29/10/2020
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=194017725672040&id=107912280949252
Da leggere! 🙂
LA “TERRA DI NESSUNO” TRA SALUTE E MALATTIA:
LE GRAVI IMPLICAZIONI DI UNA REALTA' NEGATA
di David Lazzari, Presidente Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, Docente a c. Univ. Torino e L'Aquila, Past President Società Italiana PsicoNeuroEndocrinoImmunologia.
Foto di Engin Akyurt/Unsplash
La crisi sanitaria ha prodotto una condizione ben studiata nella letteratura scientifica, che a livello internazionale va sotto il nome di “psychological distress”, reso in italiano come “disagio psicologico”. Oggi, secondo le ricerche condotte in tutto il mondo, questo disagio è la condizione, più o meno accentuata, di circa la metà della popolazione. Abbiamo arruolato medici, infermieri ed altri operatori per la pandemia, ma quasi nessuno Psicologo. Dobbiamo aspettare, come ci mostrano gli studi sulle grandi crisi (terremoti, uragani, altre pandemie), che tante persone sviluppino una malattia mentale o fisica per ve**re presi in considerazione dai nostri schemi mentali e dai relativi capitoli di bilancio?
💊💊💊
Gli studi sul funzionamento della mente ci hanno mostrato che essere “sapiens sapiens” non vuol dire avere una “oggettiva” conoscenza e controllo della realtà. Noi tendiamo a classificare il mondo in categorie che risentono molto della cultura nella quale siamo immersi (familiare, della comunità di appartenenza, sociale). Di ciò abbiamo livelli di auto consapevolezza che variano in relazione al nostro sviluppo psicologico: una psiche equilibrata e armonica è più “accesa” su ciò che accade dentro e fuori di noi. La pandemia ha reso evidenti, tra le altre cose, sia il potere di questi meccanismi che di alcuni grandi schemi culturali che ci portiamo dietro e che limitano la lettura condivisa della realtà.
Nel primo caso è emerso con chiarezza quanto il “filtro psicologico” con cui leggiamo la realtà determini quello che proviamo (emozioni, livelli di paura) e quello che facciamo (i nostri comportamenti). E come questo “filtro” può essere condizionato da fattori sociali, come i messaggi istituzionali, i media, i social, il clima collettivo e così via.
Infatti tutti gli studi psicologici sulle emergenze (ivi comprese le pandemie) hanno messo in luce l’importanza di questi aspetti e le strategie per promuovere letture e comportamenti funzionali e cooperativi e limitare lo stress legato a queste situazioni.
L’altro aspetto è legato agli “schemi culturali” sociali. Si tratta delle “lenti culturali” con cui viene influenzata la lettura della realtà, che possono essere più o meno evidenti e coerenti le une con le altre.
In questa fase è importante evidenziarne una soprattutto, per l’impatto che sta avendo sul modo di gestire la pandemia e gli aspetti psicologici. Mi riferisco al concetto di “salute” che, nella sostanza, dal punto di vista biomedico, risulta corrispondente ad una condizione di non malattia. Questo può sembrare molto vero in tempo di pandemia, dove tutto lo sforzo è legato a capire se le persone sono “infette” o meno e trovare cure efficaci.
Ma, se ci soffermiamo un attimo, vediamo che la realtà è più complessa: si può essere “infetti” senza essere malati e si può risentire in modo più o meno accentuato del virus in relazione alle condizioni di salute generali preesistenti. Non c’è una lettura in “bianco e nero” ma diverse gradazioni. Bisognerebbe aggiungere che molte persone “stanno male” in relazione alla pandemia senza essere “malate” di Covid, perché la sofferenza psicologica può essere moto pervasiva e debilitante. Appare allora chiaro che salute e malattia vanno viste non in astratto, se si vuol capire, ma contestualizzate nelle persone: sono le persone ad essere in salute ed in malattia e sempre in modo relativo, nel senso che non si tratta di dimensioni alternative bensì coesistenti.
Diventa allora importante evidenziare come gli studi sulla salute abbiano messo in luce due elementi: che non si tratta di un aspetto statico ma dinamico, che integra il buon funzionamento dei processi del corpo con gli equilibri psicologici e adattativi della persona (Huber 2011).
Quindi la salute non è assenza/presenza ma equilibrio, e quindi è sempre legata al rapporto tra la persona ed il contesto in cui è immersa. Da questo derivano due fatti importanti, cioè che clima psicosociale e salute sono legati e che esistono situazioni che non sono più salute ma non ancora malattia in senso stretto.
La crisi sanitaria ha prodotto una condizione ben studiata nella letteratura scientifica, che a livello internazionale va sotto il nome di “psychological distress”, reso in italiano come “disagio psicologico”: un mix di sintomatologia che varia in base alle caratteristiche individuali ma che ha come ingredienti ricorrenti ansia, umore oscillante ma tendente al depresso, irritabilità, tensione, apatia, disturbi del sonno, malesseri fisici. Se vai dal medico e fai le analisi di routine al 90% non rientri in nessuna malattia ma migliaia di ricerche ci dicono che questa condizione ha alterato il nostro funzionamento biologico, relazionale e sociale, la nostra perfomance nella vita e compromesso la nostra salute.
