Filippo Falzoni Gallerani - Rebirthing Transpersonale

Sul Rebirthing Transpersonale ho scritto questi libri:
“IL RESPIRO DELL’ANIMA” (Armenia 1991), “REBIRTHING TRANSPERSONALE” (Rusconi 1996) “L’IO TRASPARENTE” due volumi ( 2005) La saggezza non dualista (2009) “PSICOLOGIA PERENNE” (2020)
Nel link qui sotto leggere le prime pagine di Psicologa Perenne http://www.filippofalzoni.com/joomla/filippo-falzoni-gallerani/pubblicazioni

20/11/2025
07/10/2025

Nisargadatta Maharaj
I AM THAT pag. 188-189- 374-375
Libera Traduzione dall’inglese di F. Falzoni G.

Il reale non muore, l’irreale non è mai esistito. Immagina un grande palazzo che crolla, alcune stanze sono in rovina altre intatte. Ma è possibile parlare dello spazio come in rovina o intatto?
E’ solo la struttura e la gente che ci viveva che hanno sofferto. Nulla è successo allo spazio stesso. Similmente, nulla succede alla vita quando le forme scompaiono ed i nomi sono cancellati.
Il gioielliere fonde vecchi gioielli per farne dei nuovi. Una volta che sai che la morte accade al corpo e non a te, puoi osservare il tuo corpo che se ne va come un indumento smesso. Il tuo vero sè è senza tempo al di là di nascita e morte. Il corpo sopravviverà sino a che è necessario, non è importante che viva a lungo...

Alla domanda: - come rendere attuale la consapevolezza della nostra unità con la sorgente della coscienza, e con Dio - Nisargadatta Maharaj risponde:

Non puoi fare nulla per rendere attuale questo stato, ma puoi evitare di creare ostacoli. Guarda la tua mente, come essa venga in essere, come essa opera. Appena guardi la mente, scopri te stesso come l'osservatore. La sorgente della luce è oscura, sconosciuta la sorgente della conoscenza. Solo questa sorgente è. Ritorna a questa sorgente e stabilisciti in essa. Non è nel cielo e neppure nell'etere onnipervadente. Dio è tutto ciò che è grande e meraviglioso; io non sono nulla non ho nulla, non posso fare nulla. Tuttavia tutto viene fuori da me - la sorgete è me; la radice l'origine sono io. Quando esplode la realtà in te, puoi chiamarla esperienza o Dio, oppure che è Dio che fa esperienza di te. Dio ti conosce quando tu conosci te stesso.
La realtà non è il risultato di un processo; è un’esplosione. E’ definitivamente oltre la mente, ma tutto ciò che puoi fare consiste nel conoscere bene la mente. Non che la mente ti possa aiutare, ma conoscendo la mente puoi evitare che essa t'inganni. Devi essere molto allerta, oppure la mente t'ingannerà. E’ come tener d’occhio un ladro - non che tu ti aspetti qualcosa dal ladro, ma non vuoi essere derubato. Allo stesso modo poni molta attenzione alla mente senza aspettarti nulla da essa.
Oppure prendi un altro esempio: noi dormiamo e ci svegliamo. Dopo un giorno di lavoro viene il sonno. Ora sono io che vado al sonno oppure l’inconsapevolezza - caratteristica dello stato del sonno - viene da me? In altre parole noi siamo svegli perché dormiamo. Non ci risvegliamo ad un vero stato di veglia. Nella veglia il mondo emerge a causa dell’ignoranza e coinvolge in uno stato simile ad un sogno ad occhi aperti. Sia il sonno che la veglia sono ingannevoli. Stiamo solo sognando. Solo lo jnani (colui che ha la vera conoscenza) conosce il vero stato di veglia ed il vero sonno. Sogniamo di essere svegli e sogniamo di dormire. I tre stati sono solo varietà dello stato di sogno. Trattare ogni cosa come un sogno ci libera. Finché prendiamo per realtà i sogni siamo loro schiavi. Immaginando di essere nato così e così diventi uno schiavo del così e così. L’essenza della schiavitù consiste nell’immaginare se stessi come un processo, avere un passato ed un futuro, avere una storia. Infatti, non abbiamo storia, non siamo un processo, non abbiamo sviluppo e decadimento; vediamo tutto come un sogno e siamo altre a esso.

