengono fattori biologici, psicologici e relazionali che ne influenzano la frequenza, l’intensità e la qualità.
Durante la giovane età adulta, il desiderio può essere elevato ma variabile: lo stress legato allo studio, al lavoro o all’inizio di relazioni stabili può interferire con la libido (Kinsey Institute, S*xuality Across the Life Course, 2020).

Nelle coppie con figli piccoli, la stanchezza fisica e la mancanza di tempo per sé diventano spesso i principali ostacoli. Nel post–parto, inoltre, è comune per molte donne sperimentare un calo temporaneo del desiderio (A.P.A., Journal of S*x & Marital Therapy, 2019).

Con l’età matura, la sessualità resta attiva e soddisfacente, ma tende a privilegiare la qualità della comunicazione rispetto alla quantità dei rapporti.
Durante la menopausa e l’andropausa, infine, i cambiamenti ormonali possono modificare la libido, ma non la eliminano: un approccio consapevole e condiviso può mantenere vivo il piacere (World Health Organization, S*xual Health and Aging Report, 2017).

Il desiderio non segue un’unica traiettoria: si trasforma con noi. Riconoscerlo e parlarne è il primo passo per vivere una sessualità più autentica e serena. Se hai bisogno di parlare con un esperto o una esperta, ci trovi al link in bio. 💗

03/11/2025

In ogni relazione cambiamo, ed è giusto così.

Quando condividiamo tempo, emozioni e spazi con qualcuno/a, inevitabilmente assorbiamo nuovi modi di pensare, scopriamo aspetti di noi che non conoscevamo e lasciamo andare parti che non ci rispecchiano più. Non è un segnale che la relazione “ci snatura”, ma che ci mette in movimento.

Normalizzare questo significa riconoscere che l’identità non è fissa: si arricchisce, si ridefinisce e cresce anche attraverso gli incontri importanti. La chiave è restare in contatto con ciò che sentiamo autentico, per non perderci, ma anche permetterci di evolvere insieme. 💗

Indirizzo

Via Frà Paolo Sarpi, 7/A
Florence
50136

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Miosessuologo pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram