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Gravidanza. L’uso dei prodotti per la cure della persona aumenta l’esposizione ai PFAS15 novembre - Nelle donne che si t...
30/11/2024

Gravidanza. L’uso dei prodotti per la cure della persona aumenta l’esposizione ai PFAS
15 novembre - Nelle donne che si trovavano nel primo trimestre di gravidanza, i ricercatori americani hanno scoperto che un uso maggiore di prodotti per la cura delle unghie, profumi, trucco, tinture per capelli e lacche o gel per capelli era associato a concentrazioni plasmatiche più elevate di PFAS. Risultati simili sono stati osservati per l’uso di prodotti per la cura della persona nel terzo trimestre e per le concentrazioni di PFAS nel latte materno da due a 10 settimane dopo il parto.



L’utilizzo di prodotti per la cura della persona, come smalto per unghie, trucchi e tinture per capelli durante la gravidanza o l’allattamento, è associato a livelli significativamente più elevati di sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS) nel sangue e nel latte delle gestanti e delle neomamme.

È quanto emerge da uno studio, pubblicato da Environmental International, condotto da un team della Brown University di Providence (USA) guidato da Amber Hall.

I PFAS sono sostanze chimiche sintetiche utilizzate in molti prodotti di consumo. Sebbene diversi studi abbiano rilevato la presenza di queste sostanze chimiche nei prodotti per la cura della persona, sono invece pochi i lavori che hanno valutato se l’uso di questi prodotti abbia un impatto o meno sulle concentrazioni di PFAS nell’organismo. Durante gravidanza, poi, l’esposizione ai PFAS potrebbe contribuire a fenomeni avversi, come riduzione del peso alla nascita, parto prematuro e disturbi dello sviluppo neurologico del neonato.

Lo studio
Amber Hall e colleghi hanno analizzato i dati del Maternal-Infant Research on Environmental Chemicals Study, che ha arruolato 2.001 donne in gravidanza provenienti da 10 città del Canada tra il 2008 e il 2011. I ricercatori hanno valutato il contributo dell’uso di otto categorie di prodotti per la cura della persona sulle concentrazioni di PFAS nel plasma prenatale (da sei a 13 settimane di gestazione) e nel latte materno (da due a 10 settimane dopo il parto).

Nelle donne che si trovavano nel primo trimestre di gravidanza, i ricercatori hanno scoperto che un uso maggiore di prodotti per la cura delle unghie, profumi, trucco, tinture per capelli e lacche o gel per capelli era associato a concentrazioni plasmatiche più elevate di PFAS.

Risultati simili sono stati osservati per l’uso di prodotti per la cura della persona nel terzo trimestre e per le concentrazioni di PFAS nel latte materno da due a 10 settimane dopo il parto. In particolare, le donne che si truccavano ogni giorno nel primo e nel terzo trimestre avevano rispettivamente concentrazioni di PFAS nel plasma e nel latte materno superiori del 14% e del 17% rispetto a chi non usava trucchi quotidianamente.

Inoltre, le donne che utilizzavano tinture permanenti da uno a due giorni dopo il parto avevano livelli di PFAS più elevati, dal 16% al 18%, nelle concentrazioni del latte materno, rispetto a chi non usava tinture.

Fonte : Environmental International 2024

Per- and polyfluoroalkyl substances (PFAS) are ubiquitous chemicals routinely detected in personal care products (PCPs). However, few studies have eva…

12/11/2023

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14/08/2023

GLI EFFETTI DEI PFAS SU SALUTE UMANA E AMBIENTE. CONSEGUENZE NEGATIVE SU FERTILITÀ, RISPOSTA IMMUNITARIA E ACCUMULO DI LIPIDI

Da AOGOI

21 luglio - L’esposizione alle sostanze chimiche artificiali viene conservata a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, con effetti cancerogeni e conseguenze negative ormonali e metaboliche Raccolti 2.144 campioni di sette diverse specie animali Dalle Università di Bologna e Padova la prima analisi comparativa trascrizionale pubblicata su Toxics.

Si chiamano PFAS, sostanze perfluoroalchiliche: sono composti chimici ampiamente utilizzati in un gran numero di prodotti e materiali per le loro capacità di resistenza e proprietà ignifughe. Ma sono anche da tempo sotto indagine per gli effetti negativi che la loro persistenza nell’ambiente produce sulla salute di animali e persone.

Un’analisi comparativa trascrizionale – pubblicata sulla rivista Toxics e realizzata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova – ha ora confermato che gli effetti dell’esposizione ai PFAS vengono conservati a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, e produce conseguenze sia nell’uomo che in altre specie animali.

