Dottoressa Stefania Veneto Psicologa clinica Gavardo - Brescia

Dottoressa Stefania Veneto Psicologa clinica Gavardo - Brescia Svolgo la mia attività professionale a (Bs) all'Interno del centro clinico Riabilita e a , presso il centro clinico Ergo Medica.

Consulenza clinica e trattamento del disagio psicologico.Aree di intervento:ansia,depressione,stress,gestione della rabbia,crisi personali,dipendenze,isolamento sociale,difficoltà di concentrazione nello studio e nel lavoro,genitorialità. Presto i miei servizi anche on line.

Esiste un momento nella vita di chi sceglie la psicologia in cui si comprende che non si tratta semplicemente di una pro...
31/10/2025

Esiste un momento nella vita di chi sceglie la psicologia in cui si comprende che non si tratta semplicemente di una professione, ma di una chiamata vera e propria.
È l'istante in cui si percepisce, con una chiarezza quasi fisica, che dedicarsi alla comprensione della mente umana significa abbracciare il mistero più affascinante e complesso dell'esistenza: l'essere umano stesso, nella sua interezza vulnerabile e magnificente.

L'amore per questa disciplina nasce da una curiosità che non si esaurisce mai, da una tenerezza verso la sofferenza altrui che si trasforma in vocazione, da una meraviglia costante di fronte alla capacità dell'animo umano di resistere, trasformarsi, rinascere.

Chi ama la psicologia ama le storie non raccontate, i silenzi carichi di significato, le lacrime che liberano, i sorrisi che ritornano dopo l'inverno dell'anima.

Essere psicologi significa custodire vite. Ogni seduta è un atto di fiducia straordinario: qualcuno ci affida il proprio dolore, le proprie paure, i frammenti più intimi della propria esistenza. Questa responsabilità è immensa e richiede un'umiltà costante. Non siamo guaritori onniscienti, ma compagni di viaggio nella ricerca di senso, facilitatori di trasformazione, testimoni rispettosi del percorso altrui.

In questo spazio sacro tra due esseri umani, dove uno soffre e l'altro accoglie, si manifesta tutta la dignità della nostra professione. Qui non bastano i manuali, le tecniche apprese all'università, i protocolli clinici. Serve presenza autentica, capacità di ascolto profondo, quella qualità umana che nessuna formazione può insegnare completamente ma che ogni psicologo deve coltivare quotidianamente: l'empatia che non sconfina nella fusione, la vicinanza che rispetta i confini, la competenza che si veste di umanità.

Ed è proprio qui che emerge l'imperativo etico dell'aggiornamento continuo. Non possiamo permetterci di restare fermi in un campo che evolve, che si arricchisce, che scopre ogni giorno nuove connessioni, nuove possibilità terapeutiche, nuove comprensioni della complessità umana. Aggiornarsi non è un dovere burocratico da assolvere per mantenere l'iscrizione all'albo: è un atto d'amore verso i nostri pazienti, un modo per onorar la fiducia che ci accordano.
Chi smette di studiare, di interrogarsi, di mettersi in discussione, tradisce tacitamente il patto con chi bussa alla sua porta chiedendo aiuto. Come possiamo pretendere di accompagnare altri nella crescita se noi per primi non cresciamo? Come possiamo facilitare il cambiamento se restiamo ancorati a paradigmi superati, a tecniche che la ricerca ha dimostrato meno efficaci, a visioni parziali dell'essere umano?
L'aggiornamento è nutrimento per la nostra pratica clinica. È ossigeno che mantiene viva la passione, è stimolo che previene il burnout, è rispetto verso noi stessi come professionisti e verso coloro che serviamo.

Negli ultimi decenni, l'incontro tra psicologia e neuroscienze ha aperto orizzonti rivoluzionari. Ciò che un tempo sembrava separato – la psiche e il cervello, l'esperienza soggettiva e i processi biologici – oggi si rivela come un'unità inscindibile, un dialogo continuo tra livelli diversi della stessa realtà.
Le neuroscienze ci hanno insegnato che ogni pensiero è anche chimica, che ogni emozione lascia tracce neurali, che il trauma si inscrive nel corpo non solo come metafora ma come realtà biologica misurabile. La neuroplasticità ci ha mostrato che il cervello non è una struttura fissa ma un organo dinamico, capace di riorganizzarsi in risposta all'esperienza, alla terapia, alla relazione.
Comprendere i meccanismi neurali dell'ansia, della depressione, del disturbo post-traumatico non sminuisce la dimensione psicologica di queste condizioni: al contrario, la arricchisce, la completa, ci offre nuovi strumenti di intervento. Sapere che la meditazione modifica l'amigdala, che la terapia psicologica altera i circuiti prefrontali, che la relazione terapeutica attiva sistemi neurali di ricompensa e affiliazione, ci permette di lavorare con maggiore consapevolezza e precisione.

