08/12/2025
ERA UN DISAGIO NUOVO PERSINO PER LUI, CHE NELLA VITA CREDEVA DI AVER SPERIMENTATO OGNI POSSIBILE DUREZZA, QUELLO DI SENTIRE LA MENTE SVEGLIARSI E IL CORPO NON RIUSCIRE A SEGUIRLA.
SI RITROVAVA COSCIENTE E CONSAPEVOLE DI CHI ERA E DOVE ERA, MA LE PALPEBRE, SIGILLATE DAL GHIACCIO, FATICAVANO A SCHIUDERSI, E LE MEMBRA ERANO IN STATO DI AMMUTINAMENTO.
COSÌ RIMANEVA INTRAPPOLATO NEL SUO TORPORE, FINCHÉ BARAK NON ENTRAVA NELLA TENDA, A BRACCIO TESO E PALMO IN AVANTI.
“SHALOM!” GRIDAVA A PIENI POLMONI. E IL GRIDO GLI RIMBOMBAVA NEL CRANIO COME UNO SQUILLO DI TROMBA.
MA IL GENERALE LO PERDONAVA.
PERCHÉ BARAK RECAVA CON SÉ L'AMPIA BACINELLA RITUALE DECORATA CON MOTIVI DI BATTAGLIA, STRABORDANTE DELLE URINE CALDE E ODOROSE DEGLI EFEBICI SCHIAVI LUSITANI, O PERLOMENO DI QUELLI ANCORA VIVI (IL FREDDO E LE ORGE NE MIETEVANO IN CONTINUAZIONE).
ANNIBALE IMMERGEVA LE MANI NELLA BACINELLA, E LASCIAVA CHE IL PI**IO BOLLENTE GLI SCALDASSE LE DITA, CHE IL GELO SI DISSIPASSE COME UNO SCIAME DI FORMICHE IN FUGA, MENTRE LA TENDA SI IMPREGNAVA DEI VAPORI ACRI DELL'AMMONIO.
POI PORTAVA LA BACINELLA SOPRA IL CAPO E SI ROVESCIAVA ADDOSSO IL PI**IO, E LO FACEVA SCORRERE SULLA PELLE IN UNA DOCCIA RISTORATRICE.
NEL CORSO DI TALE OPERAZIONE BARAK RIMANEVA SEMPRE SULL’ATTENTI, ANCHE SE OGNI TANTO LANCIAVA UN’OCCHIATA FURTIVA AL CORPO SCOLPITO DEL GENERALE PUNICO, CHE LE CICATRICI ACCUMULATE NEGLI ULTIMI TEMPI SOLCAVANO COME FIRME D’ARTISTA. ANNIBALE NON SE NE ACCORGEVA, O PRETENDEVA DI NON ACCORGERSENE. ANZI QUEL GIORNO, IN PARTICOLARE, AD ANNIBALE PAREVA CI FOSSERO DUE BARAK, UNO NITIDO E L'ALTRO INDISTINTO, E VEDEVA L'UNO O L'ALTRO A SECONDA DI QUALE OCCHIO CHIUDESSE.
“SHALOM A TE”, SBADIGLIÒ INFINE.
“ABBIAMO UN PROBLEMA, GENERALE.”
“UN PROBLEMA SOLO? È IL NOSTRO GIORNO FORTUNATO.”
“KELEVOS È MORTO STANOTTE.”
ANNIBALE AFFERRÒ UN PANNO E PRESE AD ASCIUGARSI.
“SO CHE TI CI ERI AFFEZIONATO, MA QUANTE BESTIE ABBIAMO PERSO ORMAI? VENTI? TRENTA?”
“NON È MORTO DI FREDDO: GLI HANNO TAGLIATO LA GOLA.”
ANNIBALE SOSPIRÒ: “GLI UOMINI HANNO FAME, NON POSSO FARLI-”
“HANNO SCRITTO QUALCOSA.”
“CIOÈ?”
“C'È UNA SCRITTA… TRACCIATA COL SANGUE.”
“E COSA DICE?”
“NON LO SO GENERALE. NON SO LEGGERE.”
