Anthea - Medical Group

Anthea - Medical Group Trattamenti medici per la bellezza di viso e corpo:
BIORIVITALIZZAZIONE
BOTULINO
FILLER

Anthea medical group comprende:
GINECOLOGIA OSTETRICA, MEDICINA ESTETICA, PSICOLOGIA PSICOTERAPEUTA SESSUOLOGA, ECOGRAFIA-DIAGNOSI PRENATALE, OSTEOPATIA, FISIOTERAPIA, UROLOGIA, NUTRIZIONISMO

- Botox: Il botox, o tossina botulinica, è un trattamento estetico non chirurgico che riduce le rughe dinamiche, come le...
31/05/2023

- Botox: Il botox, o tossina botulinica, è un trattamento estetico non chirurgico che riduce le rughe dinamiche, come le rughe della fronte e le zampe di gallina intorno agli occhi. Viene iniettato nelle aree specifiche del viso per bloccare temporaneamente i segnali nervosi ai muscoli, riducendo così la contrazione muscolare e levigando le rughe.

- Filler: I filler sono sostanze iniettabili utilizzate per ripristinare il volume del viso e ridurre le rughe statiche, come le linee del sorriso o le guance affossate. Comunemente utilizzati fillers includono l'acido ialuronico, che è una sostanza naturalmente presente nel corpo. I filler riempiono le aree trattate per donare volume e migliorare la forma del viso. I risultati possono durare da sei mesi a due anni, a seconda del tipo di filler utilizzato.

- Peeling chimico: E' un trattamento che utilizza una soluzione chimica per rimuovere lo strato esterno della pelle, migliorando la texture, l'aspetto delle cicatrici o delle macchie e stimolando il rinnovamento cellulare. I diversi tipi di peeling chimico includono peeling superficiali, medi e profondi, a seconda della profondità di penetrazione della soluzione chimica. Il tempo di recupero varia in base alla profondità del peeling.

- Terapia con laser: Utilizza la luce laser per stimolare la produzione di collagene nella pelle, migliorando la tonicità e la texture. Può essere utilizzata per trattare rughe, cicatrici da acne, macchie scure, capillari rotti e altri difetti della pelle. Il tipo di laser utilizzato può variare a seconda delle esigenze specifiche del paziente. Il numero di trattamenti richiesti dipende dalle condizioni trattate e dalle risposte individuali.

- Microdermoabrasione: E' un dispositivo a punta diamantata o cristalli per esfoliare delicatamente lo strato superficiale della pelle. Questo processo rimuove le cellule morte e stimola la rigenerazione della pelle, migliorando la texture, riducendo le macchie e le rughe superficiali. La microdermoabrasione è un trattamento rapido e non richiede un lungo periodo di recupero.

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L’insufficienza renale cronica (IRC) è una condizione caratterizzata da persistente e irreversibile riduzione della funz...
26/05/2023

L’insufficienza renale cronica (IRC) è una condizione caratterizzata da persistente e irreversibile riduzione della funzione renale, in un lasso di tempo che può durare mesi o addirittura anche molti anni.

La funzione essenziale del rene è quella di filtrare e depurare il sangue, attraverso un finissimo lavoro di eliminazione delle sostanze tossiche o in eccesso (creatinina e urea, acido urico e altri acidi, farmaci) e di bilanciamento delle sostanze utili al corpo (elettroliti come sodio, magnesio, calcio, potassio, bicarbonato, oltre che anche aminoacidi e glucosio); altre funzioni essenziali del rene sono la regolazione dei liquidi corporei e della pressione arteriosa, e la produzione di importanti sostanze (come l’eritropoietina, essenziale per formare globuli rossi, e la vitamina D).

Nell’arco di una giornata l’intero sangue viene analizzato e depurato circa 35-40 volte. Le principali cause di IRC sono diabete e ipertensione arteriosa, ma le possibili cause sono numerose e molto spesso all’origine dello sviluppo di IRC è possibile identificarne due o più. I soggetti più a rischio di insufficienza renale sono i diabetici, fumatori, i soggetti con colesterolo nel sangue elevato, obesi, ipertesi, cardiopatici, anziani, e i pazienti con storia familiare di malattie renali.