E poi c'è la psico-neuro-endocrino-immunologia, questa disciplina dal nome lungo quanto rivoluzionario, che rappresenta forse il più grande cambio di paradigma della medicina e della psicologia contemporanee. La PNEI ci rivela che non esistono sistemi separati nell'organismo: la psiche dialoga con il sistema nervoso, che comunica con quello endocrino, che influenza quello immunitario, in una rete di connessioni bidirezionali così intricate da sfidare ogni riduzionismo.
Scoprire che lo stress psicologico sopprime la funzione immunitaria, che l'infiammazione cronica può causare depressione, che gli ormoni modulano l'umore e la cognizione, che il microbioma intestinale influenza l'ansia attraverso l'asse intestino-cervello, significa riconoscere una verità profonda: siamo sistemi integrati, organismi olistici dove tutto è connesso.

Questa consapevolezza trasforma radicalmente il nostro approccio terapeutico. Non possiamo più ignorare che il corpo ha una sua saggezza, che il sintomo psicologico può avere radici biologiche, che prendersi cura della mente significa anche prendersi cura del corpo. L'alimentazione, il sonno, l'esercizio fisico, l'esposizione alla natura non sono consigli generici di benessere ma interventi che influenzano direttamente la chimica cerebrale e quindi il nostro stato psichico.

La PNEI ci insegna l'umiltà: ci mostra che siamo parte di una complessità che nessuna disciplina singola può abbracciare completamente. Ci invita al dialogo interdisciplinare, alla collaborazione con medici, nutrizionisti, fisioterapisti. Ci ricorda che guarire significa ristabilire equilibri multipli, riconnettere livelli che la malattia e il dolore hanno dissociato.

Eppure, in questa immersione nelle neuroscienze e nella biologia, non dobbiamo mai dimenticare ciò che rende unica la prospettiva psicologica: l'attenzione al significato, alla narrazione, all'esperienza soggettiva. I dati neurobiologici ci dicono il "come", ma solo l'ascolto attento e rispettoso ci può rivelare il "perché" e il "per cosa" di una vita.

Una depressione può avere correlati neurochimici precisi, ma ogni depressione ha anche una storia: una perdita non elaborata, un trauma ripetuto, un'identità frantumata, un senso di vuoto esistenziale. Ridurre il dolore umano a un disequilibrio di neurotrasmettitori sarebbe tanto limitante quanto ignorare completamente la dimensione biologica.

La vera saggezza clinica sta nell'integrare questi livelli, nel muoversi fluidamente tra il biologico e il biografico, tra il neurale e il narrativo. Sta nel riconoscere quando un intervento farmacologico può essere necessario per ristabilire un minimo di equilibrio che renda possibile il lavoro psicologico, e quando invece la parola, la relazione, l'insight possono da sole trasformare non solo l'esperienza ma anche la biologia sottostante.

Per tutto questo, l'aggiornamento non può essere episodico ma deve diventare un habitus mentale, un modo di essere nel mondo professionale. Significa leggere ricerche, partecipare a convegni, confrontarsi con colleghi, accettare supervisioni, esplorare approcci nuovi, integrare paradigmi diversi senza perdere la propria identità teorica ma arricchendola costantemente.

Significa anche mantenere viva quella curiosità iniziale, quello stupore di fronte al mistero della mente che ci ha portati a questa professione. Perché il rischio, dopo anni di pratica, è la routine, la meccanicità, la perdita di quella freschezza di sguardo che rende ogni incontro unico.

Aggiornarsi è anche prendersi cura di sé come professionisti e come persone. È ricordarsi che per accompagnare altri nel loro processo di crescita dobbiamo continuare il nostro, che per essere presenti agli altri dobbiamo essere presenti a noi stessi, che per offrire speranza dobbiamo nutrire la nostra.