Interrogante:
Può il Guru assicurare l’iniziazione (diksha)?
Maharaj:
Il Guru può dare qualunque iniziazione, ma l’iniziazione alla Realtà deve ve**re dall’interno.
Interrogante:
Chi dà l’iniziazione finale?
Maharaj:
E’ data dal Sé.
Interrogante:
Mi pare di girare in tondo. Dopo tutto io conosco solo un sé, il presente io empirico. Il se interiore o il Sé superiore è solo un idea concepita per spiegare ed incoraggiare. Noi si parla di avere un’esistenza indipendente, non è così?
Maharaj:
Il sé interiore ed esteriori sono immaginati. L’ossessione di essere un “Io” ha bisogno dell’altra ossessione di un se superiore per essere curati, come abbiamo bisogno di un’altra spina per toglierci una spina o di un veleno per neutralizzare un altro veleno. Ogni asserzione richiama una negazione, ma questo è solo il primo passo. Dobbiamo andare oltre ad entrambi.
Int.:
Posso comprendere che il Guru è necessario per richiamare la mia attenzione su me stesso ed all’urgente bisogno di far e qualcosa riguardo a me stesso. Posso anche riconoscere come egli non possa fare nulla di fronte a un certo profondo cambiamento in me. Ma poi lei porta la questione del Satguru, il Guru interiore senza principio, senza cambiamento, radice dell’essere, la promessa imminente, la certa realizzazione. E’ questo un concetto o la realtà?
Maharaj:
E’ la sola realtà. Tutto il resto è solo un’ombra proiettata dalla mente-corpo (deha buddhi) sulla facciata del tempo. Certamente anche un’ombra è in relazione con la realtà, ma di per sè stessa non è reale. La tua perdita è il tuo guadagno. Quando l’ombra è riconosciuta come solo un’ombra, smetti di seguirla. Ti volti e ti accorgi che il sole è sempre stato là, alle tue spalle.
Int.:
Il Sé interiore da insegnamenti?
Maharaj:
Garantisce la convinzione che tu sei l’eterno senza mutamenti, sei realtà-consapevolezza-amore, all’interno ed oltre tutte le apparenze.
Int.:
Una convinzione non è sufficiente deve essere una certezza.
Maharaj:
Esatto. Ma in questo caso la certezza prende la forma del coraggio. La paura scompare assolutamente. La sensazione di coraggio è così inequivocabilmente nuova e nello stesso senso così vissuta che proprio non può essere negata. E’ come quando si ama il proprio bambino; chi potrebbe dubitare?

07/10/2025

Il fisico David Bohm e Jiddu Krishnamurti condivisero una visione profonda dell’universo come totalità indivisa, dove mente, materia e osservatore non sono entità separate ma parti di un unico tutto in continua interazione.
Bohm, tra le menti più originali del Novecento, sviluppò il concetto di “potenziale quantico”, una forza invisibile che guida ogni livello dell’esistenza, dalle particelle elementari alla coscienza umana. Da qui elaborò la teoria dell’“ordine implicato”, secondo la quale la realtà visibile (ordine esplicato) è solo una manifestazione di un ordine più profondo e interconnesso (ordine implicato), dove materia e coscienza si riflettono reciprocamente.
Il suo pensiero, ispirato anche dal dialogo con Krishnamurti, critica la visione meccanicistica e frammentaria della scienza tradizionale, che ha separato le parti del mondo per comodità analitica, confondendo tale divisione con la struttura reale dell’universo. Questa mentalità frammentata ha generato, secondo entrambi, divisioni anche psicologiche, sociali e ambientali.
Bohm e Krishnamurti propongono quindi un cambio radicale di prospettiva: riconoscere la totalità della vita attraverso la consapevolezza. Per Bohm, come per Krishnamurti, la trasformazione non avviene imponendo nuove idee, ma osservando con attenzione le abitudini di pensiero che dividono e frammentano la realtà.
In sintesi, la loro convergenza porta a una visione unificata di scienza e spiritualità, dove l’universo, la mente e la materia sono espressioni di un’unica realtà viva e interconnessa.