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Circa il 10% della popolazione italiana soffre della sindrome dell’intestino irritabile, una malattia gastrointestinale ...
24/05/2023

Circa il 10% della popolazione italiana soffre della sindrome dell’intestino irritabile, una malattia gastrointestinale cronica che è caratterizzata da dolore addominale, gonfiore e stitichezza alternate a diarrea frequente. I sintomi possono essere piuttosto vari e presentarsi clinicamente diversi a seconda del soggetto; le donne ne sono colpite di più, in una proporzione di 2:1 rispetto agli uomini.

Purtroppo il trattamento è solo sintomatico e spesso non soddisfacente, quindi molti pazienti si rivolgono a terapie complementari. I disturbi gastrointestinali come la sindrome dell’intestino irritabile possono essere trattati con approccio osteopatico, in particolar modo con il Trattamento Manipolativo Osteopatico (OMT).

Tale trattamento, come evidenziato da diversi studi, ha ridotto sintomi come il dolore addominale, la diarrea e la costipazione, senza che nessun paziente abbia riportato eventi avversi.

Il trattamento nella maggioranza dei casi è stato eseguito in zone diverse rispetto a quelle dove si avvertiva dolore, così come suggerisce uno dei principi dell’osteopatia, secondo cui aree del corpo anche lontane possono influenzarsi a vicenda.

Su che principi si basa il trattamento osteopatico dell’intestino irritabile?

L’intestino è strettamente collegato al sistema nervoso centrale tramite la colonna vertebrale, dalla quale si dipartono i fasci nervosi che sono responsabili dei movimenti intestinali (peristalsi) e della contrazione della muscolatura liscia intestinale. Il colon è collegato al sistema nervoso tramite le vertebre dalla 6 alla 12. L’osteopata è in grado di agire sui visceri perturbati attraverso le corrispondenti vertebre e lavorando su diverse parti del corpo allo scopo di:

- Decongestionare i tessuti
- Consentire all’intestino maggiore mobilità
- Riequilibrare le fasce muscolari intestinali
- Favorire la vascolarizzazione tissutale.

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Fare tutti i giorni colazione è un buon punto di partenza ma non basta perché spesso si finisce a consumare pasti mattut...
19/05/2023

Fare tutti i giorni colazione è un buon punto di partenza ma non basta perché spesso si finisce a consumare pasti mattutini troppo sbilanciati, ricchi prevalentemente di zuccheri e grassi vegetali.

E’ il caso delle classiche colazioni a base di fette biscottate e marmellata, cornetto e cappuccino o thè coi biscotti. Poco cambia se usiamo le loro versioni (fintamente) integrali.

Una colazione prevalentemente a base di zuccheri determina un rapido innalzamento della glicemia, una massiccia risposta insulinica, quindi un rapido passaggio di glucosio dal sangue ai tessuti. Si instaura così di conseguenza un’ipoglicemia transitoria, stimolo che unito al rapido svuotamento gastrico, viene raccolto dal centro ipotalamico e contribuisce alla generazione della fame; ciò spinge l’individuo alla ricerca di altro cibo che ovviamente favorisce l’accumulo di grasso.

La scienza si è interrogata molteplici volte se sia meglio iniziare la giornata con una colazione dolce oppure salata. Ciò che emerge sembra ormai largamente confermato. Una colazione ricca di proteine, non per forza salata, sazia più a lungo, migliora l’andamento glicemico e la secrezione di insulina. Quest’ultima se presente in eccesso ostacola la perdita di peso.

Una colazione completa, saziante, nutriente, dovrebbe prevedere tutti i macronutrienti principali:

-una componente di carboidrati complessi (cereali o pane integrale, patate dolci, fiocchi d’avena);

-una di proteine (uova, ricotta, yogurt, prosciutto crudo senza conservanti, salmone al vapore);

-una di grassi (cocco, b***o di alta qualità, frutta secca, cioccolato fondente, avocado);

-una dolce (frutta fresca o disidratata, miele, confetture).

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La vulvodinia è una condizione dolorosa cronica che interessa i genitali esterni femminili. Si manifesta con bruciore e ...
17/05/2023

La vulvodinia è una condizione dolorosa cronica che interessa i genitali esterni femminili. Si manifesta con bruciore e difficoltà nei rapporti sessuali e colpisce il 12-15% delle donne, con effetti negativi sulla qualità della vita.