Essere psicologi nell'era delle neuroscienze e della PNEI significa abitare una complessità affascinante e sfidante. Significa essere scienziati rigorosi e artisti dell'ascolto, conoscitori del cervello e esploratori dell'anima, esperti di tecniche e testimoni di umanità.
È una professione che richiede tutto: intelligenza e cuore, rigore e creatività, fermezza e flessibilità, conoscenza e dubbio. Ma è anche una professione che restituisce tutto: il privilegio di accompagnare trasformazioni, la gioia di vedere qualcuno rifiorire dopo il dolore, la gratitudine silenziosa di chi si sente finalmente compreso, la soddisfazione profonda di chi sa di aver contribuito, anche solo un poco, ad alleviare la sofferenza umana.
E questo amore per la psicologia, questo impegno costante nell'aggiornamento, questa apertura alle nuove frontiere scientifiche senza perdere mai di vista l'unicità irripetibile di ogni persona che incontriamo, sono ciò che fa di noi non solo professionisti competenti, ma custodi consapevoli e appassionati del bene più prezioso: la possibilità di una vita psichica più libera, più piena, più autenticamente umana.

Ma anche oggi restiamo solo all'inizio di un nuovo viaggio!

𝟱 𝗢𝗧𝗧𝗢𝗕𝗥𝗘, 𝗚𝗜𝗢𝗥𝗡𝗔𝗧𝗔 𝗠𝗢𝗡𝗗𝗜𝗔𝗟𝗘 𝗗𝗘𝗚𝗟𝗜 𝗜𝗡𝗦𝗘𝗚𝗡𝗔𝗡𝗧𝗜𝐈𝐥 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐧𝐭𝐞C'è una bellezza nascosta nel mestiere dell'i...
05/10/2025

𝟱 𝗢𝗧𝗧𝗢𝗕𝗥𝗘, 𝗚𝗜𝗢𝗥𝗡𝗔𝗧𝗔 𝗠𝗢𝗡𝗗𝗜𝗔𝗟𝗘 𝗗𝗘𝗚𝗟𝗜 𝗜𝗡𝗦𝗘𝗚𝗡𝗔𝗡𝗧𝗜

𝐈𝐥 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐧𝐭𝐞

C'è una bellezza nascosta nel mestiere dell'insegnante che spesso sfugge, sommersa dalla quotidianità, dalle carte da compilare, dalle riunioni infinite. Eppure è lì, ogni giorno, in quell'attimo in cui uno sguardo si illumina perché finalmente ha capito, o in quel momento in cui qualcuno ti cerca per raccontarti qualcosa che ha scoperto da solo.

Essere insegnante significa abitare uno spazio sacro: quello della crescita altrui. Non sei un semplice adulto che passa informazioni, sei qualcuno che entra nei processi più intimi della formazione di una persona. Quando insegni, stai plasmando il modo in cui qualcuno penserà, sentirà, si relazionerà con il mondo per il resto della sua vita.

È una responsabilità che toglie il fiato, se ci pensi davvero. Perché non stai solo trasmettendo la matematica o la letteratura: stai insegnando a pensare, a dubitare, a cercare. Stai mostrando che è possibile sbagliare e riprovarci, che la fatica ha un senso, che il mondo è più complesso e meraviglioso di quanto sembri. Stai dicendo a qualcuno, con la tua presenza e il tuo modo di essere, che vale la pena impegnarsi, che vale la pena crescere.

E poi c'è questo: ogni alunno che incontri ti cambia. Ti costringe a ripensare quello che credevi di sapere, a trovare nuove strade, a guardare le cose da prospettive che non avevi considerato. Ti insegna l'umiltà di non avere sempre le risposte, la pazienza di aspettare i tempi di ciascuno, la meraviglia di scoprire che l'intelligenza ha mille forme diverse.

Essere insegnante è un privilegio, anche quando è faticoso, anche quando sembra che nessuno se ne accorga. Perché significa avere la possibilità di lasciare un segno, di essere parte della storia di qualcuno, di contribuire a costruire il futuro non in astratto, ma persona per persona, sguardo dopo sguardo.
E questo non ha prezzo, davvero ❤️💕💞

𝐋𝐚 𝐫𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐚: 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐨𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐬𝐨𝐩𝐫𝐚𝐯𝐯𝐢𝐯𝐞𝐧𝐳𝐚Quante volte abbiamo sentito dire "sii forte", "non piang...
02/10/2025

𝐋𝐚 𝐫𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐚: 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐨𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐬𝐨𝐩𝐫𝐚𝐯𝐯𝐢𝐯𝐞𝐧𝐳𝐚
Quante volte abbiamo sentito dire "sii forte", "non piangere", "non è niente"? Cresciamo imparando che alcune emozioni sono accettabili e altre no. E così iniziamo a reprimere.

