Dott. Giovanni Davì - Psicologo e Psicoterapeuta

Dott. Giovanni Davì - Psicologo e Psicoterapeuta Psicologo e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Ricevo a Forlì, Rimini e Santarcangelo.

Dicembre porta sempre una certa pressione: quella di ti**re le somme, di “mettere a posto”, di prepararsi a un nuovo ann...
04/12/2025

Dicembre porta sempre una certa pressione: quella di ti**re le somme, di “mettere a posto”, di prepararsi a un nuovo anno come se servisse cambiare tutto per poter stare meglio.

Ma nella pratica clinica accade spesso l’opposto.
Molte persone non hanno bisogno di una vita diversa. Hanno bisogno di tornare nella loro vita, con più presenza, più attenzione, più ascolto.

Non è questione di rifarsi un’esistenza.
È questione di ricominciare ad abitarla:
i piccoli spazi, i gesti quotidiani, le parti di sé che abbiamo lasciato indietro perché schiacciate dalla fretta o dalle aspettative.

Ricominciare ad abitare la propria vita è un lavoro paziente e delicato: rallentare, riconoscere ciò che si prova, accettare anche ciò che è rimasto in sospeso.
Richiede coraggio, non rivoluzioni.

Dicembre può essere questo:
non un mese per stravolgere, ma un mese per ritornare.









Viviamo in una società che spesso confonde la gentilezza con la debolezza, soprattutto quando si parla di emozioni.Ma ch...
29/11/2025

Viviamo in una società che spesso confonde la gentilezza con la debolezza, soprattutto quando si parla di emozioni.

Ma chi lavora ogni giorno con la mente sa che accade l’esatto contrario. La durezza crea contrazione, paura, ipervigilanza. La gentilezza crea spazio, lucidità, disponibilità a cambiare.

Essere gentili con se stessi non significa “lasciarsi andare”. Significa riconoscere ciò che si prova senza immediatamente punirsi. È vedere le proprie ombre senza trasformarle in colpe.

La compassione, soprattutto quella rivolta a sé, non è un sentimento tenero. È una forma di regolazione emotiva: riduce la tensione, abbassa l’autocritica, e permette di pensare più chiaramente.

Non è un modo per proteggere la fragilità.
È un modo per renderla abitabile.






In terapia capita spesso una scena molto simile, in persone anche molto diverse tra loro.Si siedono, raccontano, cercano...
21/11/2025

In terapia capita spesso una scena molto simile, in persone anche molto diverse tra loro.
Si siedono, raccontano, cercano di spiegare tutto con lucidità… e poi, quasi sottovoce, arriva la frase che non riuscivano a dire:
“La verità è che questa cosa mi fa paura.”
O: “Mi vergogno a dirlo.”
O: “Non so cosa pensare di me quando succede.”
È proprio lì, in quel momento, che succede qualcosa. Non perché la paura o la vergogna spariscano. Ma perché smettono di essere nascoste.
Accettare una fragilità non equivale ad arrendersi a essa. È riconoscerla come parte della propria esperienza umana, smettendo di trattarla come un fallimento.
Molti processi terapeutici iniziano davvero quando la persona abbassa un po’ le difese interiori e decide di guardare ciò che c’è, non ciò che dovrebbe esserci.
Accettare significa:
“Da qui posso iniziare.”

Nella vita emotiva, la tentazione più forte è spesso quella di evitare ciò che fa male.È comprensibile: la parte di noi ...
14/11/2025

Nella vita emotiva, la tentazione più forte è spesso quella di evitare ciò che fa male.
È comprensibile: la parte di noi che soffre fa paura, sembra fragile, ingestibile, quasi “pericolosa”.
Eppure, chi lavora ogni giorno con la mente e le emozioni lo vede chiaramente: non è l’incontro con il dolore a distruggerci. È l’evitamento prolungato.
Quando ci allontaniamo da ciò che proviamo, il disagio non sparisce.
Si sposta, si amplifica, prende altre strade: tensione, irritabilità, blocchi, insonnia, autocritica.
Il dolore emotivo ignorato non si dissolve: si trasforma in rumore di fondo.
Al contrario, quando impariamo a restare presenti, senza giudizio, senza fretta, accade qualcosa di molto diverso.
Il dolore diventa comprensibile.
Le emozioni trovano un linguaggio.
Le parti più vulnerabili di noi smettono di essere minacce e diventano informazioni preziose.
La psicologia non insegna a “essere forti” nel senso comune del termine.
Insegna qualcosa di molto più utile: che contattare la propria fragilità non ci indebolisce, ci rende più integri.
Non bisogna avere paura di guardarsi dentro.
La parte che soffre non chiede di essere evitata: chiede di essere riconosciuta.
E quando la riconosci, smette di bussare con violenza e comincia, finalmente, a parlare.



Spesso ci giudichiamo per ciò che proviamo.Vorremmo essere più forti, più sereni, meno confusi.E quando non ci riusciamo...
07/11/2025

Spesso ci giudichiamo per ciò che proviamo.
Vorremmo essere più forti, più sereni, meno confusi.
E quando non ci riusciamo, iniziamo a combattere contro noi stessi: “non dovrei essere così”, “dovrei reagire”, “dovrei smettere di sentire”.
Ma la mente non è un campo di battaglia.
È una comunità interiore fatta di parti diverse, ognuna con il proprio linguaggio e la propria intenzione.
Anche le emozioni difficili, rabbia, paura, tristezza, non vogliono distruggerci, ma proteggerci.
La terapia non serve a zittirle, ma a farle dialogare.
A dare voce a ciò che sentiamo, senza giudizio.
Quando smettiamo di combattere con noi stessi, cominciamo davvero a guarire.






