Miosessuologo

Miosessuologo Siamo un'azienda specializzata in psicologia e sessuologia, composta da un team di psicologi, sessuologi e psicoterapeuti altamente qualificati.

La nostra missione è offrire un servizio terapeutico professionale, accessibile e riservato.

02/12/2025

Forzare una relazione insistendo, cercando continuamente un contatto, costruendo pretesti per “mantenere un filo”, raramente avvicina l’altro. Anzi, spesso produce l’effetto opposto: una distanza crescente. Non perché l’altro “sia cattivo”, ma perché la mancanza di reciprocità è già una forma di risposta.

In psicologia relazionale è un fenomeno noto: quando i bisogni affettivi non sono allineati, si attiva ciò che John Bowlby descriveva come attivazione del sistema di attaccamento (Bowlby, Attachment and Loss, 1969). La persona che sente la relazione sfuggire aumenta i tentativi di controllo (messaggi, attenzioni, richieste di chiarimento), mentre chi non desidera più quel legame tende ad attivare un sistema di distanza per proteggere il proprio spazio emotivo (Mikulincer &
Shaver, Attachment in Adulthood, 2016).

Questo meccanismo di “inseguimento-ritiro”, descritto anche da Susan Johnson nella Emotionally Focused Therapy (EFT), è uno dei pattern più frequenti nelle relazioni disfunzionali: più uno insegue, più l’altro si allontana. Non per cattiveria, ma perché non possiamo creare reciprocità dove non c’è.

Esther Perel, psicoterapeuta e autrice di The State of Affairs, lo definisce così: “La connessione non si costruisce insistendo: si costruisce quando l’altro sceglie di esserci.”

Continuare a forzare un legame non solo logora chi insegue, ma impedisce anche di vedere con lucidità ciò che sta accadendo: l’altro ha già comunicato, con i fatti, il proprio livello di interesse.

A volte bisogna smettere di “lottare” per trattenere qualcuno, ma accettare che i legami funzionano solo quando sono desiderati da entrambi. Questa accettazione, psicologicamente complessa ma necessaria, permette di recuperare dignità, energia e capacità di costruire relazioni che siano reciproche.

Se ti è mai successo di vivere una situazione del genere, raccontacelo nei commenti. Saremo felici di leggerti. 💗

24/11/2025

Nel linguaggio delle relazioni moderne, è diventato comune chiedersi che cosa l’altra persona “porti sul tavolo”: cosa può offrirci, quanto può arricchirci, cosa può aggiungere alla nostra vita. È un modo di pensare comprensibile, soprattutto in una cultura basata sulla prestazione, sulla reciprocità immediata e sulla paura di investire nelle persone sbagliate.

Ma quando concentriamo tutta la nostra attenzione su ciò che possiamo ottenere, rischiamo di perdere di vista un’intera parte della relazione: ciò che siamo disposti a dare.

La psicologia sociale lo definisce self-focused orientation: una modalità in cui si analizza l’altro quasi esclusivamente in funzione dei propri bisogni, riducendo la capacità di costruire legami realmente cooperativi. Diversi studi mostrano che i rapporti più stabili e soddisfacenti non si basano su un controllo costante del ritorno, ma su una disponibilità autentica al coinvolgimento emotivo (Clark & Mills, 2011, Journal of Personality and Social Psychology).

Non significa sacrificarsi o ignorare i propri limiti, ma riconoscere che una relazione (qualunque forma abbia) nasce dall’incontro tra due responsabilità: ciò che l’altro porta a noi e ciò che noi portiamo a lui.
Spostare il focus su questo secondo elemento non solo crea connessioni più sane, ma permette anche una valutazione più reale dell’incontro: non più “quanto mi conviene?”, ma “che tipo di persona voglio essere dentro questa relazione?”.

Non possiamo controllare completamente ciò che gli altri ci danno.
Possiamo però scegliere la qualità di ciò che offriamo, ed è spesso lì che inizia la differenza. 💗

17/11/2025

Non è così raro che un’amicizia includa anche una componente sessuale.

