Claudia Trampus Psicologa e Coach

Claudia Trampus Psicologa e Coach Strumenti di intervento rivolti alla persona, alla coppia e alla famiglia, ai gruppi, agli organismi Life Coaching. Conflict management.

L’entusiasmo anima la mia passione per la formazione, il sostegno psicologico, la promozione del benessere bio-psico-sociale e lo sviluppo armonico del potenziale umano. Le attività che propongo mirano alla diffusione di strumenti di crescita in ambito sociale e culturale, atti a favorire la consapevolezza e il rafforzamento delle risorse personali, per facilitare in ognuno la cultura del miglioramento di uno stile di vita che sia rispettoso delle esigenze e dei valori del singolo e della comunità. Prevenzione, diagnosi, abilitazione-riabilitazione e sostegno psicologico. Consulenza in Sessuologia Clinica e Psicologia della Coppia. Formazione in azienda e ai privati. Tecniche integrate di rilassamento. Strumenti di crescita personale e di sviluppo del potenziale. Percorsi di consapevolezza, autostima e assertività, presenza mentale, programmazione neuro linguistica.

02/11/2025

Nel campo di concentramento, gli diedero un numero: 119104.
Ma ciò che cercarono più di tutto di spezzare… fu proprio ciò che finì per salvare milioni di vite.

1942 Vienna.

Viktor Frankl aveva trentasette anni. Psichiatra rispettato, carriera promettente, un manoscritto quasi terminato e una moglie, Tilly, il cui sorriso era capace di riempire una stanza.

Aveva un visto per l’America. Un biglietto per la salvezza.
Ma i suoi genitori anziani non potevano seguirlo.
E così rimase.

Pochi mesi dopo, i nazisti vennero per tutti loro.
Theresienstadt. Poi Auschwitz. Poi Dachau.

Il manoscritto a cui aveva dedicato anni — cucito con cura nella fodera del cappotto —
gli fu strappato via appena arrivato.
La sua opera. Il suo scopo. Ridotti in cenere.

I suoi vestiti furono presi. I capelli rasati. Il nome cancellato.
Sulle carte d’ammissione restava solo un numero: 119104.

Ma c’è una cosa che i carcerieri non avevano capito:
puoi togliere a un uomo tutto — il nome, i beni, il futuro.
Ma ciò che sa… non glielo puoi rubare.

E Viktor Frankl sapeva qualcosa sulla mente umana.
Qualcosa che gli avrebbe salvato la vita.
E cambiato per sempre la storia della psicologia.

Nei lager, notò un pattern.
I prigionieri non morivano solo di fame, freddo o malattia.
Morivano quando perdevano il loro “perché”.

Quando un uomo smetteva di credere in qualcosa — una persona da rivedere, una promessa da mantenere, un lavoro da finire —
il suo corpo crollava in pochi giorni.
I medici avevano perfino un termine per questo: give-up-itis, la malattia dell’abbandono.

Ma chi restava ancorato a un senso —
resisteva. Anche all’indicibile.

Frankl cominciò un esperimento.
Non in un laboratorio. Ma nelle baracche.

Si avvicinava ai prigionieri sul punto di cedere e sussurrava:
“Chi ti aspetta?”
“Qual è il lavoro che ti resta da finire?”
“Cosa diresti a tuo figlio, per sopravvivere a tutto questo?”

Non poteva offrire cibo, né libertà.
Ma poteva offrire qualcosa che nemmeno i nazisti potevano confiscare:
una ragione per vedere il domani.

Uno sopravvisse pensando alla figlia.
Un altro per finire una teoria scientifica.

Frankl, invece, sopravvisse riscrivendo mentalmente il suo libro.
Pagina dopo pagina. Nella notte delle baracche.

Aprile 1945. La liberazione.

Pesava 38 chili. Le ossa sporgevano sotto la pelle.
Tilly era morta. Sua madre. Suo fratello. Tutto ciò che amava, distrutto.