Viviamo in una società che ci spinge a reagire, commentare, scegliere, giudicare... subito!La lentezza è diventata sospe...
31/10/2025

Viviamo in una società che ci spinge a reagire, commentare, scegliere, giudicare... subito!
La lentezza è diventata sospetta: chi si prende tempo sembra indeciso, chi riflette troppo rischia di essere escluso.
Eppure la mente, come il corpo, ha bisogno di lentezza per guarire.
Non si guarisce correndo.
Si guarisce restando, osservando, lasciando che i pensieri trovino il loro ritmo naturale.
Nel mio lavoro incontro spesso persone che dicono: “Non riesco a fermarmi”.
Dietro quella frase c’è il peso di un mondo che ci chiede di performare, non di capire.
Ma la comprensione nasce solo quando rallentiamo.
Pensare lentamente non è debolezza, è lucidità.
Significa non reagire per istinto, ma scegliere con consapevolezza.
Significa non farsi trascinare dal rumore del mondo, ma imparare a sentire la propria voce.
La lentezza non è rinuncia. È presenza.
È così che si resta umani, anche quando intorno tutto corre.


Negli ultimi anni la psicologia è entrata nel linguaggio quotidiano.È un passo avanti: significa che le persone si sento...
24/10/2025

Negli ultimi anni la psicologia è entrata nel linguaggio quotidiano.
È un passo avanti: significa che le persone si sentono più libere di chiedere aiuto, di dare un nome a ciò che provano.

Ma c’è un rischio silenzioso: quello della superficialità.
Quando le parole della psicologia diventano slogan, perdono forza.
E la sofferenza rischia di essere trattata come un fastidio da eliminare, non come una parte della vita da comprendere.

Fare cultura psicologica significa, allora, restituire profondità.
Rimettere al centro il pensiero, la lentezza, l’ascolto.
Non per complicare le cose, ma per restituire dignità a ciò che le persone vivono.

Diffondere psicologia non è marketing.
È un modo per prenderci cura del linguaggio, delle emozioni, del mondo che abitiamo.







Quando la psicologia incontra la vita reale.La psicologia non è solo un insieme di tecniche o diagnosi.È un modo di legg...
17/10/2025

Quando la psicologia incontra la vita reale.

La psicologia non è solo un insieme di tecniche o diagnosi.
È un modo di leggere ciò che accade nella vita reale, nelle zone in cui le parole non bastano: tra il dovere e il desiderio, tra la stanchezza e il bisogno di cambiare.

È psicologia quando impari a non giudicarti per quello che provi.
Quando smetti di fingere che va tutto bene.
Quando decidi che la tua vulnerabilità non è un difetto, ma un punto di partenza.

La psicologia non appartiene ai professionisti: appartiene alle persone.
Nasce nel momento in cui qualcuno smette di sopportare e sceglie di comprendersi.
E continua ogni volta che, nella vita di tutti i giorni, proviamo a restare lucidi, gentili, presenti.

Non serve un linguaggio tecnico per riconoscerla.
Serve solo la disponibilità a fermarsi e dire: ecco, questo che sto vivendo ha un senso, e merita ascolto.



10|10Giornata Mondiale della Salute Mentale
10/10/2025

10|10
Giornata Mondiale della Salute Mentale



Ogni tanto serve una pausa. Per respirare, osservare, ritrovare il proprio passo. Come il sole che rallenta, prima di sp...
15/08/2025

Ogni tanto serve una pausa. Per respirare, osservare, ritrovare il proprio passo. Come il sole che rallenta, prima di sparire all’orizzonte. Anche noi abbiamo bisogno di un tramonto dentro cui sostare.




I valori non si conquistano. Si seguono.Non sono traguardi da spuntare, ma direzioni da scegliere, ancora e ancora, anch...
21/06/2025

I valori non si conquistano. Si seguono.
Non sono traguardi da spuntare, ma direzioni da scegliere, ancora e ancora, anche quando la strada si fa incerta.
Sono ciò che ci guida quando le certezze vacillano e ci ricordano chi vogliamo essere, non solo cosa vogliamo ottenere.




Noi siamo più della nostra rabbia. Noi siamo più della nostra sofferenza.• Thích Nhất Hạnh •
14/06/2025

Noi siamo più della nostra rabbia. Noi siamo più della nostra sofferenza.
• Thích Nhất Hạnh •







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Chi sono e come lavoro.

Sono uno psicologo clinico, iscritto all’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna.

Ho conseguito la laurea in Psicologia Clinica presso l’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”. Sto seguendo una formazione in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale sotto la supervisione della Dott.ssa Giusy Mantione e del Dott. Giuseppe Romano presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC), sede di Ancona. Ho ottenuto la qualifica di Operatore di Training Autogeno presso il Centro Italiano Studio e Sviluppo delle Psicoterapie a Breve Termine (CISSPAT) di Padova.

Ho maturato esperienza in diversi centri residenziali con differenti tipologie di utenza: donne con disagio psichico e psichiatrico; uomini (adulti e minori) con problematiche legate alla tossicodipendenza; adolescenti a rischio per problematiche psichiatriche e/o legali.

Nella pratica clinica sostengo che non può essere il singolo intervento settimanale dello psicologo a produrre il cambiamento, ma è fondamentale la partecipazione attiva della persona che chiede aiuto. Se ascoltiamo, dimentichiamo; se ci mettiamo all’opera in prima persona, impariamo. Da qui, l’importanza della cooperazione: se il terapeuta è l’esperto della mente, il paziente è l’esperto di se stesso e solo insieme possono trovare la risposta più adatta alla domanda che quest’ultimo ha portato.