Martina Paioletti Psicologa Psicoterapeuta

Martina Paioletti Psicologa Psicoterapeuta Dott.ssa Martina Paioletti
Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico Fenomenologico. Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana.

Laureata in Psicologia Clinico Dinamica presso l'Università degli Studi di Padova e specializzata in Psicoterapia ad orientamento Psicoanalitico Fenomenologico presso l'Istituto Aretusa di Padova. Dirigente Psicologa ASL Toscana Sud-ESt presso UFSMA di Siena. Psicoterapeuta in studio privato a:

- Grosseto in via Rattazzi 20

Socia fondatrice di Jonas Firenze, centro clinico ad orientamento psicoanalitico indirizzato al trattamento del disagio contemporaneo in età evolutiva e adulta a tariffe sostenibili. Jonas Firenze è una delle 19 sedi Jonas presenti in Italia e sorte in varie città italiane a partire dalla fondazione della prima sede Jonas onlus a Milano, nel 2003, nata da un'idea del Dott. Massimo Recalcati. Nel mio lavoro, sia con bambini e adolescenti che con adulti, utilizzo un approccio volto a conferire senso e valore al sintomo con cui si manifesta il disagio, in uno spazio ed un tempo in cui attraverso l'ascolto, l'empatia e la relazione si possa arrivare alla costruzione di un nuovo equilbrio e armonico benessere.

11/10/2023

🦋STORIE DI ADOLESCENTI A METÀ🦋
•Fratture evolutive ed emersione del vero Sé•

📚Una NOVITÀ a cura di Ezia Mazzaraco con il gruppo “Psychology in Progress” che entra a far parte, al quarto posto, della collana “Psicotraumatologia”, curata da Tullia Toscani!!

📘Vi raccontiamo qualcosa su questo volume…👇🏻👇🏻

💭«Un adolescente non è mai estemporaneo, piuttosto un adolescente, o meglio il suo modo di fare, è sempre contestualizzato e/o contestualizzabile.
L’effetto delle variabili contestuali sul “mondo” dei teenagers ci pone di fronte a ciò che oggi interroga in modo particolare gli operatori delle relazioni di aiuto, nello specifico quella che oggi viene definita essere una condizione di emergenza adolescenziale.» […]

💭«Il gruppo di psicologi vuole offrire una lettura del “caso clinico” più ampia e sfaccettata, ma soprattutto vuole assumere un taglio più pratico e parlare di clinica in maniera più accessibile anche a chi non è “addetto ai lavori” ma si trova comunque a confrontarsi tutti i giorni con la complessità di queste situazioni in diversi contesti: a scuola, nella vita quotidiana familiare, nello scambio comune.»

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10/12/2022

I diritti umani e le loro violazioni
di Patrizia Montagner

"La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è del 1948.
È stata scritta all’ indomani della seconda guerra mondiale, nella quale erano state commesse le atrocità che conosciamo.
[...]
Nel art. 1 si legge “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
E nel 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
L’Assemblea delle Nazioni Unite ha ritenuto che fosse necessario avere forme giuridiche che li tutelino.
Purtroppo sappiamo che non bastano le leggi."

https://www.centrovenetodipsicoanalisi.it/diritti-umani/

Il CVP patrocina un ciclo di incontri gratuiti online sul tema dei . Il prossimo incontro sarà il 16 dicembre ore 21
Chi fosse sensibile all'argomento può partecipare iscrivendosi: https://www.centrovenetodipsicoanalisi.it/violazione-dei-diritti-umani/

In questo incontro interverranno due referenti di OPEN ARMS

“Nella totale mancanza di percezione del limite, la chat di “Poison” ci dice che questi preadolescenti stanno urlando a ...
25/10/2022

