Rino Mastromauro Osteopata e LM51 in Psicologia Clinica e della Salute

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Rino Mastromauro  Osteopata e LM51 in Psicologia Clinica e della Salute Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Rino Mastromauro Osteopata e LM51 in Psicologia Clinica e della Salute, Medicina e salute, ACCADEMIA ITALIANA RICERCA DELLA SALUTE in Via Alfredo Baccarini, 14A, Molfetta.

Osteopata -Osteopatia Tradizionale e Osteopatia Biodinamica, Posturologo
Chinesiologo, ISEF, Dottore in Scienze Motorie, Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche, Dottore in Psicologia Clinica e della Salute, Personal Trainer, Formatore dal 1994.

DEPRESSIONE MASCHERATA : riconoscere il dolore nascosto e prendersi cura di séDi Rino Mastromauro Quando pensiamo alla d...
29/11/2025

DEPRESSIONE MASCHERATA : riconoscere il dolore nascosto e prendersi cura di sé

Di Rino Mastromauro

Quando pensiamo alla depressione, immaginiamo spesso una persona triste, apatica o isolata. Ma non sempre è così. Esiste una forma più insidiosa: la depressione mascherata, che si nasconde dietro sintomi fisici o comportamenti quotidiani, rendendola difficile da individuare.
Chi soffre di depressione mascherata può apparire irritabile, ansioso o eccessivamente perfezionista. I sintomi principali si manifestano spesso nel corpo: mal di testa frequenti, dolori muscolari, problemi digestivi, insonnia o stanchezza persistente. In pratica, il corpo “parla” mentre l’anima tace. Questo meccanismo può essere visto come una forma di protezione: la sofferenza emotiva viene spostata su segnali fisici, perché la persona teme il giudizio o non sa come esprimere il proprio dolore.
Il problema principale è la diagnosi. Molti pazienti vengono inizialmente visitati per disturbi fisici, senza mai sospettare un disagio emotivo sottostante. Studi stimano che fino al 40% dei casi venga diagnosticato in ritardo o confuso con disturbi somatici o d’ansia. Il rischio? Peggioramento dei sintomi, isolamento sociale, difficoltà sul lavoro e, nei casi più gravi, comportamenti autolesivi.
Il trattamento della depressione mascherata non si limita alla sola psicoterapia o ai farmaci. Un approccio integrato può includere:

Psicoterapia: tecniche cognitivo-comportamentali aiutano a riconoscere e gestire le emozioni nascoste, migliorando la consapevolezza dei sintomi.
Attività fisica: esercizi regolari, come camminate, yoga o nuoto, favoriscono la produzione di endorfine e migliorano l’umore. Anche attività di resistenza moderata possono ridurre stress, ansia e tensioni muscolari associate ai sintomi somatici.
Approcci olistici: tecniche di meditazione, respirazione consapevole, mindfulness e rilassamento guidato aiutano a gestire lo stress, favoriscono il sonno e riducono la percezione del dolore fisico.
Osteopatia e trattamenti manuali: sedute di osteopatia possono alleviare tensioni muscolari, migliorare la postura e ridurre dolori ricorrenti, creando un effetto benefico sul benessere psicologico. Spesso il sollievo fisico facilita l’apertura emotiva e la consapevolezza dei propri stati interiori.
Sostegno sociale: familiari, amici e gruppi di supporto contribuiscono a creare un ambiente sicuro, in cui la persona si sente compresa e può affrontare il dolore nascosto senza paura di giudizi.

Riconoscere la depressione mascherata significa guardare oltre la superficie. Un mal di testa o una stanchezza persistente possono essere segnali di un disagio emotivo profondo. Approcci integrati che combinano psicoterapia, movimento, tecniche olistiche e cure manuali offrono un percorso completo di supporto, favorendo il recupero del benessere psicofisico.

In sintesi, la depressione mascherata ci ricorda che non sempre chi sorride è felice. Prendersi cura di mente e corpo in modo armonico permette di ascoltare i segnali nascosti, ridurre il dolore e costruire strategie concrete per ritrovare equilibrio e serenità.

