SABOF - Associazione

SABOF - Associazione La Società di Analisi Biografica a Orientamento Filosofico (Sabof), nata nel 2007 a Milano, riunisce gli analisti filosofi già attivi professionalmente.

Fanno parte di SABOF anche gli psicoterapeuti e gli psicoanalisti di diverse scuole e orientamenti che hanno incontrato in essa un campo aperto, dialogico e interdisciplinare di formazione permanente. Oltre alle attività interne di studio, pratica e formazione, la Società di Analisi Biografica a Orientamento Filosofico (SABOF) organizza eventi culturali, seminari e convegni rivolti a chiunque desideri approfondire la dimensione filosofica della cura. SABOF è un'associazione professionale legalmente riconosciuta ai sensi della legge n. 4/2013. CHE COSA E’ L’ANALISI BIOGRAFICA A ORIENTAMENTO FILOSOFICO

L’analisi biografica a orientamento filosofico (Abof) è una relazione di cura in senso filosofico. Nata agli inizi degli anni Duemila in Italia, nell’area milanese, è oggi praticata in diverse città italiane. L'ispiratore è Romano Màdera. Rivisitando i campi della filosofia e delle psicologie del profondo l’analisi biografica a orientamento filosofico costituisce una nuova area di studio e di pratiche per gli individui e i gruppi che desiderano esplorare le implicazioni biografiche, la spinta vocazionale, le attitudini e le risorse del proprio progetto esistenziale in una prospettiva di responsabilità individuale, interpersonale e comunitaria. Si tratta della dimensione della cura di sé come cifra originaria del modo di vivere filosofico. Si rivolge, pertanto,
all’interezza del soggetto e alla sua capacità di reperire un senso vitale nel flusso molteplice dell’esperienza e nelle ordinarie sfide e sofferenze esistenziali, passaggi ineludibili, non psicopatologici e comuni nella vita di tutti gli umani. Trattandosi di una pratica filosofica, sono richiesti all’analista non solo la competenza professionale ma anche l’indirizzo vocazionale alla filosofia, concretizzato nella dedizione agli esercizi filosofici personali e comunitari.

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa,  ricercatrice, saggista.“Ivan Illich e la f...
06/07/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa, ricercatrice, saggista.

“Ivan Illich e la fenomenologia dell'incarnazione” in In cammino sullo spartiacque. Scritti su Ivan Illich , a cura di A. Arrigoni, E. Morandi, R. Prandini, Mimesis, Milano-Udine 2017, pp.33-69.


Riflettendo sul corpo medicalizzato e sulla iatrogenesi culturale Illich ha dunque iniziato a configurare il senso profondo della nemesi tecnica […] Già in Nemesi Illich rileva che il «progressivo appiattimento della prestazione personale virtuosa», la perdita della virtù e dell’etica, procedono di pari passo con la perdita del piacere. «Il consumatore di anestesia», resosi estraneo a un dialogo esistenziale col proprio corpo, non sa educarsi al piacere come al dolore; l’ «aumentata soglia dell’esperienza a base fisiologica» induce la richiesta di stimolanti sempre più forti. In questo senso, fuggendo il fantasma del masochismo, perdiamo ogni autentico edonismo, proprio mentre rivendichiamo ideologicamente il nostro diritto al godimento. Spinta al limite, la manipolazione del dolore e del corpo potrebbe produrre una nuova specie di orrore «l’esperienza dell’ insensibilità artificiale».

Questa «anestetizzazione» diffusa di un corpo che si vorrebbe tecnicamente amortale, minaccia, secondo Illich, la nostra stessa «esperienza dell’io», così profondamente radicata in tutta la gamma di esperienze sensuali alle quali dobbiamo «il senso di esser vivi». La soggettualità incarnata, intraducibile non solo in termini di pura fisicità, ma anche in quelli ugualmente astratti e oggettivabili di unità psico-fisica, si pone come dato fenomenologico irriducibile, opaco, soggettivamente denso, fortemente interno, qualcosa di inappropriabile e indisponibile se non da me stesso. Esperiamo qui la paradossale ambiguità dell’incarnazione: il nostro limite più evidente – la gnostica “notte della carne”, la antiquata “prigione della carne” invisa all’utopia cyborg – è al tempo stesso pre-condizione fondante dell’edificio personale e della sua libertà, quale sarà infine per Illich coronata dall’autorivelazione dello spirito nella dimensione carnale del sé. (pp. 47-48)

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof ": Giovanna Morelli, analista filosofa,  saggista, ricercatrice.Il pesce volante, ...
05/06/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof ": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.