“Nella totale mancanza di percezione del limite, la chat di “Poison” ci dice che questi preadolescenti stanno urlando a gran voce: “Adulti, ma dove cavolo siete? Perché nessuno viene a dirci dove va messo il confine tra ciò che si può e ciò che non si può, tra ciò che è giusto e ciò che non lo è?”. Forse, davvero noi adulti non siamo più capaci di usare la nostra competenza e autorevolezza adulta per dire ai nostri figli i “no che aiutano a crescere”. Mettiamo nelle loro mani, quando hanno 8 anni (a volte anche prima) strumenti complessissimi che richiedono competenze di utilizzo che a volte noi stessi genitori non abbiamo. Continuiamo ad affermare – e magari anche a credere - che le tecnologie portatili, (gli smartphone in particolare), siano strumenti di cui basta educare il corretto uso per evitare che accadano cose come quelle che oggi i media ci hanno raccontato. Invece gli smartphone non sono strumenti, ma sono “ambienti”, anzi sono “universi” in cui chi entra rischia di perdersi e di farsi molto male”

700 PREADOLESCENTI IN UNA CHAT DELL’ORRORE: LA DISTRUZIONE DELL'INFANZIA
Oggi da più parti, i media hanno condiviso notizie e particolari relativi all’operazione della Polizia Postale chiamata “Poison", che ha portato alla luce una “community” composta di circa 700 preadolescenti e giovanissimi che si scambiavano immagini di corpi mutilati, abusi sessuali su minori, cadaveri, Hi**er e Mussolini, oltre a video raccapriccianti con atti di crudeltà verso gli uomini e gli animali. Il tutto era spalmato in cinque gruppi Whatsapp e Instagram. Un movimento “tossico” di parole e immagini basato sullo scambio di oltre 85mila messaggi. L’operazione è partita dalla denuncia di una mamma, il cui figlio, all’interno di tali gruppi, aveva subito un’estorsione. Le chat dei ragazzi erano suddivise per filoni tematici: Zoofilo, Splat, Necrofilo, Pedopornografico e P***o. Se ripenso a me quando avevo 12, credo che probabilmente avrei ignorato il significato di almeno 3 di queste cinque parole. E invece 700 giovanissimi, intorno ad esse costruivano messaggi, immagini, video e si scambiavano commenti. Questo è l’ennesimo orrore che come adulti ci vede spettatori impotenti ed educatori incapaci di fornire regole, cornici educative e senso del limite a figli che, nell’età in cui dovrebbero sognare il primo bacio, socializzano condividendo scene di stupri e violenze inaudite. Oggi molti giornalisti mi chiedevano di commentare questa notizia. Perché accadono queste cose orribili? Di chi è la colpa? Perché i genitori non controllano la vita online dei loro figli? Queste domande – così piene di senso – non possono avere una risposta sensata. Perché la vita online messa in mano ad un minore di 10, 11 o 12 anni è una vita che svuota di senso e significato le cose più importanti per cui siamo al mondo. Le relazioni umane diventano esperienze “social” in cui la fragilità narcisistica dei giovanissimi obbliga a presentarsi in una versione “filtrata” e spesso “spogliata” di sé, a caccia di like e validazione del proprio valore. La curiosità e l’esploratività nel territorio della sessualità viene nutrita e alimentata da una pornografia sempre più violenta e senza limiti in cui i corpi, per generare eccitazione e attenzione, devono essere portati alle situazioni più estreme fino alla violenza e alla mutilazione. Stare in una community o in una chat a 12 anni ti può portare all’obbligo di vedere e postare le cose più estreme, più orride, più disgustose in una sorta di gara finalizzata a capire “fin dove sei capace di resistere”. Perché accade tutto questo? Personalmente penso che la ragione sia dentro ad una cultura che non accetta più l’importanza di educare al senso del limite. Nella totale mancanza di percezione del limite, la chat di “Poison” ci dice che questi preadolescenti stanno urlando a gran voce: “Adulti, ma dove cavolo siete? Perché nessuno viene a dirci dove va messo il confine tra ciò che si può e ciò che non si può, tra ciò che è giusto e ciò che non lo è?”