I PUNICI ANCORA NON SI ERANO ABITUATI A QUELLE ALTITUDINI, E ANNIBALE NON FACEVA ECCEZIONE. UNA VOLTA MESSO PIEDE FUORI DALLA TENDA ERA COME SE LE MONTAGNE LO INGHIOTTISSERO, CON QUEL LORO BIANCO ABBACINANTE CHE SI FONDEVA AL CIELO, CON LE LORO PROFONDITÀ ABISSALI, FORIERE DI PROMESSE TERRIBILI. IN PIÙ DI UN'OCCASIONE SUI PASSI IMPERVI QUALCUNO AVEVA MESSO UN PIEDE IN FALLO. L'ULTIMA VOLTA ERA TOCCATO AD UN NUMIDA, CHE PRECIPITANDO NEL VUOTO AVEVA LANCIATO UN URLO ACUTO E NON AVEVA PIÙ SMESSO DI URLARE. I SOLDATI SI ERANO SPORTI SUL CIGLIO DEL SENTIERO AD ASCOLTARE, MENTRE LE URLA PROSEGUIVANO ALL'INFINITO, SOLO SEMPRE PIÙ FLEBILI. ANNIBALE LE SENTIVA ANCORA.
KELEVOS ERA RIVERSO SU UN FIANCO, MUMMIFICATO DAL GHIACCIO, CON LE ORECCHIE LARGHE E SOTTILI IRRIGIDITE IN UNA INNATURALE INCRESPATURA, LA PROBOSCIDE SOSPESA A MEZZ'ARIA, LA BOCCA CONTORTA IN UNA SMORFIA, GLI OCCHI AZZURRINI SBARRATI IN UN ULTIMO ISTANTE DI TERRORE. SOTTO IL COLLO SI ERA ALLARGATA UNA MACCHIA DI SANGUE RAPPRESO, E ACCANTO UNA FILA DI SEGNI PURPUREI SOLCAVA LA NEVE CANDIDA. UN FOLTO GRUPPO DI GALLI SI ERA RADUNATO INTORNO ALLA CARCASSA AD OSSERVARLI: STAVANO SBRAITANDO ALL'INDIRIZZO DI MAGONE, QUANDO ANNIBALE ARRIVÒ.
“NON È PUNICO.”
“NO” GLI FECE ECO IL FRATELLO.
“NÉ GRECO, NÉ LATINO… POTREBBE ESSERE UNA DELLE LORO LINGUE,” AGGIUNSE INDICANDO I GALLI, “GLIELO HAI CHIESTO?”
“GLIEL'HO CHIESTO, MA NON LA CONOSCONO. L’UNICA COSA CHE HO CAPITO È CHE HANNO PAURA. E QUESTA NON È GENTE CHE SI SPAVENTA PER NULLA...”
“CHE STANNO DICENDO ORA?”
UNA FRASE PAREVA RICORRERE IN MEZZO AL VOCIARE INDISTINTO.
“HEN UN O'R MYNYDD” SUSSURRÒ MAGONE COME A FAR LORO ECO.
“E CHE SIGNIFICA?”
“NON… NON NE SONO SICURO…”
“PERFETTO… IN TRE ANNI HAI SOLO IMPARATO A CHIEDERE DOVE ABITANO LE PUTTANE E QUANTO COSTA IL VINO.”
MAGONE ALLARGÒ LE BRACCIA.
“SONO UN UOMO PRATICO, LO SAI.”
ANNIBALE SI ACCAREZZÒ LA BARBA: “FATE A PEZZI L'ANIMALE E ACCENDETE IL FUOCO. STANOTTE RIMANIAMO QUI. RIPRENDEREMO LA MARCIA DOMANI.”
“D'ACCORDO” RISPOSE MAGONE.
“BARAK, VIENI CON ME…”
L’ACCESA DISCUSSIONE TRA GLI STATI MAGGIORI IN CORSO NELLA TENDA SI INTERRUPPE DI COLPO QUANDO ANNIBALE ENTRÒ.
“SHALOM!” LO SALUTÒ UN BOSCO DI BRACCIA TESE.
“SHALOM, SHALOM… COSA MI SONO PERSO? MAARBALE?”
IL NUMIDA SI RIMISE A SEDERE A GAMBE INCROCIATE, ACCAREZZANDO IL PUGNALE.
“STAVO RAMMENTANDO AI PRESENTI, CON IL DOVUTO RISPETTO, GENERALE, CHE NON È DISONOREVOLE ABBANDONARE UN'IMPRESA… SE I PRESAGI SONO INFAUSTI.”
