Dott.ssa Elisa Giannetti,psicoterapeuta,terapeuta EMDR

Dott.ssa Elisa Giannetti,psicoterapeuta,terapeuta EMDR Ogni giorno sperimento la capacità delle persone di rialzarsi,reagire e andare avanti, nonostante tutto..perché la mente è più vasta del cielo..

13/11/2025

MORTAL COMBO: EVITANTE+ANSIOSO
analizziamo la relazione tra un evitante e un ansioso/a.

Iniziamo da chi ha paura dell’abbandono (ansioso):

☞È una persona con attaccamento ansioso.
☞Vive la relazione come fonte primaria di sicurezza e identità.
☞Quando ama, si fonde, teme di perdere l’altro, e legge ogni distanza come un segnale di rifiuto.

♖Meccanismi di difesa principali:
• Ipercoinvolgimento (si aggrappa, controlla, chiama, spiega)
• Idealizzazione dell’altro (lo vede come salvezza)
• Svalutazione di sé (“non sono abbastanza”)
• Dipendenza affettiva (il sé si regola solo attraverso lo sguardo dell’altro)

In relazione:
• Ha bisogno di conferme costanti
• Si sente sempre “sul filo”
• Vive picchi di ansia e sollievo a seconda della risposta dell’altro
• Può diventare invadente o controllante, ma per paura di essere lasciato

E invece chi ha paura dell’intimità?

☞È una persona con attaccamento evitante.
☞Vive l’amore come minaccia alla propria autonomia.
☞Quando si avvicina troppo, si sente “preso in ostaggio” emotivamente.

♖Meccanismi di difesa principali:
• Razionalizzazione (spiega tutto, sente poco)
• Distanza emotiva e ritiro (scompare, si chiude, minimizza)
• Svalutazione dell’altro (serve a difendersi dal bisogno)
• Controllo (decide quando aprirsi, quando sparire)

♥In relazione:
• All’inizio è magnetico, intenso, poi si raffredda
• Scappa quando sente che l’altro si lega troppo
• Sembra anaffettivo, ma dentro c’è un bambino terrorizzato dal contatto
• Può vivere un conflitto costante tra desiderio e paura

È la coppia magnetica e devastante più comune nelle storie karmiche e psichiche:
Ansioso + Evitante si attraggono irresistibilmente, perché incarnano esattamente il bisogno e la paura dell’altro.
• L’ansioso dice: “Avvicinati, fammi sentire che ci sei.”
• L’evitante sente: “Se mi avvicino, perdo me stesso.”
• Uno rincorre, l’altro scappa.
• Quando il primo si stacca, il secondo si riavvicina.

🝊È un loop che può trasformarsi in dipendenza reciproca.

◇Può funzionare solo se entrambi diventano consapevoli del proprio schema e lo regolano in terapia o in un percorso interiore:
l’ansioso imparando a stare con sé,
l’evitante imparando a restare nella relazione senza fuggire.

⚠Ma di cosa ha paura chi ha paura dell’intimità?

Non dell’altro, ma di sé stesso dentro l’altro.
• Ha paura di essere visto troppo da vicino.
• Ha paura che l’amore lo renda vulnerabile.
• Ha paura di perdere il controllo e di riattivare antiche ferite di vergogna, rifiuto o umiliazione.
• Ha paura che se si mostra per ciò che è, verrà abbandonato — paradossalmente, la stessa paura dell’ansioso, ma vissuta al contrario.

In fondo, l’evitante non teme la relazione: teme l’invasione e la dipendenza, perché da bambino l’intimità non è stata accoglienza, ma dolore.

⚠Cosa lo spinge a restare frenato?

• Il bisogno inconscio di controllare il grado di esposizione emotiva.
• L’idea che aprirsi significhi perdere potere o essere vulnerabile.
• La convinzione profonda che “nessuno può davvero capirmi o restare”.
• E un’antica memoria psichica di rifiuto, che riattiva la fuga ogni volta che sente calore.

Concludendo…

• Chi teme l’abbandono dice: “Resta, o morirò.”
• Chi teme l’intimità dice: “Se resto, mi perderò.”

Entrambi chiedono la stessa cosa con linguaggi opposti:
essere amati senza perdersi.

𝒞𝓁𝒶𝓊𝒹𝒾a 𝒞𝓇𝒾𝓈𝓅ℴ𝓁𝓉𝒾

13/11/2025

Quanti errori ho fatto in passato, Lloyd"
"Tutti eccellenti, se posso permettermi, sir"
"Da quando un errore è una cosa buona?"
"Dall'istante stesso in cui ci ha spinto a essere migliori, sir"
"Sbagliando si impara, Lloyd?"
"Sbagliando si cambia, sir

12/11/2025

Quando non ho avuto più niente da perdere, ho ottenuto tutto. Quando ho cessato di essere chi ero, ho ritrovato me stesso. Quando ho conosciuto l’umiliazione ma ho continuato a camminare, ho capito che ero libero di scegliere il mio destino.