05/10/2025

La fisica quantistica e il Vedānta: quando la scienza incontra l’Oriente
Nel primo Novecento, mentre la fisica abbandonava le certezze del mondo meccanico per entrare nel dominio misterioso della meccanica quantistica, alcuni dei suoi protagonisti scoprirono un’inaspettata consonanza con le antiche filosofie dell’Oriente.
Non si trattava di sincretismo superficiale, ma di un incontro profondo fra due modi di conoscere: la scienza sperimentale e la visione contemplativa del Vedānta, la tradizione non-dualista delle Upaniṣad.
Quell’incontro segnò l’immaginario di diversi Premi Nobel per la Fisica — Erwin Schrödinger, Werner Heisenberg, Niels Bohr, Albert Einstein, Brian Josephson — e di altri scienziati come David Bohm, che nel pensiero orientale intravidero un’eco delle loro stesse scoperte.

Erwin Schrödinger: l’unità del Sé e del Tutto
Fra tutti, Erwin Schrödinger (Nobel 1933) fu il più esplicitamente influenzato dal Vedānta.
Dopo aver studiato le Upaniṣad e la Bhagavad Gītā, egli trovò in esse la visione di una realtà unica, priva di separazione fra osservatore e osservato.
Nel suo libro What Is Life? (1944) scrisse:
“La coscienza è singola. Non vi sono molteplici coscienze, ma una sola coscienza che si manifesta in molti.”
E ancora, in My View of the World (1961):
“La molteplicità è solo apparenza; in verità c’è solo una mente.”
È un’eco diretta dell’assioma vedantico Ātman = Brahman: il Sé individuale e l’Assoluto sono una sola realtà.
La meccanica ondulatoria, nella sua visione, non descriveva oggetti separati ma un unico campo indivisibile — la stessa intuizione che l’India aveva espresso millenni prima in forma metafisica.

Werner Heisenberg: l’indeterminazione e la saggezza indiana
Werner Heisenberg (Nobel 1932), ideatore del principio di indeterminazione, visse un’esperienza decisiva in India nel 1929.
Incontrò Rabindranath Tagore, poeta e filosofo, e rimase colpito dalla concezione indiana secondo cui la realtà non è oggettiva ma dipende dall’atto percettivo.
Anni dopo ricordò:
“Dopo il mio incontro con Tagore, mi resi conto che la divisione tra soggetto e oggetto, tra mondo interiore ed esteriore, non reggeva più.”
(Physics and Philosophy, 1958)
La meccanica quantistica mostrava infatti che l’osservatore influenza ciò che osserva — una prospettiva che la filosofia indiana aveva sempre affermato: la coscienza non è spettatrice, ma co-creatrice della realtà fenomenica.

Niels Bohr: la complementarità e il Tao
Niels Bohr (Nobel 1922) trovò affinità tra la sua idea di complementarità — secondo cui particella e onda sono due aspetti inseparabili di un’unica realtà — e la filosofia orientale dell’unità dei contrari.
Non a caso, scelse come stemma personale il simbolo del Tao (☯), accompagnato dal motto latino “Contraria sunt complementa”.
Come il Tao unisce Yin e Yang in un’armonia dinamica, così la fisica quantistica riconcilia gli opposti: luce e materia, determinato e indeterminato, soggetto e oggetto.
È la stessa intuizione che nelle Upaniṣad appare come gioco dei poli di Māyā attorno all’unico Brahman.

Albert Einstein: la realtà come totalità indivisa
Albert Einstein (Nobel 1921) non fu vedantico in senso stretto, ma la sua visione cosmica dell’universo risuona con l’idea di unità propria dell’India.
Scrisse:
“L’essere umano è parte di un tutto, che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Egli sperimenta se stesso come qualcosa di separato dal resto — un’illusione ottica della coscienza.” Questa “illusione della separazione” è quanto le Upaniṣad chiamano Māyā.
Einstein considerava la Bhagavad Gītā una fonte di ispirazione e diceva che, di fronte al mistero dell’universo, “tutto il resto appare superfluo”.
Il suo sentimento cosmico, radicato nell’unità della natura, fu un ponte spontaneo fra la scienza moderna e la mistica orientale.

David Bohm: l’ordine implicato e la non-dualità
Discepolo di Einstein e pensatore originale, David Bohm propose un modello dell’universo come totalità indivisibile, in cui la realtà manifesta è solo una proiezione di un ordine più profondo — l’ordine implicato.
“La frammentazione è un’illusione; tutto ciò che esiste è un tutt’uno non diviso.”
(Wholeness and the Implicate Order, 1980)
Nei suoi dialoghi con Jiddu Krishnamurti, Bohm riconobbe che la scienza e la meditazione indiana perseguono la stessa meta: dissolvere la frammentazione del pensiero per scorgere la realtà come unità vivente.