𝐈𝐥 𝐦𝐞𝐜𝐜𝐚𝐧𝐢𝐬𝐦𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞
La repressione emotiva è un processo attraverso cui allontaniamo dalla coscienza emozioni che percepiamo come inaccettabili, pericolose o troppo dolorose. A differenza della soppressione, che è consapevole, la repressione opera a un livello più profondo, spesso automatico. È come se una parte di noi decidesse: "Questo è troppo, lo mettiamo via".

𝐋𝐞 𝐫𝐚𝐝𝐢𝐜𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥'𝐢𝐧𝐟𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚
Spesso impariamo a reprimere molto presto. Un bambino che piange e sente ripetutamente "smettila", "i grandi non piangono", oppure che esprime rabbia e viene punito, capisce rapidamente quale sia il prezzo dell'autenticità emotiva. Non è cattiveria da parte dei genitori: spesso riproducono ciò che hanno vissuto loro stessi. Ma il messaggio che arriva è chiaro: alcune parti di te non sono benvenute.

𝐈𝐥 𝐜𝐨𝐫𝐩𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢𝐜𝐚
Ciò che la mente rimuove, il corpo custodisce. Le emozioni represse non scompaiono: si trasformano. Tensioni muscolari croniche, cefalee ricorrenti, disturbi gastrointestinali, stanchezza inspiegabile. Il corpo diventa l'archivio di tutto ciò che non abbiamo potuto dire, sentire, esprimere.
La ricerca in psicosomatica ha dimostrato come la repressione cronica sia correlata a una maggiore vulnerabilità a disturbi fisici: il sistema immunitario si indebolisce, l'infiammazione aumenta, il cortisolo resta elevato.

𝐋𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐨
La repressione emotiva crea distanza. Come possiamo essere autentici con l'altro se non lo siamo con noi stessi? Chi reprime spesso:

- Fatica a identificare e nominare le proprie emozioni (alessitimia)
- Ha difficoltà nell'intimità emotiva
- Attrae o ricrea dinamiche relazionali in cui l'espressione emotiva è scoraggiata
- Vive relazioni superficiali o caratterizzate da esplosioni emotive improvvise

Le emozioni represse emergono comunque, ma in modi indiretti: attraverso la passività aggressiva, il ritiro, o scoppi incontrollati che ci sorprendono per primi.

𝐋𝐚 𝐫𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚: 𝐥'𝐞𝐦𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐫𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐚
Nella nostra cultura, specialmente per le donne, la rabbia è l'emozione meno tollerata. "Sei isterica", "calmati", "non ti arrabbiare". Ma la rabbia è un'emozione fondamentale: ci segnala quando i nostri confini sono violati, quando subiamo ingiustizie, quando abbiamo bisogno di cambiare qualcosa.
La rabbia repressa può trasformarsi in depressione (rabbia rivolta verso l'interno), ansia, o emergere in modi disfunzionali verso persone o situazioni "sicure" invece che verso la vera fonte.

𝐓𝐫𝐢𝐬𝐭𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐞 𝐯𝐮𝐥𝐧𝐞𝐫𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀
"Non piangere" è forse la frase più ripetuta dell'infanzia. Eppure il pianto è una risposta fisiologica che libera ormoni dello stress e favorisce la regolazione emotiva. Reprimere la tristezza significa negare le perdite, non elaborare i lutti, accumulate dolore non riconosciuto.
Chi reprime la tristezza spesso sviluppa una facciata di ipercontrollo o di apparente positività, ma sotto c'è una fatica immensa nel sostenere questa maschera.

𝐈𝐥 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐩𝐬𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐨
La repressione richiede energia costante. È come trattenere un pallone sott'acqua: serve forza continua. Questa energia viene sottratta alla vita, alla creatività, alla presenza. Chi reprime cronicamente può sperimentare:

- Senso di vuoto o disconnessione da sé
- Difficoltà a provare gioia (l'appiattimento emotivo non è selettivo)
- Dissociazione
- Dipendenze (sostanze, cibo, lavoro, relazioni)
- Depressione e ansia

𝐃𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐥𝐥'𝐞𝐬𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞: 𝐢𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨
Il primo passo è sempre la consapevolezza. Riconoscere che qualcosa è stato messo via. Poi serve un ambiente sicuro – terapeutico o relazionale – dove quelle emozioni possano emergere senza giudizio.
Non si tratta di "sfogare" indiscriminatamente, ma di:

- Imparare a riconoscere le sensazioni corporee associate alle emozioni
- Nominarle senza giudicarle
Comprendere i bisogni sottostanti
- Trovare modalità sane di espressione

𝐈𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐦𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐫𝐞
Come professionisti della salute mentale, uno dei doni più grandi che possiamo offrire è il permesso: il permesso di sentire, di essere arrabbiati, tristi, spaventati. Il permesso di essere umani nella loro interezza.
E come individui, possiamo iniziare oggi: chiedendoci "Cosa sto davvero sentendo?", ascoltando il corpo, concedendoci spazi dove non dobbiamo essere forti, funzionali, performanti.
Le emozioni non sono il problema. Il problema è vivere come se non le avessimo.