Le ricerche sui cosiddetti ✨friends with benefits✨ mostrano che molte persone vivono questo tipo di relazione come una forma di intimità “ibrida”, in cui esiste affetto, confidenza e allo stesso tempo una dimensione erotica fuori dai modelli tradizionali di coppia. Alcuni studi indicano che questi rapporti possono essere percepiti come soddisfacenti e funzionali, soprattutto quando c’è un livello chiaro di accordo reciproco su aspettative e limiti (Owen & Fincham, 2011; Lehmiller, 2012).

Questo però non significa che siano relazioni “neutre”: il sesso, anche quando vissuto tra amici, può spostare equilibri emotivi, attivare gelosie latenti, far emergere desideri non detti o bisogni diversi tra le due persone. È normale che, nel tempo, il significato del rapporto cambi: per qualcuno resta un legame amicale con una componente fisica, per qualcun altro può diventare l’inizio di un coinvolgimento più profondo, oppure qualcosa che a un certo punto non è più sostenibile.

La differenza non la fa il fatto che ci sia o meno il sesso, ma quanto le persone coinvolte siano in grado di parlarne. La letteratura sulle relazioni affettive e sessuali mostra che la qualità della comunicazione è uno dei predittori principali di benessere relazionale: chiarire bisogni, confini, desideri e paure riduce i malintesi e protegge sia il rapporto sia la salute emotiva dei singoli (Byers, 2005; Sprecher & Hendrick, 2004).

Inserire una dimensione sessuale dentro un’amicizia non è “sbagliato” in sé. Diventa problematico quando nessuno si prende la responsabilità di dire cosa prova, cosa desidera e fin dove si sente di arrivare.

La gentilezza, in questi casi, passa anche da qui: non dare per scontato che l’altro stia vivendo la stessa cosa nello stesso modo. 💗

Scardinare i tabù sul sesso è il nostro impegno quotidiano, e sappiamo che spesso non è facile parlarne apertamente. Ric...
16/11/2025

Scardinare i tabù sul sesso è il nostro impegno quotidiano, e sappiamo che spesso non è facile parlarne apertamente. Ricorda che questo è il posto sicuro in cui poter esprimere tutti i tuoi pensieri. 💗

11/11/2025

Molte persone parlano di “chiudere un cerchio” come se si trattasse di un ultimo confronto necessario, di un incontro conclusivo che dovrebbe portare chiarezza, pace o risposte definitive. Spesso però questo desiderio non nasce da un reale bisogno di elaborazione emotiva, ma da una difficoltà a tollerare la separazione e il vuoto che segue la fine di una relazione.

La psicologia dell’attaccamento (Bowlby, 1988; Ainsworth, 1991) ci mostra come, in presenza di legami insicuri, l’idea di interrompere ogni contatto con l’altro possa risultare quasi insostenibile. Non perché la relazione sia ancora sana o nutriente, ma perché rappresenta qualcosa di profondamente conosciuto: anche quando è disfunzionale, resta una forma di continuità emotiva. Il “bisogno dell’ultima parola”, dell’ultimo incontro, dell’ultimo messaggio non chiude il cerchio: lo riapre. Lo prolunga. E spesso alimenta speranza, attaccamento e dipendenza emotiva.

“Chiudere” davvero significa tollerare anche ciò che è incompleto, ciò che non ha avuto spiegazioni soddisfacenti, ciò che non potrà essere risolto con un confronto finale. Significa affrontare il dolore dell’assenza, l’incertezza e lo spazio vuoto in cui non ci si riconosce più immediatamente.

È comprensibile voler tornare, ed è totalmente umano cercare protezione nel conosciuto, ma l’elaborazione autentica non avviene nei ritorni ripetuti, bensì nel riuscire a sostenere la distanza.

Lasciare andare non è dimenticare, ma permettersi di esistere anche oltre quella relazione. Noi, se vuoi, possiamo darti una mano. Ci trovi al link in bio. 💗

Il modo in cui ci incontriamo e ci scegliamo è cambiato profondamente.Per molto tempo il corteggiamento è passato attrav...
09/11/2025

Il modo in cui ci incontriamo e ci scegliamo è cambiato profondamente.

