29/10/2025
Perché diamo sempre qualche esercizio ai pazienti con dolore cronico?
Ogni esperienza di dolore è un atto di percezione. Non è un segnale fisso, ma un’interpretazione.
Il tuo cervello costruisce il dolore per proteggerti — non per punirti.
Ma cosa succede quando quella protezione diventa eccessiva? Quando il cervello continua a “vedere pericolo” anche dove non c’è più? È lì che nasce il dolore cronico.
E qui entra in gioco l’esercizio fisico.
L’attività fisica non “cura” il dolore come una pillola.
Cambia il modo in cui il tuo cervello interpreta il corpo.
Ogni movimento è un messaggio di sicurezza: “sono vivo, mi muovo, posso farlo”.
Diversi studi lo confermano:
• L’esercizio regolare riduce l’intensità del dolore e migliora la funzione fisica in chi convive con dolore cronico (Geneen et al., 2017 – PubMed 28436583).
• L’attività aerobica migliora la capacità funzionale e la qualità della vita anche in dolori persistenti (Sluka & Klyne, 2021 – PubMed 34352728).
• Esercizi mente-corpo, come il pilates o il core-training, modulano la percezione del dolore e riducono la disabilità (García-Soidán et al., 2022 – PubMed 35722759).
• E perfino il modo in cui affronti il movimento — con fiducia o paura — cambia i risultati: l’esercizio migliora la self-efficacy del dolore, cioè la fiducia nel proprio corpo (Mousavi et al., 2023 – PubMed 37161890).
In altre parole: muoversi cambia la percezione, e cambiare la percezione è cambiare la realtà del dolore.
Non si tratta di “spingere oltre il limite”, ma di educare il cervello a un nuovo significato del movimento: non più pericolo → ma possibilità.
La scienza ci mostra che anche muoversi “entro un po’ di dolore” può offrire benefici, se fatto in modo graduale e sicuro (Smith et al., 2017 – PMC5739826).
Ogni passo, ogni respiro, ogni piccolo gesto consapevole è un’esperienza percettiva che riscrive la mappa del dolore.
Il dolore cronico non è un muro. È un linguaggio.
E muoversi — consapevolmente — è il modo più profondo di rispondergli.