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È morto PAUL EKMAN: l’uomo che leggeva le emozioniDi Rino Mastromauro Immaginate di guardare qualcuno negli occhi per po...
22/11/2025

È morto PAUL EKMAN: l’uomo che leggeva le emozioni

Di Rino Mastromauro

Immaginate di guardare qualcuno negli occhi per pochi secondi e riuscire a capire se sta mentendo, se è spaventato o arrabbiato, anche se sorride. Questa capacità, apparentemente straordinaria, porta la firma di Paul Ekman (1934- 17 novembre 2025), psicologo e ricercatore statunitense che ha dedicato la vita a studiare le emozioni e il linguaggio silenzioso del volto umano.
Ekman ha rivoluzionato la psicologia con una semplice intuizione: alcune emozioni sono universali, radicate nella nostra biologia e indipendenti dalla cultura. Rabbia, paura, felicità, tristezza, disgusto, sorpresa e disprezzo si leggono nello stesso modo a New York come in Papua Nuova Guinea, nei sorrisi, nelle rughe della fronte o nei movimenti degli occhi.
Ma il suo vero colpo di genio sono state le microespressioni. Si tratta di lampi brevissimi sul volto, durano meno di un secondo, ma rivelano ciò che una persona prova davvero, anche se cerca di nasconderlo. Un sorriso che non raggiunge gli occhi può tradire un falso entusiasmo; una lieve contrazione delle labbra può segnalare rabbia o frustrazione. Ekman ha trasformato l’osservazione di questi dettagli in strumenti pratici, usati da psicologi, investigatori, agenti della CIA e dell’FBI, persino in ambito aziendale.
La sua passione per comprendere il comportamento umano lo ha portato a scrivere libri famosi come Telling Lies ed Emotions Revealed, dove racconta come interpretare le emozioni attraverso i gesti e il volto. Ha fondato il Paul Ekman Group, per formare professionisti in tutto il mondo, e ha ispirato la serie TV Lie to Me, dove le tecniche di microespressione diventano detective story per milioni di spettatori.
Oltre a studiare i segnali invisibili del volto, Ekman ha esplorato il lato umano delle emozioni: ha dimostrato quanto siano fondamentali per la comunicazione, la comprensione reciproca e persino per la giustizia, perché chi mente o nasconde emozioni lascia tracce involontarie. La sua ricerca ha influenzato psicologia clinica, criminologia, media e comunicazione, rendendo scientificamente misurabile ciò che prima sembrava intangibile: il linguaggio del cuore e della mente.
Paul Ekman ci ha insegnato che il volto umano è una mappa da leggere con attenzione. Grazie a lui, oggi possiamo cogliere emozioni nascoste, capire meglio gli altri e, forse, anche noi stessi. Ogni sguardo, ogni sorriso impercettibile, ogni microespressione porta con sé una storia: Ekman ci ha insegnato a leggerla.

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I MARCATORI SOMATICI : quando il corpo guida la menteDi Rino Mastromauro Per secoli, la filosofia occidentale ha separat...
15/11/2025

I MARCATORI SOMATICI : quando il corpo guida la mente

Di Rino Mastromauro

Per secoli, la filosofia occidentale ha separato nettamente la mente dal corpo, relegando le emozioni al ruolo di ostacolo per la ragione. Antonio Damasio, neuroscienziato portoghese e professore alla University of Southern California, ha rovesciato questa prospettiva con una teoria destinata a cambiare la nostra comprensione della mente: la teoria dei marcatori somatici.
Formulata negli anni Novanta e descritta nel celebre volume L’errore di Cartesio (1994), la teoria di Damasio sostiene che le emozioni non sono nemiche della razionalità, ma la sua base biologica più profonda. «Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano», scrive Damasio, sintetizzando l’essenza del suo pensiero.
Secondo il neuroscienziato, quando viviamo un’esperienza significativa, il cervello registra non solo i dati cognitivi, ma anche le sensazioni corporee associate — variazioni del battito cardiaco, della respirazione, della tensione muscolare. Queste risposte fisiologiche vengono memorizzate come marcatori somatici, ossia tracce emotive che restano legate al ricordo dell’evento. Quando ci troviamo a dover prendere una decisione simile in futuro, il cervello richiama automaticamente queste tracce: le sensazioni corporee positive o negative “marcano” le alternative possibili, orientando la scelta verso ciò che in passato è stato vantaggioso o lontano da ciò che è stato dannoso.
È come se il corpo parlasse alla mente con un linguaggio pre-razionale, sintetizzando in un istante ciò che l’esperienza ha insegnato. Questo processo non elimina la riflessione logica, ma la integra, riducendo il carico cognitivo e accelerando le decisioni.
Le prove sperimentali a sostegno della teoria provengono dallo studio di pazienti con lesioni alla corteccia prefrontale ventromediale, area chiave nell’integrazione tra emozione e ragione. Questi pazienti, pur mantenendo intatte le capacità logiche, mostrano gravi difficoltà nel prendere decisioni nella vita reale: incapaci di provare le normali reazioni emotive, non riescono a valutare i rischi o le conseguenze delle proprie scelte.
Damasio ha dimostrato così che l’emozione è un meccanismo evolutivo di sopravvivenza, una guida invisibile che orienta la nostra razionalità. In questa visione, il corpo non è un semplice contenitore della mente, ma un suo interlocutore costante. Come afferma lo stesso Damasio in Emozione e coscienza (1999), «il sentire è la rappresentazione mentale di ciò che accade nel corpo».
Le implicazioni della teoria dei marcatori somatici vanno ben oltre le neuroscienze. Riguardano l’etica, l’educazione, la psicologia e perfino l’intelligenza artificiale, poiché suggeriscono che una mente veramente intelligente deve anche “sentire”. Le emozioni, lungi dall’essere residui irrazionali, sono dunque strumenti cognitivi, mappe corporee che ci permettono di navigare nella complessità del mondo.