𝑷𝒆𝒓𝒎𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓𝒔𝒊 𝒅𝒊 𝒔𝒆𝒏𝒕𝒊𝒓𝒆 𝒆̀ 𝒖𝒏 𝒂𝒕𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒓𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒆 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒇𝒐𝒏𝒅𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒗𝒆𝒓𝒔𝒐 𝒔𝒆 𝒔𝒕𝒆𝒔𝒔𝒊. 𝑵𝒐𝒏 𝒆̀ 𝒅𝒆𝒃𝒐𝒍𝒆𝒛𝒛𝒂: 𝒆̀ 𝒊𝒍 𝒓𝒊𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒏𝒐𝒔𝒕𝒓𝒂 𝒑𝒊𝒆𝒏𝒂 𝒖𝒎𝒂𝒏𝒊𝒕𝒂̀.

𝐝𝐨𝐭𝐭.𝐬𝐬𝐚 𝐒𝐭𝐞𝐟𝐚𝐧𝐢𝐚 𝐕𝐞𝐧𝐞𝐭𝐨
https://www.guidapsicologi.it/procard/dottoressa-stefania-veneto/social

L’  rappresenta un momento di trasformazione profonda, un passaggio che in psicodinamica si può interpretare come simbol...
26/09/2025

L’ rappresenta un momento di trasformazione profonda, un passaggio che in psicodinamica si può interpretare come simbolo del ciclo di vita interiore. È il tempo in cui la natura si prepara al riposo, lasciando cadere le foglie vecchie per permettere la rinascita futura. Questo processo evoca l’idea di “perdita necessaria”: lasciare andare parti di sé, emozioni o modelli interiori divenuti obsoleti, per creare spazio a nuove risorse psichiche.

In un’ottica psicodinamica, l’ può anche rappresentare un invito a riconoscere e accogliere le proprie ombre, accettando la vulnerabilità e la transitorietà come fasi fondamentali per l’equilibrio emotivo. La caduta delle foglie ci parla della necessità di una separazione, che non è solo dolore ma anche possibilità di crescita tramite il lutto e il distacco. È un richiamo a vivere il sé in modo ciclico, accettando che la decadenza esterna rispecchi un lavoro di interiorizzazione e rinnovamento profondo, spesso inconscio.

In questo senso, l’ diventa metafora della cura di sé, dell’accettazione dei cambiamenti interiori e della consapevolezza che ogni fine nasconde in sé un nuovo inizio.

Un mio articolo qui
23/09/2025

Un mio articolo qui

L'alessitimia colpisce il 10-15% della popolazione con difficoltà nel riconoscere e verbalizzare emozioni. L'articolo analizza manifestazioni

🛑 🛑: quando le   diventano territorio inesplorato📍Un viaggio nell'universo emotivo sconosciuto Immaginate di trovarvi in...
22/09/2025

🛑 🛑:
quando le diventano territorio inesplorato

📍Un viaggio nell'universo emotivo sconosciuto

Immaginate di trovarvi in una biblioteca immensa, dove ogni libro rappresenta un'emozione, ma non riuscite a leggerne i titoli. Questa è l'esperienza quotidiana di chi vive con alessitimia, una condizione neuropsicologica che colpisce circa il 10-15% della popolazione generale e che spesso rimane nell'ombra, incompresa e non diagnosticata.

📍Il silenzio delle Emozioni: definizione e manifestazioni

L'alessitimia, termine coniato dallo psichiatra Peter Sifneos negli anni '70, deriva dal greco e significa letteralmente "mancanza di parole per le emozioni". Non si tratta di un'assenza di emozioni - le persone alessitimiche provano sentimenti tanto quanto chiunque altro - ma piuttosto di una significativa difficoltà nel riconoscerle, comprenderle e verbalizzarle.

