Psicologa.eleonorabernardi

Psicologa.eleonorabernardi Psicologa psicoanalitica per genitori, bambini, adolescenti e giovani adulti.

24/11/2025

Luigi Boccanegra, psicoanalista del Centro Veneto di Psicoanalisi, a proposito della supervisione nelle istituzioni psichiatriche, scrive: “Come accade all'inizio di una relazione terapeutica individuale (E. Gillieron), anche nella "presa in carico" istituzionale è possibile individuare (se le condizioni di libertà di espressione e di osservabilità, garantite dalla cultura del servizio, sono adeguate) il formarsi di enunciati narrativi condivisi che tendono a riassumere in modo collusivo le aspettative e le delusioni che da parte del contesto inter-istituzionale, sia il paziente e i suoi familiari che gli operatori del servizio hanno accumulato nel tempo.
Infatti, nei due esempi clinici che riferirò brevemente, le tracce di queste angosce figurano all'inizio della breve storia clinica (che viene ricostruita in gruppo dai membri dell'équipe alla presenza del supervisore), e più precisamente risultano sedimentate nelle parti del racconto più descrittive che riguardano i percorsi terapeutici precedenti, prefigurando in questo modo i caratteri dello sfondo inter-istituzionale ("paesaggio") in cui viene ad inquadrarsi la nuova “presa in carico”.
Valorizzando il rapporto di reversibilità figura-sfondo, come suggerisce Di Chiara nel suo lavoro sulla Gradiva come modello, si potrebbe dire che come la città pietrificata (Pompei) e il vulcano (Vesuvio), per le implicite vicissitudini di solidificazione e di fusione che richiamano, svolgono una funzione di cornice facilitante che inquadra il ritrovamento riuscito tra i due protagonisti del racconto, cioè tra Hanold e Zoe, così il "paesaggio" istituzionale è depositario fin dall'inizio di alcune identificazioni proiettive massicce, dalla cui comprensione "a posteriori" (après coup) dipende buona parte dell'esito evolutivo del nuovo trattamento”.

Boccanegra L. J. (1998), Storie di remota equità, in (a cura di G. Rugi e E. Gaburri) Il campo gruppale, Borla, Roma, pag. 213

19/11/2025
02/11/2025

Il 2 novembre 1975 veniva ucciso Pier Paolo Pasolini.
, durante l'orazione funebre disse: "Abbiamo perso prima di tutto un . E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo".
Vorremmo, in suo onore, invitare tutti alla visione del meraviglioso documentario "Comizi d'amore", del 1964.
In questo emozionante film, andava in giro con un microfono intervistando le persone sui temi dell'amore e della sessualità.
Era l'Italia del dopoguerra e del boom economico, un'Italia divisa in ceti sociali e aree geografiche che di fronte alle domande gentili di Pasolini si mostrava con naturalezza.

Tra gli intervistati c'è anche Cesare Musatti, in una conversazione con Moravia che rimase iconica.
Su tutti giganteggia l'umanità del poeta: con fare intimo e dritto crea uno spazio di parola accogliente ma chiede anche a ciascuno di trovare il coraggio di incaricarsi di ciò che si dice e poi di ciò che si è.
Buona visione:
https://youtu.be/JKGvqxBZWS0

Sul sito del CVP segnaliamo anche il bell'articolo: "Pier Paolo Pasolini. Poeta Intellettuale Mimetico" di Andrea Rapisarda e Sonia Grandis https://www.centrovenetodipsicoanalisi.it/pier-paolo-pasolini-poeta-intellettuale-mimetico/

Quanti siamo dentro?Uno nessuno e centomila. Contemporaneamente.Ph. Vivian Maier
17/10/2025

Quanti siamo dentro?
Uno nessuno e centomila. Contemporaneamente.