In definitiva, la lezione di Damasio è un invito a ripensare l’antico dualismo cartesiano. La mente e il corpo non sono due entità separate, ma due aspetti di un unico processo vitale. E forse, come intuiva Spinoza — filosofo che Damasio cita spesso come ispirazione — comprendere le emozioni significa comprendere noi stessi.

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Riferimenti bibliografici
Damasio, A. R. (1994). Descartes’ Error: Emotion, Reason, and the Human Brain. New York: G.P. Putnam’s Sons.
Damasio, A. R. (1999). The Feeling of What Happens: Body and Emotion in the Making of Consciousness. New York: Harcourt Brace.
Damasio, A. R. (2003). Looking for Spinoza: Joy, Sorrow, and the Feeling Brain. New York: Harcourt.
Bechara, A., Damasio, H., & Damasio, A. R. (2000). “Emotion, decision making and the orbitofrontal cortex.” Cerebral Cortex, 10(3), 295–307.

AUTISMO E SCHIZOFRENIA : le radici potrebbero trovarsi prima della nascitaA cura di Rino Mastromauro Una ricerca dell’Un...
08/11/2025

AUTISMO E SCHIZOFRENIA : le radici potrebbero trovarsi prima della nascita

A cura di Rino Mastromauro

Una ricerca dell’Università di Exeter rivela che molti cambiamenti nel cervello avvengono già durante la vita fetale
Le origini di disturbi complessi come l’autismo e la schizofrenia potrebbero trovarsi molto prima della comparsa dei primi sintomi, addirittura prima della nascita. È quanto emerge da una nuova ricerca condotta dall’Università di Exeter e pubblicata su Technology Networks, che ha analizzato quasi mille cervelli umani donati alla scienza per comprendere come il DNA cerebrale cambi nel corso della vita.
Il gruppo di ricerca, guidato dal professor Jonathan Mill e dalla dottoressa Alice Franklin, ha scoperto che la maggior parte delle modifiche chimiche del DNA — i cosiddetti “segni epigenetici” — si forma nel periodo prenatale, in particolare nei geni coinvolti nello sviluppo della corteccia cerebrale, la regione del cervello responsabile del pensiero, della memoria e del comportamento sociale.
Ma cosa significa “modifica epigenetica”? L’epigenetica studia come l’attività dei geni possa essere regolata da piccole modifiche chimiche che non cambiano il codice del DNA, ma influenzano quali geni vengono “accesi” o “spenti”. Una di queste modifiche, la metilazione del DNA, è fondamentale per il corretto sviluppo cerebrale: agisce come un interruttore che controlla l’attività dei geni. Quando questo meccanismo si altera, possono insorgere problemi nello sviluppo delle connessioni neuronali.
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno mappato la metilazione del DNA nella corteccia cerebrale dalla sesta settimana di gestazione fino a oltre i cento anni di età — un arco di tempo che copre praticamente tutta la vita umana. I risultati sono sorprendenti: oltre 50.000 siti del genoma mostrano modifiche significative già durante la vita fetale, con un momento particolarmente delicato tra la dodicesima e la quindicesima settimana dopo il concepimento, quando il cervello costruisce gran parte delle sue reti neuronali.
Proprio in questa finestra di tempo, i ricercatori hanno osservato cambiamenti improvvisi nei geni legati alla formazione delle sinapsi, le connessioni che permettono ai neuroni di comunicare. Molti di questi geni coincidono con quelli che, secondo grandi studi genetici, aumentano il rischio di autismo e schizofrenia.
Un elemento innovativo dello studio è stato quello di analizzare separatamente neuroni e cellule gliali (che supportano il funzionamento neuronale). In questo modo, il team ha potuto osservare differenze sottili ma cruciali: le varianti genetiche associate alla schizofrenia risultano concentrate nei siti di metilazione specifici dei neuroni, mentre quelle legate all’autismo mostrano un andamento simile, anche se meno pronunciato.