“CI SONO STATI PRESAGI INFAUSTI?”
UN GIOVANE CAPITANO, NOTO PER IL SUO UMORISMO RAFFINATO, SCATTÒ IN PIEDI.
“I PUNICI NON POSSONO SOPRAVVIVERE A QUESTO CLIMA, GENERALE. ABDMELQART È USCITO A PI****RE L'ALTRA SERA, E L'UC***LO GLI È CADUTO IN TERRA… CONGELATO!”
“QUESTA È UNA PESSIMA NOTIZIA PER ABDMELQART” RISPOSE ANNIBALE COGLIENDO LA PALLA AL BALZO, “MA OTTIMA PER IL SUO SCHIAVO LUSITANO!”
NELLA TENDA ESPLOSE UNA RISATA FRAGOROSA.
ABDMELQART, CHE IL SENSO DELL'UMORISMO NON LO AVEVA PROPRIO, SI ALZÒ IN PIEDI:
“INFORMO SUA ECCELLENZA, E TUTTI I PRESENTI, CHE IL MIO UC***LO È SEMPRE AL SOLITO POSTO. IL MIO SCHIAVO, AL CONTRARIO, È MORTO DI FREDDO STANOTTE.”
PER QUALCHE RAGIONE, L'ANNUNCIO SCATENÒ UN CORO DI RISATE ANCORA PIÙ SGUAIATE E SCIMMIESCHE.
MAARBALE SCUOTEVA LA TESTA.
“VOI GIOVANI POTETE RIDERE QUANTO VOLETE, POTETE STROFINARVI LE CARNI A VICENDA NELLE VOSTRE ORGE FINO A DIMENTICARE LA REALTÀ… MA IGNORARE I MONITI DEL MONDO NASCOSTO… È LA STRADA SICURA PER LA CATASTROFE.”
“STIAMO PARLANDO DELL'ELEFANTE?” LO APOSTROFÒ STIZZITO ANNIBALE, “LA SORTE DEL MIGLIORE ESERCITO DEL MONDO SARÀ DI FINIRE RAGGIRATI DA UN TRUCCO DI QUALCHE SPIA ROMANA? DA UNA SUPERSTIZIONE GALLICA?”
“NON SONO SUPERSTIZIONI, ANNIBALE. TUTTI LO ABBIAMO VISTO.”
“AVETE VISTO COSA?”
IL BRUSÌO SCEMÒ, E QUANDO MAARBALE RIPRESE A PARLARE SI UDIVA SOLO LO SCOPPIETTÌO DEL FUOCO.
“AL CALARE DEL BUIO STRISCIA FUORI DAL FREDDO… E DALLE OMBRE. CAMMINA IN MEZZO ALLE TENDE CON PASSO LENTO. QUANDO LE SENTINELLE LO AVVISTANO… E GLI VANNO INCONTRO… LUI GIRA L'ANGOLO… E SCOMPARE NELLA NOTTE…”
“UBRIACHI!” LO INTERRUPPE UNA VOCE. MA STAVOLTA NESSUNO RISE.
“...HA I CAPELLI GRIGI, LE GUANCE RASATE, E I POCHI CHE CI SI TROVANO FACCIA A FACCIA… DICONO CHE LI GUARDA NEGLI OCCHI… E RIDE… UNA RISATA PIETRIFICANTE… UN GHIGNO PIÙ ANTICO DEL TEMPO.”
CI FU UN LUNGO, INQUIETO SILENZIO, POI PRESE LA PAROLA UN UFFICIALE DI CUI ANNIBALE DIMENTICAVA SEMPRE IL NOME, MA CHE AVEVA IDENTIFICATO COME AGENTE DEGLI SHOFTIM: “IL SUCCESSO MILITARE NON CI DÀ IL DIRITTO DI IGNORARE LA SAGGEZZA DEGLI ANZIANI, GENERALE, O I SEGNALI DEGLI DEI. QUANTI PUNICI DEVONO CONGELARE SU QUESTA MONTAGNA, PRIMA CHE TU LO CAPISCA? UNA GUERRA CHE INIZIA CON UN ATTO DI AGGRESSIONE NON PUÒ GODERE DEL FAVORE DIVINO. DOBBIAMO FERMARCI E TORNARE INDIETRO. ED IL MOMENTO GIUSTO È ORA, FINTANTO CHE LE NOSTRE FORZE SONO INTATTE. SE CONTINUIAMO DI QUESTO PASSO, LA SITUAZIONE POTREBBE DIVENTARE PRESTO IRRECUPERABILE.”