📍Le manifestazioni principali includono:

♦️Difficoltà nell'identificazione emotiva**: "So che qualcosa non va, ma non so cosa sia"
♦️Problemi nella descrizione dei sentimenti**: espressioni vaghe come "mi sento strano" o "non sto bene"
♦️Pensiero orientato all'esterno**: focus sui dettagli concreti piuttosto che sui vissuti interiori
♦️Vita immaginativa limitata**: difficoltà nel mondo dei sogni ad occhi aperti e della fantasia

📍Le Radici Neurobiologiche: quando il cervello parla linguaggi diversi

Le neuroimmagini hanno rivelato pattern affascinanti nel cervello alessitimico. Studi condotti con risonanza magnetica funzionale mostrano un'attivazione ridotta nelle aree deputate all'elaborazione emotiva, come l'insula anteriore e la corteccia cingolata. È come se esistesse una "disconnessione" tra i circuiti che generano l'emozione e quelli che la rendono consapevole.

La ricerca di Bagby e Taylor ha inoltre evidenziato come l'alessitimia possa originarsi da fattori neurobiologici innati o svilupparsi come risposta adattiva a traumi precoci, rappresentando una forma di "protezione emotiva" che, nel tempo, diventa disfunzionale.

📍L'Impatto Silenzioso sulla Vita Quotidiana

L'alessitimia non è solo una curiosità clinica: ha conseguenze profonde e pervasive. Chi ne è affetto spesso sperimenta:

♦️Difficoltà relazionali**: l'intimità emotiva diventa un territorio inaccessibile
♦️Manifestazioni psicosomatiche**: il corpo "parla" quando la mente non trova le parole
♦️Vulnerabilità alla depressione e all'ansia**: emozioni non elaborate che si cronicizzano
♦️Comportamenti impulsivi**: acting-out come tentativo di gestire tensioni interne non identificate

🌹Un Invito alla Consapevolezza🌹

Se leggendo questo articolo riconoscete alcuni aspetti di voi stessi o di persone care, non esitate a cercare supporto professionale. L'alessitimia non è una debolezza, ma una modalità di funzionamento che può essere compresa e trasformata.

Il viaggio verso la consapevolezza emotiva è una delle avventure più significative che possiamo intraprendere - non solo per il nostro benessere individuale, ma per la qualità delle nostre relazioni e della nostra esistenza.

Dott.ssa Stefania Veneto
Dottoressa Stefania Veneto - GuidaPsicologi.it https://share.google/zFtSu8yqCBQAsaKjc

Dottoressa Stefania Veneto - GuidaPsicologi.it https://share.google/oSsPcopbd2UMQhz8VGrazie per queste parole di fiducia...
14/09/2025

Dottoressa Stefania Veneto - GuidaPsicologi.it https://share.google/oSsPcopbd2UMQhz8V

Grazie per queste parole di fiducia e spessore umano. Ogni incontro con l'umano è prezioso per me e sì,merita serietà e rispetto.

❤️ ⚓La vita è un dono prezioso: parliamo di prevenzione❤️⚓Domani,  , è la  . Un momento per fermarci e riflettere su qua...
09/09/2025

❤️ ⚓La vita è un dono prezioso: parliamo di prevenzione❤️⚓

Domani, , è la .

Un momento per fermarci e riflettere su quanto sia importante prenderci cura non solo del nostro corpo, ma anche della nostra mente e del nostro cuore.

🗣️I numeri che non possiamo ignorare

Le statistiche ci parlano di una realtà che spesso preferiamo non vedere: ogni anno in Italia circa 4.000 persone perdono la vita per suicidio. Nel mondo, parliamo di quasi 700.000 vite spezzate. Dietro questi numeri ci sono storie, famiglie, sogni interrotti.

🗣️Il dato più preoccupante riguarda i giovani: il suicidio è la quinta causa di morte tra gli adolescenti dai 10 ai 19 anni. Parliamo di una fascia d'età in cui la vita dovrebbe essere tutta da scoprire, eppure per molti il dolore diventa insostenibile.

Nel 2024, oltre 7.000 persone si sono rivolte a Telefono Amico Italia per gestire pensieri suicidi - un aumento del 24% rispetto al 2023. Questo ci dice due cose: il problema sta crescendo, ma anche che le persone cercano aiuto.

Gli sono importanti quanto la salute fisica

La nostra società ha imparato a prendersi cura del corpo: andiamo dal medico per un controllo, facciamo analisi, ci preoccupiamo di mangiare bene. Ma quando si tratta di emozioni, spesso tendiamo a minimizzare. "Passerà", "È solo stress", "Devo essere forte".

Non c'è nulla di debole nel . I nostri stati d'animo sono il termometro della nostra anima, e meritano la stessa attenzione che dedichiamo a una febbre o a un mal di schiena.

La , l' che toglie il respiro, la sensazione di che sembra non avere fine - questi non sono capricci o debolezze. Sono che la nostra mente ci sta mandando, chiedendoci di fermarci e di prenderci di lei.