Il pesce volante, in “Vita monastica”, n. 245, aprile-giugno 2010, pp. 74-80.

Lo spazio di libertà nella storia non si apre ritornando all’irreperibile matrice naturale, inscindibile dai costrutti dell’uomo storico e comunque ancor più dell’uomo storico irretita in un conformismo biologico di specie (più incline alla competizione/simbiosi di sopravvivenza che non alla creazione di fratellanze sempre nuove). Questo spazio si apre grazie a una sottile esperienza trascendente, che Illich, nelle conversazioni cristiane, finalmente dichiara come tale, chiamandoci alla sua virtuosa cura come alla vera rivoluzione dei nostri tempi (e di tutti i tempi): l’esperienza di un nucleo incondizionato, eversivo, generativo, posto sempre un passo oltre i condizionamenti dell’uomo biologico e storico, inesauribile sorgente del nostro processo di individuazione. Esperienza non contenibile entro le maglie del linguaggio ma accarezzata metaforicamente e liricamente attraverso e oltre quelle maglie, come avviene in tutti i grandi poemi sacri dell’umanità.

Un’esperienza per la quale possiamo riprendere l’antica immagine cristiana del pesce volante, richiamata da Illich in una delle pagine più significative delle sue «reiterazioni» finali. [...] la duplice appartenenza, fisica e meta-fisica, simboleggiata dal pesce volante, dischiude l’orizzonte stesso del tempo, l’oceano del narrato, grazie alla spazio di «inenarrato» che reca con sé dalla vastità dei cieli. Questo è, per Illich, l’avvento del Cristo, un avvento che lacera e feconda la storia [...] Cristo profeta reca alla storia la consapevolezza radicale della nostra carnale deità, da cui convogliare libertà e sacralità nella storia, oltre le tribali spire dell’ethnos, là dove ogni uomo, nella sua incommensurabile unicità, può sorprendermi, in un inedito momento di amore. E nuovamente Cristo, in quanto mysterium del Dio incarnato, attua il passaggio ontologico – uno per tutto il tempo – necessario al realizzarsi della profezia […] Possiamo arretrare di fronte al mistero dell’Incarnazione, ma non possiamo disconoscere che un simile mistero feconda l’umano di libertà e di mutua, inesauribile, meravigliata accoglienza. (pp.77,79)

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof ": Giovanna Morelli, analista filosofa,  saggista,  ricercatrice. Pianeta terra 20...
15/05/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof ": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.

Pianeta terra 2020. Pandemia, potere virale e disincarnazione dell’immaginario , in “Mediterraneo”, n. 63, estate 2020, pp. 5-8.

Sappiamo ormai sin troppo bene che la potenza tecno-scientifica della nostra civiltà non è corrisposta da un’ adeguata consapevolezza etica e maturità spirituale. Alla crisi dell’ecosistema e alle criticità del socio-sistema, entrambe ampiamente ignorate, si accompagna la penuria di quella saggezza che Frankl auspicava per il suo homo patiens, una saggezza capace di significare l’umano e il suo senso anche di fronte alla soglia estrema. Lo spettacolo ingombrante, vistoso, irremovibile della morte, sembra alla fine averci colti impreparati; eppure la storia umana è storia seriale di morti. Il fantasma della morte, il più atavico dei nostri fantasmi, è stato esorcizzato da altri fantasmi che danno veste ipertecnologica, e dunque disincarnata e impersonale, alla nostra reazione difensiva. La danza macabra degli scheletri che popolavano le antiche figurazioni della morte era invece una danza carnale, ossa abbandonate dalla carne, ma che ancora sembravano cantare il corpo, i gesti e lo spirito dell’uomo che fu […] Chiamata in causa da questa pandemia è dunque la nostra ecologia mentale, la posizione e reazione di ciascuno, attraverso e oltre gli orientamenti dominanti […] L’esperienza del confinamento può sprofondarci nella Rete e nella sua virtualità o invece renderci compiutamente consapevoli dell’“insostituibilità del reale”; la voglia di “uscire”, di ritrovarci “davvero insieme” ci parla nostalgicamente di quella realtà basica carnalmente condivisa ma già abbondantemente compromessa, in epoca pre-Covid, dalla onnipresenza virale dei dispositivi di “disconnessione dal qui e ora. La realtà esterna negata può tradursi in realtà ritrovata nel nostro stesso spazio intimo, personale e familiare […] Il nostro immaginario può aprirsi a scelte controcorrente, e riconoscersi in un nuovo “monachesimo”, proporzionalmente appartato e connesso, autoradicato nel qui e ora dello spirito, della carne, della natura, nella forza amorevole della quotidianità, nella concretezza ed essenzialità di gesti antichi e inalienabili. Questa forza alternativa al presente, sovradimensionato e fustigato, potrebbe donare alla storia un nuovo orizzonte, comunque riposto “a nord del futuro”, come l’ultimo Illich scriveva, in un luogo spiritualmente custodito da una fratellanza interiore che oltrepassa la storia e i suoi cataclismi.