Paulo Coelho

10/11/2025

Uno studio recente ha rivelato che l’85% delle cose per cui ci preoccupiamo non accade mai. E, tra quel 15% che accade davvero, circa l’80% delle persone ha scoperto che le difficoltà erano più gestibili del previsto o che, comunque, ne hanno tratto una lezione preziosa.

Quindi, qualunque cosa ti stia togliendo il sonno in questo momento… fai un respiro profondo. Probabilmente non succederà affatto e se succederà, sarà più facile affrontarla di quanto pensi.

10/11/2025

Non riconoscerti più è il primo segno che sei rinato.
Tutti ti chiedono quando torni.
Ma nessuno capisce che non sei più quello che è partito.
Ti guardi allo specchio e qualcosa non torna.
La postura è diversa.
Il silenzio ti ha scavato dentro.
Non cerchi più di piacere.
Non vuoi più spiegare.
Hai visto l’alba dalla cima di una montagna senza nome.
Hai dormito con i lupi del tuo cuore.
E ora non sei più addomesticabile.
Non è un ritorno.
È una resurrezione.

(Manuele Dalcesti - da "I Cammini del Lupo")

Immagine: Opera di Ulla Thynell

09/11/2025

QUANDO IL CORPO EREDITA LA MEMORIA DEL DOLORE

(Di Patrizia Coffaro)

Oggi voglio parlarvi dell'epigenetic trauma, o biologia dello stress ereditato. È un campo di ricerca che sta rivoluzionando il modo in cui comprendiamo il trauma e la malattia cronica, perché ci dice una cosa tanto sorprendente quanto sconvolgente... il dolore non si eredita solo nei ricordi, ma anche nei geni.

Mentre in Italia tendiamo ancora a relegare il trauma all’ambito della psicologia, come se fosse solo una questione di mente, emozioni o memoria, la medicina epigenetica ci mostra che il trauma è, prima di tutto, una forma di informazione biologica. Una memoria che si trasmette da una generazione all’altra non attraverso le parole, ma attraverso le modifiche chimiche del DNA, che cambiano il modo in cui i nostri geni si esprimono.

La parola epigenetica viene dal greco epi, che significa sopra. È tutto ciò che sta sopra il gene... non cambia la sequenza del DNA, ma decide come e quando quel gene viene acceso o spento.

Immagina il DNA come un grande pianoforte, i geni sono i tasti, e l’epigenetica è il pianista (so che detto così riesci a comprenderlo meglio). Puoi avere un pianoforte perfetto, ma se il pianista suona in modo dissonante, la musica cambia completamente. Non cambia il DNA, non riscrive il codice della vita, ma cambia il modo in cui quel codice viene espresso. È come se la partitura fosse la stessa, ma l’intonazione, il ritmo e l’intensità con cui viene suonata fossero alterati.

Un gene può restare identico, ma il trauma modifica quanto quel gene viene ascoltato dal corpo. Può far sì che un gene dell’infiammazione si accenda troppo spesso, o che un gene calmante resti silenziato. In pratica, non cambia il contenuto, cambia l’interpretazione biologica della vita.

Ecco perché due persone con lo stesso DNA possono reagire in modo completamente diverso... una rimane stabile, l’altra si ammala. La differenza non sta nel gene, ma nel modo in cui il vissuto ha insegnato al corpo a leggere quei geni. Il trauma, quindi, non cambia chi siamo, cambia come ci esprimiamo a livello cellulare.

Attraverso processi come la metilazione del DNA, l’acetilazione degli istoni e la regolazione dei microRNA, lo stress e l’ambiente emotivo in cui cresciamo modificano l’attività dei geni che controllano l’infiammazione, il sistema immunitario, gli ormoni dello stress e la plasticità neuronale.

Studi hanno osservato, per esempio, che i figli e i nipoti dei sopravvissuti all’0Iocausto presentano alterazioni nei geni che regolano il cortisolo e la risposta allo stress, hanno livelli più bassi di cortisolo mattutino e una maggiore vulnerabilità a disturbi d’ansia, depressione e malattie autoimmuni.

Lo stesso è stato visto nei figli delle donne incinte durante l’11 settembre, nei discendenti di veterani di guerra, di popolazioni schiavlzzate, o di madri esposte a carestie. Ogni volta che il corpo di una generazione vive un trauma intenso, gue*ra, abus0, perdita, fame, abbandono, l’ambiente biochimico del corpo cambia, e quella firma rimane impressa sull’epigenoma.

È come se il corpo dicesse ai figli: “Nel mondo là fuori non sei al sicuro. Preparati.” E così il loro sistema nervoso nasce già più allerta, più reattivo, più infiammabile.