Queste scoperte rafforzano l’idea che i processi biologici alla base dei disturbi neuropsichiatrici inizino molto presto, quando il cervello è ancora in formazione. Fattori genetici, ma anche ambientali — come lo stress, l’alimentazione o le infezioni durante la gravidanza — potrebbero influenzare questi meccanismi epigenetici, alterando la traiettoria dello sviluppo cerebrale.
«Analizzando come i cambiamenti chimici nel DNA modellano il cervello lungo tutta la vita, abbiamo trovato indizi fondamentali sulle origini dell’autismo e della schizofrenia», spiega la ricercatrice Alice Franklin. «Le nostre scoperte indicano che le radici di queste condizioni si formano molto prima della nascita».
Il lavoro del team di Exeter fornisce ora una mappa di riferimento dell’epigenoma cerebrale umano, una sorta di “atlante” che permetterà di comprendere meglio come geni e ambiente interagiscono nello sviluppo del cervello. In futuro, gli studiosi intendono ampliare la ricerca utilizzando tecnologie di sequenziamento più avanzate e includendo altre regioni cerebrali, per avvicinarsi sempre di più a comprendere i meccanismi che determinano il rischio di disturbi neuro-sviluppo.

📚 Fonte:
Franklin, A. et al. (2024). Autism and Schizophrenia May Begin Before Birth. Technology Networks – Genomics News, University of Exeter.
https://www.technologynetworks.com/genomics/news/autism-and-schizophrenia-may-begin-before-birth-405197

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COME L’ATTIVITÀ FISICA “PARLA” AL SISTEMA IMMUNITARIO: il microbiota che aiuta a combattere il cancroDi Rino Mastromauro...
01/11/2025

COME L’ATTIVITÀ FISICA “PARLA” AL SISTEMA IMMUNITARIO: il microbiota che aiuta a combattere il cancro

Di Rino Mastromauro

Negli ultimi anni, l’esercizio fisico si è imposto come un potente alleato non solo della salute generale, ma anche della lotta contro il cancro. Numerosi studi hanno mostrato che l’attività fisica può aumentare l’efficacia delle terapie oncologiche, in particolare degli inibitori dei checkpoint immunitari (ICI) farmaci che riattivano il sistema immunitario contro le cellule tumorali. Tuttavia, i meccanismi biologici alla base di questo effetto benefico sono rimasti, finora, poco chiari.
Un recente studio (DOI: 10.1016/j.cell. 2025.06.018) ha fatto luce su questo mistero, rivelando un protagonista inatteso: il microbiota intestinale, ovvero l’insieme dei miliardi di microrganismi che popolano il nostro intestino. I ricercatori hanno dimostrato che l’esercizio fisico modifica il metabolismo microbico intestinale, stimolando la produzione di un particolare metabolita, il formiato, che si rivela fondamentale nel potenziare la risposta immunitaria antitumorale.

Il formiato: un messaggero tra intestino, esercizio e sistema immunitario
Durante l’attività fisica, il metabolismo microbico intestinale subisce un’attivazione che porta all’aumento dei livelli di formiato, una piccola molecola derivata dal metabolismo monocarbonioso. Questo metabolita, prodotto dai batteri intestinali, non resta confinato nell’intestino: entra in circolo e potenzia la funzione delle cellule T CD8 citotossiche — le cosiddette cellule “killer” del sistema immunitario, specializzate nell’eliminare le cellule tumorali.
Gli esperimenti condotti su modelli preclinici di melanoma hanno mostrato che l’aumento del formiato indotto dall’esercizio migliora in modo significativo l’efficacia degli inibitori dei checkpoint immunitari. In altre parole, il movimento “prepara” il sistema immunitario a rispondere meglio alle terapie.