Brian Josephson: la coscienza come campo fondamentale
Più vicino ai nostri tempi, Brian D. Josephson (Nobel 1973) ha sostenuto apertamente il valore conoscitivo delle tradizioni orientali.
Praticante di Meditazione Trascendentale, Josephson afferma che la coscienza non è un effetto secondario della materia, ma una dimensione primaria dell’universo:
“Le pratiche del Vedānta e della meditazione non sono superstizioni, ma strumenti per esplorare la struttura della realtà.”
(Conferenza, Cambridge, 2002)
Questa idea di una “coscienza campo”, fondamento dell’universo, richiama il concetto vedantico di Caitanya, la coscienza universale.

Scienza e Vedānta: due vie verso l’Uno
Dalle onde di Schrödinger alla complementarità di Bohr, dall’indeterminazione di Heisenberg alla visione unitaria di Einstein e Josephson, emerge una sorprendente convergenza:
la fisica quantistica e il Vedānta parlano lingue diverse, ma indicano la stessa realtà indivisa, in cui l’osservatore non è separato dall’osservato.
Come scrisse Fritjof Capra in Il Tao della Fisica (1975):
“I fisici non hanno scoperto Dio: hanno scoperto che il mondo non è diviso.”
In questa prospettiva, la scienza e la spiritualità non si oppongono, ma si completano — come due onde dello stesso oceano, che è la coscienza universale.

📘 Bibliografia essenziale
• Schrödinger, What Is Life? (Cambridge Univ. Press, 1944)
• Heisenberg, Physics and Philosophy (Harper & Row, 1958)
• Bohr, Atomic Physics and Human Knowledge (1958)
• Einstein, Ideas and Opinions (1954)
• Bohm, Wholeness and the Implicate Order (1980)
• Josephson, Cambridge Lecture on Consciousness and Physics (2002)
• Capra, The Tao of Physics (1975)

01/10/2025
29/09/2025

🧠 La respirazione guidata (o forzata) induce stati cerebrali psichedelici.

Un nuovo studio ha rivelato che la respirazione rapida e controllata, accompagnata dalla musica, può liberare stati psichedelici senza l’uso di droghe, offrendo un’alternativa potente e naturale per la guarigione emotiva e il benessere mentale.

I ricercatori della Facoltà di Medicina di Brighton e Sussex hanno utilizzato la neuroimaging per esaminare i partecipanti che praticavano respirazione ad alta ventilazione (HVB) e hanno osservato cambiamenti significativi nell’attività cerebrale. La tecnica ha provocato una diminuzione del flusso sanguigno nelle aree legate alla coscienza corporea, mentre ha aumentato il flusso verso l’amigdala e l’ippocampo, regioni coinvolte nella memoria emotiva. I partecipanti hanno riportato costantemente stati di felicità, unità e riduzione della paura, effetti simili a quelli osservati con sostanze come la psilocibina.

Questo metodo naturale ha indotto ciò che i ricercatori chiamano “immensità oceanica”: una profonda sensazione di connessione, euforia e comprensione spirituale. I risultati suggeriscono che la respirazione guidata potrebbe essere uno strumento terapeutico trasformativo per condizioni come depressione e ansia, senza i rischi legali e fisiologici degli psichedelici.

Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per approfondire questi risultati e definire il ruolo della musica, lo studio offre una direzione promettente per trattamenti sicuri e accessibili che sfruttano il potenziale naturale del cervello negli stati alterati di coscienza.

Riferimento: “Sostrati neurobiologici degli stati alterati di coscienza indotti da respirazione ad alta ventilazione accompagnata da musica” di Amy Amla Kartar.

Respirazione e musica modificano il cervello come psichedelici | Le notizie dall’Italia e dal mondo - upday News https://share.google/AezBCTBJJsEMji0pY

Quresta sera, giovedì 24 settembre alle ore 20,30 potete partecipare grtauitamente a un mio incontro su Zoom in cui pres...
23/09/2025

Quresta sera, giovedì 24 settembre alle ore 20,30 potete partecipare grtauitamente a un mio incontro su Zoom in cui presento il Rebirthing Transpersonale come strumento di risveglio e liberazione. Siete tutti invitati tramite il link:

Zoom is the leader in modern enterprise cloud communications.

