07/12/2025
La giustizia uguale per tutti si gioca anche sui tempi di risposta, specie per i bambini.
A TUTTI COLORO CHE MI CHIEDONO DI LUCA, IL BAMBINO SOTTRATTO ALLA FAMIGLIA AFFIDATARIA CON CUI HA VISSUTO PER PIU’ DI QUATTRO ANNI, AVENDOLO CRESCIUTO SIN DAL PRIMO MESE DI VITA, E CHE E' STATO DATO IN ADOZIONE AD ALTRA FAMIGLIA
Ogni settimana ricevo richieste di aggiornamento sulla situazione di Luca, il bambino che è stato dato in adozione ad altra famiglia dopo più di quattro anni di affido ponte della famiglia che era disponibile ad adottarlo per sempre. Luca è tuttora presso la famiglia adottiva e non ha mai più visto i genitori affidatari che lo hanno cresciuto per quattro anni. Il trauma abbandonico deve essere enorme in questo bambino. Lo strappo prodotto è inaccettabile sotto ogni punto di vista. Per questo la famiglia affidataria ha fatto ricorso in appello, che ha di nuovo rigettato la sua richiesta. In tutte le sentenze emesse nessuno cita mai il tema della “continuità affettiva” e il bene maggiore del bambino che è il motivo principale per cui la famiglia affidataria continua a chiedere alla legge di rivedere la decisione adottiva. Ora l’avvocato della Famiglia, Sara Cuniberti, ha deciso di scrivere una lettera. L’ha scritta per aiutare l’opinione pubblica a comprendere quanto importante è che questo caso non vada nel dimenticatoio né della giustizia né della gente comune. La famiglia ora ha ricorso in Cassazione. Il tempo che trascorre senza nessuna capacità da parte della giustizia di far almeno riavvicinare il bambino alla sua storia e agli adulti che lo hanno amato e cresciuto sin da subito è un tempo che giorno dopo giorno amplifica nella memoria emotiva di quel bambino il dolore, il non senso e il trauma conseguente di tutto ciò che gli è accaduto. Perché i bambini non dimenticano. Possono elaborare, ma per farlo devono comprendere. E ciò che è accaduto a Luca è incomprensibile. Perciò, in questo week end lungo condivido con voi la lettera dell’Avvvocato Sara Cuniberti. Leggetela e fatela leggere. Facciamo rumore.
LETTERA APERTA: I BAMBINI SONO TUTTI UGUALI ?
Negli ultimi giorni l’opinione pubblica ha conosciuto, attraverso giornali, televisioni, e web la vicenda della cosiddetta “famiglia del bosco”. Tre bambini sono stati allontanati dalla loro abitazione improvvisata e, dopo il clamore nazionale, è già stata fissata — in tempi rapidissimi — un’udienza per il prossimo 4 dicembre per valutare un possibile riavvicinamento ai genitori.
È giusto che vi sia attenzione.
È giusto che vi sia urgenza.
Quando si parla di minori, non può essere altrimenti.
Ma mentre questa vicenda trova una corsia preferenziale, c’è un altro bambino che attende.
Da ormai quasi un anno. Stiamo pensando al “piccolo Luca”.
Era il mese di gennaio 2025 quando un padre naturale ha impugnato il decreto che dichiarava il proprio figlio adottabile.
Ha chiesto una verifica puntuale dei fatti, della sua capacità genitoriale, della correttezza degli accertamenti che hanno portato alla dichiarazione di adottabilità.
Al suo fianco, a sostegno della continuità di vita e di affetti, si sono presentati anche gli ex affidatari: persone che hanno rappresentato per quel bambino una base sicura, una quotidianità, un amore costante. Persone alle quali è stato strappato il bambino in affido che avevano cresciuto per 4 anni e mezzo su cinque della sua piccola vita. Quelli che lui ha sempre chiamato mamma e papà e che, da un giorno all’altro, non ha più potuto vedere, né sentire al telefono. Nulla. Il vuoto totale.
Eppure, in questo procedimento dove delle persone che lo amano si stanno battendo in ogni modo:
• non è stata ancora avviata una consulenza tecnica, indispensabile per valutare seriamente la genitorialità;
• si è celebrato ad oggi un solo passaggi processuali, privo di sviluppi concreti;
• non è stato favorito neppure un minimo riavvicinamento tra il minore e gli affidatari, nonostante anni di vita condivisa;
• i legami affettivi sono stati recisi, senza una valutazione tecnica, senza gradualità, senza alcuna considerazione per il principio — cardine della legge — della continuità affettiva.
• Un allontanamento brutale, condizione estrema che si attua solo in caso di maltrattamenti fisici o psicologici, abusi sessuali o grave trascuratezza e incuria. Perché? Il piccolo Luca era gioiosamente inserito in famiglia, cresceva in allegria e serenità.
• Ma davvero questa soluzione è il miglior interesse del bambino?
• Cosa avrà pensato la prima notte, la prima colazione, le prime giornate? Perché non tornano a riprendermi? Dove sono finiti tutti?
E tutto questo mentre altri minori, in un altro contesto, ottengono (giustamente) in pochi giorni un’udienza urgente.
La domanda nasce spontanea: perché?
Perché tre bambini hanno la loro udienza fissata nel giro di giorni e un altro bambino è in attesa da quasi un anno? Non stride?
Qual è la differenza?
Non dovrebbero essere tutti uguali davanti alla giustizia minorile?
Non dovrebbe avere lo stesso valore ogni lacrima, ogni paura, ogni speranza, ogni diritto, ogni legame affettivo?
Il bambino di cui parlo non può essere descritto nei dettagli: la sua storia merita protezione.
Ma posso dire questo:
– un padre aspetta, dei fratelli aspettano
– due affidatari aspettano, dei “fratelli” aspettano, dei nonni aspettano, degli zii aspettano, amici e compagni di scuola aspettano e ancora lo cercano
– un bambino aspetta.
Aspetta che qualcuno consideri la sua storia con la stessa urgenza che viene riservata ad altri.
Aspetta che si avvii finalmente una perizia che valuti, con competenza, cosa sia davvero meglio per lui.
Aspetta che si riconosca che la continuità affettiva è un diritto, non un optional.
Aspetta che la giustizia minorile si muova con la stessa velocità per ogni minore, non solo per quelli che finiscono in prima pagina.
Aspetta che qualcuno diventi la sua voce.
In materia di infanzia, il tempo non è neutro.
Il tempo costruisce o distrugge.
Il tempo può curare o ferire. E se le ferite iniziano a sanguinare diventa più faticoso rimarginarle.
E quando i legami vengono recisi, il tempo fa, non “può fare”, danni irreversibili.
Scrivo questa lettera per porre una domanda semplice, ma fondamentale:
Possiamo davvero accettare una giustizia che corre per alcuni bambini e si ferma per altri?
La risposta non riguarda solo una famiglia, né una vicenda giudiziaria.
Riguarda la credibilità dell’intero sistema di tutela minorile.
Riguarda la nostra capacità, come società, di garantire ciò che tutti proclamiamo:
che il bene del minore viene prima di tutto.
Tutti i bambini sono uguali.
La giustizia per loro dovrebbe esserlo altrettanto.