04/12/2025
𝗨𝗻𝗮 𝗻𝘂𝗼𝘃𝗮 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗴𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝘀𝗮𝗽𝗲𝗿𝗶 𝗰𝗹𝗶𝗻𝗶𝗰𝗶: 𝗶𝗹 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗿𝗶𝘃𝗼𝗹𝘁𝗼 𝗮𝗴𝗹𝗶 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝘁𝗿𝗶
La storia della professione di psicologo è attraversata da fratture, resistenze e svolte che vale la pena ricordare per comprendere l’evoluzione del nostro campo disciplinare.
Per decenni, in Italia, psicologia e psicoterapia sono state trattenute ai margini.
Non solo condizionate dagli orientamenti culturali di Croce e Gentile, che tra gli anni ’20 e ’40 ridussero drasticamente lo spazio universitario della psicologia, ma anche da una parte della psichiatria che, dopo una fase iniziale più aperta alle scienze della mente, mantenne a lungo un’impostazione prevalentemente organicista. La farmacologia ha rappresentato un passo avanti decisivo per la salute di molte persone, ma per un periodo ha rischiato di diventare l’unica lente attraverso cui leggere la sofferenza mentale.
La ricerca sull’efficacia degli interventi — in particolare quelli cognitivo-comportamentali dagli anni ’70 in avanti — ha progressivamente riportato l’attenzione sugli interventi “con le parole” e su una visione più articolata dei processi psicologici.
In Italia, il riconoscimento formale delle scuole di psicoterapia è arrivato attraverso un percorso complesso, che ha richiesto mediazioni, tempo e il lavoro di diverse generazioni di professionisti.
È grazie anche a figure come Adriano Ossicini, psicoterapeuta dell’infanzia, senatore e vicepresidente del Senato, che nel 1989 vide la luce la Legge 56: un passaggio che ha definito l’identità giuridica della professione psicologica e aperto una stagione nuova per la psicoterapia.
Parallelamente, per molti anni le Scuole di Specializzazione in Psichiatria hanno attribuito automaticamente il titolo di psicoterapeuta ai medici specializzandi, senza un percorso metodologicamente strutturato.
Questa impostazione è stata rivista dal DM 68/2015, che ha introdotto l’obbligo di integrare almeno 60 CFU specifici in psicoterapia tra teoria e pratica, un cambiamento significativo ancora in fase di attuazione non uniforme sul territorio nazionale.
È dentro questa transizione che si colloca il percorso che oggi giunge alla conclusione della sua prima edizione. Un percorso scelto da allievi psichiatri e psicoterapeuti già specializzati in altri orientamenti, che hanno scelto di ampliare le proprie competenze cliniche attraverso un curriculum professionalizzante di 500 ore in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.
Una scelta che nasce non da un obbligo, ma da un obiettivo preciso: integrare, con metodo e rigore, strumenti che permettono di:
– analizzare i casi clinici attraverso la concettualizzazione cognitivo-comportamentale,
– integrare in modo efficace farmacoterapia e psicoterapia,
– applicare protocolli basati sull’evidenza,
– monitorare l’evoluzione clinica con criteri chiari e condivisi.
Sono competenze che parlano una lingua comune: quella di una cura che unisce scienza, relazione, metodo e consapevolezza tecnica.
Starà a ciascun allievo approfondire nella direzione più coerente con la propria pratica clinica i contenuti affrontati durante il percorso.
Per questo il loro lavoro non rappresenta soltanto un passaggio formativo individuale: restituisce un orientamento culturale preciso, quello di una clinica capace di leggere il funzionamento dei pazienti nella sua complessità — sintomi, contesti, valori, scopi — e di farne oggetto di intervento con strumenti integrati e rigorosi.
👉🏼 www.stateofmind.it/2025/09/integrazione-psichiatria-psicoterapia/