08/09/2025

penultimo libro letto: Da Kingsley P.: Catafalque, Carl Jung and the end of humanity, Ediz. Catafalque, London 2021
pag-331 332

Ma c’è un fatto ancor più rilevante: Corbin scrisse quasi un intero libro – pubblicato solo di recente dedicato a Jung. Lo compose con un intento preciso: mostrare come la psicologia junghiana, se compresa nella sua profondità, rappresenti per l’Occidente l’unico autentico equivalente dello Zen o del Buddhismo tibetano in Oriente. Un equivalente autentico perché, al di là dei dogmatismi sia dei Tradizionalisti sia degli stessi junghiani, essa offre un accesso diretto all’essenza dell’esperienza spirituale, a quella “esperienza primordiale” originaria, disponibile potenzialmente a tutti noi in Occidente, ma a lungo bollata come eretica e ripetutamente espulsa, secolo dopo secolo, dal dogmatismo della Chiesa cristiana.
Qui si manifesta un paradosso singolare: un orientalista che dedicò l’intera vita adulta allo studio delle tradizioni persiane e che trascorse gran parte del suo tempo a sentirsi a casa lontano dall’Europa, indicava con tanta forza proprio la sua cultura occidentale. Eppure fu esattamente ciò che Corbin fece. Per questo guardava con scarsa simpatia ai Tradizionalisti occidentali che, convertendosi all’Islam, credevano di costruirsi nuove identità, arrivando in alcuni casi a ripudiare del tutto la loro cultura d’origine. Per lui, tutto ciò che faceva in Oriente era un atto di servizio rivolto all’Occidente. Egli sapeva di restare sempre, innanzitutto, un occidentale; il suo dovere più alto era contribuire alla rinascita spirituale dell’Occidente, aiutarlo a guarire, salvarlo dall’oblio e ricondurlo alla sua fonte originaria.
Per comprendere davvero la sua prospettiva bisogna guardare a come, da occidentale, egli interpretava Jung e la psicologia junghiana, che per lui, osservatore esterno, era ben più di una semplice tecnica: era la vera scienza dell’anima.
Nel suo scritto su Jung, e sul concetto cardine dell’individuazione, descrive ciò che gli appariva davanti agli occhi: “Vedo l’arrivo dell’alba. Vedo il sole sorgere a oriente.” Non intendeva però l’oriente geografico, ma l’oriente interiore, quello che abita in ciascuno di noi.
Rinunciare alla propria cultura occidentale cercando nell’oriente esterno la propria identità autentica, una guida o un maestro, significa smarrirsi: significa ve**re sradicati - come Jung stesso scrive o, peggio ancora, dimenticare di avere avuto un giardino e illudersi di potersi nutrire divorando frutti stranieri.
Corbin spiegava che questo “sorgere del sole a una nuova alba”, che incontrava nell’opera di Jung, era lo stesso momento dell’alba o ishraq nella dottrina sufi di Suhrawardi. Sorprende vedere come egli abbia compreso Jung alla luce di questa tradizione mistica, e come Jung, a sua volta, si sia sentito davvero compreso soltanto da un sufi.
Tutto questo potrebbe apparire suggestivo, ma non si tratta di suggestione. In gioco vi è, piuttosto, una verità che meno di ogni altra vorremmo ascoltare: la responsabilità che incombe su di noi occidentali di affrontare l’oscurità della nostra cultura senza distogliere lo sguardo. Nulla sarebbe più falso che immaginare Corbin troppo “spirituale” per affrontare tale oscurità interiore.

Da Kingsley P.: Catafalque, Carl Jung and the end of humanity, Ediz. Catafalque, London 2021