“Dalla nostra analisi abbiamo identificato e riportato diversi geni che mostrano una risposta trascrizionale coerente ed evolutivamente conservata ai PFAS – afferma Federico Manuel Giorgi, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio – questi risultati mostrano per la prima volta che diverse molecole di PFAS influenzano vie ormonali e vie metaboliche, aumentando ad esempio i meccanismi di accumulo degli acidi grassi e indebolendo il sistema immunitario”.

I PFAS, composti chimici molto resistenti, ignifughi e idrorepellenti, spiegano i ricercatori in una nota, sono utilizzati da oltre 60 anni in rivestimenti antiaderenti, schiumogeni antincendio, tessuti impermeabili, pesticidi, materiali per l’edilizia e prodotti per la pulizia e l’igiene personale. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) fa rientrare all’interno di questa categoria 4.730 diverse molecole, rendendo questo gruppo la più estesa famiglia di inquinanti emergenti.

A causa della loro alta stabilità molecolare, infatti, questi materiali finiscono per diffondersi ampiamente nell’ambiente, dove possono permanere per anni. In particolare, i PFAS si riversano in grandi quantità nei bacini idrici, da dove possono percorrere grandi distanze, entrando nell’ecosistema acquatico e risalendo la catena alimentare fino agli esseri umani. Tracce di queste sostanze sono state individuate nel latte materno, nella placenta, nel siero, nel liquido seminale e nei capelli.

Nonostante queste evidenze e le conseguenze negative dei PFAS per la salute umana messe in luce da diversi studi, fino ad oggi non era stata realizzata un’analisi complessiva di tutti i dati raccolti sul tema. Gli studiosi hanno quindi raccolto 2.144 campioni di sette diverse specie animali per esaminare le risposte a livello molecolare dell’esposizione ai PFAS.

“Il nostro obiettivo – spiega Giorgi – era evidenziare gli effetti molecolari indotti dai PFAS non solo al livello dei singoli geni, ma anche su varie vie molecolari e tipologie cellulari. La nostra ricerca offre così una visione completa dei meccanismi molecolari alla base della tossicità dei PFAS, in modo da offrire dati solidi su cui basare le scelte necessarie per la salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente”.

I risultati ottenuti confermano infatti una serie di effetti negativi sulla salute prodotti dall’esposizione ai PFAS. Ad esempio, una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile. Tutti elementi che possono spiegare gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale.

I dati raccolti mostrano inoltre che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas. I dati epidemiologici suggeriscono inoltre che un’elevata esposizione a questi materiali possa aumentare significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo.

Lo studio sembra inoltre confermare l’effetto tossico dei PFAS sul sistema immunitario. I ricercatori hanno infatti messo in luce il meccanismo che potrebbe spiegare l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato in particolare nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale. L’esposizione ai PFAS aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.

Attraverso l’analisi bioinformatica dei dati e grazie ai recenti sviluppi nel data mining dell’espressione genica, gli studiosi sono inoltre riusciti ad analizzare ulteriormente le possibili conseguenze dell’esposizione ai PFAS attraverso la previsione dei loro effetti sul metaboloma (l’insieme di tutte le piccole molecole presenti in una cellula coinvolte nei processi dell’organismo). In particolare, è emerso che le molecole di PFAS sono collegate a un aumento dei livelli di diversi tipi di lipidi: un’evidenza che conferma come l’esposizione a queste sostanze aumenti la concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.

“Questo studio è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata, con implicazioni significative per la comprensione dell’impatto dell’esposizione di queste sostanze sugli organismi viventi e sull’ambiente - conclude Giorgi - riteniamo che i risultati ottenuti possano offrire una nuova prospettiva sulle risposte molecolari all’esposizione ai PFAS e ci auguriamo che possano fornire le basi per lo sviluppo di strategie di mitigazione degli effetti dannosi di queste sostanze”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Toxics con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”. Hanno partecipato Livia Beccacece, Filippo Costa e Federico Manuel Giorgi per l’Università di Bologna (Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie), insieme a Jennifer Paola Pascali dell’Università di Padova.

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Dott. Marco Strozzieri medico-chirurgo Specialista in Ginecologia-Ostetricia Master di II° livello in Medicina e Terapia Estetica Amb. : Via XXIV Maggio,10 Giulianova 64021 - TE- tel.+39 3334654351

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27/03/2023

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25/03/2023

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