Anche se si tratta di un disturbo diffuso, la vulvodinia è una patologia ancora poco conosciuta e di difficile individuazione, pertanto può rimanere non diagnosticata e non curata per anni.

Le cause della vulvodinia non sono ancora note. Il disturbo è il risultato di diversi fattori che agiscono in concomitanza, e non può essere ricondotto a una singola causa.

È stato osservato che molte donne affette da vulvodinia hanno una predisposizione genetica alle infiammazioni, e le fibre del nervo della zona vulvare e vestibolare, in queste pazienti, sono più numerose e voluminose.

In generale, alcune cause che provocano vulvodinia possono essere:

-Frequenti infezioni vaginali (candida, vaginite)

-Lesioni del nervo pudendo

-Ipercontrattilità vulvo-perineale

-Alterazioni genetiche

-Traumi psicologici legati a rapporti sessuali, visite o interventi chirurgici ginecologici.

-Traumi fisici (biopsia, elettrocauterizzazione, rapporti sessuali non desiderati o dolorosi).

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Il puerperio è definito come il periodo di tempo che inizia subito dopo il parto e termina con il ritorno dell’apparato ...
12/05/2023

Il puerperio è definito come il periodo di tempo che inizia subito dopo il parto e termina con il ritorno dell’apparato genitale alle condizioni anatomo-funzionali pregravidiche: convenzionalmente si assegna a tale periodo una durata di 6 settimane.

Nel periodo post partum la donna dovrebbe ricevere una valutazione clinica (sanguinamenti vaginali, contrazioni uterine, pressione arteriosa, temperatura, frequenza cardiaca) ed essere supportata per incentivare l’allattamento esclusivo al seno.

Nel 70% delle neo-mamme può succedere che il drastico cambiamento ormonale che segue il parto (crollo degli estrogeni e del progesterone) e la spossatezza sia fisica che mentale, dovuta al travaglio e al parto, determinino uno stato malinconico, denominato baby blues o maternity blues. È una situazione caratterizzata da un’indefinibile sensazione di malinconia, tristezza, irritabilità e inquietudine, che raggiunge il picco 3-4 giorni dopo il parto e tende a svanire nel giro di pochi giorni, generalmente entro i primi 10-15 giorni dal parto.

Pediatri e nutrizionisti sono d’accordo nel ritenere che il latte materno rappresenti il miglior alimento per i neonati, in quanto è in grado di fornire tutti i nutrienti di cui hanno bisogno nella prima fase della loro vita, come ad esempio certi acidi grassi polinsaturi, proteine, ferro assimilabile. Inoltre, contiene sostanze bioattive e immunologiche che non si trovano nei sostituti artificiali e che invece sono fondamentali sia per proteggere il bambino da eventuali infezioni batteriche e virali, sia per favorire lo sviluppo intestinale.

Gli esperti definiscono il latte materno specie-specifico, cioè un alimento biologicamente adatto per l’essere umano. Inoltre per meglio adeguarsi alle necessità di crescita del neonato, non ha mai la stessa composizione. Questo infatti modifica nel tempo la sua formula, rendendola ancora più unica e inimitabile. È per questo che tutti i bambini dovrebbero essere esclusivamente allattati al seno per i primi sei mesi di vita.

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La rinoplastica è l’intervento che permette di correggere completamente la forma del naso, punta compresa. Se sono prese...
10/05/2023

La rinoplastica è l’intervento che permette di correggere completamente la forma del naso, punta compresa. Se sono presenti problemi di respirazione si modifica anche il setto, la parte osseo-cartilaginea che separa le narici.

L’azione chirurgica inizia dalla punta, che viene rimodellata intervenendo sulle cartilagini, e prosegue poi con la correzione delle ossa, del dorso ed eventualmente del setto. L’intervento avviene in anestesia generale e non lascia cicatrici evidenti, in quanto tutte le incisioni vengono effettuate internamente.

La rinoplastica permette di correggere praticamente ogni difetto del naso, ma è un intervento piuttosto impegnativo soprattutto per quanto riguarda la convalescenza. Dopo l’intervento, il paziente indossa un tutore rigido, che deve tenere per 5-7 giorni. Al termine di questo periodo, il tutore viene sostituito con cerotti, da portare per 2-5 giorni. Lividi e gonfiore tendono a scomparire spontaneamente nel corso di 5-7 giorni, ma può restare un gonfiore residuo anche per alcune settimane.