But then there is the even more significant fact that Corbin wrote what almost amounted to a whole book, which has just been published recently, about Jung.
He wrote it with one key purpose in mind which was to show how, when understood as it should be, Jungian psychology is the only real equivalent for westerners of Zen or Tibetan Buddhism in the East, And it's the only real equivalent because, beyond the dogmatism of Traditionalists as well as the dogmatism of Jungians, it offers direct access to the essence of spiritual experience the original "primordial experience", potentially available to all of us in the West but rejected for so long as heretical, which has been banished century after century by the dogmatism of the Christian Church,"
Naturally there is the strangest paradox here that an orientalist who spent the whole of his adult life specializing in Persian traditions and spent half of it feeling at home outside of Europe would point back, so emphatically, to his own western culture.
But this is exactly what Corbin did. And it's also why he felt so little sympathy for the western Traditionalists who took what they thought were new identities by converting to Islam and, in some cases, abandoned their own original culture for dead.
To him, everything he did in the East was intended act of service to the West. He knew he would always, first Lind foremost, be a westerner; that his ultimate duty was to contribute to the West; to help heal it, rescue it from its forgetfulness, return it to its spiritual source."
And it's important to understand just what he saw when, as a westerner, he looked at Jung and Jung's psychology—which for him as an outsider was far more than some special technique. It was Jung's knowledge his real science, of the soul.
ln the work he wrote about Jung, and about Jung's teak hit individuation, he describes exactly what he found himself looking at. I see, he says, the arrival of the dawn. I see the sun rising in the east. But by this he didn't mean the physical east. He meant the inner east: the east inside us all.
To reject our western culture by looking to the geographical east for one's identity and true self, for teaching and guidance, is the perfect way to end up lost; to get ripped up, as Corbin quotes directly from Jung, by our roots; or as Jung also says, to forget we ever had a garden and try to feed ourselves by gobbling up foreign fruits.
And Corbin explains that this point of the sun rising at a new dawn which he encounters in the work of Jung is the same as the moment of dawn or isbraq in the Sufi teaching of Suhrawardi. It's strange to see how not only did Corbin understand Jung in the light of this Sufi tradition but Jung only felt completely understood by a Sufi.
This could all sound very pretty, except that prettiness is not at all what it's about. What it is about is the last thing we want to know about, which is the responsibility we have as westerners to face the darkness of our own culture without looking away. And nothing could be more wrong than to imagine that Corbin was too spiritual to face this inner darkness. He didn't talk too much about it because he saw that as Jung's job; but he knew perfectly well when to face the darkness, and how. It can be very useful to study and learn from eastern teachings except when you try to use them to cover over the darkness and emptiness you feel inside. They may be able to throw some light on your problem, but they are never going to solve it. And they aren't going to solve it because the only real solution ever comes from the problem itself. When Corbin wanted to illustrate this, he turned back, appropriately enough, to western legends of the Grail. The best way he knew of making his point was to quote the beautiful saying: Seat' gue-rit la blessure la lance qui la fit, "The wound is only healed by the lance that made it."
Jung, too, was intimately familiar with this same situation in the Grail legend—this impossible task of healing the wound through the instrument that caused it. On one hand, of course, this was precisely his task.
On the other, when he talked about it in objective terms, he described this work of returning to heal the gaping wound caused so long ago as the impossible work of the equally impossible savior or Saoshyant; of the precious jewel, father of all prophets, who comes back after thousands of years bringing a completely new revelation.
And just how impossible this task starts to become clear when one finds the courage, if only for a moment, to face that individual but also collective emptiness and darkness inside oneself without trying to do anything, such as thinking good thoughts or inventing childish schemes, to fill the hole.

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06/08/2025

Un mio scritto di alcuni anni fa:

Tecniche spirituali:
Che cosa c’è di spirituale in tutto questo?

Ricordo che nel 1989-90 quando scrissi il mio primo libro sulle tecniche di respirazione, per una priorità della casa editrice che ne ritardava la stampa ebbi modo di correggere durante il mio annuale soggiorno in India la stesura che avevo già consegnato. Nella serenità valle himalayana dove passavo l’inverno alla prima rilettura ringraziai il cielo di quel ritardo editoriale. Rimasi quasi inorridito nell’accorgermi che avevo scritto almeno nove pagine di severe critiche al diffuso uso improprio delle tecniche di respirazione e di meditazione in particolare del Rebirthing.
Mi sembrò di cattivo gusto parlare male dei colleghi e che dovevo scrivere soltanto ciò che ritenevo corretto senza preoccuparmi di come altri si improvvisavano terapeuti applicando malamente il metodo. Riconoscevo nel Rebirthing la tecnica più potente ed efficace che avessi mai sperimentato ma i fondatori americani del metodo la associavano a teorie fantasiose da far inorridire qualunque esperto della materia. Di fronte a queste gravi lacune che screditavano la validità del metodo pensai sufficiente portare avanti un approccio serio, senza prendere in considerazione le pericolose deviazioni New Age che ne stravolgevano del tutto l’efficacia.

