Psicologia per esplorare sé stessi

Psicologia per esplorare sé stessi Siamo tre psicologhe, con formazioni differenti, che si occupano principalmente di psicologia del la

Cambiare non è mai solo una decisione.È un attraversamento.È lasciare andare una parte di noi che, anche se ci fa male, ...
11/11/2025

Cambiare non è mai solo una decisione.
È un attraversamento.
È lasciare andare una parte di noi che, anche se ci fa male, ci è familiare.
Perché il conosciuto, per quanto scomodo, ha un odore rassicurante.
È la nostra tana, il nostro rifugio.

Quando iniziamo un percorso di cambiamento (in terapia, nella vita, nelle relazioni) immaginiamo che sia un cammino verso il meglio.
Ma la verità è che, almeno all’inizio, sembra un viaggio al contrario.
Tutto si muove, tutto traballa.
Ci accorgiamo che le certezze su cui stavamo in piedi non reggono più.
E allora vorremmo tornare indietro, nel posto da cui siamo partiti, dove almeno sapevamo come sopravvivere.

Perché cambiare significa rinunciare a una parte della nostra identità, anche se quella parte ci ha fatto soffrire.
È dire addio a schemi, abitudini, ruoli che ci hanno protetto.
È smettere di essere chi siamo stati per provare a diventare chi potremmo essere.
E in mezzo c’è il vuoto.
Quel vuoto che spaventa, perché non siamo più ciò che eravamo, ma non siamo ancora ciò che saremo.

È lì che molti si fermano.
Perché il cambiamento non ha subito il volto luminoso della libertà.
All’inizio ha il volto incerto della perdita.
Eppure è proprio dentro quel disorientamento che la trasformazione accade.

In terapia si impara che non si cambia perché qualcosa fuori di noi ci convince, ma perché, a un certo punto, qualcosa dentro di noi smette di voler restare ferma.
Una voce sottile che dice: “Non posso più far finta di niente.”
È quella voce che apre la strada, anche se tremiamo.

E allora, sì, cambiare fa male.
Fa male perché significa accorgersi.
Fa male perché significa crescere.
Ma ogni volta che scegliamo di stare dentro quel dolore senza scappare, stiamo costruendo una forma nuova di noi.

Il cambiamento non è una conquista da raggiungere, ma un processo da attraversare.
E non serve farlo in fretta.
Serve solo restare.
Restare presenti, anche quando non sappiamo più chi siamo.
Perché, passo dopo passo, quel vuoto inizia a riempirsi di vita nuova.
E ci accorgiamo che, in fondo, cambiare non era perdere qualcosa.
Era solo tornare a casa.

Ci sono legami che non si vedono, ma che tengono stretti come catene.Non hanno voce, ma parlano attraverso i gesti, le s...
11/11/2025

Ci sono legami che non si vedono, ma che tengono stretti come catene.
Non hanno voce, ma parlano attraverso i gesti, le scelte, i sensi di colpa.
Sono le lealtà invisibili, quelle che nascono nel silenzio delle famiglie e che, senza accorgercene, guidano i nostri passi molto più di quanto crediamo.

Da bambini impariamo presto cosa ci viene chiesto per “meritare” amore.
A volte basta essere bravi, altre volte silenziosi.
A volte si cresce con l’idea che non bisogna deludere, che la felicità va tenuta piccola per non far star male chi ci ha cresciuti.
E così, dentro di noi, nasce un patto.
Un patto tacito, antico, che dice: “Io non sarò più libero di te, mamma.”
“Io non starò meglio di te, papà.”
“Io porterò il tuo dolore, se serve, per farti sentire meno solo.”

Queste fedeltà si nascondono nei comportamenti più quotidiani: nel non scegliere davvero, nel restare dove non siamo felici, nel sentirci in colpa quando qualcosa finalmente va bene.
Ci sembra di tradire qualcuno se decidiamo di essere sereni.
Come se la nostra gioia fosse una mancanza di rispetto.
Eppure non è così.

Le lealtà familiari non sono solo catene: nascono dal bisogno più profondo di appartenenza, dal desiderio di restare fedeli alle nostre radici.
Ma a volte diventano gabbie che ci impediscono di respirare.
Perché non si può essere fedeli e liberi allo stesso tempo, se quella fedeltà ci chiede di dimenticare noi stessi.

Ci portiamo dentro debiti invisibili: “Devo ripagare tutto ciò che i miei hanno fatto per me.”
Ma l’amore non è un conto aperto.
È qualcosa che si trasmette quando ciascuno si assume la responsabilità della propria vita, senza chiedere all’altro di rinunciare alla sua.

Spezzare un patto familiare non significa disonorare chi ci ha preceduti.
Significa onorare la vita, anche la loro, scegliendo di non ripetere più le stesse ferite.
Significa riconoscere che si può amare e, nello stesso tempo, smettere di portare pesi che non ci appartengono.

A volte il vero atto d’amore verso la nostra famiglia è proprio lasciarla andare, permettere alla storia di scrivere un finale diverso attraverso di noi.
Non per cancellare ciò che è stato, ma per trasformarlo.
Perché la lealtà più grande che possiamo avere è verso la nostra verità.

E quando smettiamo di vivere in debito, quando accettiamo di essere figli ma anche individui, allora finalmente ci accorgiamo che quella catena può diventare un filo: sottile, leggero, che unisce senza imprigionare.
È lì che inizia la libertà.
È lì che comincia l’amore che non pesa 🤎

Ci sono momenti in cui senti di non avere più spazio.Di essere sempre disponibile, sempre pronta, sempre “sì”.Eppure den...
11/11/2025

Ci sono momenti in cui senti di non avere più spazio.
Di essere sempre disponibile, sempre pronta, sempre “sì”.
Eppure dentro, qualcosa si consuma piano, come una fiamma che non trova più ossigeno.

Mettere confini non è allontanare, ma tornare a respirare.
È ricordarsi che non tutto può entrare, che non tutto va accolto.
È smettere di confondere l’amore con la resa, la comprensione con il silenzio, la gentilezza con la rinuncia.

I confini non feriscono. Proteggono.
Non chiudono. Custodiscono.
Sono quella linea sottile che separa ciò che ci nutre da ciò che ci svuota.

Dire “no” non è egoismo. È presenza.
È dire “io ci sono, ma anche io esisto”.
È riconoscere che non possiamo essere tutto per tutti, e che nel rispetto di noi stessi c’è la radice di ogni relazione sana.

Quando impariamo a mettere confini, non smettiamo di amare.
Smettiamo solo di perderci.
E scopriamo che l’amore vero non nasce dal sacrificio, ma dall’incontro di due persone intere, che sanno restare accanto senza oltrepassarsi.

Mettere un confine è scegliere di restare, ma da sé stessi.
È dire “mi rispetto” anche quando tremi.
È il modo più silenzioso, ma potente, di volersi bene.

Indirizzo

Via Albaro 24/4
Genova
16145

Orario di apertura

Lunedì 08:00 - 20:00
Martedì 08:00 - 20:00
Mercoledì 08:00 - 20:00
Giovedì 08:00 - 20:00
Venerdì 08:00 - 20:00
Sabato 09:00 - 14:00

Telefono

+393774810243

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