🆘I segnali da non sottovalutare🆘

Imparare a riconoscere i primi segnali di disagio psicologico in noi stessi e nelle persone care può fare la differenza tra la vita e la morte.
Ecco alcuni campanelli d'allarme:

🛑Cambiamenti comportamentali🛑

: la persona si isola, evita amici e familiari, smette di partecipare ad attività che prima amava
: non si cura più dell'igiene, dell'abbigliamento, della casa
: insonnia persistente o, al contrario, dormire troppo
: perdere completamente l'appetito o, al contrario, mangiare in modo compulsivo.

🛑Segnali emotivi🛑

e persistente che non passa mai
e immotivati
e perdita di speranza nel futuro
e sproporzionata
o di inutilità che diventano ossessivi

che impediscono di svolgere attività normali
che prima non c'erano
o sul non voler più vivere
per tutto ciò che prima dava gioia

Se riconosci questi segnali in te stesso o in una persona cara, non aspettare. Non c'è bisogno di toccare il fondo per meritare aiuto. Anzi, prima si interviene, più efficace sarà il sostegno.

⛑️Ricorda che:

- Chiedere aiuto è un atto di coraggio, non di debolezza
- Non sei solo/a: esistono professionisti preparati e servizi di ascolto
- Le cose possono migliorare: anche nei momenti più bui, esistono sempre possibilità di rinascita
- La tua vita ha valore, anche quando non riesci a vederlo

🩸🫂Insieme possiamo fare la differenza🩸🫂

questo post. Non sai mai chi potrebbe averne bisogno. Un gesto semplice come condividere può salvare una vita.

di salute mentale senza tabù, con naturalezza, come parleresti di qualsiasi altro aspetto della salute.

senza giudicare quando qualcuno ti confida le sue difficoltà.

per chi ami, anche con piccoli gesti quotidiani.

La prevenzione del suicidio è responsabilità di tutti noi. Non servono gesti eroici: bastano umanità, ascolto e la capacità di tendere una mano quando qualcuno sta annegando.

💙 Se questo post ti ha toccato, condividilo. Se stai male, chiedi aiuto. Se conosci qualcuno che sta soffrendo, stagli vicino. La vita è preziosa. La tua vita è preziosa.

Avere amici a quattro zampe rappresenta una delle esperienze più profonde e significative nel rapporto tra esseri umani ...
06/09/2025

Avere amici a quattro zampe rappresenta una delle esperienze più profonde e significative nel rapporto tra esseri umani e animali, con risvolti psicologici che coinvolgono dimensioni affettive, cognitive e sociali. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che la convivenza con animali domestici, come cani e gatti, produce effetti benefici sulla salute mentale e sul benessere emotivo degli individui, contribuendo a ridurre stress, ansia e depressione.

CONNESSIONE EMOTIVA E ATTACCAMENTO

Il legame che si instaura con un amico a quattro zampe si fonda su una forma di attaccamento sicuro e incondizionato, simile a quello promosso nelle relazioni interpersonali positive. Questa relazione fornisce un senso di compagnia e supporto emotivo che può fungere da ancoraggio stabile nei momenti di difficoltà. L’animale domestico, privo di giudizi e aspettative sociali complesse, offre una presenza rassicurante, favorendo l’espressione spontanea delle emozioni e riducendo l’isolamento sociale.

IMPATTO SULLA REGOLAZIONE EMOTIVA E SULLO STRESS

Dal punto di vista neurobiologico, l’interazione con gli amici animali stimola il rilascio di ossitocina, conosciuto come “ormone dell’amore”, che promuove il benessere e la fiducia. Contemporaneamente, si osserva una diminuzione dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Questi processi contribuiscono a migliorare la regolazione emotiva, riducendo l’iperattivazione fisiologica legata ad ansia e stress cronico. Ad esempio, accarezzare un cane o un gatto può indurre immediati effetti calmanti, utili in situazioni di disagio psicologico.

SVILUPPO DI COMPETENZE SOCIALI E RESPONSABILITÀ

Inoltre, prendersi cura quotidianamente di un animale domestico implica responsabilità e routine, che possono rafforzare il senso di autonomia e competenza personale. Nei bambini e negli adolescenti, questa convivenza è associata a una maggiore empatia e capacità di ascolto emotivo, promuovendo abilità sociali che si trasferiscono nelle relazioni umane. Negli anziani, la presenza di un animale può contrastare sentimenti di solitudine e favorire l’attivazione di reti sociali esterne.