Un meccanismo mediato dal fattore Nrf2
A livello molecolare, gli studiosi hanno identificato il fattore di trascrizione Nrf2 (nuclear factor erythroid 2-related factor 2) come un elemento chiave di questo processo. Il formiato attiva Nrf2, che a sua volta regola i geni responsabili della funzione e della sopravvivenza delle cellule T CD8. L’attivazione di Nrf2 migliora la capacità di queste cellule di riconoscere e distruggere le cellule tumorali, potenziando così l’immunità antitumorale mediata dall’esercizio.
In vitro, il formiato è risultato sufficiente e necessario per indirizzare il destino delle cellule Tc1 — una sottopopolazione di linfociti T CD8 — verso una risposta più efficace contro gli antigeni tumorali. In vivo, nei modelli animali, la somministrazione di formiato o la sua produzione microbica naturale hanno determinato una riduzione significativa della crescita tumorale.
Un biomarcatore promettente per l’immunoterapia
Un risultato particolarmente interessante riguarda l’identificazione del formiato derivato dal microbiota umano come potenziale biomarcatore dell’immunità potenziata. Livelli elevati di formiato nel sangue potrebbero indicare una maggiore attivazione delle cellule T CD8 e una migliore risposta alle terapie immunitarie.
Queste scoperte aprono prospettive entusiasmanti: in futuro, la modulazione del microbiota attraverso l’esercizio fisico mirato, la dieta o interventi probiotici potrebbe diventare una strategia complementare per aumentare l’efficacia dell’immunoterapia.
Una nuova frontiera tra metabolismo, microbiota e cancro
L’idea che un metabolita prodotto dai batteri intestinali durante l’attività fisica possa potenziare l’immunità antitumorale rappresenta un cambio di paradigma. Essa unisce tre dimensioni apparentemente distanti — il microbiota, il movimento e il sistema immunitario — in un unico circuito biologico integrato.

In sintesi, muoversi non fa bene solo al corpo, fa bene anche alle nostre difese più profonde. Il microbiota, come un invisibile alleato, traduce l’attività fisica in un linguaggio molecolare che rafforza il sistema immunitario e potenzia l’efficacia dei trattamenti oncologici.

Riferimenti bibliografici
Exercise-induced microbiota metabolite enhances CD8+ T cell–mediated antitumor immunity and immunotherapy efficacy. (2025)
DOI: 10.1016/j.cell. 2025.06.018

Routy, B., et al. (2018). “Gut microbiome influences efficacy of PD-1–based immunotherapy against epithelial tumors.” Science, 359(6371), 91–97.
Pedersen, L., et al. (2016). “Exercise-induced changes in the gut microbiota and implications for immune function.” Nature Reviews Immunology, 16(9), 553–565.
Dandekar, A., & Perlman, S. (2021). “Harnessing the microbiota to enhance immunotherapy.” Nature Medicine, 27, 1674–1683.
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IL TEMPO ESISTE DAVVERO OPPURE  È SOLO UNA NOSTRA ILLUSIONE?di Rino MastromauroIl tempo è uno dei più grandi enigmi dell...
25/10/2025

IL TEMPO ESISTE DAVVERO OPPURE È SOLO UNA NOSTRA ILLUSIONE?

di Rino Mastromauro

Il tempo è uno dei più grandi enigmi dell’universo. Lo percepiamo come un flusso che scorre dal passato al futuro, come le lancette di un orologio. Ma è davvero così? La fisica moderna, soprattutto la fisica quantistica, suggerisce che il tempo potrebbe essere solo un’illusione creata dalla nostra mente.

