02/12/2025
COMFORT EATING: non è solo psicologia, non è solo “volontà”
Quando si usa il cibo per calmare emozioni difficili – ansia, stress, vuoto, stanchezza – non si tratta di debolezza.
È un meccanismo che coinvolge la mente e i neurotrasmettitori.
🔹 La parte psicologica
Il cibo diventa un modo per consolarsi, riempire un vuoto, zittire pensieri dolorosi.
Una strategia appresa, spesso legata a vissuti dolorosi.
🔹 La parte neurobiologica
Il circuito della ricompensa si attiva, aumenta il craving, la fame diventa più intensa e la sazietà arriva tardi.
Non è “fame vera”: è il cervello che cerca stimoli di “piacere”.
🔹 E la cura?
La psicoterapia aiuta a dare un nome alle emozioni e a costruire nuove strategie
I farmaci incretino-simili ( semaglutide, tirzepatide) riducono fame, impulsività e pensieri ricorrenti, liberando quello spazio mentale che permette di capire davvero cosa sta succedendo.
Una mente libera che respira sollievo e trova altri interessi
💡 La combinazione è la chiave:
meno fame, meno compulsione → più ascolto, più consapevolezza, più libertà.
Il comfort eating non è un capriccio: è un segnale da accogliere e curare.