05/05/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Chiara Mirabelli, analista filosofa, formatrice.Chiara Mirabelli in Vittorio Lin...
17/04/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Chiara Mirabelli, analista filosofa, formatrice.

Chiara Mirabelli in Vittorio Lingiardi, Chiara Mirabelli, Barbara Massimilla, “Quattro domande sul desiderio”, 19 maggio 2020, https://www.doppiozero.com/materiali/quattro-domande-sul-desiderio-0

[...] Tutto riguarda molto da vicino la relazione con il “corpoanima” che siamo, la relazione che abbiamo con noi stessi, e che oggi, simbolicamente e concretamente, viene messa alla prova con nuove domande, modulazioni di quelle di sempre.

[...] Il valore della presenza-assenza, della vicinanza-lontananza – che caratterizzano il movimento (anche quello desiderante) di ogni relazione –, non è più ignorabile, ci è data l’occasione che si offra alla nostra consapevolezza. Gli orizzonti della malattia e della morte, del dolore e della finitudine, che tutti indistintamente sempre ci accomunano, ma di cui umanamente ci “dimentichiamo” quando non ne siamo coinvolti, sono chiamati all’appello. E la morte chiama alla vita, tra difese, superficialità, rimozioni, irresponsabilità, timori, dubbi. Si tratta, a proposito di corpo non solo come metafora, di un pelle a pelle con le grandi questioni della responsabilità e della libertà, e con le loro ombre.

Di desiderio di libertà e limiti, confini, contenimenti, costrizioni, trasgressioni sono sempre intrise la convivenza sociale e le forme che ai desideri diamo. In modo potente entrano in gioco le domande che riguardano la relazione tra la propria identità e quella altrui, l’altro con la “minuscola”, e la relazione con l’Altro, che comprende in sé tutte le figure dell’alterità: compenetrazioni, opposizioni, conflitti, complementarietà, separazioni, continuità che i corpi per primi, muovendoci nella vita e tra le altre vite, pongono in luce.

[...] Abbiamo bisogno di cure mediche e di altre forme di cura, e avremmo bisogno di prenderci cura del panorama concreto e simbolico che ci attraversa, del senso a cui tendere nel sentirci in connessione (non solo virtuale) con le vite con cui conviviamo e con quelle che proseguiranno oltre noi. La sessualità è inclusa in tutto questo, e ritorniamo così alle considerazioni sulla nostra capacità e possibilità di relazione con l’altro e l’Altro, compreso questo straniero che incarniamo, con i suoi misteri, le sue trasformazioni nel tempo, le sue imprevedibilità, e che dobbiamo imparare a rispettare, e amare: cioè il corpo, innanzitutto il nostro, insieme al corpo del mondo.

La pandemia scatenata dal coronavirus ha modificato, e probabilmente modificherà ancora anche a breve scadenza, i comportamenti che riguardano i corpi e le relazioni fisiche tra gli esseri umani. Ti chiediamo di rispondere ad alcune domande per capire in che modo a tuo parere potrà cambiare tutto ...

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof ": Giovanna  Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.Una filosofia per ...
14/04/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof ": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.

Una filosofia per l’anima
In “Il Tetto”, n.301-302, maggio-agosto 2014, pp. 89-95.

La strada segnata da Màdera e dal progetto ABOF – che incrocia questo testo e intercetta tutto il percorso di Màdera – è la strada del desiderio di libertà intesa quale costruzione di sé attraverso la creazione di senso, un senso che renda la vita «un evento che si desideri ricordare, celebrare, di cui rendere grazie» pur nella piena consapevolezza di tutte le forme del male e del dolore.