Per molto tempo il corteggiamento è passato attraverso gesti lenti e progressivi: uno sguardo sostenuto, una parola detta con attenzione, l’attesa di un messaggio che arrivava "quando arrivava" (e se arrivava). Oggi, una parte di quel processo si è spostata online, in spazi dove l’incontro è mediato da un profilo, da una foto e da un algoritmo pensato per farci incontrare più rapidamente. Non si tratta di dire che “era meglio prima” o “è meglio adesso”: la questione è comprendere che ogni modalità porta con sé possibilità e limiti.

Le app ampliano le opportunità di conoscenza, riducono la timidezza iniziale e permettono a persone molto diverse di incrociarsi, anche al di fuori dei propri contesti abituali. Allo stesso tempo, però, è più facile costruire aspettative basate sull’immaginazione, proiettare sull’altro ciò che desideriamo trovare, sentirci protetti dallo schermo invece che esposti nella vulnerabilità dell’incontro reale.

La differenza non sta nel mezzo, ma nella consapevolezza con cui lo utilizziamo. Un incontro digitale può diventare reale, corporeo e intimo, ma questo passaggio richiede tempo, esposizione emotiva e capacità di tollerare l’incertezza dell’altro: aspetti che nessun algoritmo può sostituire.

Le app non sostituiscono il corteggiamento, lo trasformano. Sta a noi decidere come attraversare quella trasformazione. 💗

Il desiderio sessuale non è una costante, ma una dimensione in continua evoluzione.Cambia con l’età, con le esperienze r...
05/11/2025

Il desiderio sessuale non è una costante, ma una dimensione in continua evoluzione.
Cambia con l’età, con le esperienze relazionali e con il modo in cui viviamo il nostro corpo e il piacere.

Nelle diverse fasi della vita, infatti, intervengono fattori biologici, psicologici e relazionali che ne influenzano la frequenza, l’intensità e la qualità.
Durante la giovane età adulta, il desiderio può essere elevato ma variabile: lo stress legato allo studio, al lavoro o all’inizio di relazioni stabili può interferire con la libido (Kinsey Institute, S*xuality Across the Life Course, 2020).

Nelle coppie con figli piccoli, la stanchezza fisica e la mancanza di tempo per sé diventano spesso i principali ostacoli. Nel post–parto, inoltre, è comune per molte donne sperimentare un calo temporaneo del desiderio (A.P.A., Journal of S*x & Marital Therapy, 2019).

Con l’età matura, la sessualità resta attiva e soddisfacente, ma tende a privilegiare la qualità della comunicazione rispetto alla quantità dei rapporti.
Durante la menopausa e l’andropausa, infine, i cambiamenti ormonali possono modificare la libido, ma non la eliminano: un approccio consapevole e condiviso può mantenere vivo il piacere (World Health Organization, S*xual Health and Aging Report, 2017).

Il desiderio non segue un’unica traiettoria: si trasforma con noi. Riconoscerlo e parlarne è il primo passo per vivere una sessualità più autentica e serena. Se hai bisogno di parlare con un esperto o una esperta, ci trovi al link in bio. 💗

03/11/2025

In ogni relazione cambiamo, ed è giusto così.

Quando condividiamo tempo, emozioni e spazi con qualcuno/a, inevitabilmente assorbiamo nuovi modi di pensare, scopriamo aspetti di noi che non conoscevamo e lasciamo andare parti che non ci rispecchiano più. Non è un segnale che la relazione “ci snatura”, ma che ci mette in movimento.

Normalizzare questo significa riconoscere che l’identità non è fissa: si arricchisce, si ridefinisce e cresce anche attraverso gli incontri importanti. La chiave è restare in contatto con ciò che sentiamo autentico, per non perderci, ma anche permetterci di evolvere insieme. 💗

Quando Justin Bieber ha dichiarato che anche solo pensare con desiderio a un’altra donna equivale a tradire, non ha fatt...
02/11/2025

Quando Justin Bieber ha dichiarato che anche solo pensare con desiderio a un’altra donna equivale a tradire, non ha fatto solo un’affermazione personale. Ha toccato un nodo profondo della nostra cultura: il rapporto tra desiderio, colpa e controllo.