Ma cos’è il tempo? È ciò che distingue il “prima” dal “dopo”, ci permette di ricordare il passato ma non il futuro ed è alla base di ogni fenomeno dell’universo, dal battito del nostro cuore al movimento delle galassie.
Per Newton, il tempo era assoluto e uguale per tutti. Einstein, con la sua Teoria della Relatività, ha invece dimostrato che è relativo: può accelerare o rallentare in base alla velocità e alla gravità.
La fisica quantistica ha reso il concetto ancora più misterioso. Le sue equazioni non distinguono tra passato e futuro: i fenomeni quantistici possono avvenire in entrambe le direzioni temporali. A livello microscopico, non esiste un vero “prima” e “dopo”. (Un concetto chiave nell’Osteopatia Biodinamica.)
Secondo alcuni fisici, come Julian Barbour, il tempo è solo un’illusione. L’universo sarebbe composto da una serie infinita di “fotogrammi” statici, come le pagine di un libro. La nostra mente collega questi istanti creando l’illusione dello scorrere del tempo.
Anche la gravità quantistica a loop ipotizza che spazio e tempo siano formati da “grani” discreti, come i pixel di uno schermo. In questo caso, il tempo non sarebbe continuo, ma emergerebbe da fenomeni più fondamentali.
Se guardiamo l’universo con gli occhi della fisica quantistica, il tempo potrebbe non essere una proprietà intrinseca, ma solo una percezione umana. Eppure, nella nostra vita quotidiana, il tempo esiste: invecchiamo, le stagioni cambiano, e gli eventi accadono in un ordine preciso.
Forse il tempo è reale per noi, ma non per l’universo. Come un arcobaleno, che appare solo con la giusta combinazione di luce e pioggia, il tempo potrebbe essere solo il risultato del nostro modo di percepire la realtà.
La scienza non ha ancora una risposta definitiva, ma una cosa è certa: il tempo resta un mistero e comunque vi ricordo che stanotte dobbiamo spostare le lancette dell’orologio un’ora indietro, dalle ore 3.00 alle ore 2.00, buon ora solare!

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DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÁ: tra emozioni, corpo e possibilità di cura integrataDi Rino Mastromauro Il Disturbo B...
18/10/2025

DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÁ: tra emozioni, corpo e possibilità di cura integrata

Di Rino Mastromauro

Il Disturbo Borderline di Personalità (DBP) è una condizione complessa che riguarda la sfera emotiva, relazionale e identitaria dell’individuo. Non si tratta di “capricci” o di instabilità momentanee, ma di un modo profondo e doloroso di vivere sé stessi e gli altri. Chi soffre di DBP sperimenta emozioni intense e altalenanti, un senso di vuoto costante, paura dell’abbandono e difficoltà nel regolare i propri impulsi. Tutto ciò può tradursi in relazioni instabili, comportamenti autolesivi o in un continuo oscillare tra idealizzazione e svalutazione degli altri.
Dal punto di vista psicologico, il trattamento di elezione è la psicoterapia, in particolare la Dialectical Behavior Therapy (DBT) e la Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI). Entrambe aiutano la persona a riconoscere e modulare le emozioni, a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e a costruire relazioni più equilibrate. Il percorso terapeutico, tuttavia, richiede tempo, pazienza e una forte alleanza tra terapeuta e paziente: non si tratta di “cambiare personalità”, ma di imparare a vivere meglio con la propria sensibilità.
Negli ultimi anni, si è iniziato a riconoscere come mente e corpo siano indissolubilmente connessi. Il corpo non è solo il “contenitore” delle emozioni, ma spesso il loro canale privilegiato. Qui entra in gioco l’osteopatia, che può affiancare il lavoro psicoterapeutico. Attraverso tecniche manuali delicate, l’osteopata favorisce il rilascio delle tensioni muscolari e fasciali che si accumulano nei momenti di stress emotivo. L’obiettivo non è “curare” il disturbo, ma sostenere il benessere globale, migliorare la percezione corporea e ridurre l’iperattivazione fisiologica che accompagna le crisi emotive.
Un’altra risorsa preziosa è l’attività fisica. Numerosi studi mostrano che il movimento regolare — che sia yoga, corsa, nuoto o semplici passeggiate — migliora l’umore, regola il sonno e riduce l’impulsività. L’esercizio aiuta a produrre endorfine, a stabilizzare i ritmi circadiani e a ricostruire un rapporto più sano con il proprio corpo. Per chi vive nel caos emotivo del DBP, imparare ad ascoltare il corpo attraverso il movimento diventa un modo concreto per ritrovare equilibrio.
Curare un disturbo borderline non significa cancellare la propria intensità emotiva, ma imparare a viverla senza esserne travolti. La combinazione di psicoterapia, osteopatia e attività fisica rappresenta un approccio integrato che guarda alla persona nella sua interezza — mente, corpo e relazioni — restituendo dignità e speranza a chi spesso si sente frammentato. Il cambiamento è possibile, e passa attraverso la gentilezza verso sé stessi, un passo alla volta.

