20/11/2025
"Studiare non è facile. E non deve esserlo. [.. ] Studiare, crescere, apprendere non è un esercizio di comodità. È un atto di fatica.
Il nostro cervello, quando impara, deve creare connessioni nuove, tracciare percorsi sinaptici, costruire strade dove prima non c’era nulla. E ogni nuova strada richiede energia, sforzo, tempo. Se penso ai miei anni di studio, ricordo bene la fatica. All’università di Fisica, ma anche alle superiori, ho sempre desiderato capire come funziona il mondo.Eppure, le cose che mi sono rimaste davvero impresse non sono solo quelle che mi hanno coinvolto emotivamente, ma quelle che mi hanno messo alla prova. Ore e ore sulla meccanica quantistica, sulla relatività di Einstein: non erano concetti semplici, ma erano porte su un modo completamente nuovo di vedere la realtà. Dietro quelle formule c’erano menti che avevano osato immaginare l’impossibile. E non parlo solo della fisica. Mi tornano in mente anche le difficoltà con l’arte, la filosofia, persino con l’italiano e la grammatica. Lì dove c’era più resistenza, più fatica, oggi c’è più memoria, più profondità. Chi racconta che si impara solo giocando o che il digitale renda tutto più facile, sta tradendo il senso profondo dell’educazione. Perché non esiste apprendimento senza fatica, e non esiste crescita senza attraversare la complessità. Il rischio è formare generazioni dipendenti da qualcosa che renda tutto immediato — un’app, un algoritmo, un tutorial — ma incapaci di sostenere il peso del pensiero lungo, dello sforzo, della concentrazione. Studiare è fatica, sì. Ma una fatica nobile, che ripaga.
Perché quando capisci qualcosa che prima ti sembrava impossibile, scopri una soddisfazione che non dipende da nessun dispositivo, da nessuna scorciatoia. È qualcosa che ti appartiene. E nessuno potrà mai togliertelo".
(Alfonso D'Ambrosio)
Alfonso D'Ambrosio è fisico e dirigente scolastico.
Sotto, sinapsi.
Ph Cronache di scienza