Gli insegnamenti dei maestri tuttavia suggerivano che ognuno deve fare il proprio dovere al meglio, lavorare su se stessi e dalle proprie negatività ed ignorare le negatività esterne, “ama tutti, loda tutti, se non puoi lodare qualcuno lascialo uscire dalla tua vita”.
Così al mio rientro dall’India portai all’editore Armenia un libro del tutto privo di anatemi e purgato da ogni critica alle scuole americane.
Pochi anni dopo mi fu proposto da Rusconi di scrivere un libro specifico sul mio metodo. Nel 1996 pubblicai con il titolo “Rebirthing Transpersonale” un testo in parte manualistico per differenziare il mio approccio in linea con gli sviluppi della Psicologia di frontiera.
Da allora sono passati molti anni, ho scritto altri 3 libri, sempre evitando critiche, ma con il tempo ho preso atto che in Italia e non solo, troppo spesso si spaccia come filosofia orientale meditazione, spiritualità, Yoga, sviluppo personale, Olismo, non-dualismo, ecc., molte stupidaggini che non sono solo false, ma spesso anche svianti e dannose.

Oggi mi domando se invece non avrei dovuto combattere contro la degenerazione che ha ridotto la Filosofia Perenne e i cammini di risveglio e autoconoscenza ad una farsa che spesso degenera in forme di psicosi.
Negli ultimi anni ho scritto alcuni articoli sugli inganni dell’ego, sull’ego spirituale e cercato di indicare l’inganno di una pseudo spiritualità basata sull’autoinganno.
Dopo aver visto quanto i falsi insegnamenti condizionino la maggioranza e aver incontrato molti pazienti ingannati e confusi da queste scuole, ed essere venuto a conoscenza del comportamento di colleghi che si professano maestri e guide spirituali, esperti di approcci alternativi ingannando se stessi e gli altri, ecc. ho deciso di accettare la scomoda posizione di chi mostra il lato oscuro che di solito preferiamo non vedere, ed esprimere con schiettezza l’erroneità di quanto viene comunemente professato.

Ricordo una conferenza di decenni fa di Bernardino del Boca grande antropologo, esoterista e teosofo, in cui diceva: “dello yoga in occidente abbiamo fatto un teatro di ombre ai cui oltretutto voltavamo le spalle…”

Scriveva Elemire Zolla: “È piantato nel cuore d'ognuno il bisogno di beatitudine, di Unità, ma i più sono attratti dall'opposta tendenza al giudizio, alla dualità. Che cosa li rende incapaci di unificarsi? Come di norma nelle inchieste criminali, il meno sospetto è il reo. È l'idea della letizia e della salute, l'Albero della Vita, che fa ammalare: l'idea di perfezione, di unità assoluta tortura l'imperfezione, al suo paragone non reggono gli equilibri che si raggiungono ai gradi minori dell'essere e che crollano dinanzi alla sovrastante visione di pace infinita. Per non affrontare l'idea d'una vita perfetta, si tarpa l'intelletto. Ciò che vale per la persona, vale per la società le due non si possono scindere: la persona cela interiormente una moltitudine e la società compone una persona. Dal punto di vista metafisico delirio e ideologia, fede personale e credenze sociali sono tutt'uno, semplicemente passa per delirio un'ideologia che non ha propagato abbastanza il suo contagio.”

Sono stato molti anni con un grande maestro e nel tempo ho constatato che mentre i seguaci indiani hanno avuto benefici sia spirituali sia per quando riguarda il successo mondano, gran parte dei devoti occidentali hanno perso il loro tempo inseguendo un’immaginaria trasformazione che li imprigionava in problemi inesistenti. Grandi sforzi dell’io per liberarsi dell’io, desiderare di non aver desideri che è un altro desiderio, ecc…
Se meditare è cogliere il presente e sprofondare in esso, immergersi nell’Essere oltre lo spazio e il tempo, dissolversi nel Sé, noi occidentali, forse a causa di tanti secoli di condizionamento cattolico, cerchiamo di cambiare per diventare nel tempo migliori se non illuminati.
È in questo modo che la ricerca spirituale, seppure con le migliori intenzioni, produce risultati opposti a quanto si auspica.

Ogni critica che esprimo l’ho riconosciuta in me prima ancora di attribuirla ad altri e la mia intenzione è quella di mettere in guardia ed possibilmente emanciparsi dall’errore.