Ph. Vivian Maier

16/10/2025

“L'unica certezza che abbiamo è quella che non potremo mai conoscere la "realtà ultima", nonostante ciò, siamo spinti a continuare nella nostra ricerca. Dobbiamo accettare di essere circondati dal mistero. Questa consapevolezza è stato il punto di partenza per questo libro. Il bambino autistico o la parte autistica che è in tutti noi brama la certezza, la libertà dal dubbio, la conoscenza completa e la soddisfazione totale. La consapevolezza che tutto ciò è irraggiungibile è la roccia tagliente su cui cola a picco lo sviluppo psichico in atto dei pazienti affetti da autismo psicogeno. Ciò ha mutilato il loro sviluppo emozionale e cognitivo. È importante seguire da vicino questi pazienti ed essere capaci di "parlar loro attraverso" questa situazione di disillusione dolorosa ma inevitabile, in un modo che per loro abbia un significato”.
(Tustin F. (1990). Barriere autistiche nei pazienti nevrotici. Borla, p.158-159)

Nella ricorrenza della nascita, ricordiamo Frances Tustin, Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Britannica e del Centro Psicoanalitico della California.
Considerata un’autorità internazionale nel campo della comprensione teorica e clinica dell’autismo psicogeno, ha contribuito in maniera rilevante alla comprensione del funzionamento mentale dei bambini con gravi disturbi dello sviluppo. Il suo appassionato lavoro con i bambini autistici, in un'epoca in cui l'autismo era ancora poco compreso, è stato un costante punto di riferimento nella formazione di psicoterapeuti, psicoanalisti ed educatori, promuovendo la collaborazione fra esperti provenienti da campi diversi.
Tustin ha descritto l'autismo non solo come un disturbo neurologico, ma anche come una difesa psicologica estrema contro un'esperienza vissuta come traumatica: la separazione dal corpo materno e la percezione di un mondo esterno vissuto come troppo intrusivo.

Il suo approccio ha aperto nuove strade nel trattamento dell'autismo precoce, influenzando profondamente la clinica psicoanalitica e ponendo attenzione sulla dimensione corporea e sensoriale dell'esperienza psichica.

04/10/2025

La passione dell’analista

“Cosa può risarcire l'analista impegnato in un trattamento che richieda il sacrificio, seppure temporaneo e parziale, della sua vitalità e passione? E quali sono i suoi possibili rifornimenti e ristori? Non c'è una risposta univoca, o meglio, vi sono tante personalissime risposte quanti sono gli psicoanalisti, ma forse è possibile indicare alcuni elementi di base, in un certo senso universali, che trascendono le soluzioni individuali.
Il primo è certamente la condivisione della nostra passione per la psicoanalisi con i colleghi e quindi il confronto e lo scambio in occasioni istituzionali, ma anche informali. Poi, per riprenderci dalle fatiche, dall'incertezza e dal dolore delle relazioni umane (Ogden, 1994), il contatto vivificante con quell'ambiente non umano che ci riporta a fasi precoci del nostro sviluppo, come Searles ha ben descritto: quindi, paesaggi naturali, ma anche urbani, l'arte in tutte le sue forme e non da ultimo, per molti di noi, il contatto con i nostri amici animali, sovente espressione nei nostri sogni» del Sé primordiale e trascurato» (Di Chiara, 1990), con i quali poter lasciar fluire liberamente la nostra vitalità e ritrovare quella benefica fusione con l'ambiente, sperimentata durante l'infanzia. Infine, credo che, a un livello più profondo, esista per ognuno di noi la possibilità di vivere stati mentali che possono apparire in qualche modo simili ai ritiri dei nostri pazienti, ma che in realtà se ne
differenziano in modo sostanziale, offrendo ristoro, libertà e piacere. Come Freud aveva felicemente intuito - e Winnicott ha ribadito - sovente gli scrittori e i poeti riescono con più efficacia ad esprimere quanto noi ci affanniamo a descrivere”.