Avrebbe avuto ogni motivo per arrendersi.
Ma non lo fece.

Si sedette.
E cominciò a scrivere.

Nove giorni.
Tanto gli bastò per riscrivere, solo con la memoria, il libro che i nazisti gli avevano bruciato.

Ma questa volta, dentro c’era qualcosa che mancava all’originale:
la prova.

La prova che la sua teoria non era solo filosofia. Era sopravvivenza.

La chiamò Logoterapia — la terapia del significato.
Un’idea semplice, ma rivoluzionaria:
l’essere umano può sopportare quasi tutto… se ha un perché per farlo.

“Chi ha un perché abbastanza forte, può sopportare quasi ogni come.”
(Le parole erano di Nietzsche, ma Frankl le aveva dimostrate all’inferno.)

1946 Il libro viene pubblicato.

In tedesco: Trotzdem Ja zum Leben sagen — Dire sì alla vita, nonostante tutto.
In inglese: Man’s Search for Meaning.

Gli editori inizialmente lo rifiutano.
“Troppo cupo”, dicono.
“Chi vorrebbe leggere dei campi di concentramento?”

Ma piano piano, il libro si diffonde.
Terapisti piangono leggendolo.
Prigionieri vi trovano speranza.
Persone distrutte da malattie, perdite, divorzi, fallimenti…
capiscono che anche il dolore può avere un senso.

L’impatto è immenso.

Tradotto in più di 50 lingue.
Oltre 16 milioni di copie vendute.
La Biblioteca del Congresso lo inserisce tra i 10 libri più influenti d’America.

Ma ciò che conta davvero è altro.
È chi, nella sua notte più buia, l’ha letto
e ha deciso di resistere ancora un giorno.

Perché Viktor Frankl ha dimostrato ciò che i nazisti non sono riusciti a distruggere:
puoi togliere tutto a un essere umano — la libertà, la famiglia, il futuro, la speranza —
ma resta sempre una libertà finale:
quella di scegliere il significato da dare a ciò che ci accade.

Non possiamo controllare ciò che ci succede.
Ma possiamo sempre scegliere cosa farne.

Oggi, Viktor Frankl non è più tra noi.
Ma nelle corsie degli ospedali, negli studi dei terapeuti, nelle carceri,
nei momenti silenziosi in cui qualcuno si chiede se valga la pena andare avanti —
le sue parole risuonano ancora:

“Quando non possiamo più cambiare una situazione, siamo chiamati a cambiare noi stessi.”
“Si può togliere tutto a un uomo, tranne una cosa: la libertà di scegliere il proprio atteggiamento davanti a qualsiasi circostanza.”

I nazisti gli diedero un numero.

La Storia gli ha dato l’immortalità.

Perché l’uomo che ha perso tutto…
ha insegnato al mondo che il senso è l’unica cosa che nessuno potrà mai portarci via.

Il prigioniero 119104 non si è solo salvato.

Ha trasformato la sofferenza in guarigione.

E da qualche parte, stanotte, qualcuno sul bordo del baratro leggerà le sue parole
e deciderà di restare. Ancora un giorno.

Questa non è semplice sopravvivenza.

È una vittoria sulla morte stessa.

-𝑅𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑖𝑠𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑎 𝑒𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑐𝑖 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑎𝑑𝑢𝑡𝑖, 𝑐𝑜𝑛 𝑎𝑙𝑐𝑢𝑛𝑖 𝑒𝑙𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑛𝑎𝑟𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑑𝑎 𝑓𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑏𝑖𝑜𝑔𝑟𝑎𝑓𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑒 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑎𝑛𝑧𝑒 𝑜𝑟𝑎𝑙𝑖.

𝗩𝗶𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗦𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮

Storie vere che fanno bene
27/10/2025

Storie vere che fanno bene

"La mattina dell'11 febbraio 2011, mi stavo vestendo negli spogliatoi della palestra quando ho iniziato a sentire un forte mal di testa.
Ero così stanca che ho fatto fatica anche a finire di vestirmi.
Poi il mio allenatore mi ha fatto stendere e ho immediatamente provato la sensazione che una fascia elastica mi stesse schiacciando il cervello.
Ho cercato di ignorare il dolore e andare avanti, ma semplicemente non potevo.
Mi sono allontanata per fare una pausa e quasi strisciando ho raggiunto lo spogliatoio"....

