25/11/2025
La violenza domestica è la prima causa di morte nel mondo per le donne di età compresa tra i sedici e i quarantaquattro anni. Più degli incidenti stradali. Più delle malattie.
È un mostro che si nutre di maltrattamenti fisici e psicologici.
È un fitto sottobosco di aggressività distruttiva che porta alla scarnificazione dell'amor proprio, mandando in poltiglia l'autostima di chi ne è vittima.
Poiché parlarne tocca corde profonde, spesso lo si fa in modo semplificatorio e banalizzante, dimenticando che la cifra dell'umano è la complessità.
Imputare tanta violenza solo a secoli di cultura maschilista non spiega il paradosso dei nostri giorni.
L'acquisizione di numerosi e fondamentali diritti ha ridisegnato lo status femminile degli ultimi cento anni. Allora perché molte donne, adulte e libere, dopo il primo spintone o la prima seria violenza verbale, anziché allontanare da sé l'uomo che le sta minacciando, preferiscono raccontarsi e raccontare che non è successo nulla?
L'evidenza dei fatti suggerisce che affrontare il problema solo da un punto di vista civile, sociale e penale, trascurando la dimensione psicologica, è necessario ma non sufficiente.
In un amore sufficientemente maturo, terminato l'incantamento iniziale, ognuno si riappropria dei propri confini. Mentre un amore malato va in frantumi nell'istante stesso in cui si esaurisce la fusionalità. Alcuni uomini, per scacciare il fantasma dell'abbandono e della dipendenza dalla persona amata, tentano di ripristinare la fusione con la forza fisica.
L'esperienza del limite è la caratteristica della condizione umana. Non si tratta di una norma giuridica ma del fondamento etico di ogni civiltà. Che, se valicato, comporta distruzione, annientamento di sé e dell'altro.
L'unica condizione che rende possibile l'amore è la capacità di stare soli, accettando la propria solitudine. Ma non tutti gli adulti ne sono capaci. Purtroppo sia vittime che carnefici spesso condividono questo stesso grave inciampo nel percorso evolutivo.
Mi sento di invitare certa parte dell’universo maschile a recuperare il proprio ruolo nel mondo Che non è né quello sbiadito o assente né quello pericolosamente machista, di cui le donne pagano un prezzo altissimo. Per arrivare ad una ricomposizione del femminile e del maschile. Senza squilibri né egemonie. Ciò ridarebbe dignità a tanti uomini che non si riconoscono nel ruolo di aggressori. E impedirebbe la diffusione dell’idea pericolosa oltre che banale che il maschile sia negativo a prescindere.