Quando viviamo un trauma, il corpo produce ormoni dello stress (come cortisolo e adrenalina) e molecole infiammatorie che servono a farci sopravvivere. Ma se quello stato si prolunga, questi segnali diventano istruzioni epigenetiche.

Lo stress cronico modifica i geni che regolano i recettori del cortisolo, rendendoli meno sensibili, in pratica, il corpo resta sempre in modalità allarme. Allo stesso tempo altera i geni che governano citochine, mastociti, infiammazione intestinale, serotonina e dopamina. Il risultato è un corpo che vive costantemente in risposta al pericolo cellulare, con il sistema immunitario e nervoso in uno stato di iper-vigilanza.

Ecco perché alcuni bambini nascono già con ansia, insonnia, allergie, o una sensibilità eccessiva agli stimoli, non hanno vissuto un trauma diretto, ma portano dentro il linguaggio biologico del trauma dei genitori.

Una delle scoperte più affascinanti è che il trauma non si conserva come ricordo, ma come modifica dei sistemi di regolazione. Il corpo non dimentica, ma non sa neanche distinguere tra passato e presente... un suono, un odore, una parola o un tono di voce possono riattivare l’allarme perché, a livello cellulare, la minaccia non è mai finita.

Questo si riflette in:

- Infiammazione cronica di basso grado,

- Ipersensibilità agli stimoli,

- Disbiosi intestinale persistente,

- Difficoltà a regolare la glicemia e il sonno,

- Iperattività del sistema simpatico,

- ... e vulnerabilità a patologie autoimmuni e neurodegenerative.

In sostanza, il trauma epigenetico mantiene la risposta al pericolo cellulare (CDR - ne abbiamo parlato nei giorni scorsi) attiva anche quando il corpo non è più in pericolo. E questo spiega perché tanti percorsi terapeutici, farmacologici o alimentari non bastano da soli... non si tratta solo di curare, ma di resettare la percezione biologica di sicurezza.

La buona notizia è che l’epigenetica è reversibile. Quello che viene trasmesso può essere riscritto. Gli stessi meccanismi che fissano il trauma possono anche disattivarlo:

- Un ambiente sicuro,

- Relazioni affettive stabili,

- Sonno regolare,

- Nutrizione antiinfiammatoria,

- Esposizione alla natura e alla luce solare,

- Pratiche di consapevolezza e coerenza cuore-cervello.

Ogni esperienza che riduce lo stress e riporta il corpo in modalità parasimpatica modifica la metilazione del DNA, riattivando geni di guarigione, rigenerazione e stabilità emotiva.

Molte persone, quando sentono parlare di trauma ereditato, reagiscono con paura e pensano di portare dentro di loro qualcosa che non possono cambiare. Assolutamente no. Non erediti il trauma... erediti la predisposizione biologica a reagire come se il pericolo fosse ancora presente. Ma la buona notizia è che tutto ciò che si è impresso sull’epigenoma può essere ricalibrato.

Ogni volta che respiri più lentamente, che ti concedi riposo, che nutri il corpo con cibo vero e con relazioni sane, stai scrivendo nuove informazioni sul tuo DNA. L’epigenetica non è destino... è dialogo continuo tra ciò che vivi e ciò che sei.

Il trauma epigenetico non si cura solo con la pslcoterapia, perché non vive solo nella psiche. È impresso nel corpo, nei recettori, nel microbiota, nei mastociti, nei mitocondri. Per questo, i percorsi più efficaci oggi integrano:

- Riprogrammazione limbica, per calmare il cervello emotivo;

- Terapie somatiche, per sciogliere la memoria corporea del trauma;

- Riequilibrio del sistema nervoso autonomo, con respiro, suono, movimento e grounding;

- ... e nutrizione mirata per sostenere metilazione, detossificazione e antiossidanti.

Ogni volta che il corpo percepisce sicurezza, rilascia il segnale biologico che il pericolo è finito. Ed è lì che la riparazione può iniziare.

Una delle aree più studiate è il legame tra trauma, microbiota e sistema immunitario. Lo stress prolungato modifica la flora intestinale, riduce la diversità microbica e aumenta la permeabilità della barriera intestinale. Questo fa sì che molecole infiammatorie entrino in circolo e arrivino al cervello, dove alterano la regolazione neuroendocrina.

In parole semplici... lo stress ereditato si trasforma in infiammazione ereditata. Un intestino infiammato manda al cervello segnali di allerta, e il cervello, a sua volta, amplifica la risposta immunitaria. È un dialogo circolare che si tramanda anche attraverso l’epigenetica.

Per questo molti approcci moderni alla guarigione dal trauma includono riparazione intestinale, regolazione vagale e modulazione immunitaria. La mente non si calma se il corpo è in fiamme. E il corpo non guarisce se la mente resta in guerra.