Condizione preliminare a ogni offerta di senso è, per Màdera, la «con-posizione» dialogica delle alterità, il meticciato ragionato delle culture (ove non ancora globalizzate, ovvero ridotte allo spot di se stesse). Lo stile di Màdera e di ABOF è dichiaratamente ecumenico, eclettico e sincretico ma tuttavia connotato da una forte scelta di campo, dall’inequivocabile radicamento in un filone aureo della travagliata cultura occidentale.

I nuovi stili di questa tradizione di appartenenza sono tutti, spregiudicatamente, da scrivere: spre-giudicata e dunque ri-generante appare infatti la copula maderiana tra la filosofia greco-romana delle origini e la grande e non ancora assimilata eredità novecentesca della psicologia analitica. Siamo all’interno della mitobiografia dell'autore (filosofo e analista), coerentemente con l’assunto mitobiografico di ABOF per cui «biografia» è il luogo di elaborazione reciproca del pantheon personale e collettivo. L’intento (più avanzato che non la philosophische praxis di Gerd Achenbach ) è quello di coniugare e rifondare filosofia e analisi in una saggezza integrale, in una neo psicagogia, una neo paideia formatrice di uomini, perché «vivere è vivere umano in quanto è vivere educato ed educando». Màdera pone qui una revolutio philosophiae (per certi aspetti mediata da Hadot) dove la filosofia torni a essere modo di vita, torni a camminare la via che indica. Nel movimento di revolutio verso le proprie origini la filosofia torna a farsi etica ma l’ etica ridefinisce se stessa, incernierando l’universale al particolare, all’irriducibile nucleo di ogni biografia. La nuova etica rivela l’unico reale senso dell’etica, come tensione al divenire non eteronomo, passato al vaglio di un «doppio movimento»: il movimento che mette a prova, nell’incommensurabile novità di noi stessi, l’incommensurabile eredità del mondo - e viceversa. (pp. 91-92)

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa,  saggista, ricercatrice.Poetica dell’incarn...
12/04/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.Poetica dell’incarnazione. Prospettive mitobiografiche nell’analisi filosofica, Mimesis, Milano-Udine 2020.

L’analisi filosofica così condotta è una consapevole palestra del Sé, un incontro ritualmente protetto e al tempo stesso vertiginosamente libero. Una sorta di magistero e automagistero (Màdera) dove il fine costituisce il metodo. Perseguire libertà attraverso libertà, creatività con creatività, amore con amore, entusiasmo con entusiasmo, pena la contraddittorietà e contro-produttività della pratica, a breve o lunga scadenza. Ciò che posso sperare di favorire nell’altro è ciò che io stesso riuscirò a testimoniare grazie all’altro e al suo bisogno, che acutizza il mio bisogno di conoscermi e amarmi, di conoscere e amare l’uomo e il creato. Un passaggio di grazia, come altrove disgrazia: la storia è piena di carisma negativo, in cui ciò che passa è oscurantismo e odio, per se stessi e il mondo, visione parziale imposta dal dolore, dal risentimento, dalla fatica di significare senso e canto nella libertà aperta dal cuore ambiguo del reale […] In questo processo personale e attivo, il malessere non è necessariamente un male se è salva la possibilità di reagirsi, oltrepassarsi, raccogliere il dolore, elaborarlo, renderlo fertile nell’interezza della propria esperienza. L’impossibilità di un simile processo è l’unico, chiaro discrimine della tragedia. C’è tragedia quando la domanda è quella estrema, liberami da me stesso, dal tormento e pericolo che sono. La richiesta di alienazione fa seguito, in questi casi, a una situazione già alienata, una ingovernabilità di sé, una spaventosa restrizione della propria libertà/creatività. Ma anche allora, invece: quanta creatività residuale eppure splendente, in quel gesto che chiede aiuto, in quell’ultimo scatto prima della fine; e quanta anche nel gesto stesso che si dà fine, senza chiedere aiuto, celebrando nella fine l’inizio della propria autodeterminazione. Come Jung ci ricorda, «la creazione è tanto distruzione quanto costruzione». Pensiamo a Blue Whale, il gioco del suicidio che corre sul web. La tragedia di quei giovani che misurano se stessi attraverso il coraggio di lambire la fine e poi di sceglierla, apre squarci impressionanti sull’impotenza della nostra civiltà: perché non c’è stata culla capace di conciliarli alla vita, non c’è stata cura per la loro mancanza a se stessi, se non quella loro opera ritagliata nella sostanza trionfante del dolore e della morte. (pp. 34, 35).

