30/10/2025
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PERCHÉ LE CRISI EMOTIVE NEI BAMBINI SONO NORMALI
Immaginate per un istante che, una mattina, dopo una nottata difficile, prima di uscire per andare a lavoro, abbiate una voglia matta di un buon caffè per cominciare al meglio la giornata. Immaginate che il caffè, proprio quel giorno, proprio in quel momento… sia finito. Il nervosismo sale e la frustrazione aumenta per il solo fatto che non possiate avere ciò che, in quel momento, desiderate di più. Un respiro profondo e si arriva a relativizzare, dicendosi: “pazienza, non importa, me ne farò una ragione. Vorrà dire che andrò al bar per questa volta.”
Quello che è successo è che avete guardato la situazione da un’altra prospettiva, gestendo la frustrazione e le vostre emozioni.
Ora prendiamo un altro esempio: vostro figlio di 3 anni. Gioca con sua sorella di 20 mesi e lei gli prende dalle mani il suo gioco preferito, il suo amato robot. E lì avviene il dramma… il bimbo urla, grida, sbatte i piedi, si getta per terra con una reazione spropositata. Noi, allibiti da questa crisi per un “non nulla”, gli diciamo: “ma dai su, non è nulla, lei è piccolina, cerca di avere pazienza… hai un sacco di altri giochi, e poi si deve imparare a condividere.”
E qui arriva la fine del mondo… vostro figlio non ne vuole più sapere, non ascolta neanche più quando cercate di calmarlo. Grida, piange, esplode di rabbia… una vera e propria crisi spropositata!
La stessa cosa potrebbe accadere al supermercato quando, alle 18, vostro figlio vuole mangiare il cioccolato e voi ovviamente dite di no, spiegando e argomentando la vostra decisione… anche lì, grande crisi, pianti… e mezzo supermercato che vi squadra alzando il sopracciglio.
Commentini del tipo: “il bimbo è capriccioso”, oppure: “questo succede quando non si danno limiti ai bambini!” o ancora: “non sono normali queste crisi.”
Ma cosa sta realmente succedendo da un punto di vista cognitivo? Perché l’adulto riesce a gestire le proprie emozioni e il bambino no?
L’adulto, grazie alla completa maturazione cerebrale, ha una capacità di rielaborazione e analisi molto più profonda, e dovrebbe riuscire (in teoria) a relativizzare, guardando la situazione da un altro punto di vista. Questo gli permetterà di accettare che una mattina senza il caffè della moca non è la fine del mondo.
Il bambino non riesce a farsene una ragione, ma non perché non voglia, bensì perché per lui è impossibile pensare che non sia la fine del mondo se la sua sorellina gioca con il suo robot. Per lui, in quel momento, è davvero la fine del mondo.
Ma perché? Cosa avviene a livello cognitivo?
Per prima cosa, bisogna sapere che convenzionalmente la letteratura scientifica propone una suddivisione tripartita del cervello, che ne agevola la comprensione.
→ Il cervello rettiliano (cervello della sopravvivenza), che ha come missione quella di garantire la sopravvivenza al nostro organismo . È responsabile anche di aiutarci in caso di pericolo o stress. In caso di minaccia, infatti, ci farà reagire in maniera istintiva, facendoci scappare a gambe levate, per esempio. Questa parte del cervello è attiva e funzionale già dalla nascita (anche prima)… il nostro pupo non avrà quindi problemi a difendersi dal compagno che gli ruberà il suo adorato trattore rosso, per esempio. Tra gli organi principali del cervello rettiliano troviamo il tronco encefalico, l’ipotalamo, il talamo e i nuclei della base.
→ Il sistema limbico (cervello che sente) regola le motivazioni sociali e le emozioni. Anche questo è presente e funzionale dalla nascita e permette al bambino di sentire emozioni come la gioia, la rabbia e la tristezza. Questa parte si radica nella profondità dei lobi temporali, nell’amigdala, nel corpo del cingolo e nell’ippocampo.
→ La corteccia prefrontale, che è la parte del cervello che permette di gestire le altre due. È il capitano della nave: regola le emozioni, aiuta ad analizzare una situazione e a guardarla da una prospettiva diversa. Permette anche di distinguere la realtà dalla finzione e di sviluppare la capacità di astrazione. È lei che ci permette di mantenere l’autocontrollo quando il vicino di casa mette la musica a tutto volume in piena notte, svegliando i bambini.
Il nostro capitano (la corteccia prefrontale), durante i primi 5/6 anni di vita… indovinate? Dorme! Sì sì, dorme proprio! Quindi la nave attraversa l’oceano, il vento, la tempesta… e lui… be’, lui se la dorme beatamente. Tutto ciò è fondamentale saperlo, perché ci spiega che la corteccia prefrontale è una parte molto immatura nel cervello del bambino. È presente, ma le connessioni tra quest’ultima e le altre due parti del cervello sono imperfette e difficili.
È un’immagine semplificata, utile per farsi un’idea, ma oggi le neuroscienze ci dicono che il cervello non funziona a compartimenti separati. Non abbiamo tre cervelli diversi che si accendono uno alla volta. In realtà, abbiamo un unico cervello fatto di connessioni, che si costruiscono e si rafforzano soprattutto grazie alle relazioni con le figure di attaccamento.
