03/11/2025
Ho ritrovato questo oggetto così prezioso.
Apparteneva a mia nonna Naide, per tutti.
Alla nascita Anaide. La mia nonna paterna.
Qui è custodito un segreto immenso:
il profumo di mia nonna.
Che ci ha lasciati qualche anno fa.
Ci si dedica così tanto al decluttering, al lasciare andare, al distacco,
raramente però ci fermiamo ad apprezzare il valore di ciò che rimane.
Mia nonna materna, nonna Dina, era una donna di terra, cresciuta nei campi, profondamente connessa alla natura. Amavo sedermi al caminetto con lei.
Con mio nonno mi hanno tramandato la ricchezza delle tradizioni, che ho stretto a me fin da piccolina e ancora oggi, anche nel mio lavoro.
Ricordo ancora il roseto di nonno Egisto, l’orto, l’odore dei pomodori verdi tra cui ci nascondevamo da piccoli.
Sembravano tende in miniatura degli indiani d’America.
La notte prima della sua morte, l’ho sognato. C’era anche nonna Dina, morta qualche anno prima.
Il sogno è ancora così vivido.
Tempo addietro ho trovato una scatola che gli apparteneva.
Dentro c’erano alcune dei suoi tesori.
Lui sì, che era un romantico.
Aprendola ho sentito le sue mani, il suo modo di aggiustare le cose, la sua presenza discreta.
Sono stati giorni di scavi certosini, in cui sono riapparse foto di nonna Dina, sorridente e accanto una di mia madre, ancora molto giovane.
Nonna Naide ha viaggiato tanto, ha lavorato altrettanto, si è presa cura di sei figli. È stata nonna e bisnonna di nipoti e pronipoti a dismisura.
È vissuta fino a 96 anni.
Era una donna minuta, sempre con il sorriso sulle labbra.
In entrambe ho sempre saputo scorgere della malinconia
Una lo nascondeva meglio, l’altra meno.
Conosco poco di mio nonno paterno, Nino, perché è morto quando avevo solo tre anni, e l’unica immagine che ho di lui, stampata nella mia mente,
è nella cucina del suo ristorante, che poi è diventato quello di mio padre, con una luce scintillante che filtrava dalle grandi finestre e illuminava le mattonelle bianche.
E poi i miei bisnonni…
Sento le loro doti, i fantasmi, le meraviglie, i segreti e i silenzi, le cicatrici, gli scheletri nell’armadio.
Radici che si intrecciano come mani che si toccano.