Il paziente deve essere seguito per 6-12 mesi, per verificare l’evoluzione di tutte le strutture modificate (ossa, cartilagini, tessuti molli). Dopo questo periodo, in assenza di problemi quali traumi o incidenti, il risultato è definitivo e non sono più necessari controlli.

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L'incontinenza urinaria è una condizione caratterizzata dalla perdita involontaria di urina. Si tratta di una situazione...
05/05/2023

L'incontinenza urinaria è una condizione caratterizzata dalla perdita involontaria di urina. Si tratta di una situazione di estremo disagio, soprattutto dal punto di vista sociale e relazionale, che colpisce in prevalenza le donne. L'incontinenza urinaria, che è anche maschile, si contraddistingue per la perdita di urine occasionale, ad esempio dopo un colpo di tosse o uno starnuto, o per la presenza di uno stimolo a urinare improvviso. Entrambe le condizioni hanno origine in una probabile disfunzione del pavimento pelvico, l'area del bacino in cui è presente un delicato equilibrio tra ossa, muscoli e nervi, che si può alterare per diverse cause.

Le cause dell'incontinenza possono essere molteplici. Nelle donne, ad esempio, i cambiamenti fisici derivanti dalla gravidanza, dal parto e dalla menopausa o l'intervento di rimozione dell'utero (isterectomia) possono provocare la disfunzione. Una causa frequente è la cistite, infiammazione di natura infettiva, che incrementa il bisogno di urinare. La cistite interstiziale è, invece, una disfunzione cronica a carico delle pareti pelviche che rende difficile e continuo l'urinare. Negli uomini, ciò può accadere in presenza di una prostata ingrossata o dopo l'intervento di rimozione della prostata.

La prevenzione dell'incontinenza nelle sue varie forme è difficile. Le raccomandazioni sono quelle di mantenere uno stile di vita sano, con un'attività fisica regolare e moderata, un'alimentazione equilibrata povera di grassi e ricca di frutta, verdura e fibre. Non prendere peso. Bere almeno 2-2,5 litri di acqua al giorno. Evitare gli alcolici e il fumo. In caso di problemi, limitare l'apporto di caffè e bevande contenenti caffeina.

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Osteopata e fisioterapista sono entrambe figure volte al recupero delle condizioni ottimali di salute, tuttavia lavorano...
03/05/2023

Osteopata e fisioterapista sono entrambe figure volte al recupero delle condizioni ottimali di salute, tuttavia lavorano utilizzando approcci molto diversi.

Spesso il lavoro del fisioterapista è orientato alla cura della sintomatologia locale solitamente a seguito di un intervento chirurgico o di un trauma importante. Il fisioterapista focalizza maggiormente i propri trattamenti sulle zone interessate dal dolore con l’obiettivo di ripristinare l’area che presenta la sintomatologia.

Molti fisioterapisti collaborano, inoltre, in ambito sportivo, per ridurre i rischi di infortunio degli atleti e ottimizzare i tempi di recupero.
Durante il trattamento, il fisioterapista può utilizzare terapie fisiche (es. tecar terapia, laser, ultrasuoni), manuali e occupazionali.

L’osteopata ricerca principalmente le cause che hanno generato il problema, non si sofferma esclusivamente sulla zona che presenta la sintomatologia ma, considera il corpo nella sua globalità e ripristina attraverso la manipolazione osteopatica i processi di autoguarigione e autoregolazione che sono presenti nel nostro corpo.

Spesso l’osteopata collabora con medici specialisti e fisioterapisti per gestire al meglio percorsi di cura integrati o con preparatori atletici o esperti del movimento per migliorare le performance sportive e ridurre il rischio d’infortunio.

L’osteopata non utilizza macchinari per i trattamenti, si serve esclusivamente dell’approccio manuale, sia per la valutazione che per il trattamento.

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Quando è meglio assumere gli integratori vitaminici e quando nell’arco della giornata?Se stiamo assumendo degli integrat...
28/04/2023

Quando è meglio assumere gli integratori vitaminici e quando nell’arco della giornata?

Se stiamo assumendo degli integratori, vogliamo che questi facciano effetto, che siano efficaci, che risolvano le carenze che abbiamo e che ci hanno portati ad assumerli.

