Raffaella Tondelli Psicologa

Raffaella Tondelli Psicologa Dott.ssa Raffaella Tondelli
Psicologa Psicoterapeuta
Psicologia Giuridica
Ipnosi Clinica - EMDR adolescenti e adulti

Supercazzole dei tempi moderniLa supercazzola non è soltanto un gioco linguistico comico o un vezzo culturale: è una met...
11/11/2025

Supercazzole dei tempi moderni

La supercazzola non è soltanto un gioco linguistico comico o un vezzo culturale: è una metafora della distanza che separa il linguaggio dalla verità di esperienza. In un’epoca in cui l’apparire sostituisce l’essere, come psicoterapeuta mi sento di suggerire una «cura del linguaggio», non una retorica, non un altro slogan, ma una pratica quotidiana: usare parole che pesano, che risuonano, che si fanno carico di qualcosa che abbia senso.
Il linguaggio è l’habitat dell’anima. Quando la forma prende il sopravvento sulla sostanza, quando le frasi suonano bene ma non risvegliano, allora ci troviamo in un giardino pieno di ornamenti ma senza radici.
In questo senso, nella mia pratica clinica e nella riflessione culturale, la sfida non è semplicemente «evitare la supercazzola», ma coltivare la parola che ha radici, la frase che ha peso, l’atto verbale che è testimonianza di presenza e non di parvenza.
Oggi la supercazzola è ovunque: nei discorsi istituzionali, nei post motivazionali, nelle riunioni aziendali dove si “co-creano sinergie”. Il suo potere non sta nel contenuto, ma nella fiducia che suscita chi la pronuncia. Più le parole sono opache, più sembrano autorevoli. È una strategia di difesa collettiva: proteggersi dall’incertezza con il rumore della sicurezza verbale.
Non serve cercarla lontano: spesso la pratichiamo da soli. Diciamo frasi belle, copiabili, condivisibili, ma senza più contatto con ciò che proviamo. È la banalità che si traveste da profondità. Lì dove non vogliamo sentire la vulnerabilità, mettiamo una formula. È il linguaggio che “fa scena” ma non lascia traccia dentro. Contro la supercazzola non serve più linguaggio, serve presenza. Ascoltare prima di parlare, accettare il silenzio, scegliere parole precise invece di parole grandi.
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Paura dell’abbandono: quando il legame diventa allarmeC’è chi teme il buio, chi i temporali, e chi teme… di essere lasci...
03/11/2025

Paura dell’abbandono: quando il legame diventa allarme

C’è chi teme il buio, chi i temporali, e chi teme… di essere lasciato solo.
Non parlo solo di relazioni che finiscono, ma di quella tensione sottile che attraversa molti rapporti:
la paura che l’altro possa andare via, distogliere lo sguardo, non esserci più.
Questa paura ha radici profonde. Nasce nei legami di attaccamento, i primi, quelli che ci insegnano
se il mondo è un posto affidabile, se il contatto consola, se l’assenza è temporanea o definitiva.
Quando da piccoli abbiamo sperimentato la sicurezza di un abbraccio che ritorna, diventiamo adulti capaci di attendere, di fidarci. Ma se l’abbraccio è mancato, o è stato incostante, la mente impara a vivere in allerta. Così, da adulti, l’amore può diventare anche un sorvegliare silenzioso, una ricerca di conferme, una paura di perdere ciò che è prezioso.
La buona notizia è che l’attaccamento non è una condanna: è una traccia che può essere riscritta,
una ferita che può imparare a fidarsi del tempo, della reciprocità.
In terapia, la relazione stessa diventa una piccola palestra di fiducia. Un luogo in cui si può sentire la presenza costante, sperimentare che l’altro rimane, che la distanza non è abbandono, ma spazio per respirare insieme.
E allora, piano piano, anche il timore di essere lasciati può diventare la quieta certezza di poter restare con sé stessi e con l’altro.

SamhainC’è un tempo, nell’anno e nell’anima, in cui la luce si ritira, e ciò che era pieno diventa spazio. È il Capodann...
01/11/2025

Samhain
C’è un tempo, nell’anno e nell’anima, in cui la luce si ritira, e ciò che era pieno diventa spazio. È il Capodanno dei Celti, ma anche di chi attraversa sé stesso. Un confine lieve, dove il mondo visibile si fa trasparente e ciò che vive nel profondo torna a parlare. In questo silenzio che precede ogni rinascita, si possono incontrare le ombre senza paura, perché portano memoria, e la memoria, se ascoltata, diventa radice.

