10/11/2025
🔶 𝐂𝐎𝐍𝐅𝐎𝐍𝐃𝐄𝐑𝐄 𝐋𝐀 𝐅𝐄𝐑𝐈𝐓𝐀 𝐂𝐎𝐍 𝐋’𝐀𝐌𝐎𝐑𝐄
Quando da piccoli siamo stati poco amati è come se dentro restasse una ferita che continua a cercare forma, voce, riscatto.
E allora vaghiamo, quasi senza accorgercene, alla ricerca di qualcuno che assomigli, anche solo in un’ombra, a quel genitore che non ci ha saputo tenere.
Qualcuno un po’ distante, un po’ duro, un po’ incapace di mostrarsi.
Qualcuno che ha paura dell’amore, esattamente come avevano paura loro.
E in quella somiglianza: fredda, trattenuta, incompleta,c’è un richiamo antico:
la possibilità di riscrivere la storia.
Questa volta con un lieto fine.
Questa volta con noi al centro.
Chi ci ama apertamente, senza esitazioni, senza scomparse, paradossalmente,ci tocca meno.
Ci sembra debole, quasi privo di mistero, privo di quella tensione che ci tiene agganciati.
Perché non ci fa rivivere la scena primaria.
Non ci fa vibrare l’antico bisogno di “riconquistare” chi non c’era.
Quando l’altro si nega, ecco, lì il cuore corre.
Lì si accende l’emozione.
Lì riconosciamo il genitore che ci sfuggiva.
E se riusciamo a farci amare da chi si nega…
ci illudiamo di aver salvato il nostro passato.
Un passato che non ricordiamo con la mente, ma che vibra ancora nelle emozioni custodite nel corpo.
E così accade il paradosso:
più siamo protesi verso la conquista dell’altro, meno lo vediamo davvero.
Meno lo amiamo.
E meno sappiamo amare.
Quando siamo ossessionati da come l’altro ci tratta, se ci ha scelti, se ci preferisce,
la verità è che non ci interessa chi è davvero.
Ci interessa il riconoscimento.
Quello che è mancato da bambini.
L’altro diventa il nostro cielo e il nostro abisso:
ci può dare l’estasi oppure farci precipitare nella tristezza più nera.
Diventa tutto per noi…
e lui o lei, da quella posizione, sente che qualcosa non torna.
Che c’è una mancanza di reciprocità.
Alla fine ci affanniamo a essere amati,
ma dimentichiamo la cosa più semplice, più umana, più temuta:
amare.