Rino Mastromauro D.O. m.R.O.I. Osteopata | Osteopatia Tradizionale e Biodinamica Dottore in Psicologia Clinica e della Salute
Tirocinante dí Psicologia presso IKOS AGIFORM-Bari
Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche Posturologo | Formatore e Relatore dal 1994
Personal Trainer Professionista
Facilitatore Mindfulness
Appassionato di fisica quantistica
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ADHD NEGLI ADULTI : il ruolo dell’attività fisica e dell’osteopatiaDi Rino Mastromauro Negli ultimi anni la ricerca ha c...
11/10/2025

ADHD NEGLI ADULTI : il ruolo dell’attività fisica e dell’osteopatia

Di Rino Mastromauro

Negli ultimi anni la ricerca ha chiarito un punto fondamentale: l’ADHD non riguarda solo i bambini, ma spesso continua anche nell’età adulta. Chi ne soffre può avere difficoltà a mantenere l’attenzione, gestire il tempo, organizzarsi, regolare le emozioni e mantenere costante la concentrazione sul lavoro o nelle relazioni personali (Ostinelli et al., 2025).
Se un tempo la terapia farmacologica era considerata quasi l’unica opzione, oggi si parla sempre più di approcci integrati. Accanto ai farmaci e agli interventi psicologici, un ruolo importante può essere giocato da due alleati naturali: l’attività fisica e l’osteopatia.
Secondo le ricerche più recenti, muoversi regolarmente aiuta gli adulti con ADHD a migliorare il controllo dell’attenzione, a ridurre l’impulsività e a gestire meglio lo stress. Attività aerobiche come corsa, nuoto o ciclismo stimolano la produzione di dopamina e noradrenalina, neurotrasmettitori fondamentali per la concentrazione e la motivazione (Yang, 2025).
Non serve diventare atleti professionisti: anche camminate veloci, yoga dinamico o allenamenti funzionali possono portare benefici. Inoltre, gli sport di squadra o le discipline che richiedono coordinazione e strategie (ad esempio arti marziali o basket) sembrano particolarmente utili, perché uniscono movimento fisico e impegno mentale (Martín-Rodríguez, 2025).
Accanto all’esercizio fisico, l’osteopatia sta guadagnando attenzione come trattamento complementare per chi convive con l’ADHD. Le tecniche manuali utilizzate dagli osteopati hanno l’obiettivo di riequilibrare il corpo, migliorare la mobilità articolare, alleviare tensioni muscolari e favorire una respirazione più libera e profonda.
Qual è il legame con l’ADHD? Diversi studi indicano che dopo sedute osteopatiche molti pazienti riportano benefici indiretti ma importanti:

Miglioramento della qualità del sonno, spesso compromessa negli adulti con ADHD. Dormire meglio significa avere più energia e concentrazione durante il giorno.
Riduzione delle tensioni e dei dolori muscoloscheletrici, che possono peggiorare ansia e agitazione.
Maggiore rilassamento e benessere generale, con effetti positivi sulla regolazione emotiva.
Supporto alla concentrazione: quando il corpo si sente meno contratto e più bilanciato, diventa più facile mantenere l’attenzione.
In altre parole, l’osteopatia non agisce direttamente sui sintomi “cognitivi” dell’ADHD, ma crea le condizioni fisiche e psicofisiologiche perché la persona si senta meglio e più centrata (Accorsi et al., 2014).
Il messaggio delle ricerche più recenti è chiaro: non esiste una soluzione unica, ma un insieme di strategie che, combinate, possono migliorare notevolmente la qualità della vita degli adulti con ADHD. L’attività fisica regolare aiuta a “allenare” cervello e corpo, mentre l’osteopatia sostiene equilibrio, rilassamento e benessere.
Integrate in un percorso personalizzato — che può includere farmaci, psicoterapia e supporti pratici nella vita quotidiana — queste due risorse diventano un valido sostegno naturale e complementare.

Bibliografia
Accorsi, A., et al. (2014). Effect of osteopathic manipulative therapy in the attentive performance of children with ADHD. PubMed.
Martín-Rodríguez, A. (2025). The role of physical activity in ADHD management. Children (MDPI).
Ostinelli, E. G., et al. (2025). A systematic review and component network meta-analysis of interventions for adult ADHD. The Lancet Psychiatry.
Yang, Y. (2025). The impact of physical activity on inhibitory control of adult ADHD: a systematic review and meta-analysis. Journal of Global Health.