Samhain non chiede di correre, ma di sostare. Di lasciare che il vecchio muoia con grazia, che il dolore respiri, che le mani imparino il gesto del lasciare andare. Solo allora, dal buio, qualcosa di nuovo comincia a muoversi, timido come un seme che ignora la primavera, ma la attende. Ogni cambiamento autentico passa da qui: da una notte che non è fine, ma soglia. Da un silenzio che non è vuoto, ma grembo. E così, anche dentro di noi, ogni volta che accettiamo di non sapere, che restiamo nel buio senza spegnerlo, stiamo già nascendo di nuovo.

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L'arte del non capire subitoViviamo immersi nella fretta di capire: per risolvere, per agire, per placare l’incertezza.....
30/10/2025

L'arte del non capire subito

Viviamo immersi nella fretta di capire: per risolvere, per agire, per placare l’incertezza...
Eppure, in psicoterapia come nella vita interiore il non capire non è un fallimento, ma una forma raffinata di ascolto.
Ci sono momenti in cui le parole del paziente non chiedono interpretazioni, ma spazio. Momenti in cui l’inconscio, come un animale timido, si avvicina solo se non viene inseguito. È allora che il terapeuta deve coltivare una particolare qualità dell’attenzione: quella che non stringe, non forza, non risolve.
Nel tempo sospeso del non-sapere, qualcosa matura. Il senso emerge lentamente, come una fotografia che affiora dal liquido di sviluppo: un’immagine che prima era invisibile e che, se l’avessimo afferrata troppo presto, si sarebbe rovinata.
Anche fuori dal setting terapeutico, la stessa arte può essere praticata: nelle relazioni, nel lavoro, nell’ascolto di sé.
Non capire subito significa concedersi il lusso di stare con ciò che non è ancora chiaro, riconoscendo che la mente umana non cresce per accumulo di risposte, ma per profondità di domande. A volte, quello che non comprendiamo oggi sta solo cercando il tempo giusto per raccontarsi.

Aforismi e dintorni oltre le frasi ad effettoC’è chi colleziona francobolli, chi tazze, chi traumi. E poi c’è chi collez...
28/10/2025

Aforismi e dintorni oltre le frasi ad effetto
C’è chi colleziona francobolli, chi tazze, chi traumi. E poi c’è chi colleziona frasi ad effetto: aforismi, citazioni, “perle di saggezza” da postare sotto un tramonto o sopra un cappuccino schiumoso. Ogni epoca ha i suoi miti: una volta erano gli eroi, ora sono le formulazioni brevi. Meglio una frase che “suoni bene” di un pensiero che “pesi dentro”.
L’aforisma è la pillola del pensiero: piccola, rivestita di zucchero, e come ogni pillola, a volte cura, ma più spesso anestetizza. Perché se ogni ferita trova il suo “tutto accade per un motivo”, non serve più sentire, né capire. Dietro la frase ad effetto, spesso, il vuoto e dietro la chiarezza assoluta, un pensiero che non ha mai rischiato il dubbio.
Nel linguaggio delle emozioni, le frasi ad effetto sono come cerotti brillanti: coprono la ferita, ma non la curano. Pensare davvero significa sostare nel paradosso, dove la mente non ha ancora trovato un titolo né un epilogo. I pensieri più trasformativi non nascono per essere citati, ma per essere vissuti e spesso arrivano stonati, incompleti, perfino scomodi. C’è un’economia psichica nel desiderio di chiudere tutto in una frase: il bisogno di controllo che prevale sul bisogno di significato. Eppure, come ricordava Bion, il pensiero nasce solo se la mente riesce a tollerare l’assenza di risposta.

Il fascino pop dello psicologo: perché tutti fanno gli psicologiForse perché oggi il linguaggio psicologico è diventato ...
14/10/2025

Il fascino pop dello psicologo: perché tutti fanno gli psicologi

Forse perché oggi il linguaggio psicologico è diventato di uso comune: tutti parlano di ansia, traumi, narcisismo, confini, emozioni tossiche. Eppure, tra parlare di psicologia e fare psicologia, c’è la stessa distanza che passa tra raccontare un intervento chirurgico e saperlo eseguire.
La psicologia clinica non è una chiacchierata empatica. È una disciplina basata su modelli teorici, su dati, su neuroscienze, su un metodo di osservazione e di valutazione che ha alla base anni di formazione universitaria e post-universitaria. Non lavora con opinioni, ma con processi mentali, biologici e relazionali complessi.
Fare lo psicologo non significa “capire le persone”. Significa conoscere come funzionano il cervello, la memoria, il trauma, la regolazione emotiva, la dissociazione, la coscienza di sé. Significa sapere che l’empatia non basta, e che una parola detta in modo improvvisato può amplificare un dolore invece di contenerlo.
E allora? Tutti possono parlare di emozioni, ma non tutti possono trattarle clinicamente. Perché servono strumenti, conoscenze, supervisione e responsabilità.
Essere psicologi non è improvvisarsi sensibili: è saper restare lucidi dentro la complessità,
e portare luce, non opinioni, nei luoghi dove la mente soffre.
Parola di psicoterapeuta.
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10 ottobre 2025 Giornata Mondiale Salute MentaleVedo quotidianamente quanto sia fragile la linea che separa il funzionar...
10/10/2025

