06/11/2025
Quando l’insegnante ferisce invece di educare 👩🏫🩹📚
HO SCRITTO MOLTO, FORSE TROPPO MA FORSE NE VALE LA PENA!!
Lavorando come psicologa, ma anche come insegnante, mi capita spesso di ascoltare storie di bambini che non vogliono più andare a scuola. Genitori preoccupati, bambini che improvvisamente perdono fiducia in sé, ragazzi che iniziano a credere di “non valere abbastanza”.
E ogni volta mi domando: com’è possibile che un luogo pensato per crescere, imparare, scoprire il mondo, possa trasformarsi in un ambiente che ferisce?
Non parlo solo di bullismo tra pari, ma di qualcosa di più sottile e doloroso: quando è l’insegnante stesso a ferire.
Nella mia esperienza, ho incontrato insegnanti straordinari: empatici, preparati, capaci di guardare oltre il voto e di vedere la persona. Uomini e donne che hanno compreso che insegnare non è solo trasmettere contenuti, ma educare attraverso la relazione.
Ma accanto a loro, purtroppo, esistono anche figure che — forse inconsapevolmente — ostacolano il flusso dell’apprendimento e minano la crescita emotiva dei bambini.
Sono quegli insegnanti che alzano la voce con facilità, che usano l’ironia come arma, che sottolineano l’errore invece dello sforzo.
Sono quelli che etichettano (“sei svogliato”, “sei un disastro”, “non ce la farai mai”), dimenticando che le parole hanno un potere enorme sullo sviluppo dell’autostima.
Sono quelli che umiliano davanti alla classe, convinti che così si impari una lezione di vita. CASPITA QUANTE VOLTE ACCADE!!!!
Ma la lezione che un bambino impara, in realtà, è ben diversa: che non è abbastanza, che il suo valore dipende dal giudizio di chi ha davanti.
CHE TRISTE REALTÀ!!!
A cosa serve riempire le scuole di psicologi, parlare di inclusione, di BES, di DSA, se poi ogni giorno in aula ci sono adulti che non rispettano la fragilità e la dignità dei bambini?
A cosa servono i protocolli, i progetti, gli incontri formativi, se chi entra in classe non è disposto a mettersi in discussione, a guardarsi dentro, a riconoscere che anche l’insegnamento è un atto emotivo?
Non si tratta di colpevolizzare, ma di responsabilizzare.!!!!!!!!
L’insegnante è un modello, un riferimento affettivo potente. Ogni parola, ogni sguardo, ogni silenzio lascia un segno.
Un bambino può dimenticare una formula matematica, ma non dimenticherà mai come si è sentito quando qualcuno lo ha fatto vergognare.
ESATTO! PERCHÉ QUESTO ACCADE!!!!
Come psicologa, credo profondamente che la scuola debba essere un luogo di crescita, non solo cognitiva ma anche emotiva.
Formare gli insegnanti all’ascolto, all’empatia, alla gestione delle emozioni non è un “di più”: è la base per qualsiasi apprendimento autentico.
Perché nessun bambino può imparare davvero se si sente sbagliato.
Abbiamo bisogno di riportare il cuore nella scuola.
Di insegnanti che sappiano fermarsi un attimo prima di pronunciare una frase che può ferire, che scelgano di incoraggiare invece di giudicare, che vedano dietro ogni difficoltà non un problema, ma un bisogno.
Non serve riempire le scuole di esperti se manca la prima, vera forma di cura: la presenza consapevole dell’adulto che educa.
Forse il cambiamento non parte dai grandi progetti ministeriali, ma da un gesto semplice: ricordarsi che ogni bambino è una storia che si costruisce anche attraverso i nostri sguardi e le nostre parole.
Rimettiamo al centro l’empatia, la relazione, la responsabilità affettiva.
Solo così la scuola potrà tornare ad essere ciò che dovrebbe sempre essere: un luogo che fa crescere, non
che ferisce.
Ho finito!