"In quel momento sapevo che il mio cervello si era danneggiato.
Sono stata portata in ospedale con urgenza e mi hanno operata per l'emorragia subaracnoidea che mi aveva colpita".

"Dopo l'intervento venni colpita da afasia. Mi chiedevano il mio nome completo ma non lo ricordavo.
Dicevo parole senza senso."...

"Mi dicevo: io sono un’attrice.
Ho bisogno di ricordare le mie battute.
Al limite della disperazione chiesi allo staff medico di lasciarmi morire".

"Durante il primo controllo i medici mi dicono che anche nell'altro emisfero del cervello c'è un piccolo aneurisma che va tenuto sotto controllo."...

"Nel 2013 mi dicono che è cresciuto e devono operarmi di nuovo.
Le cose non vanno per il meglio e sostituiscono parti del cranio con placche di titanio.
Ad ogni mal di testa pensavo che ormai il mio tempo fosse scaduto".

"Ora che sto bene, ad anni di distanza, ho creato la mia fondazione "SameYou" per tutte le persone che vengono colpite da problemi neurologici".

Auguri a Emilia Clarke per i suoi 39 anni ❤

20/09/2025

“La bicicletta è la morte lenta del pianeta.”
Con questa frase provocatoria, un banchiere ha scosso il mondo degli economisti. Le sue parole, pungenti e ironiche, facevano riflettere:

“Un ciclista è una vera catastrofe per l’economia del Paese. Non compra automobili, non si indebita per pagarle. Non sottoscrive polizze assicurative. Non fa rifornimento, non paga tagliandi, manutenzioni o riparazioni. Non ha bisogno di parcheggi a pagamento, non causa gravi incidenti. Non invoca la costruzione di autostrade infinite. E, cosa ancor più grave, non ingrassa.

Un cittadino sano non serve a nulla al sistema economico. Non consuma farmaci, non affolla ospedali né ambulatori, non alimenta il PIL con le sue patologie. È inutile.

Al contrario, ogni nuovo McDonald’s crea almeno trenta posti di lavoro: dieci cardiologi, dieci dentisti, dieci dietologi e nutrizionisti… oltre, ovviamente, a chi lavora nel locale stesso.”

E allora, la domanda tagliente: vuoi scegliere una bicicletta o un McDonald’s?

Vale la pena pensarci. Perché dietro il paradosso si nasconde una verità amara: in un mondo dove la salute non fa girare l’economia, essere sani è quasi un atto rivoluzionario.

Ah, dimenticavo: camminare è ancora peggio. I pedoni non comprano nemmeno la bici.

Come darti torto?
10/09/2025

Come darti torto?

29/08/2025

Rispetto la tua tempesta, ma è tua

Ci sarà un momento, prima o poi,
in cui dovrai guardare negli occhi una persona a cui vuoi bene,
che sia il tuo compagno, un amico, un fratello
e dirgli con dolce fermezza:

“Voglio essere onesto con te.
Da oggi in poi non entrerò più nel vortice delle tue emozioni.
Le rispetto, le comprendo, le onoro persino…
ma sono tue, non mie.

Non posso viverle come se appartenessero alla mia anima,
perché anche io, in questo cammino,
porto con me la mia valigia emotiva,
e quella è l’unica che posso davvero sostenere.”

Se sceglierai di restare nella tua tempesta,
io sarò qui,
a sostenerti,
ma dal mio posto,
dal mio equilibrio.

Non ti lascerò solo,
ma nemmeno mi perderò con te.

Da qui, dal mio centro,
posso essere un faro.
Non un’altra barca che affonda.

Ti voglio bene,
e proprio per questo
devo proteggere la mia pace.