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.“Boccherini 2000. Le...
31/03/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.

“Boccherini 2000. Le nuove sfide dell’istruzione artistica”

in "La musica in eredità", a cura di S. Matteucci, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 2012, pp. 93-101.

"La «primarietà del valore estetico-culturale» come valore che non può essere «subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici» è sancita dall’articolo 9 della nostra Costituzione, che nel lontano 1948 stigmatizzava in largo anticipo l’attuale riduzione dei Beni Culturali a "petrolio d’Italia". Nella vicina Francia il Louvre, ormai presidiato da McDonald’s, affitta logo e opere agli emirati, e noleggia i suoi spazi per sfilate di grandi firme della moda; gli Uffizi di Firenze si preparano a fare altrettanto, mentre il Colosseo – come altri famosi made in Italy – diventa sponsor del suo sponsor. Razionalmente e strumentalmente tutto ciò non fa una grinza. Ma la questione non è di quelle riconducibili a mera razionalità, o meglio, richiede una razionalità matura, sintonizzata su frequenze più sottili, capace cioè di ricondurre a proporzioni appropriate quell’elemento mercantile la cui metastasi dissangua ogni altra istanza umana (può ancora dirsi libero quell’uomo che vende il proprio corpo come supporto di un tatuaggio pubblicitario?) […] La problematicità dei tratti epocali chiama dunque l’arte – e la coscienza dell’arte – a un ennesimo virtuosismo: pilotare il processo anziché esserne pilotati. L’arte del resto è da sempre coinvolta in simili grandi scommesse. L’arte del novecento, in particolare, ha sperimentato l’affascinante e ambiguo processo di disincarnazione tecnologica dell’immagine e del suono, e la loro programmazione elettronica, e ha confrontato i propri segni coi segni della natura, della vita o della riflessione (le grandi provocazioni della land art, dell’arte povera o dell’arte concettuale...). Ma a inizio millennio il grande regno dei segni dell’arte è ormai chiamato a misurarsi con una mediasfera impazzita. In questo flusso invasivo e caotico confluiscono la vita parallela e illusoria del web, l’abnorme presenza della pubblicità e l’inflazione di intrattenimento in tutte le sue forme, compreso il “consumo” artistico-culturale. Le modalità di approccio sono superficiali, i contatti volatili, casuali le motivazioni e fatale l’assuefazione. Forse alla passività del consumo dovrebbe subentrare l’ attiva sovranità dello studio, uno studio che sappia resistere, spegnere i riflettori e gli schermi e creare spazi di quiete e di gestazione, lontano dalla vetrinizzazione del mondo di cui parlava già Friedrich Nietzsche. (pp.97, 98, 99-100)".

Per la Rubrica " Autori di Philo-Sabof": Chiara Mirabelli, analista filosofa, formatrice.Chiara Mirabelli, “Nota della c...
17/03/2023

Per la Rubrica " Autori di Philo-Sabof": Chiara Mirabelli, analista filosofa, formatrice.

Chiara Mirabelli, “Nota della curatrice”, in Romano Màdera, "Una filosofia per l’anima. All’incrocio di psicologia analitica e pratiche filosofiche", a cura di Chiara Mirabelli, Ipoc, Milano 2013, p. 8.

[...] “per capire un testo [...] bisogna fare una ipotesi sul mondo possibile che esso rappresenta [...] il traduttore deve scegliere l’accezione o il senso più probabile e ragionevole e rilevante in quel contesto e in quel mondo possibile”. Questo è valido sia per i testi scritti, sia per quelli viventi. In ogni caso, quei mondi possibili si incontrano con i nostri. E se l’incontro diventerà fecondo, la lettura potrà sollecitare una nuova mappatura di alcune zone della nostra mitobiografia storica, ossia l’insieme “di influenze, di azioni, di forme di percezione, di idee e di valori – nel loro processo di cambiamento – che potrebbero rappresentare i motivi portanti della vita stessa di una persona”.

Se la prospettiva mitobiografica di un singolo individuo (parzialmente tradotta in ciò che scorre tra le pagine) genera possibilità di senso per altri, se diventa una mappa di riferimento per la “scrittura” delle mitobiografie altrui, direi che l’incontro ha generato filosoficamente anima e che questo costituisce già un primo passo verso le trascendenze. A ognuno poi la scelta del proprio orientamento, per quel poco o molto di possibilità che ci è dato: “È mirare alla compiutezza che stabilisce l’orientamento. Che non garantisce affatto il conseguimento, ma disponendo di un orizzonte di senso, sa valorizzare ogni passo nella sua giustezza e nella sua verità”.