Dal “benessere bio-psicosociale” siamo nel “malessere bio-psicosociale”, una condizione in grado di compromettere molti aspetti di chi la vive: basti pensare come esempio che, se protratta, aumenta il rischio di una malattia cardiovascolare o immunitaria del 100% o la mortalità in generale del 40% (vedi Lazzari, “La Psiche tra Salute e Malattia. Evidenze ed epidemiologia, EDRA 2020).
Un disagio contagioso, che cambia il clima nelle famiglie, nelle comunità o nell’intera società. Oggi, secondo le ricerche condotte in tutto il mondo, questo disagio è la condizione, più o meno accentuata, di circa la metà della popolazione. Che, in virtù di questi schemi culturali ed operativi, non si sente bene ma ha – giustamente – paura di considerarsi malata o debole caratterialmente. Una enorme sofferenza che viene negata o relegata al privato delle famiglie. E questo nonostante che le scienze psicologiche abbiano mostrato l’importanza e l’efficacia (ma anche il valore costo-benefici in termini economici) di strategie diffuse di prevenzione, di promozione della resilienza, di ascolto e sostegno.
Dall’inizio della pandemia non solo è stata trascurato l’impatto della comunicazione sul clima psicosociale, e il ruolo delle Istituzioni nel favorire la cooperazione attraverso l’autorevolezza e l’affidabilità, ma anche questo diffuso disagio, che è rimasto praticamente senza risposte. Nonostante ci siano collegamenti importanti tra questi aspetti e la disponibilità delle persone, i livelli di rabbia, la comparsa di forme di ribellione e di disgregazione del tessuto sociale stanno emergendo.
Di fatto, i nessi messi in luce dalla letteratura psicologica, tra vissuti individuali e politiche collettive, non sono stati sinora preso in considerazione. Farlo in questa fase della pandemia può essere molto importante per gli sviluppi futuri.
Peraltro, quella del “disagio psicologico” è una categoria ben presente già prima della pandemia nelle nostre leggi, si pensi ai LEA che prevedono interventi psicologici pubblici per queste situazioni. Ma ogni volta che si prendono provvedimenti e si fanno stanziamenti, questi aspetti rimangono fuori dalla porta. Abbiamo giustamente arruolato migliaia di medici, infermieri ed altri operatori per la pandemia, ma quasi nessuno Psicologo.
Dobbiamo aspettare, come ci mostrano gli studi sulle grandi crisi (terremoti, uragani, altre pandemie), che tante persone sviluppino una malattia mentale o fisica per ve**re presi in considerazione dai nostri schemi mentali e dai relativi capitoli di bilancio?
BIBLIOGRAFIA
BendauA. et al., Associations between COVID‑19 related media consumptionand symptoms of anxiety, depression and COVID‑19 related fearin the general population in Germany; European Archives of Psychiatry and Clinical Neuroscience,20July 2020, https://doi.org/10.1007/s00406-020-01171-6
Benedetti F, Ansia e depressione post Covid-19, https://www.hsr.it/news/2020/agosto/ansia-depressione-post-covid
Gao J, Zheng P, Jia Y, Chen H, MaoY, Chen S, et al. (2020) Mental health problems andsocial media exposure during COVID-19 outbreak.PLoS ONE 15(4): e0231924.
Huber M. et al. How should we define health?. British Medical Journal 2011;343:d4163
Inchausti F. et al. , Psychological Intervention and COVID‑19: What We Know So Farand What We Can Do, Journal of Contemporary Psychotherapy, Publ. online 27 May 2020
Lazzari D, “La Psiche tra salute e malattia. Evidenze ed epidemiologia”, 2° ristampa agg. Pandemia. Settembre 2020. Edra.
Lazzari D., Bottaccioli MG, Bottaccioli F., Letter to the Editor: Kim, S.-W., Su, K.-P. (2020) Using psychoneuroimmunity against COVID-19, Brain, Behavior, and Immunity 87 (2020) 170–171
Lazzari D, Bottaccioli AG, Bottaccioli F, Promuovere la resilienza della popolazione italiana contro SARS-CoV-2, Pneireview n.1:6-25, 2020
Legrenzi P. (2019) A tu per tu con le nostre paure, Bologna: il Mulino
Lunn P. et al.; Using Behavioural Science to Help Fight the Coronavirus: ARapid, Narrative Review, Journal of Behavioral Public Administration Vol 3(1), 2020
Pfefferbaum B., North CS, Mental Health and the Covid-19 Pademic, The New England Journal of Medicine, April 13, 2020.
Rumiati R. (2016) Decidere in pratica, Il Mulino
Taylor S. (2019) The Psychology of Pandemics, Cambridge Scholars Publishing.
Thaler R.H. (2014) Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, Feltrinelli.
Van Bavel JJ. Et al. , Using social and behavioural science to supportCOVID-19 pandemic response, Nature Human Beaviour Perspective, 30 April 2020.