Amare non significa caricarsi sulle spalle il peso della vita altrui.
Amare è camminare insieme,
liberi, leggeri,
ognuno con le proprie tempeste tra le mani.

L’amore non deve ferire più del necessario.
Quando è autentico,
l’amore costruisce.
Non distrugge.

Perché a volte, amare davvero
significa anche saper dire:

“Ci sono… ma senza dimenticarmi di me.”

Etheria Aforismi 🪶

16/08/2025
15/08/2025
10/08/2025
19/07/2025

Era uno molto violento, Mio padre”.

La massacrava di botte mia madre.

Lo ricordo bene, ed è vero certi ricordi tornano limpidi, è come riviverli ogni volta.

Il primo episodio, lo ricordo benissimo.

Avevamo la famiglia di lui a cena, la famiglia Leonardi, cognome che ho odiato con tutto me stesso.

Una tribù patriarcale tanto quanto basta per considerare normale ogni forma di violenza, fisica compresa.

La serata era finita, non ricordo cosa abbia innescato la discussione se tale si possa definire, fatto sta che poche parole urlate da lui, risposte accennate e sottomesse da lei ed in un attimo, una pentola sporca della cena, la prima cosa che si è trovato tra le mani e via, in piena nuca mentre lei cercava di scappare.

Un rumore cupo l'acciaio in testa.

Un tonfo in terra il corpo di lei.

Il rumore della pentola riposta nel lavandino della cucina, la porta della sua camera da letto che si chiudeva su quella che è stata per me parte della fine dell infanzia.

L’ho alzata da terra priva di sensi con tanta fatica, avevo sette anni, e lo ricordo ancora, ricordo tutto.

Ricordo ancora il freddo dell ovatta passata sotto il rubinetto della cucina che usai per rinvenirla,

Ricordo i suoi lamenti di dolore misti ai miei.

Ricordo le sue rassicurazioni ad occhi chiusi quando si è resa conto della mia paura, della mia disperazione.

Una mano che teneva il mio viso, e l'altra che teneva la sua testa stesa sul divano.

Ricordo la sua disperazione.

Ricordo il terrore nei suoi occhi.

Ricordo il terrore nei suoi occhi di tutta la vita vicina ad un uomo violento.

Le ho detto tante volte crescendo, "perché non vai via?"

E la risposta era sempre la stessa, “io lo faccio per voi, chi ci dà da mangiare...infondo, è un bravo uomo”.

Ed io cominciai ad ingrassare, a diventare largo, ingombrante, tanto da impedire alle braccia di mio padre, di farle tante volte del male, ma non riuscivo tutte le volte, ed allora, per non sentire il male, lo facevo a me stesso...perdendomi ogni volta.

“Chissà se stasera toccherà a te o a me”, esordiva verso ora di cena, l'ora in cui tornava.

Tante volte, per evitare di scoprire la risposta, la causavo.

La violenza in casa la respiravi, e non di certo si fermava alle botte.

Oggi sono un uomo, libero anche di non appartenere più a quel dolore.

Oggi, il mio pensiero va a tutte le DONNE, quelle a cui ogni uomo, sentendosene in diritto, ha torto anche un sol pensiero.

Mi rivolgo a voi da figlio di donna maltrattata, da uomo oggi che sa quanto vale un dolore.

Non fatelo per noi figli,

Non fatelo per la carriera,

Non fatelo per apparire,

Fatelo soltanto per Voi,

VI PREGO, ABBIATE IL CORAGGIO DI NON PERMETTERE A NESSUN UOMO DI CALPESTARVI L'ANIMA, VOI SIETE DONNE.

Luigi Leonardi

14/07/2025

Indirizzo

Via Romana 149
Monfalcone
34074

Orario di apertura

Lunedì 08:00 - 20:00
Martedì 08:00 - 20:00
Mercoledì 08:00 - 20:00
Giovedì 08:00 - 20:00
Venerdì 08:00 - 20:00

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