10/10/2025
CHI SONO SENZA LO SGUARDO DELL’ALTRO?
Oggi lo sguardo dell’altro non basta più a farci esistere.
Ma senza sguardo, molti non sanno più chi sono.
Da dove nasce il bisogno di mostrarsi?
E cosa accade quando il soggetto non è guardato?
Mostrarsi è diventato un modo per esistere, per sentire di esserci.
Perché?
Perché dietro l’esibizione si nasconde spesso un vuoto che chiede di essere colmato dallo sguardo dell’altro.
La psicoanalisi insegna che l’immaginario dà consistenza all’Io, ma al tempo stesso lo aliena.
Oggi questa alienazione è divenuta tanto radicale quanto fragile: l’immaginario, svuotato della sua funzione strutturante, si è fatto maniacale e consumabile.
Non offre più tenuta al soggetto, ma lo espone al continuo spettacolo di sé, dove anche il mondo emotivo sembra esistere solo se mostrato.
Nell’epoca dello sguardo infinito,
quello che tutto cattura, tutto registra, tutto vende ,
la domanda clinica si fa urgente:
Chi è il soggetto quando non è visto?
Che ne è del desiderio quando lo sguardo dell’altro è solo uno schermo?
Molti pazienti oggi raccontano questa fatica: non sanno più stare soli, ma non riescono neanche a essere davvero con qualcuno.
Perché anche in presenza di un altro reale si finisce per guardare il telefono?
Perché lo sguardo reale non ha più presa simbolica sull’individuo.
E la sua assenza causa un crollo interno, un vuoto che si tenta di riempire con immagini, gesti, presenze digitali.
Come ricordava Winnicott, la capacità di stare soli è una conquista psichica, segno di un’interiorità abitata.
Oggi, invece, l’impossibilità di essere soli coincide con l’impossibilità di sentirsi vivi senza essere guardati.
Anche l’emozione sembra esistere solo se condivisa, solo se riceve eco.
Il soggetto allora si aliena nella rappresentazione continua di sé, nella posa infinita del mostrarsi.
E più si mostra, più si perde.
Dietro questa iper-esposizione si nasconde una sofferenza profonda:
l’inesistenza simbolica, il non sentirsi significati al di là dell’immagine, il vuoto di un Altro che riconosca la parola, non solo la foto.
La psicoanalisi non lavora sull’immagine, ma sul desiderio ...
un desiderio che per sua natura si sottrae al visibile.
Solo da lì può nascere una presenza che non ha bisogno di essere guardata per esistere.
Ci si stende sul lettino per ricevere ascolto, per liberarsi dallo sguardo, per trovare finalmente quella parola tanto sconosciuta quanto intima.
E tu?
In quale immagine ti nascondi per sentirti vivo?
In quale sguardo cerchi la prova che provi qualcosa?
Mariangela Izzo