24/11/2025
Luigi Boccanegra, psicoanalista del Centro Veneto di Psicoanalisi, a proposito della supervisione nelle istituzioni psichiatriche, scrive: “Come accade all'inizio di una relazione terapeutica individuale (E. Gillieron), anche nella "presa in carico" istituzionale è possibile individuare (se le condizioni di libertà di espressione e di osservabilità, garantite dalla cultura del servizio, sono adeguate) il formarsi di enunciati narrativi condivisi che tendono a riassumere in modo collusivo le aspettative e le delusioni che da parte del contesto inter-istituzionale, sia il paziente e i suoi familiari che gli operatori del servizio hanno accumulato nel tempo.
Infatti, nei due esempi clinici che riferirò brevemente, le tracce di queste angosce figurano all'inizio della breve storia clinica (che viene ricostruita in gruppo dai membri dell'équipe alla presenza del supervisore), e più precisamente risultano sedimentate nelle parti del racconto più descrittive che riguardano i percorsi terapeutici precedenti, prefigurando in questo modo i caratteri dello sfondo inter-istituzionale ("paesaggio") in cui viene ad inquadrarsi la nuova “presa in carico”.
Valorizzando il rapporto di reversibilità figura-sfondo, come suggerisce Di Chiara nel suo lavoro sulla Gradiva come modello, si potrebbe dire che come la città pietrificata (Pompei) e il vulcano (Vesuvio), per le implicite vicissitudini di solidificazione e di fusione che richiamano, svolgono una funzione di cornice facilitante che inquadra il ritrovamento riuscito tra i due protagonisti del racconto, cioè tra Hanold e Zoe, così il "paesaggio" istituzionale è depositario fin dall'inizio di alcune identificazioni proiettive massicce, dalla cui comprensione "a posteriori" (après coup) dipende buona parte dell'esito evolutivo del nuovo trattamento”.
Boccanegra L. J. (1998), Storie di remota equità, in (a cura di G. Rugi e E. Gaburri) Il campo gruppale, Borla, Roma, pag. 213