27/11/2025
Ringrazio la Preside, la Prof.ssa referente di queste attività e chi mi concede queste grandi opportunità, di altissima esperienza e formazione per la mia carriera.
Oggi, ho detto ai ragazzi e alle ragazze della secondaria di primo grado, scuola nella quale sono stata per parlare di ‘violenza di genere’ che avrei voluto che quello di oggi diventasse uno scambio, io portavo loro il mio sapere e la mia esperienza e lo stesso avrebbero fatto loro, come sono solita fare e come mi piace: portare a casa un pezzo di ognuno che incontro, attraverso ciò di cui mi hanno fatto dono, un dialogo, una parola, uno sguardo, un saluto, un sorriso o il silenzio. A me i giovani piacciono, ci lavoro da anni ed è il motivo per cui continuo a lavorarci. Hanno fiuto, sanno attivarsi quando c’è da attivarsi e se inizi a parlare la loro lingua non smettono più di parlarti. Sono interessati, vogliono sapere, ma vogliono anche trovare adulti che siano in grado di reggere il peso delle domande che portano, che non si nascondano e che affrontino insieme a loro ciò che emerge. Giustamente, aggiungerei.
Dunque, la riflessione siamo proprio noi adulti a doverla fare. A doverci domandare quanto ci mostriamo presenti, quanto ci siamo davvero, presenti. Quanto siamo disposti a mettere in gioco di noi, per poterli aiutare. Quanto ci dobbiamo ancora impegnare e quanto sia nostro dovere farlo.
Alcuni dati statistici ci informano di un risultato positivo: le donne riconoscono e sono più consapevoli degli atti violenti. Bene, ma non è abbastanza per me. Allora, ho parlato loro di quei tipi di violenza che sono più difficili da riconoscere: ho parlato della violenza psicologica, della manipolazione, degli insulti e dell’umiliazione, della violenza economica, dell’isolamento sociale a cui si viene portate. E poi ho detto loro tutto ciò per cui non devono mai chiedere il permesso a nessuno, ho parlato loro di libertà, di amore, di gentilezza e di tutto ciò che è l’opposto della violenza.
Amore non è violenza.