10 ottobre 2025 Giornata Mondiale Salute Mentale

Vedo quotidianamente quanto sia fragile la linea che separa il funzionare dal sentire.
E quanto spesso la sofferenza nasca non dal dolore in sé, ma dal tentativo di nasconderlo.
Non servono parole eroiche, né campagne rassicuranti.
Serve una cultura capace di accogliere la complessità: che sappia che l’inquietudine non è un errore,
che la vulnerabilità è una forma di intelligenza, e che il silenzio, a volte occorre.
La salute mentale non è uno stato. È un processo relazionale. È ciò che accade quando qualcuno, dentro o fuori di noi ascolta davvero.

Festa dei Nonni: Felici e al tempo stesso stanchi di esserloOggi celebriamo i nonni: figure affettuose (nella maggioranz...
02/10/2025

Festa dei Nonni: Felici e al tempo stesso stanchi di esserlo

Oggi celebriamo i nonni: figure affettuose (nella maggioranza dei casi), colonne silenziose delle famiglie, custodi di ricordi, storie e valori.
Eppure, accanto alla gioia di esserlo, molti nonni e nonne raccontano anche la fatica di questo ruolo.
Negli ultimi decenni, la loro funzione è profondamente cambiata. Non sono più solo “presenze amorevoli” da incontrare nei momenti speciali: per molte famiglie rappresentano un pilastro quotidiano, fondamentale nella cura dei nipoti e nella gestione degli impegni.
Mattine presto, pomeriggi intensi, corse tra scuola e attività… spesso i nonni diventano una seconda “centrale organizzativa”, con poco spazio per sé.
Eppure, questo momento della vita dovrebbe essere anche il loro tempo: il tempo ritrovato dopo anni di lavoro e responsabilità, il tempo dei viaggi sognati, degli impegni personali rimandati, della lentezza finalmente possibile. Un tempo per sé, per coltivare passioni, per rallentare. Dietro ai sorrisi e all’amore sincero, spesso si nascondono responsabilità pesanti: sentirsi indispensabili, avere poco margine per dire di no, vivere con il timore di “non farcela più come una volta”. E tutto questo mentre si cerca di dare un significato nuovo alla propria quotidianità.
In questa festa, oltre a ringraziarli con affetto, è importante riconoscere la loro fatica, legittimarla e aprire spazi di dialogo autentico.
Essere nonni non dovrebbe significare annullarsi, ma trovare un equilibrio nuovo, che tenga insieme la gioia della relazione con i nipoti e il diritto al proprio tempo, ai propri ritmi e alla libertà conquistata.
Celebriamoli, dunque, non solo con fiori e parole dolci, ma anche con ascolto vero e con la disponibilità a redistribuire compiti e carichi, perché possano continuare a essere nonni… senza smettere di essere persone.

Ipnosi in menopausaL’ipnosi funziona. Non perché lo dico io, non perché la pratico con passione e rigore in ambito psico...
15/09/2025

Ipnosi in menopausa
L’ipnosi funziona. Non perché lo dico io, non perché la pratico con passione e rigore in ambito psicoterapeutico, quindi in clinica. L’ipnosi funziona perché lo dicono gli studi, le revisioni sistematiche e persino le linee guida internazionali. La menopausa non è fatta solo di vampate di calore. È una fase che ha un impatto molto spesso negativo su sonno, metabolismo, ossa, umore e qualità della vita. Vampate e sudorazioni notturne restano comunque tra i sintomi più evidenti e disturbanti: incidono sulle notti e tolgono energia alle giornate e, proprio le vampate sono il sintomo più trattato con l’ipnosi.
Nel 2023, la North American Menopause Society (NAMS) ha riconosciuto l’ipnosi clinica, insieme alla CBT, come opzione non ormonale di prima linea per la gestione dei sintomi vasomotori (Menopause. 2023;30(6):573-590). Un passaggio che segna una linea netta: l’ipnosi non è più folklore, ma pratica evidence-based. Le basi di questa scelta erano già state poste con il trial di Elkins et al. (2013), pubblicato su Menopause:
187 donne in post-menopausa,
5 sedute settimanali di ipnosi con insegnamento dell’autoipnosi,
confronto con un gruppo di controllo attivo (attenzione strutturata).
Dopo 12 settimane, i risultati erano chiari:
−74% vampate auto-riportate,
−80% del punteggio complessivo,
−57% episodi misurati strumentalmente.
A distanza di dieci anni, una revisione del 2025 (Muñiz et al., Women’s Health Reports) ha confermato il quadro:
la CBT riduce il fastidio percepito, ma solo l’ipnosi riduce frequenza e intensità reali delle vampate, con benefici anche su sonno e umore.
Se siete scettiche, perché pensate a pratiche da palcoscenico o perché avete visto… sentito… (chissà chi, che cosa…) tenetevi alla larga dal mio studio milanese … perché sono una psicoterapeuta, non una cabarettista. Se credete che l’ipnosi clinica sia una magia tenetevi ancora più lontane. La psicoterapia è roba seria, è una professione sanitaria, con obblighi, responsabilità e formazione continua.
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Dal mito alla scienza: Ipnosi clinicaL’ipnosi, soprattutto nella sua declinazione moderna e terapeutica, non è più legat...
09/09/2025