“GUERRA DI AGGRESSIONE? SAGUNTO ERA SUL NOSTRO LATO DELL'EBRO” COMMENTÒ UN ALTRO UFFICIALE.
“SÌ, MA NELLA SFERA DI INFLUENZA ROMANA. DAL LORO PUNTO DI VISTA È STATO NATURALE, OVVIO, CERCARE DI DIFENDERSI DA UN'ESPANSIONE OSTILE.”
“L'ESPANSIONE OSTILE SAREBBE LA NOSTRA E NON LA LORO? CHE RAZZA DI DISCORSI DA TRADITORI SONO QUESTI?”
“AMICI… AMICI,” INTERVENNE ANNIBALE, “PERDONATEMI, MA SIAMO BEN OLTRE QUESTE CONSIDERAZIONI. NON SERVE A NULLA, ORA, ARROVELLARSI SULLE DECISIONI GIÀ PRESE. LA GUERRA È LA NOSTRA REALTÀ ADESSO. È L'ACQUA IN CUI DOBBIAMO NUOTARE. IL NOSTRO IRREVOCABILE DESTINO. BISOGNA ABBRACCIARLA, PERCHÉ VOLTARLE LE SPALLE A QUESTO PUNTO SIGNIFICHEREBBE VERGOGNA E CAPITOLAZIONE. E SE I PUNICI NON MI VOGLIONO SEGUIRE, SONO LIBERI DI TORNARE A CARTAGINE CON LA CODA FRA LE GAMBE, IMPAURITI E UMILIATI COME VECCHIE PUTTANE. IO SCENDERÒ QUESTE MONTAGNE CON I GALLI. ARRIVERÒ SOTTO LE MURA DI ROMA CON I MIEI GALLI, I MIEI CELTIBERI E I MIEI LUSITANI. E LA GLORIA APPARTERRÀ A LORO. E AD ANNIBALE. È QUESTO CHE VOLETE?”
UN CRESCENDO DI “NO!” SI LEVÒ NELLA TENDA.
“E POI… VOI FORSE PENSATE DAVVERO CHE GLI DEI SI DILETTINO DI TRATTATI O SFERE DI INFLUENZA? CHE SI INTERESSINO DI CHI HA AGGREDITO CHI? DI CHI È OSTILE A CHI? LASCIATE CHE VI DICA IO COSA INTERESSA AGLI DEI, DAL MOMENTO CHE SONO IN COSTANTE COMUNICAZIONE CON LORO…”
MAARBALE AGGROTTÒ LE SOPRACCIGLIA.
“... AGLI DEI INTERESSA SOLO CHI VINCE. E QUESTO SA FARE ANNIBALE: VINCERE. NON VI HO FORSE FATTO VINCERE FINORA? NON VI HO RESI SAZI DI GLORIA, E DI BOTTINO? LA DECISIONE STA A VOI. RIFLETTETECI BENE. A CHI SCEGLIERÀ DI SEGUIRMI, FACCIO VOTO DI CONTINUARE A VINCERE. E VI FARÒ VINCERE COSÌ TANTO CHE VI ANNOIERETE, CHE VI STANCHERETE DI VINCERE...”
UN MORMORÌO DI APPROVAZIONE SI DIFFUSE NELLA PLATEA.
“... E INTANTO CHE DECIDETE, LUCIDATE I PIATTI: STASERA DOPPIA RAZIONE DI CARNE… COI COMPLIMENTI DI ANNIBALE!”
QUINDI SI GETTÒ LA CLAMIDE SULLA SPALLA E USCÌ NEL GELO DEL CREPUSCOLO, MENTRE DENTRO LA TENDA GLI UOMINI SCANDIVANO IN CORO IL SUO NOME.
BARAK SI ATTARDÒ POCHI ISTANTI, IL TEMPO DI VEDERE I SOLDATI CHE INIZIAVANO A SPOGLIARSI, POI SEGUÌ IL GENERALE: LO TROVÒ SEDUTO SUL BORDO DI UNO SPERONE ROCCIOSO.