Ritornando alle nostre crisi emozionali, possiamo concludere che sono del tutto fisiologiche in un bambino, perché la parte del suo cervello capace di gestire le emozioni e controllare il comportamento è immatura. Quindi no, non sono capricci. Quando il genitore risponde in modo adeguato alle richieste di cura del bambino, regolando i suoi stati fisiologici interni (sistema limbico e sistema nervoso simpatico e parasimpatico) modula e promuove lo sviluppo della corteccia prefrontale.
Grazie alle nuove scoperte in neuroscienze, oggi possiamo finalmente spiegare queste crisi.
Capire il meccanismo che sta alla base di queste disregolazioni emotive ci può aiutare a sintonizzarci al meglio con il bambino, capendo che non si tratta nè di una provocazione verso di noi, nè di un agito volontario.
Sapere il perché di determinati comportamenti ci rassicura, ci tranquillizza e, di conseguenza, ci aiuta a mantenere una relazione di qualità con il bambino.
Queste crisi sono normali e fanno bene al bambino.
Ormai siamo d’accordo sul fatto che un bambino vive tempeste emozionali enormi e che non è capace di gestirle.
Ma allora perché sono benefiche per il bambino?
Semplicemente perché è il solo modo per il bambino di liberare il sacco davvero troppo pieno di emozioni e di stress che accumula durante tutta la giornata.
Molti non si rendono conto dello stress a cui i bambini sono sottoposti quotidianamente. Andare al nido o a scuola equivale a vivere esperienze, stimolazioni e frustrazioni non indifferenti… senza tralasciare il fatto che le loro figure di attaccamento (mamma e papà) in tutto questo non sono presenti.
Come tutti noi, i bambini hanno alle spalle uno zaino (immaginario, ovviamente) che si riempie di un sassolino appena il bambino è sottoposto a stress, emozioni o frustrazioni, ecc. Quando lo zaino è pieno… esplode!
Sì, esplode perché il bambino non sa ancora dirigere e quindi “svuotare” la sua carica di emozioni (i sassi) in maniera costruttiva.
Di solito basta una piccola cosa per far traboccare il vaso (in questo caso, per far esplodere il sacco): può essere quel famoso “no” alla barretta di cioccolato alle 18 di sera al supermercato, per esempio. Una volta che il bambino si sarà sfogato, si sentirà meglio, rilassato.
Spesso, tutto ritorna come prima, come se niente fosse successo. È ovvio: il bimbo ha svuotato il sacco. Letteralmente. Quindi si sente meglio.
Progressivamente, man mano che il suo cervello maturerà, il bambino imparerà a dirigere e gestire il suo sacco. Nel frattempo, però, bisognerà portare pazienza e accompagnarlo in questa crisi, di cui il bambino ha bisogno per ritornare in sé.
Isabelle Filliozat (psicoterapeuta francese) dice una frase che riassume bene questo pensiero:
“Voi chiedete al bambino di calmarsi dalla crisi, ma sarà proprio questa crisi che farà calmare il bambino.”
(Filliozat, 2013)
Come comportarsi allora?
● Restare accanto al bambino e non lasciarlo solo di fronte alle sue emozioni. L’adulto è il porto sicuro e in mezzo alla tempesta diventa ancora più prezioso.
● Rispettare la giusta distanza. Alcuni bambini avranno bisogno di essere presi in braccio, altri avranno bisogno solo di una mano sulla spalla, altri ancora non vorranno proprio essere visti in questo stato.
● Farsi scivolare addosso quegli sguardi pieni di giudizi non richiesti. Gli altri non sanno cosa sta succedendo e non sanno che vostro figlio è stanco, ha fame, ha avuto una giornata intensa, quindi vedranno solo un bambino che riterranno viziato e una mamma incapace di mettergli limiti. Passate oltre! Vostro figlio fa una crisi al supermercato? Bene, pensiamo a lui e non agli altri che non hanno di meglio da fare.
● Proteggere il bimbo dagli sguardi degli altri, in quanto il bambino è molto fragile durante questa crisi. Non bisogna che si senta anche umiliato. Difendetelo da commenti indesiderati (no, non è viziato, non è maleducato, è solo molto arrabbiato!).
● Una volta che la crisi è passata, verbalizzare l’emozione e descrivere quello che è successo e che abbiamo osservato (senza giudicarlo). Questo gli permetterà di identificare e riconoscere le proprie emozioni, sentendosi compreso.
● Evitare frasi del tipo: “non è niente”, “non è grave”. Il bambino ha bisogno di sostegno, ha bisogno che riconosciamo e validiamo la sua emozione… ha bisogno di empatia.
Guéguen, C. (2014). Pour une enfance heureuse : Repenser l’éducation à la lumière des dernières découvertes sur le cerveau. Paris: Pocket.
Filliozat, I. (2013). Au cœur des émotions de l’enfant. Paris: Marabout.
Verardo A.R, Lauretti G. (2020). Riparare il trauma infantile. Manuale teorico-clinico d’integrazione tra sistemi motivazionali e EMDR. Roma: Giovanni Fioriti Editore s.r.l