Guarire da un trauma epigenetico non significa cancellare la storia familiare, ma riscriverne la conclusione. Significa riconoscere che sì, il dolore dei nostri genitori vive anche in noi, ma non come condanna, ma come richiesta di consapevolezza.

Ogni volta che scegli la calma invece della reazione, che smetti di giudicare il corpo e inizi ad ascoltarlo, rompi la catena biologica dello stress. Ogni atto di cura verso te stesso cambia la chimica del sangue, l’attività dei geni e il destino delle generazioni future.

E forse questo è il vero significato di guarigione ancestrale, non un concetto mistico, ma una riscrittura epigenetica collettiva. Il trauma non è solo un ricordo. È un linguaggio che il corpo continua a parlare, finché qualcuno non lo ascolta. L’epigenetica ci mostra che la biologia e l’anima non sono mai state separate, ciò che senti, pensi e vivi ogni giorno lascia impronte misurabili nei tuoi geni.

E se il dolore si può trasmettere, anche la guarigione può farlo. Perché ogni volta che un essere umano smette di reagire e inizia a comprendere, cambia non solo se stesso, ma tutto il suo albero genealogico.

XO - Patrizia Coffaro

09/11/2025

I figli non soffrono perché mamma e papà si separano. La vera ferita non nasce da una firma su un foglio o da due case diverse. Nasce quando assistono a due persone che un tempo si amavano e che ora si feriscono. I figli stanno male quando vedono il padre e la madre parlarsi con rabbia, guardarsi con rancore, combattere una guerra che non li riguarda, ma che finisce per colpirli ogni giorno. Un bambino non ha bisogno di una coppia a tutti i costi. Ha bisogno di un papà e di una mamma che sappiano rispettarsi anche da lontano.
La sofferenza non è la separazione, ma il veleno dei litigi, delle parole cattive, del dolore che si respira in casa. Quando un genitore sceglie di restare in una relazione solo per i figli, in realtà non li protegge, li carica di un peso che non dovrebbero portare. Un giorno quei figli sentiranno il peso di una colpa che non è la loro, convinti che la loro felicità abbia tolto libertà ai genitori. La verità è che un figlio cresce sereno solo quando vede due adulti capaci di guarire da soli le proprie ferite, perchè solo così imparerà che la sua felicità non dipenderà mai da qualcun altro, ma dalla forza che porta dentro di sè.

08/11/2025

Il cuore guarisce quando capisce,
non quando dimentica.
Ed io non dimentico,
perché dimenticare è fuggire dalla mia storia.
E allora io resto.
Resto accanto alla mia sofferenza.
Il tempo che serve per accettare un dolore,
una sconfitta, una delusione, un addio.
Il tempo che serve per farmi una carezza. Perché ho imparato che alla fine non si muore.
No. Alla fine, si rinasce.

(Andrew Faber)

Immagine: Opera di Kazu Saitou

07/11/2025
06/11/2025

“Quando siamo stati poco amati, noi cerchiamo una persona che ci faccia andare bene questa cosa. Spiego meglio: noi cerchiamo una persona che somigli un pochino al nostro genitore, e quindi che sia una persona poco affettiva in fondo, una persona un po’ fredda, una persona che si manifesti poco, che abbia magari pure lui paura di amare, oppure una persona un po’ dura. E quello va bene perché è come se rivivessimo la storia col genitore, ma questa volta deve andare a lieto fine. Per cui se lui o lei ci amano apertamente non rappresentano il genitore, contano meno, sono persone che appaiono addirittura deboli a volte. Se l’altro un po’ si nega, ci emoziona parecchio perché somiglia al genitore che si nega e riconquistare quel genitore che si nega è salvare il nostro passato.
Passato che non ricordiamo, eh, attenzione. Passato che non ricordiamo ma di cui abbiamo conservato le emozioni.

Quando siamo così protesi a conquistare l’amore dell’altro, l’altro non lo vediamo e quindi non lo amiamo, e quindi non sappiamo amare.

Quando siamo così preoccupati da come ci tratta l’altro, cioè se ci ha dato segni di amarci, se ci preferisce, se ci ha detto che siamo belli o belle, se ci ripete continuamente che ci ama, noi dell’altro poco ce ne curiamo.
Per noi lui è interessante per questo riconoscimento che ci può dare: un riconoscimento che è mancato da bambini. L’altro è quello che ci può dare l’estasi o la depressione profonda: diventa tutto per noi, ma l’altro sente che c'è una fregatura.
Ci preoccupiamo di essere amati, ma non amiamo.”
Gabriella Tupini
Opera Piia Lehti. L'opera è intitolata "Lovebirds"

Indirizzo

Forlì
47121

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