Rino Mastromauro D.O. m.R.O.I. Osteopata | Osteopatia Tradizionale e Biodinamica Dottore in Psicologia Clinica e della Salute
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DISTURBO BIPOLARE: capire, muoversi, toccareDi Rino Mastromauro Il disturbo bipolare è una malattia mentale cronica cara...
04/10/2025

DISTURBO BIPOLARE: capire, muoversi, toccare

Di Rino Mastromauro

Il disturbo bipolare è una malattia mentale cronica caratterizzata da oscillazioni dell’umore che vanno dagli episodi depressivi a periodi di mania o ipomania, con impatto significativo sulla vita quotidiana, sul lavoro e sulle relazioni sociali (Marano, 2025). La terapia farmacologica e la psicoterapia restano pilastri fondamentali, ma sempre più ricerche indagano interventi integrativi utili a migliorare sintomi, qualità di vita e funzionamento psicosociale.

Negli ultimi anni l’attività fisica è emersa come un valido complemento terapeutico per persone con disturbo bipolare. Revisioni e studi pilota mostrano che interventi strutturati di esercizio aerobico e programmi combinati possono ridurre i sintomi depressivi e migliorare il benessere generale; tuttavia la qualità metodologica degli studi è variabile e servono trial più ampi e controllati per definire protocolli ottimali (Frontiers, 2025; Lafer, 2023). L’esercizio sembra agire su più livelli: modulazione dell’asse stress-infiammatorio, aumento della neuroplasticità, miglioramento del sonno e dell’autoefficacia — fattori tutti rilevanti nella gestione del disturbo. Studi recenti suggeriscono anche che una maggiore attività fisica è associata a un minor rischio di ricadute. Rimangono punti aperti su intensità, durata e tempistica dell’esercizio in relazione alle fasi maniacali e depressive (Nature Translational Psychiatry, 2025; Vancampfort et al., 2025).

Parallelamente, l’interesse per approcci manuali come l’osteopatia — e nello specifico la cosiddetta osteopatia biodinamica — è cresciuto nell’ambito della salute mentale. Ricerche preliminari e studi di fattibilità indicano che trattamenti manuali possono influenzare parametri psico-fisiologici (es. variabilità della frequenza cardiaca, interocezione) e che i pazienti riferiscono sensazioni di rilassamento e maggior consapevolezza corporea dopo le sedute (Hope-Bell et al., 2024; Bohlen, 2021). Le ipotesi di meccanismo propongono che il lavoro corporeo possa generare segnali interocettivi che favoriscono la regolazione emotiva; tuttavia la letteratura è ancora agli esordi e manca una solida serie di RCT mirati specificamente a pazienti con disturbo bipolare (BMJ Open, 2025).

Cosa consigliarsi oggi? Integrare attività fisica regolare—preferibilmente prescritta e seguita da professionisti esperti nella salute mentale—può essere consigliabile come parte di un piano multidisciplinare. L’osteopatia può rappresentare una modalità complementare per chi ne trae beneficio soggettivo, ma va considerata come supporto e non come sostituto di terapia farmacologica o psicoterapica consolidata. Infine, la ricerca suggerisce la necessità di studi più rigorosi, con campioni sufficienti e follow-up prolungati, per definire linee guida pratiche e sicure per persone con disturbo bipolare.

Riferimenti (selezione, stile APA)
Frontiers in Psychiatry. (2025). Exercise interventions for depressive, manic, and anxiety symptoms in bipolar disorder: systematic review and meta-analysis.
Lafer, B. (2023). Structured physical exercise for bipolar depression. PMC.
Hope-Bell, J., Draper-Rodi, J., & Edwards, D. J. (2024). Applying an osteopathic intervention to improve mild to moderate mental health symptoms: a mixed-methods feasibility randomised trial. Chiropractic & Manual Therapies, 32, 32.
Bohlen, L. (2021). Osteopathy and Mental Health: An Embodied, Predictive… PMC.
Marano, G. (2025). Future pharmacotherapy for bipolar disorders: emerging trends. MDPI.

Rino Mastromauro D.O. m.R.O.I. Osteopata | Osteopatia Tradizionale e Biodinamica Dottore in Psicologia Clinica e della Salute
Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche Posturologo | Formatore e Relatore dal 1994
Personal Trainer Professionista
Facilitatore Mindfulness
Appassionato di fisica quantistica
www.rinomastromauro.it

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