Dal punto di vista sessuologico, il desiderio non è un’azione, ma una reazione naturale del corpo e della mente. È un processo neurofisiologico automatico, regolato da aree cerebrali legate alla curiosità e alla motivazione, non al giudizio morale. Provare attrazione per qualcuno non significa voler tradire, significa semplicemente essere esposti a stimoli e fantasie che fanno parte dell’esperienza umana. La differenza tra desiderio e infedeltà è la stessa che separa ciò che sentiamo da ciò che scegliamo di fare.

Come sottolinea la psicoterapeuta Esther Perel, la fedeltà non è l’assenza di tentazione, ma la capacità di restare presenti nella propria scelta, anche quando l’immaginazione vaga altrove.

Il problema non è il desiderio: è il modo in cui lo interpretiamo. In molte persone, soprattutto in contesti religiosi o moralistici, l’attrazione viene vissuta come un segnale di colpa o di disamore. Ma reprimere un impulso naturale non lo cancella, lo trasforma in vergogna, tensione o rigidità emotiva.

Accettare il desiderio come parte dell’essere umano non significa quindi giustificare il tradimento, ma riconoscere che la fedeltà reale non nasce dalla negazione, ma dalla consapevolezza. 💗

Nel cinema horror l’erotico non “spunta” a caso: spesso serve a modulare l’arousal dello spettatore. Paura ed eccitazion...
31/10/2025

Nel cinema horror l’erotico non “spunta” a caso: spesso serve a modulare l’arousal dello spettatore. Paura ed eccitazione condividono risposte fisiologiche (cuore accelerato, adrenalina) e, quando si susseguono senza che l’attivazione corporea “scali”, la seconda emozione può risultare più intensa: è il meccanismo descritto dalla Excitation Transfer Theory di Dolf Zillmann, molto usata negli studi sui media.

A questo si affianca la misattribuzione dell’eccitazione: se proviamo attivazione mentre guardiamo una scena pericolosa, possiamo interpretarla come attrazione quando compare un elemento sessuale, proprio come mostrò il celebre esperimento del ponte sospeso di Dutton e Aron.

Sul piano narrativo, l’intimità crea un momento di apparente sicurezza che rende il successivo shock più potente: è una strategia classica delle strutture dell’horror analizzate da Noël Carroll nella sua estetica del genere.

Infine, il sesso mette in gioco vulnerabilità e tabù: integrarli con il terrore genera ambivalenza emotiva (fascinazione e repulsione) che, secondo la ricerca sui pubblici dell’horror, alimenta coinvolgimento ed enjoyment quando la minaccia è percepita come “controllata” dentro il patto finzionale.

Lo sapevi? 🧡

Il silent treatment, che può assumere la forma di silenzio punitivo, controllante o evitante, non è una semplice pausa m...
29/10/2025

Il silent treatment, che può assumere la forma di silenzio punitivo, controllante o evitante, non è una semplice pausa ma una modalità relazionale che logora fiducia, stabilità ed equilibrio emotivo. Imparare a riconoscerlo e a reagire con strategie sane è il primo passo per proteggere il proprio benessere.

Se ti ritrovi in queste dinamiche, considera di rivolgerti a un professionista, potrà offrirti supporto personalizzato per costruire relazioni più autentiche, rispettose e libere da comunicazioni passivo aggressive.

Se hai bisogno, ci trovi al link in bio. 💗

28/10/2025

C’è chi all’inizio di una conoscenza ti riempie di messaggini, attenzioni, promesse varie per il futuro, insomma parte decisamente entusiasta. Poi, quasi all’improvviso, quell’entusiasmo si spegne e lascia l’altra persona spiazzata, magari con la sensazione di non valere abbastanza.

Questa altalena di presenza e assenza può essere molto dolorosa, perché non riguarda solo “l’altro che si stufa”, ma l’impatto che lascia su chi riceve.

Riconoscere queste dinamiche aiuta a proteggersi, a non confondere l’intensità iniziale con la profondità di un legame. Perché una relazione sana non si misura dal fuoco dei primi giorni, ma dalla continuità che si costruisce nel tempo.

Se hai vissuto una situazione simile e hai bisogno di parlarne, ci trovi al link in bio. 💗

Indirizzo

Via Frà Paolo Sarpi, 7/A
Florence
50136

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