La realtà va riconosciuta per quello che è. Comprendere le cause di cui vediamo realizzati gli effetti negativi non implica giudizio e contrapposizione personale a coloro che son essi stessi vittime degli erronei presupposti culturali diffusi in una società in gran parte malata e corrotta.
Il problema di base da cui nascono tutte le distorsioni è una malattia della mente collettiva di cui gli individui sono schiavi.

L’uomo è dotato di un fantastico cervello ma non sa come usarlo, anzi ha ricevuto alla nascita istruzioni sbagliate e applica il pensiero ad aree per le quali è strumento inadatto. E’ stato scoraggiato dal sentire di essere e fortemente incoraggiato a diventare, cambiare e sforzarsi di raggiungere un’immagine ideale si sé.
E già questa tensione e distanza dall’ideale è una via che ci aliena dal dive**re spontaneo di una mente serena, energie inutilmente sprecate
Per liberarsi dagli inganni mentali dalle illusioni che impediscono di vivere con lucidità e armonia è necessario riconoscerli. Non è necessaria lotta o contrapposizione. Vedere con chiarezza è il cambiamento.

Non penso di essere il solo ad avere chiara questa posizione. Molti prima di me hanno criticato nichilismo e superficialità di un mondo basato sul denaro e la materialità.
Il fatto è che su 30.000 libri in commercio 300 sono validi e 27.700 sono espressioni dell’ignoranza imperante. Quelli validi sono impegnativi è per comprenderli ci vuole attenzione energia intelligenza, sincera motivazione alla ricerca, mentre gli altri 27.000 sono facilmente leggibili e offrono facili soluzioni, e pretendo di spiegare i misteri più profondi con frasette moralistiche attribuendo al pensiero ordinario facoltà miracolose e creatrici.
Non a caso libri come The Secret diventano best seller perché fan credere che ci siano metodi facili che ci rendono quasi onnipotenti e ciò è desolante.

Se cerco di definire il Rebirthing Transpersonale è facile definirlo una tecnica o un metodo basato sulla respirazione. Ma invero non è un metodo né una tecnica, per applicarlo e fondamentale condividere una diversa prospettiva di porsi rispetto a noi stessi. Invece di cecare un’esperienza o desiderare, di ottenere qualcosa attraverso il metodo, ci si deve porre in ascolto della semplice sensazione di essere . Si dovrebbe osservare attenzione che cosa succede quando liberiamo un respiro fluido e profondo, se siamo attenti alle sensazioni interiori e seguiamo un ciclo naturale in cui entriamo consapevolmente nelle tensioni che si oppongono ad una respirazione profonda e naturale, in pochi minuti possiamo attingere ad un sentire profondo e non diviso. Siamo consapevoli dell’io riflesso e della sua sorgente trascendete. In un insight profondo ci uniamo al Sé senza forma.

Indirizzo

Piazza Castello, 23
Milan
20121

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Our Story

Per approfondire sul Rebirthing Transpersonale fornisco di seguito i link ai miei lavori. eBook su Amazon: Rebirthing Transpersonale, Ediz. Rusconi: http://www.amazon.it/Rebirthing-Transpersonale-potenzialit%C3%A0-liberare-rinnovarsi-ebook/dp/00KR7JFN4/ref=sr_1_5?ie=UTF8&qid=1401872036&sr=8-5&keywords=filippo+falzoni+gallerani Il Respiro dell’Anima: http://www.amazon.it/Respiro-dellAnima-Filippo-Falzoni-Gallerani-ebook/dp/B00KTAM86U/ref=sr_1_2?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1402062992&sr=1-2 "L'IO TRASPARENTE" due volumi di circa 800 pagine Il Primo volume tratta più specificamente il Rebirthing Transpersonale le sue applicazioni per la soluzione di ansia, depressione dei disturbi psicosomatici e per integrare l'inconscio e realizzare la pienezza di sé. Il secondo è una raccolta di brani di diversi autori che ho selezionato per i corsi didattici e rappresenta parte del substrato filosofico-scientifico del metodo. Nel 2009 ho pubblicato "La saggezza non dualista". Mie traduzioni inedite di brani dell'Upanishad che collimano con le più moderne visioni sulla natura della Consapevolezza. Per leggere le prime pagine dei testi clicca qui: http://www.filippofalzoni.com/joomla/filippo-falzoni-gallerani/pubblicazioni