Come ad esempio in inverno, quando le scarse ore di luce, il poco tempo passato all’aperto e l’inclinazione dei raggi solari portano ad avere una carenza di Vitamina D.

Ma come si può essere sicuri che queste vitamine prese attraverso gli integratori vengano effettivamente assimilate? Ci sono momenti della giornata in cui è meglio prenderle?

Va detto che l’assunzione degli integratori di vitamine e sali minerali deve essere consapevole, ponderata e sicura.

Per prima cosa, quindi, è bene consultare il medico, che in base alla vostra storia clinica e situazione potrà indirizzarvi verso i giusti integratori senza incorrere in effetti collaterali indesiderati

Dopodiché, è sempre opportuno non superare le dosi giornaliere consigliate sulle confezioni, ed è consigliato seguire comunque uno stile di vita sano e una dieta variegata.

Essendo dei nutrienti che si possono trovare anche nei cibi, gli integratori di vitamine possono essere presi durante i pasti, oppure appena dopo aver mangiato, in modo che possano ve**re assimilati più facilmente grazie allo stomaco pieno.

Tuttavia, è consigliato prenderli sempre di prima mattina o al massimo di primo pomeriggio, soprattutto i multivitaminici, come quelli a base di Vitamina D o del gruppo B. Dal momento che spesso servono per dare più energia, meglio evitare di prenderli la sera: potrebbero provocare insonnia, o in ogni caso fare sentire più “svegli” in un momento in cui il corpo dovrebbe invece rilassarsi.

Il discorso non vale però per gli integratori contenenti magnesio e calcio: in quel caso l’assunzione è consigliata proprio la sera prima di andare a letto, così come tutti gli integratori pensati per favorire il riposo, come la melatonina e la valeriana, e quelli per il controllo del colesterolo.

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Lo spotting ovulatorio consiste in perdite ematiche che si verificano nei giorni dell’ovulazione, quindi all’incirca a m...
26/04/2023

Lo spotting ovulatorio consiste in perdite ematiche che si verificano nei giorni dell’ovulazione, quindi all’incirca a metà del ciclo (14 giorni dopo l’ultima mestruazione).

Non hanno nulla a che vedere con le mestruazioni dal momento che si tratta della fuoriuscita di sangue uterino di colore particolarmente scuro.

Può essere particolarmente significativo nel periodo di transizione dalla premenopausa alla menopausa a causa dei cambiamenti ormonali fisiologici in questa fase: lo spotting è spesso causato da uno squilibrio tra la produzione di estrogeni e quella di progesterone.

Lo spotting, infatti, va sempre indagato per accertarne le cause precise, che possono essere molto diverse tra loro. Soltanto lo specialista può individuarle con una visita ginecologica e, se necessario, esami più approfonditi.

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Assumere farmaci nei nove mesi di gravidanza e seguire terapie per patologie in atto si può e si deve, contrariamente al...
21/04/2023

Assumere farmaci nei nove mesi di gravidanza e seguire terapie per patologie in atto si può e si deve, contrariamente alle credenze ancora molto diffuse.

In alcuni casi, i rischi per la madre e il feto in assenza di cure potrebbero addirittura essere maggiori, rispetto a quelli collegati all’assunzione di un determinato medicinale.

Tuttavia è da precisare che l’automedicazione o l’autonoma decisione di sospendere terapie in corso senza parere medico è altamente sconsigliata, specie nella cura di patologie quali: epilessia, ipertensione, diabete, asma, malattie infettive e fungine.

Per la donna incinta che segue protocolli di cura, occorre prudenzialmente prendere determinate accortezze, sempre sotto controllo medico, scegliendo principi attivi, terapie sostitutive, tempistiche anche in rapporto al periodo di gestazione, e dosi adeguate per evitare possibili rischi per il nascituro. Il periodo di maggiore attenzione è nel primo trimestre di gravidanza, durante il quale si formano gli organi e l’embrione è maggiormente sensibile agli effetti dei farmaci.

Il primo principio di precauzione è quello di prescrivere alla donna incinta solo farmaci in commercio da molto tempo, ovvero principi attivi di cui la farmacovigilanza ha potuto registrare con l’uso controindicazioni e benefici, dal momento che i prodotti farmaceutici non vengono testati sulle donne gravide prima della vendita.

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