“L'ORGIA INIZIA SENZA DI TE, BARAK.”
GIÀ SI UDIVA POCO LONTANO IL SUONO FAMILIARE DELLO SB****RE RITMICO DI PELVI SU GLUTEI, I GRUGNITI GUTTURALI DI CHI TRATTENEVA L'ESTASI.
“È VERO?” DOMANDÒ SEDENDOSI DI FIANCO AL GENERALE.
“COSA?”
“CHE GLI DEI TI PARLANO.”
IN ALTO UN GRANDE UC***LO RAPACE, UN'AQUILA O UNA POIANA, DISEGNAVA LE SUE ELLISSI CON PAZIENZA, FORSE DELUSA CHE IL PASTO PER QUELLA VOLTA LE FOSSE NEGATO, MA CONSAPEVOLE CHE LE OPPORTUNITÀ PRESTO NON SAREBBERO MANCATE.
“NO, GLI DEI NON MI PARLANO, BARAK. MA ERA QUELLO CHE DOVEVANO SENTIRSI DIRE.”
BARAK ANNUÌ.
“CAPISCO. SAREBBE STRANO, DEL RESTO, SE DA CARTAGINE RIUSCISSERO A FAR GIUNGERE LA LORO VOCE FINO A QUI.”
ANNIBALE GUARDÒ IL RAGAZZO E SORRISE.
“MA GLI DEI NON DIMORANO REALMENTE NEI TEMPLI DELLA CITTÀ, COME CREDEVANO I NOSTRI PADRI.”
“NO? E DOVE VIVONO?”
ANNIBALE INDICÒ AVANTI A SÉ: LA LUCE DEL SOLE MORENTE, FILTRATA DALLA COLTRE PERENNE DELLE NUBI, ACCENDEVA DI ROSSO I PICCHI, I DIRUPI, LE GOLE E LE MILLE CREATURE DI ROCCIA CHE PROTENDEVANO I LORO TENTACOLI DEFORMI ALLA RICERCA DI UNA PREDA DA AVVILUPPARE E TRASCINARE NELL'ABISSO.
“È QUI CHE VIVONO. QUI, E ANCORA PIÙ IN ALTO, OLTRE I LIMITI DEL NOSTRO SGUARDO, DOVE QUESTE CRESTE AFFILATE SI INARCANO A SQUARCIARE IL CIELO, E QUESTO PULVISCOLO SI DIRADA E RIMANE SOLO IL GHIACCIO, ETERNAMENTE MORTO. E DEVE ESSERE GHIACCIO TALMENTE FREDDO DA FERMARE LO SCORRERE DELL’ACQUA NEI FIUMI, E DEL SANGUE NELLE VENE. E LORO STANNO LÌ, SUI LORO TRONI DI CRISTALLO, CON GLI OCCHI INCASTONATI NELLE ORBITE. UNA VOLTA CREDEVO CHE CI ODIASSERO, BARAK, O PEGGIO, CHE RIDESSERO DI NOI, MA MI SBAGLIAVO. OH, COME MI SBAGLIAVO. ORA SONO SICURO CHE NON CI ODIANO, E NON CI AMANO. CI GUARDANO MUTI E NON GIUDICANO, PERCHÉ COME PUÒ GIUDICARE CHI È MORTO? GUARDANO L’UOMO GIUSTO E L’UOMO MALVAGIO E AD ENTRAMBI RISERVANO IL MEDESIMO SPIETATO SILENZIO. E ALLORA PERCHÉ PREOCCUPARSI DI ESSERE GIUSTI, O MALVAGI, BARAK?”
BARAK EMISE UN SOSPIRO PROLUNGATO, E IL SUO FIATO PRODUSSE UN PENNACCHIO DI VAPORE NELL'ARIA GELIDA.
“GENERALE… NON DOVREMMO PREOCCUPARCI DI ESSERE GIUSTI… PER NOI STESSI?”
ANNIBALE LO FISSÒ DIVERTITO E GLI SCOMPIGLIÒ I CAPELLI COME SI FA CON UN FIGLIO SCIOCCO.
“SEI PROPRIO UN RAGAZZO SEMPLICE. ORA VAI, O TI PERDERAI L'ORGIA.”
