19/02/2018
La dieta nella malattia di Parkinson
E’ fondamentale ricordarsi quanto sia indispensabile seguire un adeguato regime dietetico in modo da mantenere un soddisfacente stato di salute, sia con soggetti privi di patologie, sia – a maggior ragione – con pazienti neurologici.
Una dieta equilibrata è inoltre in grado di prevenire o correggere patologie metaboliche concomitanti quali le dislipidemie, il diabete, la gotta, patologie cardiovascolari o quelle a carico del sistema osteo-articolare.
I pasti possono interferire con l’efficacia della terapia farmacologica e nel caso della malattia di Parkinson, è ormai dimostrato che la razione alimentare ipoproteica somministrata a colazione e a pranzo, è indispensabile per una migliore utilizzazione di L-dopa quando prescritta.
La L-dopa è un aminoacido neutro che utilizza per l’assorbimento del trasporto attivo il medesimo che viene impiegato dalle proteine dietetiche; se c’è dunque competizione per il trasporto, potrebbe esserci una riduzione dell’effetto del farmaco sul disturbo del movimento, che è tipico della patologia.
Malattia e farmaci possono anche essere causa di vari disturbi gastrointestinali e comportamentali, tali da influenzare l’intake dietetico del paziente. Inoltre, considerata la complessità del problema, spesso non sono sufficienti consigli dietetici generali, ma occorre elaborare degli schemi dietetici personalizzati.
La quota proteica giornaliera nel paziente con malattia di Parkinson non dovrebbe superare i 0.8g/kg di peso corporeo da concentrare nel pasto serale per un beneficio maggiore durante il giorno. Talvolta potrebbe essere necessario fare ricorso a prodotti aproteici per ottimizzare il protocollo alimentare e, qualora il paziente che assume L-dopa sia malnutrito, si potrebbe ricorrere all’uso di integratori ipoproteici ed ipercalorici.
Lo stato di malnutrizione tende ad instaurarsi nelle fasi avanzate della malattia, mediamente dopo quattordici anni dall’esordio, mentre nei primi dieci, si osserva più facilmente la condizione di sovrappeso o obesità, probabilmente a causa della diminuita attività motoria. Se parallelamente non c’è un adeguamento delle abitudini alimentari si crea un bilancio energetico positivo che si traduce in un aumento di peso.
Infine, vi sono diversi fattori che possono interferire con lo stato di nutrizione del paziente: il calo ponderale, depressione, isolamento sociale, difficoltà di deglutizione e di masticazione, gravi discinesie.
Dott.ssa Claudia Trentani, Dietista