Dal mito alla scienza: Ipnosi clinica
L’ipnosi, soprattutto nella sua declinazione moderna e terapeutica, non è più legata a immagini stereotipate di pendolini o spettacoli da palcoscenico, o almeno così mi auguro. In ambito clinico, l’ipnosi è uno strumento raffinato e rispettoso che favorisce l’accesso a risorse interne spesso trascurate, aiutando la persona a superare difficoltà emotive e psicologiche.
L’ipnosi clinica è entrata da tempo a pieno titolo in ambito ospedaliero e non soltanto in terapia del dolore. Si tratta di un metodo che all’interno di una psicoterapia si può anche integrare e/o alternare con altri strumenti clinici (ad esempio utilizzo l'EMDR).
Mi sono formata a Milano presso la Scuola quadriennale di Psicoterapia AMISI, che si può frequentare successivamente il corso di Laurea in Psicologia e relativa abilitazione e iscrizione all’Albo degli Psicologi.
Durante l’ipnosi, il paziente non perde il controllo né cade in un sonno profondo. Al contrario, entra in uno stato di coscienza vigile e concentrata, in cui l’attenzione si focalizza su aspetti interni: sensazioni, immagini, ricordi. Questa condizione permette di sospendere per un momento le abituali modalità di pensiero critico e razionale, creando lo spazio per nuove prospettive.
La psicoterapia ipnotica valorizza il ruolo dell’inconscio non come un luogo oscuro, ma come un serbatoio di esperienze, memorie e potenzialità. Attraverso metafore, immagini e suggestioni, il terapeuta aiuta la persona a scoprire risorse personali utili per affrontare ansia, fobie, dolore cronico, disturbi psicosomatici e molte altre problematiche.
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Il tempo per séConcedersi del tempo in una cultura che misura il valore in prestazioni e risposte immediate è un atto qu...
28/07/2025

Il tempo per sé
Concedersi del tempo in una cultura che misura il valore in prestazioni e risposte immediate è un atto quasi sovversivo. Non coincide con il fare qualcosa di piacevole in una pausa dal lavoro o in vacanza, sebbene talvolta possa passare anche di lì. È un atto, più intimo e difficile, si tratta di sostare con ciò che emerge quando cessa il rumore di fondo.
Ci sono persone che, appena accennato il tema, si irrigidiscono: “non ho tempo”, “non posso permettermelo”, ecc.; poi emerge lentamente, il cuore della questione: non è il calendario a impedire quel tempo, ma la paura di incontrare sé stessi senza protezioni. Eppure, è proprio nell’esposizione delicata che accadono i movimenti più sottili: pezzi di storia che trovano parola, parti negate che reclamano un posto, paure che perdono rigidità perché finalmente si osservano senza fretta.
In seduta, talvolta invito a immaginare un piccolo spazio mentale che nessuno può abitare, non per scappare dal mondo, ma per poterci tornare senza farsi consumare.
Un luogo interno in cui non serve essere nulla per nessuno. Un luogo che non produce, ma genera.
Che non dà risposte, ma permette di ascoltare la propria.
Il tempo per sé non è uno spazio nel calendario, è una qualità dell’essere. È la capacità di restare presenti a ciò che accade dentro, anche quando è confuso, ruvido, imperfetto.
E quando quella capacità si coltiva, qualcosa accade anche fuori: il mondo non cambia, ma cambia il modo in cui lo si abita. E allora ci si scopre meno in balìa, più radicati.

Indirizzo

Viale Brenta, 7
Milan
20139

Orario di apertura

Martedì 08:00 - 20:00
Mercoledì 08:00 - 20:00
Giovedì 08:00 - 20:00
Venerdì 08:00 - 19:00
Sabato 08:00 - 12:00

Telefono

+393515907509

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