07/11/2025
VIOLENZA SULLE DONNE SULLE DONNE, LA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE:
VITTIMA CREDIBILE ANCHE SE RITRATTA LA DENUNCIA.
La donna vittima di violenza domestica deve essere considerata credibile, anche se ritratta le accuse nei confronti del maltrattante e torna nella relazione con l’autore degli abusi, poichè tali comportamenti rientrano nel cosiddetto “ciclo della violenza” che gli operatori sono tenuti a conoscere.
E’ quanto sancisce, in sostanza, la nuova PRONUNCIA della CORTE di CASSAZIONE, DATATA 11 SETTEMBRE 2025, che ha rigettato il ricorso presentato da un uomo, contro la condanna del tribunale di Avellino confermata dalla corte di appello di Napoli, per il delitto di maltrattamenti ai danni della convivente. Ricorso basato sulla non credibilità della persona offesa e sui suoi presunti comportamenti contraddittori: messaggi affettuosi, tentativi di riavvicinamento, ritardi nella denuncia. Argomentazioni «inammissibili e non fondate», secondo i giudici della sesta sezione penale della Cassazione – presidente Massimo Ricciarelli, relatrice Paola Di Nicola Travaglini, consigliera estensora – alla luce della giurisprudenza sui reati di maltrattamenti in famiglia e violenza di genere, che riconosce il ciclo della violenza nelle relazioni e la violenza psicologica.
La pronuncia della Corte
🖊«L’apparato argomentativo delle sentenze di merito ha in sostanza ritenuto – scrive la Cassazione – che il riavvicinamento della persona offesa all’imputato nonostante le gravi violenze subite e il lungo tempo di reazione rispetto alla denuncia, non avessero inciso affatto sulla sua credibilità, ma, al contrario, fossero espressivi di canoni consolidati traducibili in massime di esperienza… fondate sulle evidenze dell’ampia casistica giurisprudenziale, circa i comportamenti tenuti dalle persone offese di reati commessi in contesti di coppia rappresentative del ciclo della violenza».
Modello , quest’ultimo, da decenni oggetto di studi a livello nazionale ed internazionale e che 🖊«aiuta a comprendere come e perché si sviluppano e si ripetono le dinamiche abusive nelle relazioni intime».
Il “ciclo della violenza”
Le condotte riferite dalla persona offesa, con le sue paure e i suoi ripensamenti, danno puntuale conto del CICLO DELLA VIOLENZA della violenza, RICONOSCIUTO IN GIURISPRUDENZA e NELLA LETTERATURA SCIENTIFICA, SCRIVONO I MAGISTRATI.
CICLO CHE SI COMPONE di TRE FASI.
La PRIMA è la FASE della tensione, in cui l’uomo mostra irritabilità, ostilità e freddezza; assume comportamenti volti a colpevolizzare, umiliare e sminuire l’identità la compagna; impone divieti rispetto alla sua vita sociale. In questo momento la donna – già vittima di violenza psicologica – cerca di evitare l’escalation della violenza, accontentando il partner e isolandosi. Nella SECONDA FASE, quella dell’esplosione, la violenza diventa fisica: si tratta del momento più pericoloso per la vita della donna.
Poi c’è la FASE DELLA LUNA DI MIELE, che coincide con il pentimento e le rassicurazioni da parte del maltrattante, il quale convince la vittima a tornare nella relazione.
Dipendenza e vulnerabilità
Il ciclo della violenza tende a ripetersi nel tempo,
🖊«in una spirale strutturata che spiega perché molte vittime di violenza domestica ritornano nella relazione maltrattante, ritrattano le accuse e non sono più in grado di uscirne, sempre più immobilizzate da paura, isolamento e dipendenza (soprattutto economica), acquisendo una condizione di particolare vulnerabilità», spiegano i giudici.
Numerosi organismi internazionali come l’Onu – Organizzazione nazioni unite -, l’Oms – Organizzazione mondiale della sanità, il Cedaw – Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne – il Consiglio d’Europa, il Grevio (gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, per la valutazione dell’effettiva applicazione della Convenzione di Istanbul) riconoscono la struttura ciclica della violenza domestica e la necessità di valutarne le specifiche dinamiche psicologiche nella risposta giudiziaria e nella protezione delle vittime. Dal punto di vista normativo, le stesse fonti sovranazionali tengono conto del ciclo della violenza e della vulnerabilità della vittima.
Attendibilità della vittima
La testimonianza della vittima è valida e utilizzabile anche senza riscontri esterni, purché il giudice ne faccia un vaglio approfondito. Al pari di qualsiasi altra testimonianza, sottolinea la Cassazione, la dichiarazione della persona offesa è assistita dalla presunzione di attendibilità, come previsto dal codice di procedura penale e comunque l’attendibilità intrinseca del racconto e la sua credibilità costituiscono questioni di merito non censurabili in sede di legittimità, se non a fronte di manifeste contraddizioni. Come già spiegato, inoltre, i momenti di riavvicinamento della donna all’imputato non minano la credibilità della vittima. Sono fenomeni coerenti con il ciclo della violenza, spesso frutto di manipolazione, paura o dipendenza affettiva. La vittima era incinta e l’uomo minacciava di toglierle il figlio.
Ritardo nella denuncia
Il fatto che la persona offesa non abbia denunciato nell’immediato le condotte maltrattanti deve essere inquadrata e contestualizzata nel tipo di relazione in cui gli abusi si sono consumati, spiegano i giudici e, soprattutto, nel momento preciso del ciclo della violenza. La Cassazione ricorda che il reato di maltrattamenti è procedibile d’ufficio: ciò significa che il momento della denuncia è rimesso alla scelta della vittima e non può ritorcersi contro di lei.
Le motivazioni che inducono la persona, vittima di violenza domestica, a denunciare in un determinato momento e non in un altro, sono le più varie, sono valutazioni personali e soggettive e non possono mettere in dubbio di per sé la credibilità della donna. Sono decisioni legate, ad esempio, alla paura, al timore di ripercussioni, alla speranza che la situazione possa migliorare, a un tentativo di evitare la rottura, visto il legame affettivo che lega la vittima di violenza domestica al maltrattante.
Violenza psicologica
La Corte ribadisce che la violenza domestica comprende non solo atti fisici, ma anche violenza psicologica, forma autonoma a cui spesso seguono altre forme di abuso, come definito dalla Convenzione di Istanbul e dalla giurisprudenza europea. Le doglianze del ricorrente – prosegue la Corte – mirano a ribaltare l’accertamento penale, spostando l’attenzione dalla condotta dell’imputato ai comportamenti della vittima. L’uomo si è infatti soffermato solo sulla violenza fisica, ignorando le altre forme di violenza, soprattutto quella psicologica.
La Cassazione, respingendo il ricorso, ritiene dunque la testimonianza della vittima coerente e credibile; le condotte e il ritardo nella denuncia spiegabili alla luce del ciclo della violenza; corretta la valutazione dei giudici di merito in linea con il diritto interno e internazionale.
6 Novembre 2025 Livia Zancaner
👉 Leggi qui l'articolo https://alleyoop.ilsole24ore.com/2025/11/06/violenza-donne-cassazione/?utm_term=Autofeed&utm_medium=FBSole24Ore&utm_source=Facebook =1762409738