. Forse, davvero noi adulti non siamo più capaci di usare la nostra competenza e autorevolezza adulta per dire ai nostri figli i “no che aiutano a crescere”. Mettiamo nelle loro mani, quando hanno 8 anni (a volte anche prima) strumenti complessissimi che richiedono competenze di utilizzo che a volte noi stessi genitori non abbiamo. Continuiamo ad affermare – e magari anche a credere - che le tecnologie portatili, (gli smartphone in particolare), siano strumenti di cui basta educare il corretto uso per evitare che accadano cose come quelle che oggi i media ci hanno raccontato. Invece gli smartphone non sono strumenti, ma sono “ambienti”, anzi sono “universi” in cui chi entra rischia di perdersi e di farsi molto male. Sono gestiti con criteri paradossali che non tengono in alcuna considerazione i bisogni di crescita dei nostri figli. I siti pornografici sono vietati ai minori di 18 anni ma, attraverso la logica dell’algoritmo, fanno di tutto per richiamare al loro interno la maldestra curiosità eccitata e inesperta, diseducata e ignorante (ovvero che ignora) di bambini e preadolescenti. L’esito di questo mix di ingredienti scapestrati è la normalizzazione dell’orrido, la glamourizzazione del “terrifico”, la scomparsa delle categorie di “bene” e “male”, di “giusto” e “sbagliato”. Perché queste categorie possono esistere solo dentro ad una consapevolezza etica che sa definire regole, limiti e confini. E che lo fa in modo molto chiaro soprattutto per chi questa consapevolezza ancora non la possiede, perché la deve formare grazie alle relazioni educative in cui si trova immerso. I genitori sembrano inconsapevoli di ciò che i loro figli possono vivere nell’online e quindi permettono ai figli di entrarci sempre prima. Addirittura molti esperti sollecitano i genitori a far usare gli strumenti sempre prima, educando a farne buon uso, trascurando di dire che “anche quando educhi al buon uso” poi ti ritrovi ingabbiato in dinamiche dipendentigene, dopaminergiche, manipolatorie che controllano e annullano tutti gli sforzi cognitivi che provi a mettere in gioco, trovandoti così a diventare – nel mondo online – ciò che non avevi intenzione di essere. Del resto, l’online è governato da regole (progettate e attuate dal mondo adulto) che obbligano i nostri figli a fare le peggiori cose che un soggetto in età evolutiva non dovrebbe fare mai. 700 minori dentro ad una chat degli orrori: 700, non 3, non 10, non 30. Bensì 700. Ovvero una scuola secondaria di medie dimensioni. E questi 700 sono stati intercettati perché una mamma ha fatto la denuncia. Ora, per favore, non ditemi più che lo smartphone è uno strumento. Basta semplicemente imparare a usarlo bene. Il problema è immensamente più vasto. E io, oggi più che mai, penso davvero che bisognerebbe vietare l’uso dello smartphone ai minori di 14 anni. Il dibattito è aperto. Condividete con altri genitori e commentate. Qui c’è davvero da imparare ad usare la rete per fare l’unica rete che serve: quella dell’alleanza educativa.

30/08/2022

Mercoledì 14 settembre, alle 17.30, il secondo appuntamento di “Letture d’incontri”. Luisa Dipino, psicoanalista, dialogherà con Luca Carli Ballola, educatore, e Chiara Passalacqua, arteterapeuta, sulla cura dell’Alzheimer, che richiede una particolare apertura creativa.
Coordina: Ilaria Innocenti, psicoterapeuta e arteterapeuta, responsabile di Jonas Firenze.

Il ciclo “Letture d’incontri” mette in dialogo prospettive diverse di cura su questioni cliniche contemporanee.

