31/08/2025
UN POST PER UN INVITO AD ALCUNE RIFLESSIONI, SENZA ALCUN ALTRO OBIETTIVO
Qui sopra, da ormai una decina d'anni, cerchiamo esclusivamente di dare annunci, informazioni e alcune indicazioni che, per la nostra esperienza, sia professionale, sia personale, e - soprattutto- dall'interno della vita ordinistica riteniamo sia utile conoscere; poi, è ovvio, ognuno ci può fare quello che vuole: compreso il brodo, se crede.
Questo, naturalmente, a parte gli ''atti dovuti'' da parte di un Ordine professionale, che non inseriamo certo sui social.
Nei giorni scorsi ci sono stati segnalati dei vivaci scambi social, scaturiti dal post iniziale di una infermiera che descriveva la gestione del ricovero di un parente in una struttura privata.
Al post iniziale hanno replicato altri operatori, con reciproche accuse e osservazioni poco ''eleganti''; e si sono poi inseriti anche numerosi cittadini, che hanno colto l'attimo (per molti, questi argomenti sembrano rappresentare una occasione ghiotta e attesa) per descrivere le loro esperienze e le loro impressioni in quello specifico ambiente, ed in altri luoghi di cura, pubblici e privati.
Qui non entriamo -neppure in minima parte- nel merito degli episodi che da una parte all'altra vengono descritti, ma non per disinteresse: non li commentiamo perchè, se non siamo presenti, o se non siamo testimoni dei fatti, di fronte a commenti social ci pare di poter dire poco .
Abbiamo naturalmente osservato (questo sì, ed è evidente) che c'è un ''percepito'' piuttosto critico, e sicuramente assai poco gradito, in merito a questa esperienza, e anche su quelle che sono poi state citate in replica.
Detta questa ovvietà (che non è tale per tutti, visto che tanti commenti originano da persone estranee ai fatti descritti, alle organizzazioni di lavoro, alle professioni sanitarie) questo intervento riguarda due aspetti che vogliamo condividere, come Ordine, solo ed esclusivamente come spunto di riflessione, e come valutazione intima: quindi, nessun invito diretto o indiretto a riaccendere anche qui le polemiche: anzi, semmai l'invito va in direzione opposta e contraria.
Primo punto: immaginiamo di essere noi , o un nostro caro, a subìre un problema in una struttura sanitaria; come purtroppo capita, come accade per molte cause: anche se è scontato dire che ''non dovrebbe succedere''.
Se si ritiene di avere subìto un torto, una mancanza di cure e assistenza, o si ritiene di aver avuto cure inadeguate, o un trattamento irriguardoso, la procedura per segnalare l'accaduto non è certo quella di scrivere un post sui social: ci sono molte possibilità di richiesta di intervento, interne ed esterne alle singole realtà di cura, fino al ricorso agli strumenti previsti dalla legge.
Cosa molto probabilmente più utile, e anche al riparo dalla insorgenza di altri problemi.
I social infatti non sono un territorio ''senza legge'': ci sono - da anni ormai- moltissime querele per un utilizzo a volte troppo ''leggero'' di qualcosa che è comunque regolamentato dalle leggi dello Stato: una azione vietata dalla legge come la diffamazione, per fare un classico esempio, è più grave se viene esercitata su una piattaforma social (rispetto all'insultare qualcuno in un bar) poichè la platea dei potenziali contatti è infinita: quindi diventa ''diffamazione aggravata'' (art 595 del Codice Penale).
Quindi, insomma, come concetto generale il suggerimento generale (ben oltre il caso di specie citato) è che forse è meglio risolvere le questioni in altra sede, e con altre modalità. (Almeno limitare e moderare i commenti, se proprio si ritiene di dover fare una ''denuncia pubblica'').
Secondo punto, e a chiudere: come ci ricordava una collega, commentando il tutto; ma avete mai letto post simili con protagonisti i medici?
Cioè, il post di un medico che contesta pubblicamente le azioni di altri medici, nella tale realtà, in una particolare organizzazione, ecc?
Quasi certamente no.
Buon fine settimana