23/11/2025
Cinque ragazzi.
Cinque volti ancora sospesi tra l’adolescenza e l’età adulta, quell’età in cui si crede di essere invincibili e invece si è fragilissimi.
Cinque vite che, in una manciata di minuti, hanno preso una direzione che segnerà per sempre la loro esistenza e quella di un altro giovane, colpito fino a spezzargli non solo il corpo, ma il futuro.
È facile, oggi, guardarli e vedere solo il gesto.
La brutalità.
La vigliaccheria.
La violenza cieca.
Ed è giusto indignarsi: ciò che hanno fatto è inaccettabile, feroce, devastante.
Ma dietro la ferocia c’erano cinque ragazzi.
Cinque storie che nessuno aveva mai frenato.
Cinque impulsi mai ascoltati.
Cinque caratteri cresciuti senza argini, senza quella voce adulta che dice “no”, quella che insegna la misura, il limite, il peso delle conseguenze.
Cinque adolescenti convinti di essere un branco quando, in realtà, erano solo cinque solitudini che si facevano eco l’una con l’altra.
Non erano mostri quando sono nati.
Non erano destinati a diventarlo.
Lo sono diventati piano, nel silenzio, nella disattenzione, nella leggerezza di chi non ha visto la rabbia che cresceva, la noia che marciva, l’assenza di confini mascherata da libertà.
E ora?
Ora ci sono cinque ragazzi che scoprono, forse per la prima volta, cosa significhi distruggere davvero.
Cinque giovani che dovranno convivere con il peso di un gesto che non possono cancellare.
Cinque volti che il resto del mondo guarderà per anni come se fossero la loro azione e nient’altroe forse è questa la pena più profonda: essere imprigionati nel peggio di sé, anche quando un giorno si vorrebbe cambiare.
È difficile provare compassione per loro, e non deve essere obbligatorio.
Ma è impossibile ignorare una verità amara:
cinque ragazzi hanno rovinato un ragazzo perché, da qualche parte, il mondo degli adulti aveva smesso di fare il suo lavoro.
Aveva smesso di proteggerli dai loro stessi limiti, di insegnare la responsabilità, di mostrare l’ombra prima che diventasse tempesta.
Oggi quei cinque ragazzi non stanno solo pagando per ciò che hanno fatto.
Stanno pagando anche per ciò che non hanno ricevuto.
Per le parole non dette, gli avvertimenti non dati, gli esempi mancati.
Per tutte le volte in cui qualcuno avrebbe potuto fermarli e non l’ha fatto.
E forse, quando la rabbia del momento si raffredderà, resterà una domanda dolorosa:
se qualcuno avesse teso loro una mano prima della notte del pestaggio,
li avremmo mai visti lì, insieme, precipitare nella violenza?
Forse no.
Forse queste cinque vite avrebbero potuto essere altro.
Ed è proprio questo, alla fine, a spezzare il cuore.