Vi aspettiamo da Libri Liberi in Via San Gallo a Firenze!!!!
La prenotazione è consigliata, con iscrizione a firenze@jonasitalia.ti

11/05/2022

A che velocità stiamo correndo? Sembra di vivere questi mesi come se si dovesse recuperare ogni giorno un po’ del tempo e dell’illusione perduti negli ultimi due anni. Come a rimettere di corsa in piedi la scenografia di cartone del mondo precedente, che era crollata pezzo dopo pezzo. Stiamo provando a dimenticare di aver visto l’insensatezza della nostra società, ed è un processo sfiancante.
La sensazione diffusa è quella di dover recuperare, affannandosi, un tempo perduto. Le persone (si) precipitano ovunque come impazzite, rincorrendo scadenze e urgenze, e la stanchezza è diventata il fondamento naturale delle giornate.

Essere stanchi è oramai un sottinteso: a cambiare è soltanto la quantità di questa stanchezza diffusa, ma nessuno nella società della performance può più dirsi “riposato”. Essere stanchi, esausti, sfibrati, è diventata una condizione primaria, senza la quale aleggia su di noi subito il senso di colpa.


Ma, come ha scritto a proposito Byung-Chul Han, “L’eccessivo aumento delle prestazioni porta all’infarto dell’anima”, Un infarto avviene quando un organo o un tessuto non riceve un adeguato apporto di sangue e ossigeno dalla circolazione arteriosa a loro dedicata.

A forza di vivere e lavorare gareggiando, di competere incessantemente con qualsiasi altro essere umano, la nostra “anima” - intesa qui come casa del senso della vita - non riceve più nutrimento e muore.
Perché, oggi, chi non si ferma è perduto.

10/05/2022

📌 L'adolescenza è un tempo di atto creativo, di gemmazione e forgiatura identitaria.
Mercoledì 18 Maggio, alle 17.30, Andrea Panìco, psicoanalista, e Ilaria Innocenti, psicoterapeuta e arteterapeuta, dialogheranno sui movimenti sempre inediti della cura dell'adolescente.

Il ciclo “Letture d’incontri” mette in dialogo prospettive diverse di cura su questioni cliniche contemporanee.

Vi aspettiamo!
La prenotazione è consigliata, con iscrizione a firenze@jonasitalia.ti

Quando l’incontro di passioni, saperi, e lingue diverse si uniscono a curiosità, impegno e condivisione... nasce qualcos...
09/05/2022

Quando l’incontro di passioni, saperi, e lingue diverse si uniscono a curiosità, impegno e condivisione... nasce qualcosa che sa di magia. Mai grata abbastanza di aver incontrato preziosi compagni di viaggio con i quali proseguire il cammino e continuare ad alimentare la passione per il nostro lavoro.
Un grazie ad ognuno, uno per uno.
Onorata di aver potuto contribuire con una riflessione sul tema.

25/04/2022

Il 25 aprile è l'anniversario della liberazione d’Italia e si celebra per commemorare la liberazione dell'Italia dal nazifascismo, la fine dell'occupazione nazista e la definitiva caduta del regime fascista.