BENEFICI NELLA PREVENZIONE E SUPPORTO PSICOLOGICO

Numerose ricerche nel campo della pet therapy hanno evidenziato come gli animali possono intervenire efficacemente nel trattamento di disturbi psicologici, quali disturbi d’ansia, depressione, post-trauma e anche nell’ambito della riabilitazione psichiatrica. La relazione con l’animale nasce come una risorsa terapeutica che facilita l’apertura affettiva e la comunicazione, migliorando la qualità della vita dei pazienti.

Avere amici a quattro zampe significa instaurare una relazione profondamente umana e terapeutica, in cui l’animale diventa un compagno di vita e uno specchio empatico che sostiene la salute mentale, la crescita personale e il benessere globale.

Lei è la mia Nina!

Sereno fine settimana a tutti voi!

𝐋’𝐚𝐧𝐬𝐢𝐚:𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥’𝐨𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚L’ansia è un’esperienza così comune che potremmo dire quasi universale, ma...
02/09/2025

𝐋’𝐚𝐧𝐬𝐢𝐚:𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥’𝐨𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚

L’ansia è un’esperienza così comune che potremmo dire quasi universale, ma la sua natura resta spesso fraintesa. Non è solo preoccupazione o nervosismo passeggero: è un insieme complesso di emozioni, sensazioni fisiche e pensieri che può prendere il sopravvento e oscurare anche i momenti più semplici della vita quotidiana.

Uno degli aspetti più profondi e meno raccontati dell’ansia è il senso di allerta costante, quella tensione sottile che accompagna ogni gesto, parola o scelta. È come camminare su un terreno instabile, dove ogni passo richiede un’attenzione extra perché il pericolo, reale o presunto, sembra sempre in agguato.

Questa tensione invisibile può influenzare il modo in cui ci relazioniamo con gli altri e con noi stessi. Può farci dubitare delle nostre capacità e collezionare pensieri critici che diventano un ostacolo interno difficile da superare. L’ansia, in questo senso, non è solo un nemico da combattere, ma un messaggio da decifrare, un invito a comprendere cosa il nostro corpo e la nostra mente stanno cercando di dirci.

Riconoscere l’ansia in tutte le sue sfumature non significa eliminarla del tutto, ma imparare a conviverci, a darle un posto senza lasciarsi sopraffare. È un percorso che molti intraprendono per ritrovare equilibrio e consapevolezza, per smettere di vivere nell’ombra di un’ansia indefinita e iniziare a incontrare sé stessi con maggiore gentilezza.

Dare ascolto a quella voce interiore che chiede attenzione, dunque, accogliere l’ansia, non significa arrendersi al suo peso, ma imparare a vivere accanto a essa con uno sguardo di comprensione e accettazione. In questa possibilità di ascolto della nostra ansia si apre l'opportunità di scoprire risorse inaspettate dentro noi stessi, di trasformare quella tensione in un motore di crescita e consapevolezza. Perché spesso è proprio nel riconoscere le nostre fragilità che risiede la forza autentica, capace di guidarci verso una vita più ricca e libera dalle catene invisibili della paura.

Oggi sappiamo che in Italia circa il 14% della popolazione soffre di disturbo d’ansia sociale, una condizione che può iniziare in giovane età e spesso si aggrava con il tempo, limitando la capacità di instaurare relazioni significative o di partecipare pienamente alla vita lavorativa e sociale. L’ansia sociale non è solo timidezza o disagio passeggero: diventa un disturbo vero e proprio quando porta all’isolamento, alla depressione e a una sofferenza profonda che può durare anni...condizionare un'intera vita.

𝐍𝐎𝐍 𝐒𝐎𝐓𝐓𝐎𝐕𝐀𝐋𝐔𝐓𝐀𝐑𝐄 𝐈 𝐒𝐈𝐍𝐓𝐎𝐌𝐈

Un primo passo importante è parlare con il proprio medico di famiglia, che può ascoltare, valutare la situazione e indirizzare verso il supporto psicologico più adeguato. La rete di cura inizia proprio lì, con una figura vicina e di fiducia, capace di accompagnare nella ricerca di un equilibrio autentico e duraturo.

Ne parlo in modo più dettagliato in questo articolo 👇
https://www.guidapsicologi.it/articoli/lansia-sociale-un-disturbo-silenzioso-che-puo-trasformare-la-vita

𝘿𝙤𝙩𝙩.𝙨𝙨𝙖 𝙎𝙩𝙚𝙛𝙖𝙣𝙞𝙖 𝙑𝙚𝙣𝙚𝙩𝙤
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