25/07/2025
Come molti di voi avranno notato, questa volta ha vinto il premio Strega il racconto di un intreccio familiare di ordinaria disperazione, non più complesso e neppure più violento di tante altre vicende che incontriamo in terapia oltre che nella vita di tutti i giorni. Proprio per questo la voce narrante, un figlio che arrivato a quarant’anni chiude definitivamente i rapporti con la famiglia, diventa in qualche misura una figura rappresentativa dei tanti “migratori benestanti”, per riprendere le parole di Bajani, che con la “scusa” del lavoro hanno messo chilometri di distanza dai propri familiari. Una sorta di diaspora che, come suggerisce Bajani, se fosse rappresentata in una mappa “sarebbero centinaia di migliaia di puntini, dal Sud America all’Australia, di figli che chiedono al pianeta, cioè alla curvatura terrestre e al fuso orario, di proteggerli, di distanziarli, di salvarli da chi li ha messi al mondo” (p.116). Se anche voi (come me) avete qualche somiglianza con questa diaspora, leggetelo, vi intrigherà anche se “l’inferno" o il "purgatorio domestico" che avete conosciuto è un po’ diverso da quello raccontato da Bajani.