Marianna Bolko, nel suo scritto ‘L’estraneo sul confine’ ricorda così quel giorno: “Mi furono raccontati altri episodi, racconti che progressivamente si fecero ricordi. Uno dei primi è l'insegnamento, da parte di qualcuno, della distinzione tra gli aerei buoni (quelli degli alleati) e gli aerei cattivi (quelli che buttavano le bombe), oppure le corse a suon di sirene per raggiungere i rifugi. Conoscevo il nome di Auschwitz e Dachau. Ancora, ricordo di mio padre in prigione tra i condannati a morte e poi liberato. Era stato sottoposto alla finta fucilazione, e della sua prigionia a Gonars (Italia) diceva: «Cossa te vol, rispetto i campi tedeschi… da noi solo calci in cul e un po' de olio de ricino!». Ma, soprattutto, ricordo la mia fiduciosa aspettativa della fine della guerra, della liberazione, della vittoria sul nazifascismo che ci univa tutti e della quale tutti eravamo convinti. Come tutti i nati durante la guerra, facevo fatica a immaginare la fine, dato che l'inizio mi era stato solo raccontato. E poi conoscevo solo la precarietà della vita del tempo di guerra. Un giorno accadde ciò che aspettavo e immaginavo da tempo. Era mattina. Tanto silenzio. A noi bambini dissero che era pericoloso affacciarsi alle finestre perché c'era in giro ancora qualche militare tedesco in ritirata. Non si sentiva nessun rumore. Poi s'udì il risuonare degli zoccoli di un cavallo che arrivava proprio dalla strada dove abitavamo. Qualcuno gridò: «È arrivato il primo partigiano, i tedeschi se ne sono andati!». Con altri bambini mi misi ad appendere alle finestre le bandierine con la stella rossa, che noi bambini già da tempo avevamo preparato, nascosti nella cantina. Ricordo che qualcosa era cambiato dentro di me. Mi sentivo forte, forte come un leone anche se avevo solo quattro anni ed ero di costituzione fragile» (Bolko, 2005, pp. 182-183)”.

(2012). Psychoter. Sci. U., (46)(2):225-240

18/04/2022

In questi giorni di festa in molti sentono il desiderio di tornare nella propria abitazione d’origine non solo per ritrovare i familiari e gli amici, ma anche per tornare a vivere proprio il paese e la casa.

“Ma cos'è un paese, cos'è una città, nella profondità dell'animo umano?
Se si coltiva con pazienza l'arte dell'aspettare e dell'ascoltare, si arriva col tempo a comprendere che il luogo di appartenenza si configura nel profondo come una realtà equivalente - a diversi livelli - alle prime e più importanti cose che l'individuo ha conosciuto all'inizio della vita: il corpo della madre, la casa, la rete dei legami familiari.
È dunque un corpo materno, che può essere osservato da lontano (ricordate il tormentone del «Paese mio, che stai sulla collina»?) o abitato da dentro («cullato tra i portici cosce di mamma Bologna» canta Guccini); che ha una sua pelle inconfondibile (il colore dei selciati, degli intonaci, dei mattoni, dei marmi) e suoi odori fondamentali (di mare, di campi, di smog) e una sua voce, una sua musica, che è la parlata locale: la lingua madre.
E, per dirla tutta, assai spesso la stazione ferroviaria, luogo di distacchi e di arrivi, ma curiosamente fulcro costante anche di malavita e di degrado, sembra rappresentare una sorta di onirica zona uro-genitale di questo grande corpo materno (inter faeces et urinas nascimur), da cui partire/essere partoriti ogni volta: il luogo attraverso il quale si esce e si rientra.

E ancora: il luogo di appartenenza può essere raffigurato come una rete, una grande rete di legami invisibili, di fili affettivi che uniscono ogni persona alle altre che sono per essa significative (i congiunti, gli amici, i colleghi) in modo magari poco appariscente ma tenacissimo: ed è questo che conferisce una coloritura intensamente emotiva ai luoghi, a prescindere dai paesaggi.
Mestre, una delle più anonime e scombinate città d'Italia, si trasformò in una incantevole madre adottiva per molti miei pazienti di diversa provenienza, durante il periodo del loro del trattamento: potenza del transfert!”.

Stefano Bolognini (2008), Come vento, come onda. Dalla finestra di uno psicoanalista, Bollati Boringhieri, pag. 70-71

Articolo consigliatissimo, soprattutto nella lettura che la psicoanalista Adelia Lucattini propone rispetto alla costruz...
15/04/2022

Articolo consigliatissimo, soprattutto nella lettura che la psicoanalista Adelia Lucattini propone rispetto alla costruzione identitaria di bambini e adolescenti “vetrinizzati”

Foto tenere, spesso buffe, che fanno letteralmente impazzire i followers, ma che portano con sé vari dubbi etici, e anche qualche preoccupazione. Lo sharenting…

Indirizzo

Grosseto
58100

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