Luisa Masina (2018), La passione dell’analista, Rivista di Psicoanalisi LXIV, 1, pag. 27-28

30/09/2025

L'Apprendista Terapeuta
Riflessioni sul "mestiere" della psicoterapia
Giuseppe Pellizzari
MIMESIS Edizioni (Milano - Udine) 2023
Collana Frontiere della psiche

"[...] E' questa matrice affettiva che costituisce la nostra natura umana, che comprende anche la rabbia disperata e orgogliosa, il rifiuto crudele, la lacerazione della fiducia; è questa matrice comune che, al di là delle conoscenze teoriche e delle esperienze di vita necessariamente limitate e personali, ci conferisce il diritto di ospitalità nel mondo dell'altro, che potrà accoglierci o respingerci, ma non impedirci di esercitare tale diritto come possibilità. Possiamo dare un nome a questa matrice umana che rende il dolore, così crudelmente individuale, universale e affettivamente condivisibile.
Possiamo darle il nome antico di pietà.
E' una parola forte. Ma io credo che nel nostro "mestiere" dobbiamo reimparare a non aver paura delle parole forti. Siamo troppo condizionati da un linguaggio tecnico, anonimo, asettico, dove il linguaggio universale degli affetti viene disatteso e perduto." (p.135)

Un passaggio del libro di Giuseppe Pellizzari, che è stato psicoanalista membro ordinario con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana e dell'IPA.
Un libro che illustra una disposizione, un atteggiamento emotivo, un modo di mettersi in relazione caratteristici del "mestiere" della psicoterapia.
Pellizzari mostra quanto la psicoanalisi possa trovare nuova vitalità recuperando "quell'artigianato terapeutico" stimolato dalle necessità sociali del territorio, sotto la spinta dei grandi cambiamenti nella cultura e nelle abitudini delle persone.

18/09/2025
Stare e sostareLiberi e radicati Tra l’eterno e il tempo. Opera di J. Vettriano, esposta attualmente a  a Bologna.
15/09/2025

Stare e sostare
Liberi e radicati
Tra l’eterno e il tempo.

Opera di J. Vettriano, esposta attualmente a a Bologna.

“Il viaggio è trasformazione, per cui ogni tappa lascia la sua impronta, ogni incontro dà forma al viandante, ogni ostac...
14/09/2025

“Il viaggio è trasformazione, per cui ogni tappa lascia la sua impronta, ogni incontro dà forma al viandante, ogni ostacolo intaglia la sua anima come fa l’acqua con la pietra.

Perché la vita non è una linea retta ma un sentiero tortuoso, disseminato di ostacoli, di crocicchi, di soste, e poi di svolte impreviste. […] E in questo fluire continuo, ciascuno è chiamato a correre il proprio rischio, a mettere in gioco il proprio coraggio, la propria capacità di lasciare ciò che è noto e di affrontare il dubbio.

Il viaggio insegna a perdere e a ritrovare: abbandonare illusioni, certezze, effimere identità per ritrovare verità più profonde, radici più antiche, aderire con rinnovata fedeltà al mistero che siamo. Perciò la vita è un “sacro” pellegrinaggio, non verso un luogo, ma verso uno stato dell’essere, un continuo disvelarsi di sé a se stessi, un incessante ritornare all’origine mai definitivamente posseduta, sempre da riscoprire.

E se la vita è un viaggio, l’anima è la vera viaggiatrice. Non il corpo, non la mente raziocinante, ma quella parte invisibile e pulsante che ci “anima” e ci trascina oltre le soglie del noto. Perché l’anima non cammina sulle strade del mondo, essa attraversa paesaggi interiori, territori invisibili, deserti e foreste dell’essere: vive continui spaesamenti. Questo errare sacro è una deriva necessaria, una prova iniziatica: è imparare a morire.”

Tratto da “Con-patire l’imperfezione. Miseria e nobiltà della psicoterapia” di Giovanni Marchioro, anima affine, stimato maestro, essere umano a cui voglio bene, portatore di un’umanità che scuote.

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