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice."Lettera a Fellini",...
03/03/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof": Giovanna Morelli, analista filosofa, saggista, ricercatrice.

"Lettera a Fellini", in “La Linea dell’Occhio”, quadrimestrale del Circolo del Cinema di Lucca, n. 47, autunno 2003, p.17

"Caro Federico Fellini, quante volte, di te e di Pier Paolo Pasolini, abbiamo detto, e diremo: se vedesse adesso […] La volgarità, la brutalità tecnocratica e quattrinara del nuovo potere, certe danzacce oscene sulla pelle di un popolo che popolo non è più [...] E invece: certi sprazzi di umanità, resistenti, tra le pieghe caotiche del tuo set e della tua memoria, come se non si potesse che proiettarlo indietro nel tempo, questo sogno proibito d’una umanità padrona di se stessa, nel tempo d’una infanzia mitica, nascosta dentro quella storica, sotto l’altro potere, fascista, che segnò la tua infanzia. Perché il Mito, ce lo hai ben dimostrato, non sta fuori della storia, ma è il suo cuore profondo: è quel nocciolo ambiguo e incandescente che preserva la bellezza della vita pur nella sua atrocità. É il potere travolgente e dolce, ormonale e maternale, di tutte le tue donne. É la faccia androgina, vecchia e bambina, della tua clownessa preferita, Gelsomina. É il mare, il vento, la neve, il polline, l’aria perennemente mossa di tutti i tuoi film, è il respiro corale che insidia e salva il vecchio Marcello-Federico- Snaporaz, seduttore-sedotto, col suo vezzo/vizio a volte doloroso a volte burlone di fare il narciso onanista, mentre gli altri sono invece così terribilmente e visceralmente importanti per lui. Il Mito che ci hai narrato è dovunque si riesca a scardinare le cellule morte, che sono spesso proprio le più nuove, e rituffarci nella nostra sensibilità ancora tutta da esplorare. Mitiche sono le tue armi e il modo in cui le componi in un quadro psichico iridescente: la tenerezza struggente, la pietas, l’ironia feroce da farsa atellana, la sferzata surrealista. Mitico è lo Sguardo stesso, lo sguardo doppio con cui guardare le cose, è l’intelligenza del presente senza restare schiacciati dal presente. É l’intelligenza della realtà, senza restare schiacciati dalla realtà. Lo sguardo alchemico, comunque estremo, l’unico sguardo del grande cinema, quello sguardo che smuove, rivela, rinnova la percezione, perché è, parole tue, uno “strumento di percezione”. Lo dicevi di Rossellini e noi lo diciamo di te: «Guardare le cose dentro e fuori contemporaneamente. Fotografare l’aria intorno alle cose. Svelare ciò che di inafferrabile, di arcano, di magico ha la vita». Da quel «punto impalpabile e inconfondibile tra l’indifferenza del distacco e la goffaggine dell’adorazione»".

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof", Andrea Arrighi, docente e psicoterapeuta junghiano ad indirizzo biografico e fil...
28/02/2023

Per la Rubrica "Autori di Philo-Sabof", Andrea Arrighi, docente e psicoterapeuta junghiano ad indirizzo biografico e filosofico.

Bartolini, P. e Mirabelli, C. (a cura di) "L’analisi filosofica. Avventure di senso e ricerca mito-biografica" nel saggio "Il positivo del negativo: allenarsi alla frustrazione nel percorso analitico, auto (mito) biografico e nell’immaginario cinematografico". Mimesis, 2019, p. 198.

“Trasformare il negativo è un’altra delle cosiddette “trascendenze” dell’analisi biografica ad orientamento filosofico. Personalmente invito spesso i miei pazienti a considerare come si stava all’inizio della terapia e come ci si sente nel momento attuale. Cosa si è riusciti a trasformare del problema o sintomo iniziale e cosa invece è rimasto uguale nella sua problematicità? Come il disagio da cui si era partiti è servito da spunto per ampliare la prospettiva da cui si guarda se stessi, considerando e valorizzando potenzialità scarsamente coltivate o eventualmente mai intuite?".

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